L'opera di un modesto scienziato italiano

L'opera di un modesto scienziato italiano LA PRODUZIONE DEL FULMINE ARTIFICIALE L'opera di un modesto scienziato italiano NEW YORK, maggio. La scienza, negli ultimi anni, è riti scita a scoprire la causa di molti fe nomeni naturali e a studiarli nei loro particolari più minuti con tanta precisione da poter" riprodurre nel laboratorio. Uno dei fenomeni che fin dalle più remote origini ha tenuto l'umanità sotto il suo costante terrore è il fulmine. L'antichità classica lo riteneva un attributo sacro degli Dei che con esso manifestavano la propria collera ed esercitavano le loro vendette. Ma fino a tempi relativamente recènti, il fulmine restava una entità misteriosa e terribile contro cui l'uomo nulla poteva. E, si può dire, che non avesse perduto nulla del suo carattere sacro per la rapidità improvvisa coti cui colpiva, la capricciosità, gli scherzi ora tragici ora comici ma sempre stupefacenti a cui si abbandonava nel suo passaggio, al pari di una deità infida e crudele che si dilettasse di tormentare gli uomini e schernirli con paure atroci. Il primo che si attentò a togliere al fulmine l'alone del soprannaturale fu Franklin che riuscì a stabilire l'identità della natura della scintilla elettrica e del fulmine. In sostanza, quest'ultimo, non eraahe una scintilla elettrica di enorme magnitudine. Da questo passo importante compiutosi verso la metà del secolo decimottavo, la conoscenza dello sbalorditivo fenomeno procedette costantemente fino alla fine del secolo decimonono come le scoperte nel campo dell'elettricità si andarono sempre più allargando. Ma fu so?o nell'ultimo decennio che si procedette a ricerche simultanee e sistematiche per cui il problema del fulmine, del suo generarsi e della sua consistenza fìsica, venne attaccato da tutt'i lati. E non fu solo per curiosità scientifica, nè per l'ozioso sport di produrre artificialmente il fulmine che si giunse a risultati conclusivi. La spinta principale alla comprensione totale del fenomeno ■ fu impressa dalla necessità. Con la costruzione di colossali impiantì generatori di forza elettrica, sia a energia termica che idraulica, forza che doveva esser trasmessa ai centri di consumo lungo chilometri e chilometri di fili ad alta tensione, il fulmine venne a rappresentare una seria minaccia che doveva essere eliminata. Con un solo schianto le linee di trasmissione potevano essermesse fuori servizio, la continuità delle operazioni nei vari campi dell'attivitàumana rimanere interrotta, le industrie esser colpite dall'immobilità. Una delle cause più frequenti dì tale sconquasso era il fulmine che, oltre a fermare lavori d'importanza capitale, danneggiava seriamente costosi macchinari portando la rovina dovunque. Occorreva impegnare col nemico una battaglia senza quartiere. La storia di come un manipolo d'ingegneri attaccò il grande problema è una pagina epica della storia della scienza. Nel breve spazio di un articolo non ai può render la dovuta giustizia alla loro perseveranza, al loro genio sperimentale, allo spirito infaticabile che li sostenne durante la lotta. Essi condussero esperimenti simultaneamente all'aperto, dove con maggior frequenza si verificava in certe stagioni lo scoppio del fulmine naturale e nei laboratori dove si provavano a produrlo artificialmente. Furono in ventati degli strumenti che si dima strarono preziosi per le ricerche, primo tra i quali un oscillografo a raggi ca todici che mise in condizione gl'inge gneri di misurare con la massima pre cisione la durata dello scoppio del fui mine. Questa fu calcolata a un milìo nesimo di secondo, uno spazio di tempo che i sensi umani non possono perce pire e che nessun altro strumento era stato capace di, registrare fino a quel momento. Ma l'oscillografo con -miracolosa precisione e accuratezza infallibile, può registrare su dì una ordinaria pellicola la scarica del fulmine e mettere gli studiosi in condizione di «vederlo » e di farne i relativi calcoli matematici. In virtit, dell'oscillografo e di altri strumenti congeneri, gl'ingegneri elettrotecnici, dopo osservazioni durate una decina d'anni, riuscirono a formarsi un'idèa precisa delle caratteristiche e del comportamento del fulmine, della durata della scarica, della sua potenzialità che raggiunge milioni e milioni di volts e di un'infinità di altri particolari inerenti al fenomeno. Contemporaneamente furono costruiti nei laboratori i «generatori del fulmine». Da principio si trattò di apparecchi modesti che riuscivano a. produrre meno di un milione di volts. Ma i progressi furono costanti e tanto si provò e riprovò, tante ricerche furono fatte finché gl'ingegneri perfezionarono gli apparecchi al punto che nei laboratori si giunse a generare parecchi milioni di volts. Per quanto con tale potenzialità di scarica si potesse simulare il fulmine con grande approssimazione, pure il problema era lungi dall'esser risolto. L'intensità della corrente artificiale ottenutasi nei laboratori, era assai debole in confronto di quella naturale. Inoltre si constatò dopo intense ricerche che per poter studiare in maniera precisa e completa, il fenomeno dello scoppio del fulmine occorreva produrre nei laboratori una corrente del doppio più intensa di quella necessaria al verificarsi della scarica naturale. Come si poteva giungere a un risultato che solo un decennio addietro sarebbe stato considerato il sogno di una immaginazione esaltata? La battaglia iniziata da un manipolo di studiosi e di tecnici si esteso su di un fronte immenso. Le incognite si andarono man mano riducendo di numero, divennero sempre meno imponenti, meno paurose. Una decisiva vittoria la si ottenne nel luglio del 1933 quando nei laboratori della « Westinghouse Eletric Company » di Sharon, Pennsylvania, fu messo in azione un « generatore » che per la prima volta scaricò un fulmine, un vero fulmine come quelli che procedono dal grande laboratorio della natura. La leggenda di Prometeo era diventata realtà, l'uomo aveva rubato i fulmini a Giove e poteva generarli ogni volta che avesso voluto con un semplice atto della sua volontà. E qui dobbiamo fermarci un momento per ricordare con orgoglio che uno di quelli che maggiormente contribuirono con l'acutezza dell'intelletto, la perseveranza nelle ricerche e l'inge-\gnosità delle prove al brillante esito ' della riproduzione di un grandioso fe-]nometto naturale fu un italiano: l'ingc- gnere Pietro Bellaschi. Egli è uno di'] quei modesti studiosi che onorano la'nostra stirpe, ricercatori seri e jtositivi'che, non fanno molto rumore intorno] a sé e il cui nome apparirsce nei gior-\nuli solo in circostanze eccezionali, ma la cui opera è preziosa per la scienza. e per il progresso umuno. Nato a Intra, sul Lago Maggiore, nel 1003, Tinge- gnere Bellaschi, dopo aver frequentato le scuole elementari nella terra natia, fu portato in America e propriamente nel Massachusetts all'età di dieci anni. Egli ancora ricorda con grande vivezza il giorno tragico in cui la famiglia dovette impaccare le robe e dar un addio alla casa, al paese, alla patria per accingersi al lungo viaggio attraverso l'oceano. E sente la nostalgia accorata dei paesaggi della sua fanciullezza, le montagne imponenti che incastonano la gemma del Lago Maggiore, i luoghi dove aveva combattuto Garibaldi pochi decenni avanti! Dopo gli anni duri e le lotte aspre di tutti gli emigranti in cui gli toccò di attendere ai mestieri più svariati e non di rado umilianti, Beilaschi riusci a frequentare i corsi dell'Istituto di Tecnologia del Massachusetts ottenendone la laurea d'ingegneria nel ramo elettrotecnico. Ma prima ancora di laurearsi era stato assunto dalla « Westinghouse Electric Company » e assei/nato al lavoro di ricerche sperimentali e di sviluppo scientifico e industriale. Si specializzò nello studio dei fenomeni di alto voltaggio e il contributo da lui dato, sia con gli scritti che con gli esperimenti e le invenzioni di nuovi apparecchi è imponente. Il nome di Bellaschi non è ignoto in Italia dove alcune riviste tecniche hanno pubblicato interessanti relazioni sui suoi lavori di ricerche. Ma il suo nome è soprattutto legato alla generazione dei 130.000 ampères necessari alla riproduzione del fulmine sperimentale. Il quale si scaricò in quel memorabile giorno del luglio 1933 nei laboratori della Westinghouse col fragore assordante del fulmine naturale, accompagnato da luce intensamente brillante e accecante e con gl'identici effetti esplosivi 6 rovinosi che si verificano nella sua caduta. Come conseguenza pratica di una lunga serie di ricerche in cui si profusero milioni, sono stati costruiti macchinari e linee di trasmissione elettrica tanto resistenti da rendere i danni del fulmine quasi nulli. Ma oltre ai \risultati pratici, un lavoro scientifico ' d'immensa importanza è stato compiuto ]eon la rivelazione della vera natura del fulmine. Quando la scoperta sarà com'] Patata in tutti le sue parti, l'uomo 'avrà acquistato il dominio materiale e 'spirituale di una di quelle forze natu] ruli dinanzi alle quali egli, dal primo \emergere dalle caverne, era abituato ad inchinarsi con terrore accettandola . eon la rassegnazione dell'inevitabile, Amerigo Ruggiero Il laboratorio di alto voltaggio della « Westinghouse Electric Company» di Sharon, Pennsylvania Ing. PIETRO BELL ASC HI Il « fulmine artificiale » prodotto nei laboratori! della « Westinghouse Electric Company» di Sharon, Pennsylvania -- La scarica è di 150.000 « ampères ■> e della durata di 400 microsecondi. Gli astanti si proteggono gli occhi e le orecchie dal frastuor*> assordante e la luce accecante

Persone citate: Amerigo Ruggiero, Pietro Bell

Luoghi citati: America, Intra, Italia, Massachusetts, New York, Pennsylvania