I retroscena di un dramma storico rivelati dalla vedova Conrad di Italo Zingarelli

I retroscena di un dramma storico rivelati dalla vedova Conrad I retroscena di un dramma storico rivelati dalla vedova Conrad VIENNA, aprile. Queste memorie della vedova del capo dello Stato Maggiore austro-ungarico costituiscono un saggio di spirito di osservazione femminile; già nel primo cenno da noi fatto del volume pub- sBmrptblicato a Vienna coi tipi della casa 1 sGunther si poteva vedere fino a qual punto il contatto spirituale tra la scrittrice ed il marito fosse diventato armonioso. Approfondendosi nella lettura ci si convince che la signora Virginia seppe osservare con senso critico, cosi come oggi, a distanza di alcuni anni, sa fare della critica storica. L'attrito con von Falkenayn La scrittrice, ad esempio, in poche pagine illustra chiaramente la natura I mdei rapporti tra Conrad ed i generali i ltedeschi, dei quali tratta bene il von pMoltke; questo forse sì spiega riflet-1 btendo che in tempo di pace Moltke e]dConrad avevano condiviso l'opinione j vche la guerra avrebbe richiesto tanto i drfinchlsMrcgfmaggiori sacrifici, quanto più la si fosse ritardata. Sulla battaglia della Marna Conrad sentenziò che il miracolo venisse non da parte francese, ma tedesca, non potendosi comprendere come i tedeschi, persa la testa, si fossero lasciati respingere per più di sessanta chilometri; la cosa era ancora più incomprensibile dal punto di vista psicologico, giacché più tardi, in altre situazioni difficili, i tedeschi si comportarono ben diversamente. In Austria la verità sulla Marna la si apprese quando Francesco Giuseppe mandò un alto ufficiale al Quartiere generale tedesco, per rimettere l'ordine di Maria Teresa a Guglielmo II ed a Moltke; in presenza di facce stravolte, di gente abbattuta, l'ufficiale incaricato della lusinghiera missione intuì che il momento non era stato scelto bene. Dimenticata la sconfitta della Marna, 1 tedeschi andarono alla riscossa sul fronte orientale, e allora i display ceri di Conrad crebbero, essendosi gli alleati messi a presentare ogni vittoria comune come un loro successo. Scrivendo alla futura moglie il feldmaresciallo sfogava l'amarezza e rimproverava ai tedeschi di agire rispettando un principio molto pratico e poco nobile. In particolar modo Conrad ebbe a lagnarsi della slealtà del generale von Falkenhayn; che non lo teneva al corrente di progetti importantissimi — per citarne uno: quello dell'attacco a Verdun — e si rallegrava nell'apprendere gli scacchi austriaci. « Quando l'offensiva dal Tirolo fu fallita, scrive la vedova Conrad, Falkenhayn pare abbia provato una vera e propria gioia ». Ma la sgarberia più grossa von Falkenhayn la fece stando a sentire per tutta una serata le idee di Conrad in merito all'offensiva contro la Rumenia e guardandosi dall'avvertirlo che lui personalmente non avrebbe potuto disporre più di nulla, attendendosi per l'indomani il suo successore. Con Hlndenburg, Ludendorff e col generale Hoffmann, Conrad si intese molto meglio. La signora sa interrompere la monotonia della narrazione storica, intercalando fatterelli della vita a Teschen, dove il Comando austro-ungarico ebbe sede fino all'avvento al trono dell'imperatore Carlo. A Teschen si consumavano pasti preparati dalla cucina di Corte, ottimi ma molto semplici, si facevano dei pettegolezzi e si badava a non urtare le suscettibilità dell'Arciduca Federico, nominalmente capo supremo delle forze imperiali e regie, però conscio del dovere dì rimanere nell'ombra e di non intralciare l'opera di Conrad. Sebbene ricchissimo l'arciduca Federico, non si dimostrava, prodigo e premuroso neppure se lo visitavano del sovrani, tanto che il Re di Baviera, lasciando Teschen, se ne lamentò con l'aiutante di campo, conte Herberstein: « Senta, gli fece, dica al suo Arciduca che quando ospita un re gli deve dare dei sigari migliori ». Per tranquillo che fosse, l'Arciduca non sfuggi a calunnie e fra l'altro gli appiopparono una amante, che avrebbe tenuta nascosta nel palazzo di Teschen. Riferita a Vienna, la voce suscitò scandalo e si compirono delle indagini. Fu cosi assodato che un giovane ufficiale del seguito, la notte, per attraversare il corridoio, indossava un accappatoio a fiorami: persone che lo avevano visto da lontano, l'avevano scambiato per una donna. Il vecchio e il giovane imperatore La morte di Francesco Giuseppe determinò, dicevamo, 11 trasferimento da Teschen a Baden (presso Vienna) del Quartier Generale e segnò l'inizio della decadenza di Conrad. Spirato il Monarca, il feldmaresciallo disse alla moglie, "premurosa di consolarlo: * No, no, cara mia, tutto è finito; solo adesso si comprenderà che cosa il vecchio imperatore abbia significato per la compagine della Monarchia ». Del giovane erede Conrad diffidava, e il primo punto sul quale gli toccò cedere fu quel trasloco da Teschen a Baden (che costò cinque milioni di corone per il solo impianto del nuovi cavi telefonici), sebbene lui si fosse affannato a spiegare che la vicinanza della capitale sarebbe stata pericolosissima. In proposito la vedova è dell'avviso che proprio l'imperatrice Zita abbia voluto che 11 Comando Supremo si installasse a Baden, per potere far valere la Bua influenza. Alle altre donne, però, il soggiorno a Baden venne proibito. Poco prima che il trasferimento avvenisse, Conrad se ne lagnò col ministro Koerber, che era andato a fargli visita a Teschen, quindi chiese al Koerber quale opinione avesse dei metodi di governo del nuovo sovrano. Pensieroso, il ministro gli fece: «Il vecchio imperatore s'è sforzato per sessantanni di mandare la Monarchia alla rovina, senza riuscirvi. Questo giovanotto — aggiunse dopo una pausa — ci riuscirà in due anni ». L'imperatore Carlo tenne anche Conrad all'oscuro dell'Iniziativa per la pace tlpnlpzalbvt separata affidata ..al principe Sisto di Borbone e il feldmaresciallo giudicò la mancanza di sincerità nociva agli interessi della Monarchia, giacché, ad esempio, se avvertito, lui avrebbe potuto ritardare l'adesione alla campagna dei sommergibili. Conrad capi che i suoi moglie, manifestandosi convìnto che l'imperatore avesse desiderato far ca pire il latino pure a lui. Al 27 di feb braio del 1917 (a tre mesi di distanza dalla morte di Francesco Giuseppe) egli veniva destituito dalla carica di Capo dello Stato Maggiore e dopo varil ten- rapporti con Carlo fossero destinati a finire presto, il giorno in cui il sovrano, ricevendolo dopo del presidente del consiglio ungherese, gli disse: «Oggi ho detto una buona voita a Tisza quello che sì meritava ». Stupito Conrad stette ad aspettare il seguito, e Sua Maestà riprese: « Gli ho mostrato chiaro e tondo che anche lui è un semplice lacchè. Si, è un lacchè come tutti gli altri, e deve ubbidire ». A casa, il feldmaresciallo riferì l'episodio alla a u e l a tennamenti accettava il comando dell'armata del Tirolo; la moglie avrebbe preferito un ritiro definitivo. Dal nuovo posto Conrad si diede a predicare la necessità di un attacco a fondo contro l'Italia, ma — dice la vedova — furono prediche nel deserto: per ultimo il marito ebbe l'ordine di non prendere iniziative personali. Le truppe degl'Imperi alleati marciarono in quel periodo all'occupazione della Serbia, e quando la grande offensiva fu terminata, Conrad esclamò: « Per l'amor di Dio, adesso si sono lasciati sfuggire tutti i serbi ». A suo giudizio, l'azione avrebbe dovuto assolutamente finire con la cattura dell'intero esercito nemico. " Quando lavavo i piatti „ Nell'estate del '18, il feldmaresciallo fu rimosso anche dal comando tirolese e consolato con la nomina a comandante di tutte le guardie di Sua Maestà. Assieme alla sua rovina, era andata maturando quella dell'Austria. Ai 17 di agosto, ricorrendo la nascita di Carlo, Conrad dovè recarsi a Wartholz, a simiglianza di tutti i cavalieri dell'Ordine di Maria Teresa, e per la prima volta si trovò al cospetto dell'Imperatrice Zita, la quale lo accolse con questa frase: «Ha già assunto il suo servizio presso la guardia? ». Non meno laconico Conrad replicò: «No, Maestà, sono ancora in permesso » e nel pronunciare il rituale discorso ai cavalieri dell'Ordine, si vendicò nominando Maria Teresa e Francesco Giuseppe, e non la sovrana presente. La scrittrice ricorda con nostalgia l'addio al castello di Miramare; il marito, che aveva talento per 11 disegno (da giovane aveva pensato a diventare pittore), fece uno schizzo del paesaggio in un album che portava sempre con sè, e glielo regalò con le parole: « Tienilo in ricordo. Oggi sono stato qui per l'ultima volta ». Il giorno in cui venne pubblicato il famoso manifesto dell'Imperatore Carlo al popoli della Monarchia, i Conrad si trovavano in casa del luogotenente di Trieste von Fries, che diede il documento al maresciallo, affinchè lo leggesse. Conrad lo lesse, lo restituì ringraziando e rivoltosi alla moglie esclamò: ■- E adesso, cara, cerchiamo di lasciare Trieste al più presto possibile ». Il luogotenente domandò sorpreso cosa volesse significare quella fretta, e Conrad gli spiegò: « SI, sì, eccellenza, la torta è bell'e spartita, è finita sul serio ». Agli 11 di novembre scrisse all'Imperatore pregandolo di volerlo esonerare, per ragioni di salute, dal comando delle guardie. I Conrad vissero in seguito, alternativamente, a Vienna e ad Innsbruck, dove ebbero pure modo di stabilire rapporti cordiali cogli ufficiali italiani del corpo d'occupazione. In un periodo in cui la scarsezza di viveri era diventata a Innsbruck sensibilissima, la signora Conrad, intanto innalzata da baronessa a contessa, si decise a fare lei, in una stanza dell'albergo, la cucina per il marito, sopra un fornello elettrico. « La sera — racconta nelle memorie — quando io lavavo i piatti, di solito lui veniva ad aiutarmi. Ancora oggi la scena è presente ai miei occhi: ancora oggi vedo me stessa a risciacquare il vasellame e lui ad asciugarlo accuratamente... ». In quella situazione, o press'a poco, li sorprese il principe Rupprecht di Baviera. II feldmaresciallo mori senza essersi riconciliato con l'Austria repubblicana. Il suo disprezzo per il governo rivoluzionario viennese era tale, che discutendosi di probabile consegna all'Intesa dei generali degli Stati vinti, disse alla moglie: «Per un chilo di burro, il nostro Stato mi consegna tranquillamente ». Tempo dopo intervenne a Monaco ad una festa dei cavalieri dell'Ordine Max-Josef, che era la massima onorificenza bavarese. Tutti i tedeschi si presentarono in grande uniforme, ma lui aveva appeso il nastro con la stella già portata da Radetzky sopra un abito borghese. Interrogato, spiegò: «Lo Stato al quale adesso appartengo non è degno che io lo rappresenti in uniforme ». Italo Zingarelli