La coppa Tertsztyansky a Cremona

La coppa Tertsztyansky a CremonaEccezionale competizione alla sciabola La coppa Tertsztyansky a Cremona Ci pare di sentire l'eco dei passi Espletati della pattuglia ungherese in ^marcia per la strafe-expedition. PilEler è in testa a cavallo, disarmato, rcoI binoccolo a tracolla, segno che i'iascia combattere gli altri; Uhlyarick porta la bandiera. Dietro a loro son sei uomini, sciabola in spalla: 'Kabos, Kovacs, Rajcszanyi, RajcszyRasztovitch, Erdelyi, Bay. Vengono £'per sbaragliare, e lo dicon chiaro. Vinceranno. A men d'un di que' miracoli che in tutti i campi dello sport sono sempre possibili e che gli ultimi avvenimenti non ci consigliano davvero ad escludere in modo assoluto e definitivo, siamo preparati a pigliar la lezione. Che gara è questa — taluno potrebbe allora ^domandarci — se in uno dei due |campi c'è già la persuasione della 9Bconiitta ' Una gara, aignori miei, ; come non s'è mai vista l'eguale. Unica al mondo, anche se sarà forse la prima d'una serie; una gara t< voluta, decisa, attesa da anni e mai |•|I finora, potuta effettuare. E' gran tempo che l'Ungheria ci sovrasta in un arma che si chiama e si chiame-'ra italiana. Quando ancóra si lot- ] tava fra le due Nazioni amiche con alterna vicenda sportiva, S. E. l'Ammiraglio Horthy, Reggente del Trono d'Ungheria, offrì alla Accademia di Cremona uno stupendo trofeo destinato a un torneo individuale che stava per svolgersi in quella città. La Coppa d'oro era in | mostra quando il telegrafo portò in Italia una triste notizia: il Colonnello de Tersztyànsky, eroe della guerra, campione olimpionico di Amsterdam, era morto. Un tragico destino aveva spento l'atleta dagli occhi cerulei, il caro compagno delle nostre aspre, ma fraterne battaglie. Gli ungheresi partirono in fretta per rendere al povero Tersztyànsky gli onori estremi, gli italiani ritirarono la Coppa. Da allora — e son parecchi anni — il trofeo, che ha assunto il nuovo nome, è sotto gli occhi di Sanipoli, in attesa della battaglia che gli dia un padrone. Alle Olimpiadi la supremazia magiara fu riconfermata. Tentammo la ' riscossa e parve, anzi, un giorno di esserne sulla soglia, ma tornarono ben presto le amarezze. Le riprove cocenti son di ieri. Ora che abbiamo il dovere di considerarci al disotto degli ungheresi nelle prove collettive con squadre olimpiche, mettiamo di fronte ai dominatori, non tre sciabolatori nostri e neppure quattro: facciamo appello a tutto il nostro coraggio e ne mettiamo addirittura sei. Del resto, a vederli sfilare in assetto di guerra, gli ungheresi li riconosciamo tutti. Il campione d'Europa Kabos, il biondo Kovacs, recentissimo vincitore d'un gran torneo nazionale, l'esile ed agilissimo Rajcszanyi, il Rajcszy, che ormai sappiamo esser colui che fino all'anno passato si chiamava Rasztovitch, trionfatore nella selezione di ieri, terzo ai campionati d'Europa, l'Erdelyi, quarto a Varsavia, il Bay, uno sciabolatore fra i più belli e i più classici che possan dire a chi non ci crede come la scherma ungherese sia soltanto la vecchissima scherma e non la pretesa magia. Li vediamo marciare in silenzio, i sei atleti, con la bandiera al vento e il grido nazionale di battaglia e di vittoria che sta per uscir loro dalle labbra. Potete gridarlo, amici. I tre colori delle nostre bandiere si confondono, ma alla sciabola le strisce orizzontali prevalgono. L' amicizia sentita è nell'anima, la rivalità accesa è sulla pedana. Tutto quanto stava in noi per seminarvi il cammino di spine è stato fatto con tranquilla coscienza. Non vi mettiamo di fronte un blocco, ma vi offriamo, da buoni combattenti non usi a mendicare le scuse, il fiore della sciabola nostra. E' superfluo presentarvi, come in una cerimonia, i nostri uomini uno per uno. Al nome di Gaudini o a quello di Marzi inarcate di certo il ciglio, come le sillabe di Pinton non devono suonar graditissime al vostro orecchio. Forse girate gli sguardi attorno per cercare qualcuno che non vedete, ma vi ricordate di Masciotta, avete intravisto Treves a Varsavia. Un orsachiotto nero che si chiama Eduardo Purcaro è invece del tutto nuovo per voi. Anche noi, compagni ungheresi, abbiamo seguito in gran parte quel vostro sistema che v'ha fatto lasciare a casa un Gerevich o un Maszlay, ma voi sapete bene che le selezioni sono come le Accademie del marchese Colombi: si fanno o non si fanno. Ora vedremo quel che rendono gli uomini nuovi. Ci guarderemo bene dal contraddire le vostre previsioni, avversarii ed amici. Siamo d'accordo sul piatto della bilancia che si dovrà fatalmente abbassare e siamo d'accordo perfino sul numero dei pesi d'ottone che questo piatto faranno inevitabilmente cadere. I pesi (voi intendete l'ingenua metafora) sono le vittorie, e se vogliamo proprio metterci qualcosa di nostro che forse non sia stato ancor detto, ci pare che sui 36 assalti lo scarto debba andare da un 20-16 a un 24-12. Se arrivassimo a sedici vittorie sarebbe già un suc: cesso, se scendessimo sotto le dodici sarebbe piuttosto una rovina. Comunque, ora ci siamo. La pattuglia è alle porte. Le si suoni la fanfara. Le si presentino le armiSono atleti valorosi che hanno un primato nel mondo, sono combattenti di razza che lottano per un ideale. Siano, più che ospiti, fratelli, e il mite Tersztyànsky, lassùgioisce dell'onore che meritamente gli rendono i dodici migliori sciabolatori del mondo. Nedo Nadi i

Persone citate: Colombi, Eduardo Purcaro, Horthy, Kovacs, Masciotta, Nedo Nadi, Pinton, Sanipoli, Treves