In Taggia, al tempo del Brea di Marziano Bernardi

In Taggia, al tempo del Brea Per una mostra, d'antica, arte ligure In Taggia, al tempo del Brea Taggia, 4 notte. Inesauribile ricchezza artistica d'Italia. Passano anni, decenni, secoli. Parrebbe che tutto lo scopribile sia stato scoperto, che anche il più sperduto borgo di montagna, dopo tanta ricerca di studiosi e d'antiquari, sia stato a fondo frugato fino all'ultimo paliotto d'altare, fino all'ultimo palmo di muro ngenuamente frescate Ma a Taggia — diciamo Taggia ch'è a due passi da Sanremo e che si sa esser stata la cula dell'antica pittura ligure — s'inizia l restauro del convento domenicano, si va scrostando l'intonaco dell'annessa chiesa della Misericordia, si dà in giro ancora un'occhiata nelle vecchie case tabiesi perchè si vuole allestire una mostra di dipinti locali del Quattro e Cinquecento a favore del lavori nel convento. Ed ecco che da un solaio salta fuori una logora tavola che appuntellava il tetto, la si guarda meglio e vi si scorge sopra un delizioso angelo di Annunciazione; ecco che di sotto il sedile dell'organo, proprio dove l'organista appoggiava i piedi, esce una lunetta di ancona, di squisita fattura. Da duecento, da trecent'anni forse, le due tavole dipinte cosi giacevano nel buio. Quant'altre con esse? Quante perirono consumate da incendi, frantumate da terremoti? Di quante mai i nostri avi, nel loro tranquillo disprezzo di uomini consci della propria forza creativa, fecero legna da ardere? Scoperte minime, a confronto con i nuovi Tiziano od i nuovi Leonardo che vanno da un po' di tempo a gara nell'apparire in certi castelli d'Ungheria o di Lettonia, in attesa di autorevolissime autenticazioni che li accompagneranno sul mercato per aggiungere una battuta amena a quella ch'è ormai la farsa dell'arte antica. Ma appunto perchè umili, appunto perchè semplici testimonianze di un'anonima universale aspirazione a una bellezza considerata, allora, indispensabile alla vita secolare e religiosa, questi ritrovamenti lasciano ogni volta una sorta di spaurita meraviglia non solo per l'immensità della nostra produzione artistica passata, ma per l'altezza del gusto popolare, per la va-lentia degli artefici anche oscuri, perl'esigenza con cui di fronte all'arte sa-peva mostrarsi giusto anche chi del-l'arte non faceva mestiere: un abate,un mercante, un navigatore, un uomo d'armi. Sorse così, per questo amor d'arte paesano, ancora forse un poco aspro e rozzo ma chiaro come i nitidi mattini che pur oggi ridestano l'argento degliullvl^ lungo" la valle che dal torrenteArgentina appunto prende nome, lascuola pittorica di Taggia- o m="lioquel centro vivo di pittori' che sulloscorcio del Quattrocento ebbero stanza nella piccola città dove già era sbarcato un fratello d'Annibale e che nelle continue lotte fra i Genovesi e le altre genti liguri aveva avuto una sua vicenda rudemente guerriera scontando talora con distruzioni e taglieggiamentla rottura o la firma d'alleanze. Genova dominava su tutto l'arco del golfo spingendo le sue flotte contro Pisa o Venezia. Eppure ancora non poteva vantare quanto già Invece vantavano queste poche case adagiate fra il declivio del colle e il greto del torrente In faccia al mare: una schiera di artisti che avrebbero fatto di Taggia la patria stessa della pittura genovese* Che Taggia sia- stata a lungo frequentata e amata dagli artisti, scrisse Corrado Ricci, sembra fuori dubbioAncora conserva una folla di dipintiquale non si trova in altri luoghi dellaLiguria esclusa Genova: varie preziose tavole del Brea e della sua scuola, un trittico ritenuto di Corrado d'Alema-gna, un polittico sul fare del Canave-sio, una pala del Macario, un'altra d* . . , „_ Raffaello de Rossi ». Un brano di capitolo; una semplice constatazione dstorico. Ma, come ogni volta che svuol della storia fare una cosa viva edumana, conviene ricrearsi con la fantasia il tempo, il luogo, il costumequasi la fisionomia degli uomini, penetrare nei loro sentimenti, capire o soffrire le loro fatiche, le loro pene, le loro speranze, insomma, la loro giornata di simili nostri. Allora quel Lodovico Brea nizzardo che i domenicani chiameranno a lavorare nel loro convento costruito supoggio verde di lecci fra il 1460 ed i1477, acquista un suo profilo precisolo si vede agire, stipular patti coi committenti, aggirarsi nella sua bottegacui giunge il rumor sordo del fiantodelle olive ed il canto dei galli nel fresco mattino. Egli a Nizza, dov'è natguace aveva tredici anni, ed i primelementi della pittura probabilmentf se non è azzardato dedurlo da documenti pubblicati dal Bres nel 1906) gsono stati appresi da un tal GiacomDurandi che nel 1443 aveva dipinto inTaggia le insegne del nuovo governoFu la presenza a Taggia di Giust d'Alemagna a chiamarvi Ludovico intorno al 1477 ? Oggi, a distanza di secoli, l'opera quasi sempre sopraffa l'autore; costui, di solito, di fronte al capolavoro, resta un nome svanito nel tempo. Pure l'uomo visse, ed in tutta la sua varia natura umana. E noi ve diamo il Brea che se ne vien da Nizza lentamente per l'antica strada romana lungo il mare. Spinge la sua mula su cui ha caricato gli arnesi del mestiere, e va di borgo in borgo, a tappe; quando la bestia è stanca e si ferma a strappare coi denti gialli un po' d'er- ba magra dalle prode egli la tocca con una frasca d'ulivo. Il grigio della fron- I da luccica allora nel sole sul dorso; nero dell'animale. Vita grama a Tag- &a- dove. dipingerà con _ Giusto,_ qual-jcuno sostiene, fin verso il 1483. Ma intanto l'orizzonte s'allarga con nuove richieste di lavoro; e son le pitture per le chiese degli Armeni e di S. Maria della Consolazione in Genova. Il suo nome è ormai chiaro, ed a Taggia ritorna nel pieno della forza creativa. Settantadue scudi d'oro gli verran pagati per la tavola rappresentante S. Maria della Misericordia offerta al convento domenicano da un Cristoforo Pasqua; e nel 1488 s'impegnerà a dipingere (cfr. gli Appunti e notizie del Reghezza) per suor Bianca Porrà, prioressa delle suore terziarie dell'abito di S. Domenico, la grande ancona che qui riproduciamo con le sante Caterine da Siena, Lucia ed Agata, l'Annunciazione, l'arcangelo Gabriele e Tobia guidato dall'angelo: tutto per trentacinque ducati d'oro. E' intorno a questo convento domenicano che si svolge la maggiore attività del Brea in Taggia; ed è bello che questo convento ne rinfreschi la fama inaugurando domani una mostra del dlPlnU custoditi nella chiesa della MI- «pripnrrlm ' nnoro r.^pirinfo Tra lo fino Pittorl che sotto dl lu> lavorarono o che comunque con la sua arte ebbero con- sericordia; opere eseguite tra la fine del secolo XV ed il principio del XVI, e non di Ludovico soltanto, ma dei tatti e parentele: il Canavesio, il Macario o Macari, Antonio, Francesco, Pietro Brea congiunti del maggior Ludovico, ed altri ancora dal Cirno al Molosso. Questa mostra, pur cospicua e interessante dovrebbe — ci sembra esser l'annunzio di un'altra ben più j Gazoia aveva concertato per tenerla ]a Sanremo, e della quale poi, come j spesso avviene dei migliori progetti, j non si fece più nulla. Un'esposizione : siffatta avrebbe il merito anzitutto di far largamente conoscere un pittore j d'una grazia e d'una dolcezza assolujtamente toccanti: il Brea della pala di vasta e notevole: quella d'arte sacra ligure che già il Pacchioni insieme col j con santi di Taggia. ! con le ricordate tavole di S. Maria ì della Misericordia e di S. Caterina da * Siena, è su queste tre ultime pitture | che va rivolta l'attenzione di chi si re ! cherà a Taggia domani a visitare la : mostra messa su con semplicità quasi !pia francescana che domenicana, ep- pure non priva d'un suo fascino appunto pel contrasto fra la povertà dei muri imbiancati e questa antica ricchezza di genialità artistica che pur nei villaggi trabocca per ogni parte d'Italia appena la si chiami a mostrarsi. Motivi d'origine provenzale e fiamminga ed analoghi gusti d'una certa secchezza si fondono nel Brea con la visione chiaroscurale e drammatica anche nel patetico che gli venne dall'aver accostato e aiutato Vincenzo Foppa al tempo che lavorava in Savona al polittico di Giovanni della Rovere, intorno al 1489. Le influenze del maestro lombardo introduttore in Liguria del l'arte del Rinascimento saltano all'oc chio in chi osservi questi soavi volti delle vergini dal bell'ovale, queste for me placide, sostenute, modellate ad ombre. Certo il Brea, dipingendo il San Sebastiano ch'è a destra nel polittico dell'Annunciazione, non potè tener conto del S. Sebastiano del Foppa ch'è a Brera; eppure un'affinità è evidente: più nulla di chiuso e di nordico in questa salda figura di martire; e l'Annunziata poi, malgrado il fasto degli ori, già gode della libertà rinascimentale, dietro di lei e dell'angelo il paese sfonda deliziosamente per le finestrelle, e negli atti, nelle espressioni, nel disinvolto mestiere è un artista maturo che si palesa, un ingegno aperto alle correnti del tempo, non un pittor provinciale ancora impigliato in rigidezze gotiche come nella Madonna della Misericordia e nel Battesimo dl Gesù. E' nel freschissimo polittico dell'Annunciazione che si dice che il Brea si sia ritratto, a destra in alto, nella figura dl S. Pantaleone. Un uomo piccolo e magrolino, dalle mani esili — la destra tiene il pennello, la sinistra un barattolo di colori — con un viso ossuto dagli zigomi sporgenti, gli occhi mansueti ma calcolatori, la barba arriccia, la chioma fluente sotto il berrettone. Se la tradizione risponde al vero, l'artista si sarebbe posto quarto coi santi Fabiano, Sebastiano e Domenico attorno alla Vergine. Superbia od umiltà? Irriverenza o religione profon| da, onde l'esercizio dell' arte doveva sembrargli simile a una costante, quotidiana preghiera? Preferiamo questa seconda ipotesi. Prima dl tornarsene a Nizza dove int0rno al 1523 sarebbe morto dl peste, Ludovico Brea ancora dipinse in questi paesi che dominano dall'alto i declivi grigiargento degli ulivi. Creava dei santi, delle madonne, del martiri, lontano dalla vita faziosa delle città. Metà della sua vita passò nei borghi liguri, cibandosi parcamente, dormendo nei conventi. Pescatori e contadini dovettero esser per anni, con primo richiamo del gallo, porsi al lavoro e lavorare finché durava luce. E se un giorno volle raffigurarsi fra tre santi, questa sua sobria esistenza dl pittore campagnuolo oggi lo assolve da un peccato dl orgoglio. Marziano Bernardi LUDOVICO BREA: Il trittico di Santa Caterina da Slena.