LA MUSICA

LA MUSICA LA MUSICA A Firenze - Lettere di Bellini • V antica scuola bolognese La notizia della imminente costituzione a Firenze di un « Istituto speciale di alta cultura musicale per il perfezionamento degli studii », al quale il Capo del Governo ha già dato la sua approvazione di massima, è tale da essere segnalata come indizio di vita nuova e di alta idealità. Con i concerti della Stabile fiorentina, dapprima, con essi e con il Maggio biennale, di poi, Firenze ha assunto una posizione eminente nel campo musicale italiano e internazionale. Grazie all'attività, non gretta nè mercantilistica, dell'Ente autonomo del Teatro Comunale, la città fiorisce e si onora di altre iniziative culturali. Altissima, questa che ora è proposta. Palazzo Pitti sarebbe la sede dell'istituto destinato a svolgere corsi distinti di scenografia e architettura teatrale (cioè Costruzioni e progetti, Acustica, Ingegneria teatrale, Scenotecnica, Storia della scenografia e del costume, eccetera), e di tecnica (dalla composizione alla direzione orchestrale, agli istrumenti) e di estetica. Parecchie cattedre di pianoforte, di violino, di violoncello, di canto, affidate a eccellenti maestri, perfezionerebbero i già diplomati. L'Orchestra stabile sarà a disposizione della scuola di direzione e insieme col Coro stabile renderà possibile un Teatro sperimentale. Questo, che istruirebbe e metterebbe alla prova gli esordienti direttori, scenografi, cantanti e registi, svolgerà una stagione di due mesi, nell'autunno. Rigorosamente controllata, l'ammissione al Teatro Sperimentale sarebbe un primo passo nella carriera, e il più accreditato. Borse di studio verrebbero istituite allo scopo di favorire i meno agiati nella durata degli studii, circa tre anni. Maestri e studiosi converreb- bero dalle più colte nazioni, nuovo lu- stro e pratico vantaggio ne deriverebbero alla vivace e fervida Firenze musicale. Il soggiorno, del quale i tesori d'arte cittadini e la bellezza del luogo accrescono l'interesse e la gioia, sarebbe reso più facile dalla t'enuità delle tasse di ammissione e da un'oppor- tuna organizzazione di pensioni alla maniera dei colleges inglesi e americani. Villa Fabbricotti, che l'Opera Nazionale Balilla sta attrezzando per ospitare gli -artisti stranieri che conv.?nS°poj. Firenze per ragioni di studio, si offre come il modello dei futuri pensionati. *** Ecco un libro che ha la più meritata fortuna, le Lettere di Bellini raccolte da Francesco Pastura (ed. Totalità, Catania, lire 15). La prima edizione è già quasi esaurita, la seconda non tarderà. Bene. Gli italiani onorano Bellini. Li ammiro tanto più che la lettura di questo epistolario non è amena, nè facile, vuole attenzione, memoria, interessamento. Devo aggiungere che qui non si rinnova, anzi scema di molto, l'insoddisfazione che l'antica pubblicazione del Florimo destava. Qui la Tac¬ colta, più numerosa, consente di se- £uire. con miglior evidenza i fili degli eYentl- dei pensieri. Anche la integrazione del testo reca maggior chiarezza e sapore d'originalità .Tanto vantaggio deriva dall'opera laboriosa ed entusia- sta del giovine maestro Pastura. Glie ne siamo riconoscenti. Egli ha non solo coordinato quante lettere di Bellini fossero raggiungibili dalle sue ricerche, ma ha anche controllato quelle edite. E nel far ciò ha scoperto inesattezze e magagne. Non certo in quelle stampate da un Luzio. Ma molte, si, in quelle, per esempio, edite dal Florimo. Il quale, ora è provato, amputò, pasticciò, rifece molti passi, seguendo cosi certe sue idee dell'amicizia postuma, su i riguardi dovuti agli eredi delle persone non benevolmente nominate, e via dicendo. E son pure accertate cose peggiori. Il Pastura ha raccolto la testimonianza di due musicisti napolitani, i quali, giovanissimi, incaricati dal Florimo di aiutarlo nella scelta delle lettere belliniane più o meno interessanti, assistettero poi alla distribuzione di quelle che il vecchio reputava « compromettenti ». Troppo dimenticava l'amico di essere anche un archivista! Ed è anche deplorevole che molte lettere non si trovino più. Fra l'altra, la famosa in cui Bellini avrebbe descritto il fiasco della Norma. Diciamo avrebbe PO'chè, privi dell ongmale, e sospettosi dei Florimo, e certi di altre sue altera- zioni potremmo anche dubitare della veridicità del testo, cui non fanno ri scontro altre lettere di quei giorni ansiosi. Restaurate, dunque, nella loro lezio ne. queste circa centocinquanta lettere costituiscono il miglior documento bio- fe»S?^*'S£^l£gZ s'attenua negli anni vissuti a Milano e un po' si francesizza nei mesi parigini, è anch'essa dimostrativa. Documento biografico che deve essere interpretato, s'intende, da mettere in rapporto cioè con la persona del corrispondente, con le condizioni della vita, dell'ambiente. Opportune sono perciò le note del Pastura. Comodo riescila, nella seconda edizione, un indice dei nomi e delle opere ricorrenti. L'aggiunta, se occorrerà, di qualche altra lettera recuperata, completerà questo sincero omaggio felliniano, questo bel dono agli italiani del 1935. Una postilla torinese, poiché queste benedette lettere di Bellini han sofferto parecchio, anche nella materia. Me ne ha informato il professor Gasperini, l'autorevole bibliotecario di S. Pietro a Majella. Gli autografi, appartenenti al Conservatorio di Napoli, erano stati fìssati in un volume, e la barbara rilegatura, la colla e lo spago ne avevano distrutto, in parte, i margini. Ma c'è a Torino là signora Erminia Candana, il cui nome resta legato alla restaurazione dei papiri e dei libri rovinati dall'incendio della nostra Biblioteca Naj zionale. A lei è stato affidato quel vo'lume. Ed ella con sapiente manovra ha I sciolto, liberato dai rozzi vincoli le let: tere sì tenui e fragili e le ha restituite | quasi intatte e intiere. '■ *** Nomi non illustri, anzi appena i noti ai più eruditi ed esperti di campi limitati, ma degni di ricordo, ritornano 1 alla luce, grazie a Giuseppe Piccioli, che I proficuamente lavora là dove il suo maestro, Francesco Vatielli, aveva già [ scoperto e illuminato cose preziose per la storia della musica italiana. La scuola bolognese s'arrichisce così di pa recchie composizioni, già fissate nell'intavolatura d'organo e ora trascritte pel pianoforte, di Bartolomeo Monari, detto il Mona rino, che a Bologna ebbe ono revoli offieii e molto compose, e di Giuseppe Aldovrandini, allievo del Perti, fecondissimo in opere teatrali e strumentali, maestro a Ferrara e a Mantova. Entrambi vissero fra il Sei e il Settecento, un'epoca che meno è nota nell'organistica, poiché la clavicembalistica, facendosi autonoma da quella, primeggiava con scrittori grandi e famosi. Del Monari presenta il Piccioli quattro sonate, una toccata, una giga, dell'altro un adagio e una toccata (2 fase, ed. Bongiovanni. Bologna), in cui l'incertezza fra gli stili dei due istrumenti da tasto è ora più, ora meno sensibile, come quella fra la toccata e la sonata, e accanto all'imitazione breve si trova la scioltezza lineale. Per l'interesse o la piacevolezza quenti pezzi sarebbero ria presentar»? nei nostri con certi, dove purtroppo un Frescobaldi è appena menzionato. Un altro Adagio e una Pastorale dell'Aldrovandini sono stati liberamente trascritti per archi dallo stesso Piccioli (eri. Bongiovanni), il quale avverte di non averne modificalo 'i sostanzi. A. Della Corte