Angusto Franzoy

Angusto Franzoy Un grande esploratore africano Angusto Franzoy La figura di Augusto Franzoy si stacca nettamente dall'ambiente in cui visse; per la originalità del temperamento, per la irrequietezza della vita, per la passione africana che alimentò la sua esistenza. Natura ribelle, nomade per istinto e per convinzione, il singolarissimo esploratore e viaggiatore — nato a S. Germano Vercellese — ci ha lasciato la testimonianza del suo coraggio e delle sue azioni nel libro Continente Nero; narrazione maschia, incisiva, rapida ed efficace del suo viaggio compiuto nel cuore dell'Africa; diario che il Carducci definì « racconto di fatti veri e mirabili ». Nel dicembre 1882 L'insigne geografo prof. Cosimo Bcrtacchi, che conobbe molto da vicino il Franzoy, scrive che questi appartiene «alla schiera dei forti operai della geografia esploratrice, come Gustavo Bianco, come Romolo Gessi, come Giovanni Miani, come più grande e più lontano, nelle altezze del Pamir, lo stesso Marco Polo. Seppe spingersi, so7o, in regioni assolutamente inospitali e nemiche, come il Massaia, il Cecchi, il Chiarini. Nel dicembre 1882, Franzoy mosse da Galabat verso l'Etiopia, dopo avere assestato il suo bagaglio personale e quello contenente i varii doni per gli abissini per i quali doni aveva speso una trentina di lire in tutto. « Per il resto — egli scriveva — ho molta fede in Dio e molta nella fermezza del mio proposito. Conto poi moltissimo sulla mia povertà, la quale mi permetterà di viaggiare inosservato. .Una Croce abbastanza grossa che por- to al collo mostra che sono cristiano e mi para dalle possibilità di essere ammazzato come turco ». Egli compì il suo viaggio — durato tra anni — senza mezzi, e senza l'assistenza del Governo — neanche morale ■— attraversò l'intera Etiopia e il paese dei Galla fino al Ghera inospitale. Descrittore colorito e dotato di una grande sensibilità, egli prevede (nel 1883) l'ascesa di Menelik e traccia le precise biografie del Negus Giovanni, della Regina di Ghera, di Ras Gobonà, di Abbà Dulia e dei nostri — al posto d'onore — conosciamo da vicino Chiarini e Antinori. Dobbiamo al Franzoy se è oggi possibile custodire i gloriosi resti mortali di Giovanni Chiarini. Il diario di Franzoy è la vera superba descrizione di un paese che in quelli anni era pressocchè sconosciuto dagli europei e la prosa dell'audace piemontese — esploratore e scrittore — scolpisce tipi e figure, usi e costumi; descrive gli eserciti sui confini dello Scioa, e intorno a questi la natura, montagne e pianure, la vegetazione lussureggiante e la aridità più squallida, rovine di Castelli e le placide acque uel lago Tana. Il Bertacchi ricorda che l'opera del Franzoy è completata da un altro volume, Aure Africane, che ricompone l'intero viaggio fino al ritorno da Ghe ra allo Scioa. Possiamo così facilmente seguire il nostro viaggiatore: dalla terra dei Faraoni a Gedda, dalla Mecca a Suakin, a Massaua e da qui nell'interno africano. Un ardimentoso nomade Come scrittore e narratore, Fran zoy può dirsi appartenga a quella fa miglia di scrittori non letterati di cui « in Italia il tipo più sincero e vivo rimane pur sempre il Cellinl. L'arte loro è un'arte irriflessa, nata spontaneamente, come la lirica dei popoli primitivi ». E al Cellini molto rassomiglia il Franzoy non solo per la vivacità dello scrivere — non sempre corretto — ma anche e meglio ancora per le qualità dell'animo e le bizzarrie della vita. Nomade per eccellenza, amò come il nomade il pericolo quotidiano, e come il nomade subì il fascino dell'avventura, del misterioso, dell'azione eroica. In Africa, egli-fece un po' di tutto: l'armaiuolo, l'ostetrico, il dentista, manipolò medicinali di sua invenzione secondo una nuova farmacopea abissina. Non mai si perdette d'animo « anche nei più terribili frangenti e come 1 vecchi viaggiatori italiani del '500 trovò sempre dentro di sè nuove e inesauribili risorse di astuzia e di audacia. Franzoy — anche e soprattutto questo va ricordato — penetrò nel retroterra africano senza aiuto di strumenti e quasi senz'armi, iniziando un viaggio spaventevole di ben 3000 chilometri, varcando la linea di spartiacque fra Somali e Galla, percorrendo un tratto della zona di transizione fra il bacino dell'Anash e quello delI'Uebi e del Giuba. Franzoy aveva già concepito una grande spedizione attraverso la immensa regione fra l'Altopiano Etiopico e i Laghi Equatoriali e sotto il patrocinio di Re Umberto e di Crispi, animatore di ogni impresa africana, il piemontese avrebbe dovuto riprendere la via dell'Africa* Fu 11 Bertacchi ad accompagnare il Franzoy al Senato per trattare con il Carducci il modo dì un incontro con Francesco Crispi. « E tutto pareva bene avviato » quando un triste incidente determinò il fallimento di ogni combinazione. Vittorio Bòttego, con la scoperta della defluenza del fiume Omo nel la go Rodolfo e con la rivelazione delle sorgenti del Giuba, realizzò la grande impresa di Augusto Franzo". F. Ceraci