Sul traguardo di San Remo Olmo batte Guerra e Cipriani

Sul traguardo di San Remo Olmo batte Guerra e Cipriani Sul traguardo di San Remo Olmo batte Guerra e Cipriani gpLa battaglia è scatenata da un manipolo di giovani, domati solo in vetta al Turchino, e riprende furiosa in riviera in seguito ad una caduta e al ritardo di Guerra. La travolgente controffensiva del campione, le prodezze di Martano, Cipriani, Bovet, Gerini, Demuysère, Negrini, la coraggiosa impresa di Bartali, conducono alla vittoria l'atleta di Celle (Dal nostro Inviato speciale) San Remo, 18 mattino. Un clamore assordante giunge sino alla mia finestra dalla marea di gente che si accalca alla cancellata dell'albergo dove stanno ripulendosi Olmo e Guerra; li vuole al balcone, i suoi beniaminil questa folla che pochi minuti fa. e andata in delirio per l'ebbrezza che hanno saputo procurarle nell'attimo che hanno lottato sotto i suoi occhi e si sono disputata ai ferri corti la più bella delle vittorie. Vuole il ragazzo che ha vinto, orgoglio della sua terra, e vuole il campione battuto, l'alfiere dei colori più cari, e li accomuna entrambi in uno slancio di ammirazione e di affetto; così, inconsciamente ma generosamente, rende omaggio ai due atleti, delle cui gesta più si sostanzia di bellezza agonistica e di splendore di risultati questa meravigliosa Milano - Sanremo. La fuga degli « M » Non vorrei abusare di aggettivi, ma come non definire cosi questa corsa che ci ha fatto vivere quasi otto ore di intenso godimento sportivo, che non ha mai dato tregua alla nostra attenzione, che ha messo in mostra lo scapigliato e caparbio spirito di iniziativa di giovani, il fiero e ferreo cuore di campioni maturi, il tormento e la ribellione di tutti ai morsi delle autunnali, per non dire invernali, avversità atmosferiche, che ha dato la definitiva consacrazione di « asso » ad un atleta che già se n'era dimostrato degno, che ha portato alla ribalta della notorietà nazionale dei ragazzi finora conosciuti soltanto sulle scene provinciali p regionali, che ha rinfrescato e rinsaldato la considerazione tecnica per l'uomo cinto della maglia tricolore e per altri che som ben meritevoli di stargli di fronte? Annodando quattro fili si può avere lo sviluppo schematico e completo di questa corsa. Il primo va da Milano al tunnel del Turchino; il secondo da qui a Voltri; il terzo dall'imbocco della riviera a Cervo; il quarto da qui all'arrivo. Cominciamo a dipanare il primo. Il Federale di Milano, Rino Parenti, aveva appena lasciato in libertà i duecento corridori presenti all'appello in piazza Mercanti, che già un isolato, Malnesi, si faceva in quattro per dar brio alla veloce marcia, mattutina, miniata sotto un cielo grigio che non prometteva niente di buono. Infatti a Binasco già mettevamo il naso nella nebbia e a Pavia> ricevevamo la prima benedizione celeste. Malnesi fu, si capisce, messo subito a freno e per un po' la calma non fu disturbata. Un berrettino rosso (divisa dei «garibaldini») che non riuscii a identificare, fece scoppiare il secondo petardo, Piemontesi il terzo, Fraccaroli il quarto. Nessuno, però, fece l'effetto voluto; sul ponte coperto di Pavia i 200 uomini erano ancora legati in fila indiana ininterrotta. Avevano marciato per 29 chilometri a 40 di media. L'episodio che si può considerare la spina dorsale di questa fase, spuntò poco dopo, quando non so ad opera di chi, si formò una pattuglia di sette uomini che andò subito distanziando il grosso. Ne facevano parte Malnesi, Mealli, Mollo, Mantesi, Morbiatto, Moretti e Valle. Quasi fossero stati tirati fuori per ordine alfabetico tutti questi fuggitivi, meno uno, appartenevano, come vedete, alla lettera M... Quel che più conta si era che appartenevano a quella razza di giovani che non stanno a pensare tanto per il sottile, se è troppo presto e troppo pericoloso attaccare e tentare. Ce la mettevano tutta, come se avessero dovuto arrivare 'solo a Ovada, senza fare economia di energie e senza fare i conti a chi doveva tirare. S erano messi a testa bassa, si davano il cambio molto spesso, scrollavano dalla faccia il gocciolare di fanghiglia che schizzava dalla mota davanti e— speravano in Dio... Alle loro spalle succedeva quello che è sempre successo quando chi scappa non fa paura e chi deve inseguire ha invece paura di fare il giuoco degli altri; degli aggruppati nessuno metteva il naso fuori della finestra. L'incidente di Binda Capitò a Binda, in questo momento, un incidente che gli fu fatale. Un brusco scarto di chi gli era davanti, un allarme di Battesini, un fasoio di caduti fra i quali Binda. Quasi tre minuti perse lo sfortunato per rimediare ad un'avaria di macchina e, quando si mise a inseguire, si trovò solo; poi ebbe l'assistenza di Battesini; poi anche quella di Vignoli e Firpo; ma la maggior parte dtmdnqeapggqgliMppmbcpd9cdOgccdnlTpsIRnGpz(esldMlnllcagdcmpscdsccvPstcrlcGcvcspebCsv6epGropntptrigcsacsMnsgenlcrepvn dell'inseguimento, che durò quaranta minuti, lo condusse lui, che finalmente a Ponte Curone ebbe la soddisfazione di riprendere il suo posto nel plotone. Dirò subito, però, che questo coraggioso sforzo non deve essere stato l'ultimo motivo per cui a Musone, a metà Turchino, Binda preferì finire la giornata. Lo svolgersi della corsa fino a Ovada è segnato da- questi dati abbastanza eloquenti nella loro nudità: a Costeggio (km. 50 > i sette precedevano di l'40" il grosso, dal quale avevano invano cercato staccarsi Canavesi e Mara; a Voghera (km. ,60) il gruppo, tirato da Zanzi, era a 2'50 dai primi, che avevano realizzato una media di 41; a Tortona, dove Morbiatto vinse il traguardo, il distacco era salito nientemeno che a 5'5", perchè gli inseguitori erano condotti dal modesto Buffalo ; a Novi (km. 94) si toccò il massimo del distacco — 5'15" — che venne poi calando perchè la minaccia che Puppo e Oria andassero da soli a raggiungere i sette, fece intensificare la caccia. Prima di Ovada, Malnesi forò; al controllo 4'50" separavano la piccola dalla grande unità, le cui azioni vennero gradatamente capovolgendosi; la prima risentì lungo l'ascesa del Turchino le conseguenze della galoppata, la seconda si decise a fare sul serio e incalzava irresistibilmente. Il comando energico di Sella, Gotti, Rovida, un accenno di fuga di Benente, una guida severissima di Guerra, Bini e Sella-, portarono i primi elementi della fila, ormai spezzata-, in vista del sestetto di testa (Malnesi era stato subito assorbito) e quasi contemporaneamente, a distanza di, duecento metri, avveniva la. scaramuccia finale nell-avanguardia e nel grosso. Là. provocata da Montasi, che fece cedere prima Mollo, la cui macchina era stata danneggiala da un'automobile, poi Valle, quindi Morbiatto, Moretti e Mealli; qua dovuta a Martano, che precedeva Guerra, Olmo, Di Paco e gli altri scaglionati in profondità. Ma gli anelli delle due file quasi si saldavano all'uscita del tunnel, cosicché si può dire che qui ebbe termine la parte prima della corsa. La seconda fu iniziata dalla precipitosa discesa del Turchino, dì cui sapete bene che nessuno può essere cronista preciso per l'impossibilità di avere sotto gli occhi più di un ristretto fronte di battaglia. Quello che vi posso dire è che sullo sdrucciolevole asfalto delle pericolose curve ho visto andare a gambe levate Piubeltini e Puppo, e questo ferirsi seriamente a un gomito. Ho assistito anche a una caduta di Lapeble, che gli è costata la rottura ai una ruota e lo ha obbligato al ritiro. La caduta di Guerra Ma la caduta più seria e, dirò così, la più importante agli effetti della corsa, fu quella che fece vittima Guerra quasi all'uscita di Voltri. I corridori già da quattro ore pedalavano sotto un'acqueruggiola sottile, che dapprima non era stata presa \ sul serio, tanto che nessuno aveva pensato ad indossare l'impermeabile e che, invece, li aveva a poco a poco bagnati sino alle ossa. Con le maglie fradice sulla pelle riscaldata dall'ascesa al colle, si dovettero buttare giù per la discesa a 60 all'ora, e potete immaginare che effetto fece questo squilibrio di temperatura anche sulle fibre più forti. Giunsero, i corridori, in riva al mare con i volti paonazzi, fregandosi ogni tanto le gambe con le mani che più non riuscivano a stringere il manubrio. Sterzando per incrociare una rotaia, Guerra slittò e andò a sbattere per terra tra la folla. Vi rimase inerte, muto, tremante. Solo a stento fu rialzato; aveva la coscia destra sanguinante, balbettava appena qualche parola, imprecando al freddo che sembrava averlo annientato, ridotto ad uno straccio, lui, atleta esuberante e straforte. Scesi anch'io a farglicoraggio e dopo un paio di minutisi decise a rimontare in macchina. Ma ebbi, li per li, la sensazione chenon avrebbe continuato. Pedalava al stento, legato, incerto. Altri lo rag-giungeva e lo sorpassava senza che egli potesse reagire. Dopo pochi minuti rallentò, si fece da un canto della strada e scese di nuovo. Tremava come una foglia, male si reggeva sulle gambe, alitava sulle mani rattrappite, non gli usciva di bocca una parola. Ancora una volta gli fui vicino e ancora riuscii a vincere il suo proposito di abbandonare. Nel frattempo eran maturate altre vicende di corsa. La Colletta e i Piani d'Invrea avevano dato il comando della gara ad un quartetto composto da Martano, Cipriani, Olmo e Bini, il quale, a conti fatti, doveva prece¬ dpsf dere Guerra, di almeno quattro minu-} ti. Ciò rendeva la situazione del cam-■ pione quanto mai difficile, tanto più che egli era rimasto completamente solo. Ma il grande combattente sep-\ pe compiere il miracolo. Rinfranca-'] tosi nella temperatura più mite del-\ la- riviera, incominciò a pedalare con facilità, con potenza e fece un boccone solo di quanti incontrò nella sua avanzata; e sì che fra costoro c'erano uomini come Puppo, Scorticati, Gotti, Sella, Piubellini, Altcmburger e Camu-sso; nessuno di costoro seppe tenere la sua ruota e furono tutti travolti, isolatamente o in } ■ \ '] \ gruppo. Fu poi su Bergamaschi, che non potè dargli nessun aiuto, anzi, dovette salutarlo, mentre Bartali fece con lui, coppia. I risultati dì questo inseguimento potei controllarli a Savona, dove Guerra e Bartali avevano solo l'45" di ritardo; Negrini e Bovet. 40" e Demuysère e Di Paco VIS" su Martano, Olmo, Cipriani e Bini. Rapido, qujisi cinematografico, fu lo svolgersi degli evolti. Bovet, lasciato Negrini, piombò addosso ai quattro e, non contento d.el risultato tentò sorprenderli continuando sullo slancio; ma il suo colpo fu parato <a : M| tr! coBaj stle 'Mgisì | cesatòe [ri tempo da Martano. Su Capo Noli, Martano giuoco la sua carta, ma si rovò al fianco Bini. A mettere d.'acordo tutti ci pensò Guerra, che, con artali, raccolse Demuysère, rim-ato solo dopo la ritirata di Di Paco, Negrini, e poi riagguantò anche Martano e Bini. Meravigliava la presenza di due iovani, quali Bartali e Bini, fra co illustri compagni. Ma il primo fee ancora di più e cominciò a paleare le sue ulteriori possibilità: tenò di andarsene solo dentro Finale fu solo grazie a Guerra se non ci riuscì; Bini, d'altro canto, fece una bgqsAmterlfeviv\s bellissima volata per vincere il tra-\mguardo di Ceriate. A completare il1 chquadro di, affermazione dei giovani,'psopraggiunse Gerini poco prima di ^dAtassia. Dunque erano nove gli uo- i trmini che rimanevano a. galla dopo la'ratempesta scatenata da Voltri sin qui;\de in fondo nulla ancora si poteva di-\clre di come sarebbe andata a finire]sula giornata. L'offensiva di Bartal fom.. zaIl mistero che ci teneva avvinti fino dall'alba, fu rotto dalla quarta dee ultima fase della corsa. I nave tro-\qvarona il passaggio a livello di Cer-\ vo chiuso. Guerra ne approfitto per\msoddisfare a una necessita im.pellen-\vte. Non credo che sarebbe lontano1 ddal vero chi, dicesse che ciò gli è co-\cstato la Sanremo; perchè aWattac- coco della salita Bartali, forzò a pieni ! ppedali e sgranò alle sue spalle Bini,[ìMartano, Cipriani, Gerini, Bovet, Ol-\damo, Demuysère e Negrini nell'ordì-\qne. Della Latta, che inseguiva dai tempo, era appena allora giunto alle ■ nspalle del gruppo, ma ne fu subite>i mdistanziato di nuovo. Guerra tentò '.mdi fronteggiare l'offensiva d eli'auda-\ ace « grigio rosso » e fu con gli altri,\uche in discesa s'erano ammassati,'.vprima di Capo Berta, circa duecento [ metri dietro Bartali. Fu lui, anzi, ad' g assumere il comando ed a mettere in vdifficoltà Martano e Olmo su questa'sultima, salita; poi forzò Cipriani, e:fquel pugno di. uomini si sgranò su'toper l'erta, al termine della quale Ci-\spriani aveva 300 metri di distacco .psu Bartali, Guerra 400, Olmo 500,'r Gerini 550, Bovet e Bini 600, De- ì umuysère e Martano 650. ìaQueste cifre vi dicono quale fu il r comportamento di ognuno su quello cbile era considerato come il punto t tattico della gara. Il giovane toscano tvi aveva guadagnato terreno. Marta->pno aveva accusato nettamente il cal-\ppo, come Demuysère, Guerra era riu- \ pscilo a far meglio di Olmo, ma non\edi Cipriani, di lui meno messo alla hprova, Gerini aveva retto il confronto\scon Bovet . . ' . „ . ,. . tA inseguire Bartali si unirono* (Guerra e Ciprtam, Olmo se loi sbrigo gda solo, Bovet si accoppio a Germi e Bini fece compagnia a Demuysère e dMartano; da cento e duecento metri mseparavano questi elementi e circa : ptrecento ne aveva di vantaggio Bar- j stalì. Rimanevano ancora da compie-]pre 28 chilometri e essi furono degni, adel finale dì una corsa memorabile. ! dLasciamo il fatto che Bovet, Gerini,! tNegrini e Demuysère si unirono eia-] nscuirono nei pasticci Martano; quello che importava era vedere come finivano le cose tra i prima quattro. Che Bartali vincesse la corsa poteva semi brore un sogno, ma stava per diventare realtà, che l'agile arrampicatore iventenne se la cavava magnij'lealmente anche in piano, e sembrava tener duro nell'ultimo sforzo, e Guerra, si capisce, era da Cipriani, compagno del fuggitivo, lasciato solo nel l'inseguimento. Al termine di una giornata così la boriosa non era da stupirsi se il campione stentava a spuntarla contro il ccgccmgUsorprendente ragazzo. Ciò nonostante i 5solo più duecento metri separavano p7'a.ua r7«77»«7/«« „„„,,j- „*,,.«*a «7/« tluno dnll altro, quando spunto alle 5spalle Olmo, che sera ripreso e ve-,Wmira a dire la sua parola decisiva. \iOlmo raggiunse Guerra e Cipriani, e ge tutti e tre a Taggia fecero sfumare il sogno di Bartali. Rimanevano, a AC. . i Cdisputare la vittoria, tre uommi ve-l8loci con i quali Bartali non avrebbe][potuto far niente. Egli fu, infatti, distanziato negli ultimi chilometri La volata finale iZD8l3Vidi, dal traguardo, avanzare i tre (in fondo al breve rettilineo che an- icara dovevano essere lanciati; Guer- Sra dirà, poi, che aspettava di. vedere,,^come il solito, il telone dei, cinquecen- «to metri, sotto il quale aveva proget-, tato dì accelerare progressivamente' per impedire a Olmo di piazzare ih suo temibile scatto; non lo vide...' perchè non c'era, e si trovò a 150 j metri dal traguardo in azione di at-\ tesa, proprio nel momento in cui il'n più agile e pronto avversano parti m'fulmineamente, prendendogli più arduna macchina: era finita; pur ri- dguadagnando terreno nella ripresa, jiGuerra non potè impedire a Olmo di mprendersi un quarto di ruota. Ci- *nrinni non fu ara» che rterirnlato dpriani non m gran me pericoloso. ì Mi pare che questa cronaca parli d'chiaro sul conto di ogni uomo. Olmo gdo, regolarissimamente vinto; se la dsorte ha contribuito a gravare il tcompito del più pericoloso avversa- drio. non. è colpa sua, come è inutile n'„,.„ ,,n,ìnre n rirFrrnrP sp ipn*a anp- roia andare a ricercare se sen-aque ,sto intervento, 11 risultato sarebbe n\cambiato o no. E importante, per v'Olmo aver vinto questa gara, ma eipiancora molto più importante aver di-[d mostrato che una corsa in linea, a;\he se dura come è stata questa, i.o uò trovare qualche attimo in ccnizioni non del tutto felici, ma lo rova, alla fine, capace di ricupeare e di sviluppare ancora le sue doti di velocita. La sua altissima lasse ha avuto una conferma; la ua maturità, i suoi progressi, in ondo, hanno avuto una chiara dimostrazione. Di Guerra ho già detto abbastana; aggiungerò solo che conferma 'UoJ£he ;f0 detto l'altro ieri; proentarsi ancora Guerra come il miqlior uomo deua stagione, Bovef non è stato inferiore a Olmo. nei suo inseguimento sulla Riviera ha avuto un periodo da grane campione; ha, però, leggermente enuto alla. fine. Non mi è parso ompletamente a punto Demuysère, pcr quanto sicuro e regolare; semìravn ci,e eqli non potesse trarre dalla sua poderosa macchina tutto quéllo che sa poter dare, Martano ha accusato chiaramente n peso della gara proprio al momento in cui stava per decidersi, mentre prima l'aveva sostenuto con apparente facili'à. Negrini è stato un mirabile ese;r "ar" di ardimento, valore e impareggiabile tenaciaMa a chi non vuol credere che i giovani avanzano e non ne è convinto dal solo successo di Olmo, bisogna far presente quel che han fatto Bartali, Bini e Gerini. E' stao, quello di ieri, il trionfo della Toscana, di cui costoro sono genuini prodotti. Bartali è un arrampicatore di vaglia, e ieri ha dimostrato una tenuta alla distanza che non gli avrei creduto; non so che cosa sa- rebbe avvenuto se, invece di attaccare su Capo Cervo, avesse aspettato a fare il suo giuoco su Capo Berta. Bini è forse più completo di lui, pcrcliè è più veloce, e anche egli ha palesato un grado di maturità sorprendente. Gerini è più solido di entrambi, e a questa qualità deve se ha potuto avere un finale in erescendo. Altro degno di nota e stato Mon- tesi, anche se al termine ha sconta- ( fa wo generosità nella fuga inigMe e newattacco al Turchiiio. Lo eUe< l'incidente che lo ha tolto di gara< non pu0 essere giudicata, mentre dalla prova fornita non si potrebbe dare lusinghiero Giudizio suì compagni di Binda. Buòna impressione invece ha fatto Di Paco, anche se non ha retto sino alla fine della gara, che non era la più adatta ai suoi mezzi. E chiedo venia se non posso parlare dì altre figure, che hanno mancato all'attesa, perchè il modo con cui si è svolta la gara non ha permesso di rendersi conto della ragione di ritardi, di crolli e di abbandoni di molti uomini. Giuieppe Ambrosini