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LIBRERIA LIBRERIA Tutto il mondo è paese UTra i quaderni della « Medusa » (Ediz. Mondadori) è comparso Jestiny Pilate di Aldous Huxley col titolo itaiano Tutto il mondo e panne che avrebbe potuto essere anche « il mondo visto da uno scettico >.. Lorenzo Montano, l'ottimo traduttore di questi curiosi appunti di viaggio attraverso l'India, a Malesia, l'Oceano Pacifico e l'America, è tuttavia esitante ad accogliere la definizione di scettico, ormai cosi comune nel caso dell'Huxley, e l'esitazione non è del tutto ingiustificata. Vediamo, ad esempio, quale sia l'atteggiamento dello scrittore inglese di fronte al problema religioso. Il viaggio nell'India lo induce frequentemente a soffermarsi dinanzi ai problemi dello spirito e se anche l'amore del paradosso e l'irresistibile tendenza all' humour lo conducono a osservazioni e svolgimenti superficiali e leggeri, non è dubbio che alla radice di questi si avverte un'ansia, una curiosità, un fremito che non si possono identificare con lo scetticismo. Perchè Huxley non è d'accordo con coloro che ammirano la «spiritualità :> degli inflù ? Perchè egli ritiene che quella * spiritualità » è la maledizione originaria della nazione indiana e la causa di tutte le disgrazie che l'affliggono, in quanto è appunto la preoccupazione delle realtà « spirituali », differenti dalle realtà storiche e presenti della vita comune, che per secoli e secoli ha fatto si che milioni e milioni di uomini p di donne si ap- ì pagassero di una sorte indegna di es-1 seri umani. Posto que.-to, Huxley ar- ! riva paradossalmente a difendere la ! nostra civiltà per il suo ^materialismo» j e trova anzi che se essa è imperfetta, ; si è perchè non è « materialista » abbastanza. Non spaventiamoci però delle parole. Materialismo per lo scrittore inglese significa interesse per il mondo che ci circonda, interesse sempre più vasto e profondo così da accrescere la propria personalità, moltiplicare i modi della propria esistenza, rendere la propria vita piena, significativa, interessante. « L'Altro Mondo — scrive testualmente —, quello della metafisica e delle religioni, non potrà mai essere interessante come questo, e ciò per una ragione evidente. Esso è una invenzione della fantasia dell'uomo e partecipa delle limitazioni del propro creatore. Questo, invece, il mondo dei materialisti, è l'invenzione fantastica e incredibile di... ebbene, non ! della signora Annie Besant, in ogni caso ». Il motto di spirito è azzeccato, ma oltre il motto s'apre lo spiraglio verso una grande luce dinnanzi alla quale Huxley batte le palpebre in un turbamento che non riesce a celare. I Abbiamo accennato così al procedimento dell'arguto scrittore inglese &•1 fronte a fatti, avvenimenti, idee; ed, ogni paese da lui visitato gli offre la : possibilità e lo stimolo a osservazioni originali sugli aspetti più varii del coro-; portamento umano. L'arte e la cucina, j la religione e il paesaggio, i costumi e la politica, tutto è motivo ad una cu-1 riosità viva e penetrante. Ad esempio, : certe pagine .sulla musica indiana, pa-1 gine cui ha dato occasione la Conferenza musicale pan-indiana di Lukr.ow, ! sono di una precisione informativa veramente notevole; nè meno acute e precise sono le informazioni sugli stili architettonici e in genere sull'espressione artistica dei vari paesi. Comunque, il libro di Huxley non trae il suo maggior interesse dall'esattezza dell'informazione quanto dal modo personale col quale l'informazione è prospettata ed elaborata. In fondo il geniale scrittore Inglese, nonostante le sue derivazioni e le sue preoccupazioni scientiste, è più che tutto un artista e quando, passando per il mare della Malesia e cercando di riassumere le sue impressioni di viaggio, finisce per concludere <: viaggiare significa scoprire che tutti hanno torto », egli non arriva ad una conclusione filosofica ma vuol dire semplicemente che l'atteggiamento dello spirito umano si comporta con assoluta autonomia anche di fronte alle leggi più sicure e più costanti. Huxley, insomma, è un individualista ricco di fantasia, d'onde la varietà iridescente della sua scrittura, la piacevolezza delle sue osservazioni, il modo nuovo e spesso sorprendente di guardare il mondo. La vita di Stanley Jakob Wassermann è uno di quegli israeliti che non ha incontrato il gradimento del nuovo regime germanico, il che non toglie che i suoi libri siano vivi di uno straordinario interesse per l'inquietudine spirituale che li pervade. Anche questo Buia Maturi tradotto da Luigi Emery per i « Quaderni della Medusa • (Ediz. Mondadori) col titolo La vita di Stanley importa un delicato problema, quello della solitudine dell'uomo d'azione. Nel ravvivarsi degli studi e della curiosità per l'Africa, il ricordo dei pionieri che primi cercarono di sciogliere i densi veli che ravvolgevano il continente nero è quanto mai suggestivo. Henry Martin Stanley — il cui nome d'origine era John Rowlands — nacque il 28 gennaio 1841 traendo dal suo paese d'origine, il Galles, un temperamento d'acciaio e un audace spirito d'avventura. Fanciullezza orfana e triste trascorsa nella malinconia irosa di chi intorno a sé non trova che visi arcigni e nessun palpito sincero d'affetto; adolescenza randagia in cerca del pane e di un sorriso. Giovinezza ingiusta ed amara. Fino ai 23 anni, insomma, è un susseguirsi di avversità e di privazioni. Inscrittosi negli equipaggi della marina da guerra degli Stati Uniti, nel dicembre 1865 partecipa alla spedizione comandata dal generale Terry ed ha il compito di osservare la battaglia e di inviarne la descrizione ad un giornale. E' il suo esordio di reporter: l'inizio della sua vera vita. « A quei tempi il reporter nel senso moderno del termine era ancora una figura rara, il giornale non era ancora la prima delle potenze entro lo Stato, e Stanley ventitreenne, dobbiamo immaginarcelo così isolato intellettualmente e socialmente, che l'impulso a farsi scrittore, cronista, cioè narratore di cose vedute e direttamente vissute, non potè essere se non il destarsi e l'esplicarsi di un'indole in lui latente ». Ed è appunto quest'indole che si va sempre più vigorosamente sviluppando e che il Wassermann studia minutamente e appassionatamente, specie per quel che riguarda la maggiore impresa di Stanley, e . cioè la ricerca di David Livingstone, u grande esploratore del quale da me. si non giungevano più notizie e la cui ] sorte quindi appariva sempre più dub ! bia e misteriosa. La spedizione di Stan ley lega la vita del gallese all'Africa in modo indissolubile, sicché per circa un ventennio, dal febbraio 1871 al dicembro 1889, l'Africa sarà veramente il suo destino. Un primo viaggio, dura- to dal febbraio '71 al maggio '72, ha per obbiettivo la ricerca di Livingstone; il secondo, dal settembre '74 all'agosto '77 ha per punto di partenza Zanzibar e méta la foce del Congo; il terzo, dal marzo '87 al dicembre '89, ha per scopo il salvataggio di Emin Pascià. « Ho l'Africa nel sangue » dovevano essere le ultime parole di Stanlev quando, in un estremo accesso di febbre tropicale, mori il 5 maggio 1904 chiudendo l'avventurosissima vita: e lo -studio di Wassermann, ultimo lavoro dello scrittore tedesco, è un'indagine acuta e appassionata dei motivi psicologici che spinsero il grande esploratore africano di avventura in avventura, ubbidendo ad una profonda e nobile irrequietezza dello spirito. 1. a. m. e o i a i