NARRATORI di Francesco Bernardelli

NARRATORI NARRATORI Riccardo Bocchelli: Mal d'Afr*iC& Avventurosissimo romanzo fu di per I sè l'esplorazione del continente africa-. no nel secolo scorso. Gli italiani vi pre- |sero parte con uomini insigni, degni di|memoria e d'onore; e anche vi recaro- no caratteri e stile particolari, una manniera appassionata e romantica, una j specie di umanesimo sensibile e corag-^gioso, che li rendeva, con quei selvaggi, comprensivi e penetranti. Non è difficile metter giù dei nomi, da Pellegrino Matteucci a Carlo Piaggia e Giovanni Miani, da Monsignor Massaia a Manfredo Camperio, a Gaetano Casa-;ti. Il capitano Casati, che nel '59, sui venfanni si era arruolato volontario, ;e aveva frequentato poi l'Accademia jmilitare di Ivrea e ne era uscito unì- lie e aveva fatto la guerra del '66 e!undici anni di campagne del brigantag-; gio nel Mezzogiorno, si trovava, lascia-1 to il servizio e superata Vi quarantina, ; nell'autunno del '79 a Milano, annoiato| e irrequieto. Lo tormentava un biso- gno intimo, profondo, di cose nuove una fantasìa segreta, e brama di ten- 'tare esperienze che segnassero e col massero in qualche modo la sua vita, prima ch'essa precipitasse col tempo rapido e travolgente. Frequentava .L'Esploratore*, giornale della socie-'tà pel commercio e l'esplorazione colo- niale fondata da Manfredo Camperio i e dal geografo Cristoforo Negri, e dijfaccende coloniali e africane si occu- pava e intratteneva col Camperio, e in'iscritti e articoli. Ma l'uggia era gran- de: quand'ecco un'occasione si presenta. Romolo Gessi cerca per il Sudan un ufficiale addestrato in rilievi topografici; e il Casati, ch'era anche stato istruttore di topografia alla Scuola normale dei bersaglieri di Livorno, si offre. Alla vigilia di Natale dello stesso anno si imbarca a Genova; con lento viaggio arriva a Cartum, e, nell'estate dell'80, raggiunge Gessi. Inizia cosi dieci anni di eroiche e pazienti imprese, di straordinarie prove e conoscenze, di patimenti e vicende che riempiono il cuore e l'immaginazicne di stupita, ammirata curiosità. Riccardo Bacchelli ne ha raccolto fatti e figure dalle memorie stesse del Casati, componendone j una pacata narrazione/un fólto e am-1pio romanzo: Mal d'Africa (FratelliITreves, Ed.). Il Casati, ritornando in !Italia, persi nelle tragiche giornate dell'Unioro tutti i quaderni e appunti, e le annotazioni preziose, aveva infatti compilata la storia delle sue osservazioni e avventure affidandosi al ricordo, e l'aveva pubblicata in due volumi, nel '91' col titolo: «Dieci anni in Equatoria e ritorno con Emin Pascià». Ma Casati non era scrittore — * altri Ii jjjI menti — dichiara esplicito il B-acchel- li — questo romanzo sarebbe inutile o impossibile a farsi » •—, e il suo racconto è intricato, rude e indigesto. Intenzione di Bacchelli è stata dunque di trasferire sul piano dell'arte, di dare nuova evidenza e consistenza alla mole di fatti mirabili che si trovano allo stato grezzo, e ingarbugliati, nell'opera di Casati, senza perciò dare il sopravvento alla fantasia, ed anzi riducendola « al minimo strettamente necessario o inevitabile ». E' avvenuto cosi al Bacchelli non solo di restituirci viva e schietta una nobile, ferma figura d'uomo, di Italiano intrepido, ma di rievocare di pitturare a grandi e bellissimi tratti l'affrescostrano e affascinante di un .mondo scomparso: quel mondo antichissimo e labile dell Africa tenebrosa, dei re can- nibali, delle innumerevoli tribù, quel mondo misterioso e magico vissuto per millenni nella foresta, tra gli immen-;sifiumieilagmeimonti inesplorati che, all improviso contatto del bianco ;e della civiltà, spari, neutro nell'om-jbra sconfinata, si dissolse con ! suoi se-lgreti e 1 barbanci splendori ed orron. Quale fosse quel mondo nella sua pn-|mitiva integrità .appena intravidero 1 primi esploratori di 70 e 80 anni fa,|poi la stona disfece m poco tempo quel che l'isolamento feroce e la paurosa violenza della terra e del sangue ave-|van mantenuto intatto e crudele e senza storia — senza vera storia — per secoli. Avevano vissuto quelle genti, accumu- lando nell'incerta memoria brevi e fug- gevoli tradizioni e genealogie tosto as-:sunte a mitici fastigi, avevano vissuto nell imminenza e sotto il peso di incu- bi e follie, battagliando instancabili, eipur creando a modo loro stati, religio-;ni, costumi e musiche e fasto; e l'in- eantatnee, la lussuriosa e sanguinosa potenza naturalistica aveva dominato ,e dominava con tanto vigore le loro leggi, e passioni e fantasie, li teneva immersi in un crepuscolo tanto irreale dei sensi e dell immaginazione, da far appanr vano ogni tentativo di trarneli a luce di civiltà. « Vedeva, come in un sogno svanente col sole degli splendi- ; ci tramonti, i re fastosi e crudeli e in-:^egnosi, 1 superbi e generosi guerrieri, 'le donne di quei popoli dai lombi caldi, ldai facinorosi appetiti, le vetustissime jidolatne, superstizioni, ebbrezze paga-!ne e naturali, e tutto prendeva, come in un sogno, la dimensione del gigante- \sco e del prodigioso, la prodigalità e il rigore di quell'unica natura >. Il so- gno; sogni di morti e di vivi; intrec- to di cose terribili e vane, e cosi fit- te e intessute, e cosi inconsistenti, da far disperare d'ogni sforzo di redenzio- ne: il bianco, il civilizzato aveva la sen sazione di aggirarsi in un mistero sen-l e senza fondo, ove fosse za margini impossibile far presa. Africa di molti secoli e di cinquant'anni or sono. E Casati medita, -x Tutto quanto aveva fatto per comprenderli, imparare la loro lingua, intenderli ed aiutarli, era non solo inutile, ma sbagliato e dannoso, Unica cosa buona .poter essi continua-1 re la loro vita nelle selve ignote per sir, r»n=io altri mille e mille anni. Questo pensiero gli appariva irragionevole ed ignavo; voleva ribellarcisi, pensò alla civiltà, alla morale, all'eguaglianza umana, a Gesù Cristo: senti che, anche se avesse avuto la fede dei missionari, quei pagani antropofagi erano destinati a sparire innanzi ogni redenzione. cristiana o civile o filosofica che fos- se v. In realtà Casati aveva per quelle genti una specie di simpatia prefonda, di amore, una disposizione dell'animo che ben può dirsi carità; e anche aveva contratto il male d'Africa, ossia quell'attaccamento al continente nero. che tutti gli africanisti conoscono, e così penetrante e avvincente dal poter essere detto quasi una abitudine della carne, seducente e dispettosa r,. Ma il fatto è questo che, a parte le divagazioni o ipotesi sulla misteriosa possibilità di redimere quelle moltitudini, il gran mondo barbarico della nigrizia si svelò fuggevolmente nella sua compiutezza e pienezza agli intrepidi che avevano osato affrontarlo, e poi per via di conquiste o per dissolvimento, scomparve. E il romanziere d'oggi si è affisato in quella visione ultima, superba e arcana, e ha cercato di farla rivivere com'essa balenò negli occhi di un Casati o di uno Stan^ey la bandita fantasia ritornando, in tal guisa, dominatrice, non a sollecitare evasioni o bizzarrie, ma anzi a tentare la restituzione di un'ormai lontana, inabissata verità. L'arte di Bacchelli — e qui più che mai si deve parlar d'arte, per quel procedere conscio, riflessivo, calcolatissimo, per quella forza e abilità di scnttore che ricava dall'appunto, dal dato scheletrico, gli elementi di una mirabile verosimiglianza e vitalità — l'arte di Bacchelli ha fatto anche una volta prova eccellente. In opere, come questa. bilanciate, con somma circospezio ne, tra documento e fantasia, 1 arte e particolarmente attiva, mediatrice del passaggio dalla cronaca, di per sè frani- mentaria, all'unità dello spirito poeti- co. Il Bacchelli sollecita'cronache, fatti e ricordi, quel che di geografico e di scientifico, costume, etnografìa, è acquisito alla nostra conoscenza, e ne so- spinge la schematica e materiale verità nel gran moto della narrazione. Se l'arte vi è tanto opportuna e assennata e vigile, non è tuttavia facile nconoscerla e distinguerla nei modi e nello stile, che devono penetrare la sostanz* del racconto senza distruggerne 1 e- videnza storica, ma trasferendola, con tutto il peso delle cose avvenute, sul piano delle cose possibili. Romanzo sto- rico è narrazione di cose immaginarie e avvenute, di cose contemporaneamente dominate dal destino degli uomini, e dalla fantasia dell'autore. Il Bacchelli ha proceduto con fare di storico assai più che di romanziere, e la fantasia gli si è aperta alle belle e barbariche visioni per incremento tutto riflesso e ragionato. Per ciò il racconto è ampio, sostanzioso, e anche un po' lento: Bacchelli non va via spedito seguendo l'estro; ma intacca con sano appetito di scrittore curioso e meditativo una verità umana già chiusa in termini Precisi, e vi si affida; elaborandola la schiude supaesaggi^sentimenti, figure di romanzo. La meditazione storica e moralistica ha così nel libro funzione di rivelatrice fantastica. Le av venture del capitano Casati si svolgono tra Chibali e Bomocandi, sulle sponde del Mutanzighe, alla corte di re Anzaga e di re Ciua; Casati vive per dieci anni tra genti meravigliosamente strane, assistendo a riti, costumi, sa enfici, festini, guerre, razzie, odii e fmo|? che P^0"0 emergere da un na turalismo sprofondato nei millenni; compie rilievi ed esplorazioni, tenta una infelice impresa diplomatica per conto di Emin Pascià, è fatto prigioniero da re Ciua, scampa alla morte per miracolo, e con fierissima audacia riesce a ricongiungersi ad Emin; e, fallito il sogno di un libero stato di indigeni sotto protezione egiziana, ritorna in Europa. Attorno a questo nucleo, e per magistero d'arte, il libro s'accresce, si dilata in larghezza stupenda di paesi, in moltitudine di popolo, in rarità allucinante di usanze e di spettacoli. La originalità pittoresca, l'intensità carnale delle figure, l'intimidatrice poten-za della natura equatoriale| nanno daI. ,„ „„„„., n0„„laiu t,„„i „„ la penna di Bacchelli pacatissimo, ma irresistibiIe rilievo. E' inutile citare; megUo rimandare il lettore a tutto il ]iDro un'osservazione è tuttavia opportuna; n fare pensoso e penetrante di storlc0 si in Bacc£elli a una specie di soUecitudine> di caritatevole curiosità cn, u ha certo direttamente ere. ditata dano stesso Casati Questi C£m_ nibali to ati da indimen. ticabili tratti ^ e anomaliaf non sono mai bizzarri per la bi2zarria, eccentrici per gusto di esoticità, non Sono mai totalmecte inumani. n Bac. chelli| anzij conferiace loro una certa dignità psicologica, un riflesso, per dir cos5i di civilta. Taato iu impressiote VaheTTazicme del costume I suoi negri _ Niam Niam e altri de, (e di stanley — hanno una qualità delranimo che H rende favolosii ma non proprio incomprensibili. « Non insomma u «selvaggio buono » dello stato di natura, nè il selvaggio perverso e nevrop3tiCo a cui par giunta la scienza de„a famosa psicanalisi». Quali li vide u Casati con equilibrato giudizi0) tali ha arcato di renderli il Bacchelli. E talvolta pare che vada anche troppo in là; certi vecchi sapienti, esperti e giusti| ch.egli ci presenta, un Cabrafà, un catagora, sono nel tono, cosi na strano, dei discorso, del pensiero, del l'onestà, quasi sconcertanti. Ma questo st,Ie _ indipendentemente dalle spo radiche inopportunità — va pur riferito ai caratteri di forza e di intelligenza civile e moderazione fantastica, che fanno del Bacchelli. storico e esservatore del costume, un artista classico e umanissimo. Ossia capace di os servare davvero, e di scrivere vera storia. Dalla lettura di Mal d'Africa rimane nel cuore la nostalgia e il ricor do che sr.n propri dei libri ben matura ti. La densità descrittiva vi ha prodot to come un plasma di sensazioni e di affetti, da cui ,a memoria del lettore solo lentamente si può liberare, Francesco Bernardelli