E' incominciato il Carnevale d'Ivrea

E' incominciato il Carnevale d'Ivrea E' incominciato il Carnevale d'Ivrea Il Podestà ha trasmesso i suoi poteri al Generale 1935 — Come il Bonaparte riparò la topica di un prefetto miope — Chi sarà la « Bella Mugnaia »P (DAL NOSTRO INVIATO) Ivrea, 28 notte. Il Podestà è da oggi a spasso. Se ne è andato garbatamente, col sorriso sulle labbra e senza sbattere gli usci, non senza aver prima consegnato, come la tradizione vuole, le chiavi della città al « generale », personaggio caratteristico e rappresentativo del Car- Icldcnlgnnevale eporediese, cui spettano da og-|pgi sino a Quaresima i poteri civici. Da- j bvanti a babbo Carnevale, le autorità idcostituite si inchinano, ritirandosi ingpunta di piedi dietro le quinte, prima che si alzi il sipario... E si inizia lo spettacolo. Da secoli, ogni anno... sptivon^o tarS'e VLES A^Ì^eporediesi fecero prendere le bacante imTta modoealquaPnton^drasttco a'd!Pun certo Don Rodrigo, reo d'aver pre- teso il pagamento d'un certo dazio in natura da una bella Lucia del luogo. Molto tempo prima che si inventassero i giornali, il Carnevale di Ivrea era già cosi come ora: ed i giornali, da quando esistono, non hanno mai mancato di inviare sul teatro di così importanti avvenimenti un proprio solerte redattore. Quando era vivo il povero Corvetto, tutti gli anni in quest'epoca ui riempiva il serbatoio della penna stilografica e se ne andava a descrivere il Carnevale d'Ivrea. Tanto che, negli ultimi tempi, mi confidò quello che era il sogno più ambizioso della sua movimentata esistenza: introdurre nel Carnevale di Ivrea alcune sostanziali riforme, per comodità di descrizione. Sogno ambizioso ed irraggiungibile, poiché tutto, nel Carnevale di Ivrea, è regolato da antichissime costumanze, codificate in un grosso libro, una specie di Vangelo, che il Gran Cancelliere si trascina sempre dietro sino al dì delle Ceneri e senza di che l'ultimo dei pifferali non oserebbe neppure soffiarsi il naso. Quel libro data dal 1808, anno in cui il grande Bonaparte, colto dallo stesso scrupolo che doveva tormentare più tardi Giovanni Corvetto, volle introdurre nel Carnevale di Ivrea quelle varianti di cui già sin da allora si sentiva vivissimo bisogno. La cosa andò cosi: c'era ad Ivrea — capoluogo del dipartimento della Dora — un prefetto pieno di zelo, cui non garbava affatto quel carosello per le vie della città. In fondo, egli pensava, la rievocazione, per quanto platonica e pittoresca, non faceva che perpetuare nei secoli una vicenda nella quale i tiranni non facevano una gran bella figura. A scanso di « grane » era più prudente, per un prefetto di Napoleone, opporre il veto. Non così la pensavano gli eporediesi, i quali, a tutto disposti fuorché a lasciarsi conculcare il Carnevale, ricorsero al Bonaparte, il quale si affrettò a rispondere che il prefetto non aveva capito niente in vita sua, che gli eporediesi avevano ragione, che per governare bisogna dare al popolo « panem et circenses », e che, con una buona somministrazione di « circenses » si poteva anche chiudere un occhio sulla questione del pane e su molte altre. Decretava quindi che la tradizione del Carnevale eporediese si perpetuasse come per U passato, senza molestia alcuna da parte delle autorità: anzi, per conferire più splendore alla manifestazione, le iniziative singole delle parrocchie dovevano essere disciplinate da un capo, eletto di anno in anno, il quale, per imporre rispetto — e ricordare al colto ed all'inclita, pur negli abbandoni carnascialeschi, chi era il padrone — doveva indossare l'uniforme di generale dell'esercito francese. Un tiranno cosi pacioccone non si era mai visto nei secoli; e gli eporediesi, dimenticando di colpo il loro avito rancore contro ogni forma di dispotismo, ripresero con ringagliardito entusiasmo ad organizzare il Carnevale, secondo le nuove norme, ad onore e gloria del « piccolo caporale ». tlzpst Lo Stato Maggiore La città si è svegliata stamane di buon umore. Piovigginava, ma nessuno ci badava. Alle undici, i caffè erano 'pieni di aitanti giovani in splendide uniformi: non vi era più un tavolino libero. Nelle vie, nelle piazze non si vedevano che feluche, pennacchi, spalline, cordelline... Pareva di essere in uno stabilimento cinematografico quando si sta per iniziare un film di Forzano, ma con una differenza, che, mentre in uno stabilimento cinematografico i costumi visti da vicino sono quasi sempre roba da far accapponire la pelle, e vi può accadere, per esempio, di vedere un cortigiano di Luigi XIV in scarpette da ciclista, qui ogni più piccolo particolare è amorosamente curato e l'illusione è completa. La giornata ha avuto inizio con un pranzo ufficiale offerto dal Municipio in onore del generale — la carica è toccata quest'anno al signor Secondo Durio — ed al suo brillante stato mag [ jj'j "ha" guardato"severamente ' i glore. (Non so se avete notato che lo; stato maggiore è sempre brillante: non| si concepisce uno stato maggiore che; non sia brillante). I II generale Secondo Durio potrà ave- ! re ventidue anni al massimo. E' un bel- lissima giovane e porta l'uniforme con signorile disinvoltura. Da borghese eraj caporalmaggiore del Genio. Il pranao] è stato rigorosamente regolato dalle ! antiche costumanze eporediesi. Ad un certo punto, avendo notato che il Gran Cancelliere — geometra Brunetto — seduto alla mia destra, grondava sudore sotto la pesante perrucca settecentesca, mi son permesso di chiedergli Le antiche costumanze epore-1diesi — mi ha risposto asciutto asciut- ; 1 perchè, con quel caldo, stando a tavo1 la, non si togliesse almeno il tricorno I to — esigono che il Gran Cancelliere l rimanga sempre a capo coperto. E'i una tradizione che nessuno ha mai vn-i terrotta! Ho capito cosi che il Carnevale di Ivrea è una cosa terribilmente seria. Alla fine del pranzo, il Podestà ha cinto il generale della sciarpa dai coori eporediesi: atto simbolico in virtù del quale, da oggi, i poteri passano, come abbiamo detto, al capo della carnevalesca manifestazione. Seguendo 'esempio, tutto lo stato maggiore e gli altri ufficiali presenti, hanno fulmineamente tratto di tasca uguali sciarpe e, fra grandi manifestazioni di giubilo, se le sono messe a tracolla. Dopo di che, in formazione militare, con il generale ed il Gran Cancelliere alla te sta, tutti gli ufficiali si sono diretti a passo marziale verso il Palazzo di Città, ove i palafrenieri attendevano con i cavalli a mano. Ed ecco formarsi, davanti alla Casa civica, la splendida ca- ^'c^^C^^r^ in caP°'J?oi ve"&°n° *" stendardi delle Parr°<^ie, gelosamente ^custoditi attraverso i secoli; indi il Gran Cancelliere, il quale risponde alle acclamazioni della folla con degnazione della più pura «Reggenza» distribuendo sguardi e sorrisi attraverso l'occhialetto. Il generale, magnifico sulla sua alta cavalcatura, strappa alla folla grida di entusiasmo. Ma gli occhi del pubblico maschile si rivolgono con maggiore compiacimento alle due graziose vivandiere, caracollanti al seguito con aria altera, nelle loro uniformi rosse e blu. Nei prossimi giorni, esse avranno l'alto compito di distribuire sorsate di buon vino, fiori e baci. Plaudiamo a questa vecchia usanza eporediese. In corteo per la città Di parrocchia in parrocchia, il corteo fa il giro della città, per raccogliere gli « abbà » e recarsi quindi con essi al ricevimento delle autorità. Gli abbà, tutti di età inferiore ai sette anni, sono i rappresentanti legittimi delle cinque parrocchie. Ogni priore si fa rappresentare al corteo da due « abbà » : quello dell'anno scorso e quello di quest'anno. Ad ogni abbà il Vescovo, il Podestà ed il Segretario politico regalano ricche bomboniere. Chi non ha mai assistito al Carnevale di Ivrea, non può farsi un'idea della ricchezza e del buon gusto delle vesti e delle bardature che vi si sfoggiano. La tradizione è cosi profondamente radicata nel popolo che le famiglie spenderebbero qualsiasi somma pur di contribuire degnamente al decoro della sfilata. Chi venisse ad Ivrea con il preconcetto di dover assistere ad una carnevalata provincialesca, dovrebbe subito mutare opinione, trovandosi in presenza d'un vero e proprio carosello, che per serietà di messinscena e larghezza di mezzi non la cede a nessuna manifestazione del genere, di nessuna delle più grandi e celebrate città. Su una bianca chinea cavalca un « abbà » di sesso femminile: la piccola Liliana. Come le sfavillano gli occhi, nel rispondere ai saluti che dai balconi le giungono, e come sa ella — inconsapevole piccola maliarda — atteggiare le labbra al sorriso che strappa l'applauso! Ma ecco, tutt'a un tratto, il suo cavallo si spaventa al rombo duna motocicletta, drizza le orecchie e scarta, lanciando fiamme dagli occhi..Nasce un po' di scompiglio nel corteoma i palafrenieri accorrono, basta una carezza e l'animale si cheta. La piccola Liliana non si è mossa, non ha emesso un grido. Eretto il busto sull'assetto, con la sciabola alla spalla, non ha piegato la testa d'un pollice. Sa che tutto è simbolo nel Carnevale d'Ivrea ed è perciò anch'essa un imbolo, che non può piefare agli eventi... Ma è anche una bima di carne, una bimba che ha avuto paura. Gli occhi non sfavillano più, la ooccuccla è contratta, due grosse lacrime rigano il bel visetto... O Lilianabimba nelle cui vene cova già la minaccia della donna di domani, sappche una donna, quando è truccata, non deve mai piangere, a costo di morireperchè con le lacrime il « rimmel » se ne va. Con la visita al Vescovo, al Podestà ed al Segretario politico, la giornata è chiusa. Vivissima è l'attesa per la nomina della « Bella Mugnaia » che non sarà resa nota sino a sabato. Sabato sera, grande spettacolo di gala al Teatro Civico, in onore della « Bella Mugnaia ». Massimo Escard

Persone citate: Bonaparte, Durio, Forzano, Giovanni Corvetto, Luigi Xiv, Parr, Secondo Durio