I pittori Gussoni e Pavan

I pittori Gussoni e Pavan Nel Salone de « La Stampa » I pittori Gussoni e Pavan Due pittori diversissimi. L'uno specialmente figurista, l'altro paesista. Il primo, uscito da Brera dov ebbe maestri un artista della tempra di Cesare Tallone e poi un raffinato leggermente decadente quale il romantico Ambrogio Alciati (e sia dell'uno che dell'altro insegnamento si possono rinvenire tracce in questi quadri); il secondo, che dopo aver frequentato lo studio di Luigi Rossi, si mise a far da sè perfezionandosi in una tecnica curiosa di cui discorreremo. Non li accomuna che l'età: quarantadue anni. Vittorio Gussoni, milanese, è alla sua prima mostra personale, ciò che in un tempo di impazienze artistiche indica se non altro cautela e prudenza; ed infatti le sue composizioni di figura, i suoi ritratti, le sue nature morte sono opera di un uomo che non ha fretta: tanto ci appaiono meticolosamente studiate, rifinite, accarezzate, pennellata su pennellata, con un compiacimento talvolta da miniatore. Un paio di lepri fra chicchere, cartucce e frutti, anche per il gusto della materia pittorica fulgente, potrebbero essere dipinte da Dudreville. Ma è la figura, ad ogni modo, sulla quale si misura il temperamento del Gussoni: visi graziosi, pose eleganti, un impegno evidente di rendere la forma « beila » per convincere con questa l'osservatore. Pittura, dunque, fuor della moda perchè qualificata spesso da quel terribile aggettivo che oggi si fugge come la peste: piacevole. « Parmi non piccola grazia quella di quel pittore, il quale fa buone arie alle sue figure », scriveva Leonardo nel suo Trattato; e soggiungeva: « Guarda a tórre le parti buone di mol- TsggErigAdcvtgsfiiezAdaTA- eti visi belli, le quali belle parti sieno!lconformi più per pubblica fama cheitTàOr tlin eniifìi'yir» v. "Pn Hill ì/"»a forvia HÌAn.l nper tuo giudizio ». Pubblica fama, nien-|gtemene! Lusinga del pubblico, lenoci- enio, arte mercantile, adesso si direbbei sda noi che, eredi ancora di pregiudizi |udel romanticismo e del naturalismo assertore del « tutto è bello in natura », ci siamo ridotti ad avere un tale spavento di tutto ciò che può parere artisticamente capzioso che se domani tornasse Tiziano a dipingere la Flora «linei min ci rrvirlnrnmmA oli' o r\ rin Mrptquasi quasi grideremmo" all'arte dai "cartoline; ed invece la Flora andrà a 21 fidnnpsamaggio all'esposizione italiana di Pa rigi come esponente appunto del gusto tizianesco (che, dopo tutto, non è un gusto da buttar via). Quindi anche sull'aggettivo « piacevole » sarà bene un bel giorno intendersi; e quando un pittore — come fa il Gussoni — dichia gufrdarTa ^i\ra0d"iz!onaUecànoni dìIicheqper Sottro^^«eSliimp* ararono sulla pittura italiana, non sarà!apiù il caso di discutere di piacevole e (cdi non piacevole, ma semplicemente di.pvedere come le sue predilezioni forma-' li sono risolte stilisticamente e pitto-1 £pitto licamente. Perciò nulla di male se Vittorio Gussoni, sia nella Maternità che nell'Estate, ci dà due nudi tradizionalmente bellissimi, che possono appagare l'occhio anche come forme impeccabili, come grazia e soavità di membra e di volti. Non è sempre necessario che una madre nuda abbia un ventre sfasciato, dei seni da balia quarantenne, delle caviglie elefantine: come purtroppo la retorica — o quella fobia del « bello » cui accennavamo — suggerisce a tanti espositori ormai accreditati nelle maggiori mostre d'arte. E a questo formalismo confessato senza reticenze risponde, del resto, nel Gussoni, un colore limpido, cantante, pulito, che nell'equilibrio stilistico del quadro ha una sua funzione precisa (si guardi il rosso intenso della Massaia che taglia cipolle): un cromatismo festoso che richiede anzitutto una perizia estrema, un mestiere Impavido. Tracce qua e là del Tallone, ripetiamo, e dell'Alciati: e' del primo, più che altro, nell'impianto vigoroso; del secondo in certe morbidezze tipicamente lombarde, visibili nel grazioso quadretto Mamma e bambino. E' nelle citate quattro opere che ci sembra di scorgere il Gussoni migliore: più che in certe teste di ragazze nelle quali la leggiadria confina talvolta col lezioso. Di Angelo Pavan abbiamo segnalato In principio la tecnica personalissima. Questo vicentino non conosciuto ancora dal pubblico torinese dipinge infatti con una tempera spessa e a brevi colpi di pennello che rammentano il procedimento dei divisionisti alla Fornara. Egli prepara il suo quadro con una velatura senza preoccupazione di toni, quindi vi torna sopra a impasti più o meno densi a seconda delle pro- lgifisingolarmente le forme e quasi la natura degli oggetti, con una saldezza ed una precisione spesso da mosaico. Tutto ciò non impaccia per nulla l'espressione tonale, anzi, raggiunge effetti non rare volte suggestivi. Il Pavan è un verista convinto, che incide intrepidamente il particolare anche nella ve- duta più ampia, e non concede mainulla all'illusione della pura luce. La sua pittura di paese è una presa di posizione netta e intransigente contro l'impressionismo, ed è quindi anche at- tuale come gusto. Quando dipinge mu-ri, ponti, barche di Venezia o di Chiog- già, lo fa con una volontà quasi acca nita che, tradotta in questa tecnica singolare, ci dà veramente la corposità e la durezza delle cose. In vasti cieli grigi con nubi leggerissime alla Gugliel mo Ciardi egli cerca poi, si direbbe una liberazione poetica da questo suopennellare fermissimo; ed e qui Che Simanifesta la sua sincerità, il suo attento studio delle luci, dell'atmosfera ^1 direbbe"rl a v, - perchè que-sta Laguna è inconfondibilmente La-guna veneziana, ed il luogo è ritrat-P_ 1 _ r.,j,.H,\ «1 .—nVintato con una fedeltà al motivo cheesclude forse quell'interpretazione fan-tastica ch'è un diritto della poesia, mache se non altro è un nobile segno diprobità e di coscienza dei propri limiti.La mostra s'inaugura oggi. mar. ber.

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