S. E. Baistrocchi reca il saluto del Duce alle truppe che partono per l'Africa di Enrico Mattei

S. E. Baistrocchi reca il saluto del Duce alle truppe che partono per l'Africa S. E. Baistrocchi reca il saluto del Duce alle truppe che partono per l'Africa Il " Biancamano „ salpa da Messina tra calorose manifestazioni (Dal nostro Inviato speciale) Messina, 25 notte. Il secondo convoglio di truppe destinate all'Africa orientale ha salpato oggi da Messina. Un'altra nave che dal nome sabaudo dì Biancamano sembra trarre un auspicio propiziatore, si è messa sulla scia del Vulcania col suo carico di gioventù armata. Fierezza orgogliosa Partenza, quella di oggi, al pari di quella di sabato, marziale e festosa a un tempo. Anche più intima, forse più commossa, ma ugualmente dominata da una virile fermezza. I battaglioni che lasciavano Messina erano quelli che in più gran numero raccolgono soldati del luogo; tra la folla assiepata sui marciapiedi, lungo i rettilinei soleggiati, più densi erano in primissima fila i gruppi dei babbi, delle mamme, dei fratelli. Il commiato aveva un'aria più familiare, ma serbava un'impronta di fierezza orgogliosa. Anche il cielo era un altro, più limpido e terso. Una atmosfera più tiepida avvolgeva uomini e cose, il vento soffiava appena tra i rami dei plàtani e le stoffe delle bandiere. Se sabato scorso i partenti erano usciti dalle caserme per recarsi direttamente al porto per l'imbarco, oggi invece la città li ha visti sfilare per le vie di buon mattino, dietro l'onda sonora delle fanfare. Precedeva il terzo reggimento, quello che s'intitola a Messina, con la sua bandiera gloriosa; venivano poi le compagnie del 24.o Artiglieria e dietro ancora procedevano i reparti di nuovissima formazione destinati a sostituire i partenti. Equipaggiamento irreprensibile, comportamento superbo, balenìo di occhi entusiasti sotto i caschi coloniali. Intorno, tra la folla raffiche di applausi, grida di evviva e trascinanti manifestazioni di studenti, tra un gran roteare di bandiere e di gagliardetti. Quella marcia mattutina dei fanti e degli artiglieri della Peloritana aveva per meta la piazza Benito Mussolini, vasta, luminosa, spalancata sull'azzurro respiro del mare. Le truppe vi si sono ammassate nella consueta formazione del quadrato aperto da un lato la fronte rivolta verso lo stretto. In prima fila i fanti del terzo e la bandiera; ad angolo retto gli artiglieri del 24.o; lungo il terzo lato contro la facciata classicheggiante del municipio i reparti complementari. Erano appena le otto quando la piazza gremita di soldati ha risuonato degli squilli di attenti e delle note della « Marcia reale ». Giungeva il gen. Baistrocchi, Sottosegretario alla guerra, da ieri in Sicilia per un'ispezione alle truppe mobilitate. Già a Catania dove è il quarto, fanteria, e a Siracusa dove è il 75.o, ti Sottosegretario alla Guerra aveva potuto rendersi conto dell'altissimo spirito dei reparti, del perfetto funzionamento del meccanismo della mobilitazione, dell'equipaggiamento impeccabile dei soldati. A Messina, in una rapida ma attenta visita ai concentramenti, egli ha trovato un'identica situazione di cose e di amimi. Passando in rassegna uno per uno i soldati schierati, fermandosi a interrogarli, informandosi dagli ufficiali sull'entità e la composizione dei reparti, il Sottosegretario alla Guerra si confermava ora nella sua eccellente impressione. Portatosi in mezzo al quadrato, con voce alta e vibrante, il gen. Baistrocchi ha espresso quest'alta certezza e ha portato alle truppe il saluto del Duce. Egli ha poi tenuto rapporto agli ufficiali. Tornati questi nei ranghi il gen. Moscardi che regge ad interim la divisione, ha co¬ mandato il saluto al Re e il saluto al Duce che le truppe hanno lanciato con voce tonante. Infine i reggimenti hanno sfilato dinanzi al Sottosegretario alla Guerra rientrando poi alle caserme e negli accantonamenti. Poco dopo mezzogiorno rivediamo i soldati in marcia. E' l'ora dell'imbarco. La città è diventata di nuovo la Messina dì sabato, tumultuosa di folla, palpitante di bandiere, clamorosa di voci. Fanfare, canti, grida, passione Mi popolo. Il porto è di nuovo recinto dall'immenso anello di folla su cui passa a raffiche l'uragano dell'entusiasmo. C'è un maggior senso d'ordine, un più largo varco è lasciato al passaggio dei soldati. I gruppi, le associazioni, le bandiere hanno un dislocamento diverso, ma il quadro che si offre ai nostri sguardi è quello stesso di quarantotto ore or sono quando tutta Messina era qui a salutare i primi reparti salpanti per l'Africa. Al centro del vasto scenario del \porto, una. nave all'attracco: il Conjte Biancamano. Si sta completando il carico e le grue issano a bordo casse di materiali e balle di fieno. A destra e a sinistra dell'alta poppa una passerella, dalla passerella si accede a un pontile di chiatte, all'estremo del pontile si -raggiungono le scalette che portano a bordo. E' la strada che percorrono i soldati imbarcandosi, dopo essersi liberati dalla stretta della folla. Avanzano sorridenti, lieti, marziali, le bandierine infilate nel casco, i fiori nella canna del fucile o della cartuccera, le mani cariche di arance, di dolci, di sigarette, he donne fasciste, i sindacati operai, le associazioni li hanno colmati di doni. Oggi portano anche attorno al collo i fazzoletti giallo rossi dei Giovani Fascisti. ■ ■ La sfilata sì prolunga- per qualche ora. I commiati che si svolgono sulla banchina ne rallentano ogni tanto il ritmo che poi riprende più gagliardo per affievolirsi di nuovo. Un maresciallo si fa- fotografare vicino alla moglie in mezzo a una corona di parenti e t Giovani Fascisti fanno da sfondo, incrociando dietro il gruppo le aste al sommo delle quali sventolano le fiamme brevi e aguzze. Un pretino si insinua tra i reparti e distribuisce a piene mani imagini di Sant'Antonio. Di quando in quando frotte di giovani traggono via dalle formazioni qualche loro amico e se lo portano in trionfo fino alla passerella tra festose acclamazioni. Più di un goliardo si riconosce nel mezzo dei soldati perchè porta in mano il berretto universitario o perchè s'è annodato intorno al collo il fazzoletto azzurro fregiato dei leoni dalmatici. Uno imbarca sulla nave una chitarra, un altro un mandolino, altri si portano su grandi fotografie del Re, del Duce, del Principe di Piemonte. C'è chi. si è annodato intorno al collo addirittura una bandiera tricolore. Cosa fatta capo ha A mano a mano che raggiungono la nave, si affollano ai parapetti e cominciano i dialoghi con la folla. Ci sono passeggeri clandestini? si domanda da terra. L'allusione riguarda un episodio conosciuto a Messina in seguito a una radiocomunicazione del comando del Vulcania. La nave partita sabato da questo porto era già in alto mare e filava veloce per il Mediterraneo quando è spuntato fuori un soldato non registrato nei fogli matricolari di alcuna compagnia. Si tratta del giovane fascista messinese Giovan¬ ni La Speme imbarcatosi segretamente per partecipare alla spedizione. Il caso è stato segnalato alle autorità superiori, ma è probabile che il La Speme possa regolarizzare la sua posizione, tanto più clic pure essendo giovanissimo ha. già fatto il soldato come volontario. In definitiva, avrà ragione il proverbio che cosa fatta capo ha. Nel terzo reggimento fanteria si sono ritrovati col grado di capitano tre dipendenti di uno stesso istituto che è la Cassa di risparmio di Parma: il segretario, l'ispettore superiore e un funzionario. « In Africa, osserva uno di essi, il capitano Galvani, mentre lo salutiamo, potremmo fondare una sezione della Cassa ». Il sottotenente di complemento dottor Vincenzo Bandìni figlio del dott. Luigi Bandìni, di Parma, ha chiesto volontariamente di poter seguire in colonia il proprio fratello sottotenente Enrico testé richiamato alle armi e destinato al 19.o Reggimento Artiglieria (Gavinana). Il desiderio è stato accolto e l'ufficiale, con provvedimento in corso, piene destinato allo stesso reggi! mento. Qualche giornale ha pubblicato la notizia che, in base agli ordini del Ministero della Guerra, gli ammogliati sono dispensati dal partire con le divisioni mobilitate e riman\gono in territorio. Il Ministero della Guerra non ha dato ordini del genere. Alle 16,30 la nave è già colma. A cavalcioni sui parapetti, arrampicati sulle gabbie, stipati in ogni spazio e in ogni passaggio, ì giovani cantano i canti alpini, adattando le arie a strofe di nuovissimo conio, tutte ispirate a soggetti africani: oppure intonano gl'inni squadristi o la canzone del Piave, o martellano le sillabe dell' invocazione « Duce! Duce!... ». La benedizione del Vescovo Primo della partenza, il generale Baistrocchi arriva sulla banchina tra un nugolo di autorità accolto da acclamazioni festose e da grida altissime di « Viva il Duce! ». Egli sale sulla nave, visita i reparti, passa per i corridoi dove le scritte dell'internazionale alberghiera hanno ceduto il posto a indicazioni che sanno di caserma; trascorre tra i caporal maggiori insediati al posto del maitre, si affaccia nel bar trasformato in fureria, sale fin sull'estremo ponte di poppa e di lassù si attarda ad .ammirare lo spettacolo eccezionale, lo spettacolo dei soldati che affollano la nave e, sotto, quello della massa agitata da folate di entusiasmo. Da ogni lato lo investe un grido tempestoso: «Viva il Duce! ». La manifestazione all'indirizzo del Capo del Governo si prolunga per qualche minuto. Al seguito del Sottosegretario alla Guerra è salito a bordo il vescovo di Messina mons. Paino che dì lassù benedice la nave e il suo carico vibrante e poi si affaccia alle murate agitando festosamente, ripetutamente, l'episcopale berretta. Sono gli ultimi episodi. Le diciassette sono passate, il Sottosegretario alla Guerra e le autorità discendono. Si smonta il pontile, si ritirano le calate, si mollano i cavi. Lentamente la nave si muove, scortata dal cacciatorpediniere Solferino e da un pulviscolo di minori imbarcazioni. I partenti agitano fervorosamente mani cappelli fazzoletti berretti, cantano l'inno del Piave, poi quello di Giovinezza. Da terra scoppia impetuoso l'applauso e la sinfonia tempestosa dei battimani sale nell'atmosfera vespertina, sulle ali del vento. « Arrivederci, gridano migliaia di voci, ar- rivederci! ». Le mamme non gridano nulla, la commozione le tiene, ma negli occhi hanno una grande fiamma di fierezza perchè è bello veder partire così dei soldati, anche quando sono nostri figli. Si sono imbarcati a Messina, sul Biancamano, 73 ufficiali c 1900 nomini di truppa della divisione Peloritana e cioè due battaglioni (uno del 3.o fanteria Piemonte e uno di complementi speciali, 7.o), fi comande del 24.o Artiglieria per divisione di Fanteria, un gruppo di. Artiglieria motorizzata, elementi del Genio (radiotelegrafisti), elementi dei trasporti per via ordinaria (automobilisti). Col personale e il materiate imbarcato a Napoli risultano pertanto sul Biancamano un centinaio di ufficiali, circa 2600 uomini di truppa e oltre 3.000 tonnellate di mezzi diversi. Enrico Mattei REPARTI IN ATTESA DELL'IMBARCO CIRCONDATI DALLA FOLLA