Vernon Lee

Vernon Lee INGLESI IN ITALIA Vernon Lee ■ Poche settimane fa. su una bancarella di Campo dei Fiori, in uno di quei lotti di libri inglesi, curiosamente assortiti ma tutti decentemente rivestiti di legature d'editore, che segnalano di tanto in tanto in quel popolare mercato la scomparsa da Roma di qualche inglese chi sa per quanti anni residente tra noi, mi capitò di scoprire un volume dalla copertina d'un grigio-verde pallido, stampata nel lato destro, di sei uccelli stilizzati sormontanti stilizzate nubi ed acque ; a sinistra, in lettere' floreali, era scritto : Vanitas. Il V era formato dalle ali di un settimo uccello. Vanitas, Polite Stories, di Vernon Lee, Londra, Heinemann, 1892. Il motto recava: Scripta manent. Che questo scritto di Vernon Lee fosse proprio destinato a restare, non direi. Eppure, a leggere i tre studi di psicologia femminile che ne formavano il contenuto, si provava non so che diletto. Era come sfogliare un figurino di mode intellettuali della fine del secolo. Paul Bourget e Henry James davano il la. Un brillante pranzo di società suggeriva l'immagine d'un'orgia romana dipinta da Al ma Tadema al protagonista di uno dei racconti, un certo Greenleaf (come dire: foglia-verde, nome da fin di secolo!), tipo di artista decoratore alla William Morris e socialista fabiano. A un piano si cantava una romanza su parole molto rischiose di un poeta decadente francese ; una biblioteca comprendeva una scelta di Browning, un volume di Tolstoi, una Imitazione di Cristo accanto ad alcune opere di buddismo esoterico, un romanzo di Marie Corelli, Princess Casa-massima di Henry James. Le descrizioni eran quadri impressionisti francesi : « Vicino alla casa una coppia camminava su e giù sull'erba, e la luce delle lampade del salotto si rifletteva di tanto in tanto sui loro volti con uno strano bagliore giallo, e faceva brillare come argento contro i rami dei grandi cedri l'abito bianco della donna ». Una delle eroine era una capricciosa dama russa, Madame Krasinska. E per tutto il volume risuonava una nota di riprovazione e di rimpianto per esistenze frivole che consumavano nobili qualità degne d'essere impiegate a sollievo dei poveri ; le miserie reali della civiltà industriale contrastavano con la vanità della vita di coloro che campavano dello sfruttamento del popolo. Tutto questo datava : 1892. Tuttavia la dedica del libro di Vernon Lee mi portava a cose più vicine : Alla Baronessa E. Prench-Cini, Pistoia per Igno, diceva. E la conclusione era : « Una certa indignazione confinante con l'odio avrebbe potuto rendere questi miei racconti del tutto falsi ed inutili, non fosse stato per l'amore di ogni creatura sofferente col quale voi avete illuminato l'argomento. E per questa ragione le bozze del mio libretto devon per prima cosa andare a quell'antica villa episcopale sul più basso contrafforte dell'Appennino, dove le castagne cadono, con suono di seta frusciante, sulle foglie secche al suolo, e passano le tempeste che gettano sulla pianura un velo di crespo color d'inchiostro, e cancellano quel distante biancheggiamento che, alla luce del sole, era Firenze un momento fa ». La dedica mi riportava agli anni intorno al 1920 quando conobbi, nella sua villa di Maiano, Miss Violet Paget, scrittrice sotto lo pseudonimo di Vernon Lee. L'autrice degli Studi sul Settecento italiano, di Euphorion, di Laurus Nobilis, di Hauntìngs, e di tanti altri volumi ispirati dall'arte e dal paesaggio italiano, ben noti tra noi al tempo della Cronaca Bizantina e del Fanfulla della Domenica (il lettore può vedere ciò che scrissi in proposito ne La Stampa dell'i 1 febbraio 1930), era allora una vivace vecchia signora sui sessantacinque anni. Ma « vecchia signora » non descrive affatto il personaggio. Il personaggio era un vestito e un volto. Colpa mia se notai per prima cosa il vestito, io che non ero mai ancora uscito dall'Italia, e le donne ero abituato a vederle vestite in modo molto femminile? Era un tailleur grigio su cui spiccava la cravatta di picchè bianco trapunta da un cammeo; la mMIgmacnatmcdeccmligdeetPTrLRfb giacca era quasi una giacca da uomo. l volto non aveva nulla di soave: embrava quasi chiedere a complemento la berretta d'Erasmo o la parucca di Voltaire. Il personaggio rappresentava un'epoca: l'epoca dell'emancipazione della donna. _ Vernon Lee parlava molto categoicamente e molto argutamente. Si edeva subito che non era tipo dispoto, come dicon gl'inglesi, to suffer ools gladly. Come la mia conversaione di giovanotto poco colto e meno lluminato potesse non annoiarla, non o. In realtà, dietro la maschera diaettica e ironica, Vernon Lee nasconeva tesori di simpatia umana. Queto giovane italiano, che appena balettava l'inglese, e che era un lettore ntusiastico di scrittori inglesi, le arve forse degno d'interesse. M'inoraggiava dedicandomi una copia egli Specimens of Englìsh Dramaic Poets del Lamb, con auguri di buona fortuna e lungo amore della etteratura », mi scoraggiava poi rapresentandomi le difficoltà della cariera delle lettere e di un viaggio in nghilterra, e mi congedava con tani ringraziamenti per la piacevole ora pesa conversando, invitandomi a ornare. E io riscendevo a Firenze pel viottolo fangoso lungo l'Affrico (i miei ricordi di Vernon Lee son quasi tutti d'inverno e di primavera), oltre il posto della guardia di finanza che segnava per me come il confine d'un regno strano, il regno di Logistilla : Si come tien la Scozia e l'Inghilterra Il monte e la rivera, separata. Il monte era il poggio di Camerata, la rivera era l'Affrico; e il Palmerino, la villa di Vernon Lee, era per me Scozia e Inghilterra insieme. Scendevo a Firenze di solito sentendomi infinitamente sciocco e hopeless; ma l'amarezza passava, e, nel ricordo, la burbera benefica signora s'aureolava d'incanto. Forse contribuiva a questo il paesaggio, che durante le nostre conversazioni non cessava d'ammiccare dalle finestre, sicché ora, per esempio, non saprei ben ricordare gli argomenti discussi, ma ricordo benissimo certo dorso di colina profilato coi suoi cipressi contro un cielo serale A questo mi riportavano le parole della dedica di Vanitas : « Mia cara Elena, Abbiamo avuto una conversazione una volta, mentre passeggiavamo sulla vostra terrazza, con gli olivi cangianti nel vento, in alto, e, sotto, le cime tentennanti dei cipressi... ». In una villa toscana, abbiamo avuto una conversazione una volta... Il tredici febbraio scorso Vernon Lee ha cessato di vivere nella sua villa toscana. Di rado l'avevo rivista dopo la mia partenza per l'Inghilterra nel 1923 ; due anni fa, l'avevo trovata afflitta da una sordità che la separava quasi dal mondo. E quell'afflizione la rendeva impaziente d'ogni ontatto umano. Terribile menomaione doveva essere quella per lei, abituata allo scambio d'idee vivace e caustico, e appassionata di musica. l volto si era come chiuso in sè ; ancor più chiuso sembrava in un cappello di feltro floscio, il cui lembo mi parve sbertucciato come un padiglione auricolare. L'immagine sarebbe tata quasi grottesca, se la scontroità dell'espressione non le avesse dato un non so che d'intensamente ragico. Visse così molti anni. La villa di Maiano, concepita come un hortus onclusus e un po' come una torre d'avorio (poiché, se Vernon Lee aveva della sua epoca l'interesse pei prolemi sociali, aveva anche l'amore per a « casa bella », rifugio e riposo del¬ lo spirito), doveva esser divenuta la dimora d'una reclusa. Parenti non aveva; solo due fidi servitori, una coppia di contadini toscani. Antonio avrà portato su il tè, come sempre, in un servizio di maiolica gialla, col bricco del latte e il burro e la marmellata coperti di velette, nella buona stagione, contro le mosche, e la padrona, sempre irreprensibilmente vestita come per un ricevimento, avrà detto : « Grazie, Antonio ». E d'inverno il servo avrà messo nuovi ciocchi, bei ciocchi odorosi e crepitanti, nel caminetto, dopo l'ora del tè. E il magnifico paesaggio, ammiccando dalle finestre, le avrà tenuto compagnia. Meglio degli uomini, certo, sul cui carattere Vernon Lee, che in fondo era rimasta calvinista, nonostante il lungo soggiorno tra noi, non si faceva illusioni. A meno che, in qualche momento di più crudele solitudine, o quando le forze fisiche l'abbandonavano, ella non abbia desiderato, come il poeta di Home Thoughts from Abroad, come quell'altro inglese italianato che fu il suo prediletto maestro Robert Browning : « Oh, to be in England. noni... ». * Mario Praz ! UN NUOVO MODELLO per lanciare un nuovo film: ecco G Ieri da Farrell tv lana nera * volpe argentata.