Il mito di Adelchi di Concetto Pettinato

Il mito di Adelchi ROMA NEL MEDIOEVO Il mito di Adelchi Ma il mondo non finisce e la storia continua. Sul duro calle delle loro comuni sciagure, gli Italiani e la Chiesa hanno, se non altro, trovato un sentimento politico sano : l'avversione contro l'Impero d'Oriente. Per gli Italiani, il fiscalismo intollerabile dell'amministrazione imperiale e la passività dell'Esarcato di fronte al dilagare dei Longobardi sono stati il suggel che ogni uomo sganna. Se un ultimo barlume di rispetto verso il trono degli Augusti restava nella coscienza della penisola, gli* scritti di Procopio, che ha fatta la guerra d'Italia quale segretario di Belisario ma ha passato il proprio tempo soprattutto a studiare i retroscena della corte, provvederanno a liquidarlo senza ritorno. Per ottusa che sia la sensibilità morale dell'epoca, basterebbe anche meno delle rivelazioni della li istoria arcana intorno ai precedenti scandalosi di Teodora, alle debolezza di Giustiniano, alle disgrazie coniugali dello stesso Belisario e ai delitti del Bucoleon per radicare nell'animo degli esulcerati Italiani il disprezzo di tutto quel che è bizantino. In quanto alla Chiesa, le sue ragioni di ostilità contro Costantinopoli non sono di certo men gravi, sol che si ponga mente al fallimento clamoroso della principale speranza che aveva spinto il Laterano nelle braccia dell'impero: quella di salvare l'unità dell'edificio cristiano. Dalla metà del V secolo, allorché l'Imperatore, opponendosi alla pretesa del concilio di Calcedonia di equiparare il patriarca di Costantinopoli al vescovo di Roma, promulgava un editto affermante il primato della Curia romana, è passata molt'acqua sotto i ponti. L,a vittoria di principio di Leone I è rimasta platonica. Tacitamente spalleggiato dall'imperatore Maurizio, Giovanni il Digiunatore assume nel 588 il titolo di patriaca ecumenico, riaccampando il diritto della Chiesa orientale all'autonomia. Gregorio Magno impegna seco attraverso i mari un'ardente polemica epistolare, invitandolo a rinunziare « alla superbia di quel titolo » e minacciando, al solito, lui e l'Augusto della imminente fine del mondo nonché della venuta dell'Anticristo : ma sin da quello scorcio del VI secolo l'ascendente della Chiesa di Roma è già così debole, a Bisanzio, che per difendere la propria causa il gran Pastore non trova nulla di meglio del negare le aspirazioni egemoniche del Laterano e del sostenere che nessun vescovo può vantare diritto di giurisdizione su un altro vescovo, tutti essendo eguali davanti a Dio. Bonifazio III ottiene, è vero, dal sinistro Foca un nuovo riconoscimento del primato romano, e di lì a pochi decenni la scomunica e la deposizione del patriarca Pirro da parte di Teodoro I sembra avallare • l'apparente successo. Ma nel 731, approfittando della guerra delle Immagini, Leone Isaurico porrà le chiese di Calabria alle dipendenze del patriarcato d'Oriente, in attesa che un Fozio renda insolentemente a Nicola I la scomunica del 649; e, tirate le somme, la politica probizantina del VI secolo avrà fruttato alla Chiesa romana, invece del mantenimento dell'unità, lo scisma del 1054, la perdita dell'intero Oriente! Nè basta. Se su questo punto 1 difensori di quella politica potrebbero replicare, e con ragione, che senza di essa lo scisma sj sarebbe prodotto cinque secoli prima, altri disinganni inflitti al Papato dalla con quista di Belisario e di Narsete ri confermano in modo inconfutabile l'errore commesso dai fautori della restaurazione imperiale. Questa non è ancora ufficialmente compiuta, che le tendenze cesaropapiste di Giusti niano esplodono irresistibili e che nel giro di un anno due pontefici si vedono tradotti in catene alla capitale come rei di resistenza alle decisioni imperiali. Il primo concilio importante indetto nell'Impero reintegra to, quello del 553, avrà luogo nella « nuova Roma » anziché nell'antica, mentre Silvero e Vigilio languono entrambi in esilio e la cattedra di San Pietro reclama invano un tito lare. Alla metà del secolo seguente, poco dopo essere miracolosamente sfuggito a un sicario dell'Autocrator mandato per assassinarlo sull'altare in Santa Maria Maggiore, papa Martino I, sempre per la stessa colpa, < trascinato a Costantinopoli, messo alla gogna sulle piazze e mandato a morire a domicilio coatto. Ancora un po', e gli Imperatori pretenderebbero che la riunione dell'Italia all'Impero servisse a stabilire l'autorità del Patriarca di Costantinopoli sull'Occidente anziché quella del Papa romano sull'Oriente! E che dire degli Esarchi, che in 'tempo di elezioni papali vendono l'appoggio delle armi imperiali al candidato disposto a comprarlo più caro — a Sergio 1 l'elezione costerà cento libbre d'oro — o che per pagare le truppe scassinano i forzieri del Laterano; che dire degli stessi Augusti che, venuti a Roma in pellegrinaggio, ne ripartono portandosi dietro, per farne moneta, statue, gioielli, mobili e sin le tegole di bronzo dei templi ? La Chiesa, che ha avuto tanta fretta di sbarazzarsi di Teodorico, avrà tempo di riflettere sugli inconvenienti dell'appello a Bisanzio. Ma il peggiore di tali inconvenienti sarà stato anche per essa, come per le popolazioni della penisola, la impotenza di Bisanzio in cospetto dei Longobardi. L'operazione politica destinata a liberare la penisola dai Goti sostituendo loro un comodo, perchè lontano, potere imperiale é andata oltre il segno: questo potere si è palesato tanto lontano, che all'ombra delle sue insegne una nuova invasione e un nuovo regno italico o e e e a n e l e i a , o i , e r e o a n o o i i a 1 o e possono imporsi e durare, bene o male, due secoli. Dai Goti ai Longobardi, per di più, il regresso è evidente. Se il concilio romano del 501 ha dato del « piissimo » a Teodorico, Gregorio Magno alla fine del secolo darà ad Autari dello scellerato: nefandìssimus Autharit, e non dirà nulla di troppo, ancorché si tratti del marito di Teodolinda. Ma, ed ecco l'aspetto più significativo della storia di questi secoli, ad onta delle sue dure esperienze la politica della Chiesa rimarrà anche in avvenire quella che abbiamo visto : di fronte al pericolo della formazione di un potere nazionale, fare appello all'intervento di un deus ex machina esterno che aiuti a scongiurarlo. I Bizantini hanno servito a eliminare i Goti. I Longobardi servono a eliminare i Bizantini. I Eranchi serviranno a eliminare i Longobardi. Raramente il mondo avrà avuto spettacolo di una politica più continua e più conseguente di questa. Per delusioni che possano costarle i proprii appelli allo straniero, e i Bizantini ne han fornito luminoso esempio, la Curia romana è del parere che essi siano sempre preferibili alla soluzione spontanea del problema italiano. Gli appelli ai Franchi cominceranno col pontificato di Pelagio II, quando a Costantinopoli al palazzo ni Placidia c'è apocrisario il futuro Gregorio Magno; e chi se ne farà strumento sarà proprio l'Imperatore, il quale, fedele al sistema dei federati, manderà denaro papale a Childeberto affinchè si decida a metter lui a posto la «fetidissima gens». Ma, tratto caratteristico, questa politica non si limiterà alla durata dei primi regni longobardici, allorché i Papi debbono, a difetto di generali bizantini, salire in persona sugli spalti dell'Urbe, allorché gli invasori sono ancora in maggioranza ariani o pagani, allorché la Santa Sede è obbligata a negoziare con loro senza posa tregue che le costano gli occhi del capo, ma continuerà, e più efficace che mai, anche contro Liutprando, l'uomo che mercè le sue Donazioni del 726 e del 742 costituirà con notevole anticipo su Pipino il primo potere temporale, l'uomo che asseconderà i Papi nella resistenza alla follia iconoclastica, l'uomo che, giunto sotto le mura di Roma alla testa di due eserciti, piegherà pentito il ginocchio davanti a Gregorio II, l'uomo che meglio d'ogni suo predecessore saprà conciliare nelle proprie leggi lo spirito canonico e romano con le tradizioni della sua razza, l'uomo che presterà man forte ai Franchi per dissipare definitivamente la minaccia musulmana sospesa sull'Occidente cattolico. La Chiesa è coerente. Di fronte all'Italia Liutprando potrà avere dei meriti : di fronte alla Chiesa egli non ha se non il torto di essere il più potente o in ogni caso il più preoccupante, perchè il più assimilato, dei re longobardi, quello che riesce a unificare quasi per intero la penisola, quello che ha più chiara innanzi agli occhi la visione di un Regno italico, quello che, sia pure in condizioni meno facili per gli Italiani — giacché in due secoli l'idea feudale e la coscienza del germanesimo hanno fatto dei progressi mentre il prestigio romano ha perduto terreno — potrebbe resuscitare il sogno di Teodorico e che per riuscirvi non esita a mettersi in lotta col particolarismo dei suoi stessi Duchi. Alessandro Manzoni ha creduto inventare, col suo Adelchi, il mito del longobardo amico degli Italiani e della Chiesa, infiammato dal sacro zelo d'uno stato nazionale: Dell'itala fortuna Le sparse verghe raccogliam da [terra, Il fascio antico in nostra man [stringiamo. Ma questo longobardo mitico è esistito davvero, e fu Liutprando. Senonchè, appunto perchè fu Liutprando, era fatale che la politica della Chiesa mirasse a eliminarlo o quanto meno a renderne impossibile il ritorno. Chi non ricorda la conclusione del primo Adelchi manzoniano? ■E, riverito e non tremendo, il [Sommo Pontefice Il Campidoglio sgombrerà . . . Dove il poeta cattolicissimo non esprimeva soltanto il pensiero di un italiano del 1821 bensì l'eterno pensiero dell'Italia orbata di Roma, Longobardi dell'VI II secolo compresi, dato che, se una cosa distingue la dottrina politica italiana fino al 1870, o piuttosto fino al 1929, è appunto la necessaria costanza di quel disegno. La politica antilongobarda del Laterano è pertanto, più ancora della sua politica antigota, logica e, nei riguardi degli interessi ecclesiastici, anche legittima. L'intervento franco rappresenta per essa l'ideale supremo di due secoli, dal 580 al 773, ideale alla' cui realizzazione un Gregorio II, uno Zaccaria, uno Stefano II dedicano tesori di accorgimento e di eroica tenacia. Giacché provocare la guerra fra Metz e Pavia non è impresa facile, soprattutto a datare dal momento che i Franchi si vedono impegnati a fondo nella lotta coi Musulmani. Le reiterate campagne d'Italia di Childeberto sono state un pessimo affare, e lìn da quel tempo un tentativo di matrimonio fra Autari e una sorella del re franco ha provalo come l'ostilità non fosse insanabile. Nel 605 le nozze del figlio di Teodolinda con la figlia di '1 eodoberto hanno avvicinalo le due famiglie regnanti. Ciiiquaiit'anni dopola disfatta di Asti, fruito di un nuovo tentativo franco di ingerirsi nelle cose italiane, toglie per sempre ai Merovingi la voglia di passare le Alpi. Col principio del secolo Vili, finalmente, l'aggravarsi del pericolo islamico induce Carlo Martello a ricercare ancora una volta l'amicizia del cugino longobardo, e si ha l'adozione del futuro Pipino il Breve da parte di Liutprando, preludio all'alleanza del 739, che nel 770, nonostante l'opposizione dilla Curia romana, avrà un nuovo corollario nel matrimonio di una figlia di Desiderio col futuro Carlo Magno; documento del persistere delle intenzioni pacifiche dei due popoli. Come riuscirà il Laterano a ottenere, fra il 754 e il 773, in meno di vent'anni, gli interventi decisivi dei due grandi sovrani franchi che dissiperanno per sempre in Italia il mito di Adelchi? Pagando questo intervento mercè l'unzione regia accordata agli spodestatori dei Merovin¬ gi, in attesa di ripagarlo loro incoronandoli imperatori, il giorno che la presenza sul trono di Costantinopoli di una donna circondata di eunuchi gli consentirà di buttare a mare l'assente per conciliarsi il presente, di sagri ficare il vicino meno forte al lontano più forte. Estrarre dalle rovine fin troppo visibili dell'Impero romano la finzione giuridica di un Sacro Romano Impero invisibile ma imperituro, per farsene nei secoli una moneta di scambio coi potenti della terra : ecco la grande scoperta politica del Laterano nel Medioevo, la trovata, indubbiamente geniale, che assicurerà la fortuna mondiale della Chiesa, facendo della penisola il tappeto rigato di sangue delle incoronazioni imperiali di candidati che stanno di casa ovunque fuorché a Roma. Concetto Pettinato