La parte dell'uomo nel dramma dei millenni

La parte dell'uomo nel dramma dei millenni La parte dell'uomo nel dramma dei millenni e e — a i a a o o o e e i i i o i r i i e l a o a . o , e e a e a n La storia, diceva Edmond de Gon-lscourt, si è iniziata soltanto quando l'uomo ha cominciato a farsi la puh- ! blicità. Ora, questa pubblicità non il- lumina per noi che un periodo di sei-! mila anni, e non c'è ragione di sperare ; in ulteriori conquiste. Negli ultimi;o ael o oe ound a xao rsi a a o ue anri i. nhe reen no e cent'anni l'egittologia ha tramutato la valle del Nilo in un immenso archivio i cui documenti coprono circa quaranta secoli di storia precedenti la nostra èra. La cronologia della storia dell'antico Egitto si è precisata, un certo numero di figure sono balzate in primo piano e hanno acquistato in rilievo, usi e costumanze sono usciti dall'oscurità, ma, ad onta di ciò, è lecito asserire che ben poco si è appreso che non ci fosse già noto attraverso il vecchio e caro Erodoto. Comunque, si tratta di quattro millenni lungo 1 quali la strada percorsa dall'uomo per raggiungere forme di vita sempre più elevate è visibile. Questa visibilità, naturalmente, si fa più incerta a misura che la strada si allontana nel tempo verso gli evi remoti e remotissimi e cessa affatto quando essa penetra e si perde in quello che Plutarco definiva « il paese dei prodigi e delle tragedie, dominio di poeti e di mltologhi », specie di no-man's land tra storia e preistoria nel quale si formano le leggende che stanno alla base della vita sociale d'ogni popolo. Più in là cominciano l'oscurità e il silenzio della preistoria. Gli scienziati non si perdono d'animo: scandagliano quell'oscurità, interrogano quel silenzio, esaminano l'uno dopo l'altro gli strati sovrapposti della crosta terrestre, e in essi, come nelle pagine d'un libro Immenso, leggono, o meglio, compitano storie di cataclismi spaventevoli, di elementi primordiali scatenati, di continenti in perpetua trasformazione; tutto un dramma in molti atti, dei quali, però, non sanno indicare la durata. * La sola nozione cronologica che possiamo desumere dalle nostre ricerche » scrive infatti un geologo illustre « è quella d'una durata immensa; la vertigine dell'incommensurabile si impadronisce di noi ». Dalla preistoria alla storia Quale fu la parte dell'uomo in questo dramma di millenni? Quando il nostro primo antenato apparve sulla scena? Taluni scienziati danno per certa la presenza dell'uomo in tutto il periodo quaternario, che precede immediatamente quello in cui viviamo e al quale il geologo americano Warren Upham attribuisce una durata minima di 150.000 anni. Seguire l'uomo attraverso questa successione sgomentevole di secoli, interrotta dalle grandi fasi glaciali che resero lungamente inabitabili immense zone della Terra, è impossibile. Esso ha lasciato dietro di sè, come testimonianza del suo passaggio, le sue povere armi, i rozzi utensili con cui provvedeva ai primi bisogni, questo è vero: pezzi di silice scheggiata in varie forme, punte di lance e di frecce, mazze e accette di pietra che il geologo cataloga accuratamente e acutamente ed espone nelle vetrine dei musei; ma da tutto ciò noi non possiamo trarre che l'idea generica e sommaria d'una vita dura e selvaggia della quale la ricerca del cibo doveva essere la maggiore preoccupazione; e bisogna ammettere che la descrizione di questa vita primitiva fatta da uno scienziato moderno, per esemplo il Worthington Smith, non differisce gran che da quel la mirabile fattane duemila anni or sono da Lucrezio nel quinto libro del suo De rerum natura. Noi non sapremo mai nulla di questo nostro lontano antenato, delle sue migrazioni in cerca di sedi più adatte e propizie alla vita e allo sviluppo della personalità umana, delle sue lotte contro le forze nemiche della natura e contro i suoi simili, delle sue umili invenzioni ch'erano Immense conquiste. Nè sapremo quando e come alla superficie della sua vita scabra sbocciò, eterna consolatrice, l'arte di cui ci parlano gli ossi di renna intagliati e Incisi, l disegni e i graffiti delle caverne, gli stupefacenti affreschi delle grotte di Dordogna e di Spagna, le statuette grottesche e spesso, come nel caso della venere di WlUendorft, la più antica forma umana scolpita che si conosca, ricche di plastica potenza, All'alba della storia l'uomo ci apparegià munito delle sue armi più valideper affrontare la battaglia della vita, euna domanda sale spontanea alle lab-bra: quanti secoli di civiltà sprofon-dati irrimediabilmente nell oblio, pre-cedono e preparano i primi tentativi dijeggmtaagiona sociale offerti alla no- stra Indagine nella valle del Nilo e in Mesopotamia? Hendrik Willem van Loon, nel suo atclibro Storia dell'umanità (Bompiani,: v1935) — ch'è il complemento direi quasi indispensabile dell'altra opera csua ormai celebre sulla Geografia (v.J La Stampa del 29-1-1934) — sbriga in fretta questa faccenda della preisto-] ria: tre capitoletti e mezza dozzina di | quei suoi disegni tirati giù alla brava, ciascuno dei quali vale quanto una decina di pagine di testo, gli bastano. Uno di questi disegni riassume con evidenza ed efficacia i concetti correnti I di storia e di preistoria: la pagina è |attraversata a più riprese dai lunghi jsegmentl d'una linea a zig-zag, come ! dalle rampe d'una scala; in alto, l'ili- j tlmo segmento è interrotto a un centi-1 metro dal punto in cui fa angolo co^ precedente. « La linea a z'g-zag » spie-1 ga la dicitura « indica la durata dei | tempi preistorici, l'ultimo trattino quella del temipl storici ». È su quest'ultimo trattino che !e esperienze dell'uomo possono essere seguite e valutate con qualche utilità; in altre parole, se la vita dell'uomo ha un significato, esso va cercato in quel periodo di seimila anni che si può considerare acquisito alla storia. E' quello che fa il van Loon. La sua Storia dell'umanità è stata paragonata al fin troppo noto OutlineiIof History di H. G. Wells. In America, !anzi, si discusse molto su giornali e riviste per stabilire se si dovesse preferire l'opera dello scrittore inglese o quella dello scrittore olandese. E' bene dir subito che i due libri sono assolutamente diversi. Il van Loon non Intende offrirci una pretenziosa sintesi della storia del mondo, ma una storia del progresso umano. Questo giustifica talune manchevolezze rilevate dai critici, come, per esempio, il poco posto fatto ai paesi orientali in genere, che sarebbero imperdonabili in un sommario di storia universale. Riconosciuti sin dal principio i limiti imposti, al suo lavoro, il van Loon si è impegnato a non sorpassarli e, imitando la tecnica d'un grande pittore della sua terra d'origine, Rembrandt, ha proiettato tutta la luce della sua indagine su determinati momenti e personaggi della storia, accontentandosi di tratteggiare superficialmente il resto o lasciandolo deliberatamente nell'ombra. Sarebbe inutile dire i che il grande riflettore azionato dal van ■Loon illumina di preferenza quelle fi-|gure, quei popoli, quegli avvenimenti ;che hanno esercitato un'influenza de- jcisiva sul corso della storia e alutato ;in qualche modo la marcia in avanti dell'umanità. La marcia della civiltà L'evoluzione incominciata nell'oscurità della preistoria, evidente per chi ponga idealmente accanto alla rozza arma di silice scheggiata dell'età paleolitica, la statua dello scriba egizio del Louvre che si fa risalire a trenta secoli prima della nostra èra, continua con ritmo accelerato nel periodo storico. Due Istinti l'uomo ha ereditato dal suo misterioso antenato, l'uomo preistorico: quello che lo spinge a salire e quello che lo spinge a combattere. L'uno non va senza l'altro, tanto che, sin dal principio, la guerra appare come l'elemento primo dell'evoluzione, il grande taglio cesareo, per esprimersi come Gianpaolo Richter, che sprigiona gli spiriti dell'umanità. In Egitto, inAsia Minore, specialmente in Mesopo-tamia, è un agitarsi e un sovrapporsiviolento di razze; le grandi ondate d'immigrazione si accavallano ribollendo e spumeggiando; sorgono e crollano imperi, città immense scompaiono. Gli incendi di Troia e di Cnosso accendonobagliori nelle limpide acque dell'Egeo già corse In ogni senso dalle rapide navifenicie. Poi è lo svegliarsi prodigiosodella Grecia. Per giungere a questa terra abbeverata di luce e d'azzurro, la civiltà ha descritto un arco di cerchio, passando dall'Egitto all'Asia Minore e di qui, lungo i ponti naturali formati dal do¬ rato sciame delle isole egee, alle rlved'Europa. Quando il popolo greco fa lasua apparizione e dà inizio alla storiaeuropea, il grande Egitto di Sesostriè un ricordo vecchio di parecchi secoli,Babilonia e l'impero assiro sono inpiena decadenzaPi re di Micene ma-scherati doro giacciono dimenticatinelle tombe che si spalancheranno sol-tanto tre millenni dopo, per premiare l'ostinazione eroica di Enrico Schlie- mann, e sulle rovine di Troia l'erba stormisce al salso vento del mare. ! Roma è ancora «IV se-;colo a. C, quando la Grecia di Pericle e di Fidia, di Platone e di Eschilo vive'la sua lussureggiante estate, Roma è .„ i nancora un villaggio che lotta duramen- ne per sottomettere i popoli circonvi- j Uini. Ma la civiltà tende a spostarsi spverso Occidente ed ecco l'ora di Roma. Ieha fatto il suo passo de¬ La civiltà isivo. I sette secoli che vanno dalla secon- mondo costituiscono la base insosti uibile. Dopo la grande avventura asiatico-africana d'Alessandro, la marea greca, ritirandosi, aveva lasciato da guerra punica alle invasioni barba riche dominano tutta la storia del mondo civile; meglio ancora: di questo dovunque era passata la fertile argìiìa della sua lungamente elaborata civiltà, ma, in definitiva, per la morte improwisa del conquistatore macedone e per 11 conseguente sfacelo del suo impero, l'esperimento era rimasto sterile, Doveva toccare a Roma di diffondere durevolmente la civiltà nel più vasto mpero, nella più larga e varia accolta rsmvurs«T"lìi^~IZt?x EVantl de" umanita s di popoli di cui si abbia memoria. E' nell'humus ferace di questa civiltà che, caduto l'Impero, mettono radici le più varie e ricche esperienze umane e sociali, alcune delle quali daranno origine al grandi stati europei. Il prezzo della conquista ppdstrIngfoinasrlatcnfsnftLa storia oscilla in un perpetuo gioco j ddi azioni e di reazioni, ma la marcia in ' Sy E| tCfl.rtii j; „i„i , , , ,, ., lsecoli di oscura elaborazione del Medio- i sevo preparano la fioritura meravigliosa' cdel Rinascimento, cosi, come più tardi a cieca reazione assolutista seguita alla caduta di Napoleone, preluderà a quel periodo di rivoluzioni nazionali dal quale uscirà l'Europa moderna. Ogni volta che si verifica un tentativo di « mettere indietro le lancette dell'orologio della storia », afferma il van Loon, il resultato è lo stesso: l'uomo sosta per poco, poi compie un nuovo, più potente balzo in avanti. n prepotente impulso vitale che lo spinge ad avanzare sa volgere tutto a suo profitto: lotte di religione, urti di razze, guerre, rivoluzioni... I grandi conquistatori, Hammurati, Ramsete, Dario, Alessandro, Cesare, lo servono non meno dei grandi pensatori e dei grandi inventori. E' di Federico Nietzche l'asserzione che il XIX secolo doveva a Napoleone tutte le sue più alte speranze; e noi, non abbiamo forse vi- sto una Srande guerra mutare 11 volto del mondo? Il poeta ha ragione: « gor£°SI.la sanSue nei secoli — la faticosa stona deS'i uomini... ». Ma questa, ed ecc° una conclusione che il Carducci «tddpfsmnon avrebbe accettata, è insieme la nostra condanna e la nostra gloria: 11 sangue è il prezzo posto alle nostre più grandi conquiste. Alla fine del suo libro, Hendrik Willem van Loon si chiede: « Sarà sempre cosi? ». E' una domanda alla quale non è facile rispondere. Frattanto la grande avventura umana continua. Cesare Giardini psnrLcsslugd5pspicnImtitgictp