Correnti del gusto nella pittura d' oggi di Marziano Bernardi

Correnti del gusto nella pittura d' oggi Correnti del gusto nella pittura d' oggi Roma, 4 notte. Una prova ardua questa seconda j Quadriennale romana d'arte nazionale, voluta dal Duce per l'educazione artistica degli Italiani. Ardua per gli ar-Usti che, chiusa appena la dicianno- vesima Biennale veneziana, dovettero(tranne i pochi che ai Giardini ave-vano inviato un semplice biglietto ili visita risparmiando le forze, cioè le opere) provvedere in breve giro di tempo ai cinque o ai dieci o ai venti lavori che l'onorevole Oppo e i suoi collaboratori sollecitavano per metter su la parete o la sala personale. Ardua per gli organizzatori e giudici e ordinatori, da Oppo ad Ojetti, da Casorati a Ferrazzi e a Selva, i quali in lungo'pe in largo girarono l'Italia, visitarono | dsulle indicazioni dei segretari e com missari dei Sindacati regionali — centinaia di studi, esaminarono migliaia di quadri e di statue con un'attenzione, una diligenza, una sollecitudine, una probità ammirevoli in modo da fornire a chi vuol contemplarlo, per giovarsene culturalmente ed esteticamente goderne, questo panorama della nostra produzione pittorica e sculturale contemporanea, panorama che, se pure ha le sue inevitabili lacune, è però cosi vasto e nelle sue grandi linee preciso da potere con sufficiente chiarezza indicare dove volgano le correnti dell'arte italiana di oggi, ciò che si vuol fare, con quali modi ideali e con quali mezzi espressivi pittori e scultori intendono lavorare. Prova ardua, infine, per coloro ai quali, dopo aver visto circa milleottocento opere e cercato di individuare nei loro scopi e nel loro stile oltre settecento artisti, tocchereb- be ora di dare un quadro, il più possibile fede]e di questa mostra grandiosa ai lettori lontani che prima ancora di leggere il nome di Tizio o di Caio desi derano sapere « dove va » l'arte ita liana (?t sappiano, fra parentesi, co- rtaefi 1 *»rt-r>»m nho nimero forma Hi 1*1 Cd. desti lettori che questa fatica di ricognizione, di analisi e di sintesi è la più tremenda sfacchinata che si possa esigere da un critico, diciamo meglio in simile circostanza, da un giornalista). Ed una prova, per ultimo — di maturità, di comprensione, di interesse e di intelligente generosità — anche per il pubblico. A questo pubblico, infatti, che per venire a Roma a visitare la Quadriennale avrà ogni sorta di agevolazioni, che per aggiornarsi culturalmente nel mare inquieto dell'arte contemporanea sostando in una mostra ; esemplarmente ordinata, impeccabil- mente allestita, pagherà ben tre lire, cioè quanto, con lo sconto del dopolavoro, si paga nei secondi posti per uno spettacolo cinematografico, si cine¬ derà in cambio di tanti affanni e di |tanti sforzi due cose sole: prima qual- cile ora di attenzione non turbata da preconcetti; poi la persuasione che il mezzo milione di lire da assegnarsi in premi agli espositori (due premi da centomila lire per la pittura e la scul- j tura, cinque da ventimila, dieci da die-1 cimila, venti da cinquemila) non rap-lpresenterà affatto una pubblica bene- j ficenza larvata di mecenatismo, bensì ; 1 per fare in arte un « buon affare » (prendiamola pure anche da questo 'verso) sia inevitabile comprare opere Idi artisti defunti, e che con quello de ' gli artisti vivi non si possa unire l'utile al dilettevole. La Quadriennale, insom 've ciascuno potrà incontrare i suoi un vero e proprio riconoscimento di valori autentici, che dovrà incoraggia-re i privati agli acquisti togliendo loro dalla testa quel benedetto chiodo cherna, appunto perchè rispecchia nelle sue tendenze molteplici — questo era un presupposto dal quale Oppo non ha voluto derogare — la produzione arti- stica italiana contemporanea, è anzitutto un'esposizione varia e vivace do- preferiti come autori e le sue prefe renze come idee; e di qui nascono anzi, da questi confronti, le sue possibilità polemiche. gGElnPf\,. , » . fUttOCentO e novecento lgPerchè se attraverso le sale dell'ul- Ttima Biennale veneziana allestita uni- rcamente per inviti si delineava netta r Maraini sul « rinascimento dell'arte » e sugli «azzardi e le avventure este una tendenza polemica chiaramente |Bchiosata dalle ormai famose parole di ! Sztiche ormai superate », in queste della Quadriennale, allestite col sistema misto dell'invito e della giuria, dove puoi trovare a pochi passi Grosso e Seve- Lcttrini. Carena e Campigli, Carrà e Daz zi. Romagnoli e Rosai, Martini e Mes sina, il sopravvivente gusto ottoeente sco, genuino in alcuni, mascherato di novecentismo in altri, e lì accanto, che appena il tragico fiabesco di un Gino Bonichi li separa, l'ideologia « astrat tista » di quelli del Milione milanese, in qUeste sale della Quadriennale, di ciamo, ia polemica sorge di dentro, I)er vil.tu stessa di fatti più che di presupposti, e non è eccitata programmaticamente. Ciascuno può misurare e valutare, dire: «Mi piace questo e non mi piace quest'altro »; ma la possibilità medesima della scelta, di questa confessione di gusti su cui per tre quarti si basa la critica, denuncia l'urenza di una presa di posizione. Vien cioè da domandarsi (e un'esposizione sincera quale la presente maliziosamente suggerisce la domanda) se ogni generalizzazione nel campo dell'arte contemporanea, vale a dire dell'arte come azione e dramma e non come acquisizione storica, non sia per avventura una colossale ingenuità cui si acconsente un poco per la buona fede derivante dall'abitudine, un poco per dissimulata comodità delle frasi fatte. Va a catafascio la teoria del guato inteso come complesso di preferenze estetiche e di attitudini spirituali? In gran parte sì. Ma che cosa vuol dire gusto di un dato momento? Volgiamoci pure al più lontano passato, al più glorioso pittoricamente, quello che sta tra la fine del Quattro cento ed il principio del Cinquecento. Fra un Tura e un Perugino quali punti di contatto? E tra Ferrara che si foggia uno stile nel più geniale ecclettismo e Padova che trae il suo dal do- minio donatelliano? E fra l'ideale for-1 malistico fiorentino e l'ideale coloristico veneto? Interferenze, in seguito, fin che si voglia. Ma dai lombardi creati da Leonardo ed i romani creati da Raf- ; fsello correrà sempre l'abisso. Se non! che allora si diceva « scuola » (persin ' «bottega»), e ci st intendeva; ci sii [intese fino alla fine dell'Ottocento quan1 do, dai Piemontesi che avevano il loro I Fontanesi ai Veneti che avevano il loro JFavretto ed ai Toscani che avevano il loro Fattori, si parlò di « regioni >; ma adesso che dicendo * clima » si cre¬ de di dir tutto, che si vogliono far le partizioni nette fra avanguardia e retroguardia, fra Ottocento e Novecento, 'fra i «giovani» e i non giovani, e ai grida all'arte dell'avvenire (va bene 't'avvenire, ma, di grazia, occupiamoci ant.ne un poco dell'arte presente), si ! chiacchiera e si chiacchiera, si condan- na e si esalta in hlocco lasciandosi frastornar la testa da chi fa più baccano coi programmi scritti e dipinti, ma si finisce a non capir più nulla. Vero è che una volta era forse più facile raggrupparsi intorno a dei nomi rispondenti a individualità conerete e possenti mentre adesso quasi sempre ci si accontenta di idee che son labili e vaghe; ma è falso asserire che anche oggi non esistano uomini capaci di portare in pugni saldi bandiere ben visibili e ben contraddistinte. le mostre personali Vediamo — limitandoci per ora alla pittura — queste mostre personali e questi gruppi d'opere dove, per il numero dei lavori ed il periodo di attività artistica che talora abbracciano, si legge con maggior chiarezza. Sono le mostre personali di Gino Severini, Mario Mafai, Fausto Pirandello, Filippo De Pisis, Antonio Donghi, Gino Bonichi (ciò* il povero Scipione, spentosi ad Arco il 9 novembre 1933), Enrico Paulucci, Giorgio De Chirico, Gisberto Ceracchini, Giovanni Romagnoli, Virgilio I Guidi, Arturo Dazzi, Enrico Prampo-1 lini, Luigi Bartolini (incisioni), Luigi Spazzapan; sono i gruppi d'opere — scegliendo solo i principali — di Carlo Carrà, Corrado Cagli, Ottone Rosai, Nino Bertoletti, Alberto Salietti, Gianni Vagnetti, Primo Conti, Giuseppe Capogrossi, Emanuele Cavalli, Arturo Tosi, Carlo Socrate, Felice Casorati, Emilio Sobrero, Antonio Barrerà; ma è indispensabile aggiungere, o per copia di lavori esposti e per intensità di manifestazione, i nomi di Mario Broglio, Amerigo Bartoli, Siro Penagini, Giacomo Grosso, Emanuele Rambaldi, Eso Peluzzl, Franco Dani, Alberto Caligiani, Manlio Giarrizzo, Felice Carena, Cesare Monti, Memo Vagaggini, Paola Levi Montalcini, Domenico Va- faoia i^evi Montaicim, Domenico va o linotti, Francesco Menzio, Dafne Man gham Casorati, Leonora Fini, Mario - Tozzi, Massimo Campigli, Renato Fa- resce, Alberto Savinio, Carlo Levi, Fera ruccio Scattola, Guido Peyron, Nino Bertocchi, Oscar Ghiglia, Baccio Bacci, Silvio Pucci, Nino Corazza, Mario Poz- zati, Norberto Pazzini, Paolo Ferretti, Leo Longanesi, Giorgio Morandi, Ni cola Galante, Raffaele De Grada, Pietro Gaudenzi, Pietro Marussig; a non tacere la sezione futurista e la sala tisvsgp degli « astrattisti » da Bogliardi a Ghi- 1 ringhelli, da Magnelli a De Amicis, da! Reggiani a Soldati. I E' assurda la pretesa di definire ini trenta o quaranta parole un'individua- ] ; lità artistica e persino un momento ! produttivo di questa; valga piuttosto ' un accenno, se contribuirà a chiarire. i quanto sopra si diceva. Severini, che j dal grande pastello in nero e grigio veramente «liberty* 1905 allo smaltato Ritratto della, Signorina Severini del l'anno scorso è l'artista che qui dentro, anche riguardo agli anni di un'attività tenace, meglio si documenta: tutte le esperienze estetiche atte ad una formazione dello spirito che, com'egli scrive nell'autopresentazione, « è più necessaria all'artista che l'estensione delle sue conoscenze, eccettuate quelle relative al mestiere » : tutte, futurismo compreso, per sboccare in questa cristallina pittura da mosaico, chiusa come un circolo, fissa, precisa, granitica, che anche la-fantasia fervida che l'anima sembra costretta nel colore e nella forma da una volontà implacabile di costruzione, di chiarezza, di solidità. Mafai: l'antitesi di Severini, che qui la sensibilità trabocca in un romanticismo coloristico di cui è esempio tipico il Paesaggio dal Gianicolo, e la visione prende il sopravvento sul dato obbiettivo, con un bisogno violento di libertà proprio quando, forse, il pittore pensa (lo scrive egli stesso) che « davanti.al vero non bisogna scantonare ». Donghi: l'irrealismo nella illusione della realtà, perchè quest'artista il quale confessa di aver scelto per dipingere tutto ciò che dell'umanità più lo ha colpito per un senso di semplicità nel la composizione e nel colore e di aver sempre voluto finire nell'esecuzione sperando che l'osservatore potesse leggere con chiarezza ciò che aveva visto e sentito, quest'artista che ci dà dei quadri che paiono miniature ingrandite anche per il liscio della vernice e che stacca tinta da tinta senza la minima preoccupazione tonale, cosi rifinito e preciso nei contorni, cosi puntuale nella scrupolosa osservanza della forma (vedi la Bagnante) e che qualcuno potrebbe salutare come un Inganni o un Induno redivivo, è più « inumano » dei deformatori più arbitrari, è, suo malgrado, un umorista alla Campanile per l'imperturbabilità dell'assurdo scodellato come plausibile, è insomma il prototipo, direbbe Bontempelli, del « realismo magico », cioè del non-realismo, è, infine, uno dei più curiosi fenomeni della pittura nostra contemporanea per questa sua divertente finzione di verità che consiste nel darci appunto una illusione di verità con figure che mai sono state «vere ». De Chirico: qui invece, con teste, torsi, corpi di un verismo talvolta ossessionante per impegno e potenza di riproduzione, la fiaba pagana che continua ad affascinare lartista creando i contrasti più sconcertanti non solo da quadro a quadro ma spesso nella medesima scena; un mondo antico fantasticamente interpretato, una cultura ridotta al puro riferimento d'una marmorea statua mutilata o del rudere d'un capitello corinzio, e poi le teste ovoidi dei soliti manichini seduti sulla spiaggia e con dea- tro lo stomaco aperto seggiole, cubi, pianoforti, strani ordigni (questa per taluni è la «fantasia»), e li accanto un ritratto di un realismo spietato quale la Fanciulla con fondo verde, Dazzi: il sensualismo spadiniano diluito in una piacevolezza festosa, una voluttà incontenibile di ostentare grandi e rosei nudi femminili, in cui la pittura portata al massimo della levità va disfacendosi in un languore quasi morboso; un edonismo dichiarato senza reticenze; un cosi candido entusiasmo pittorico che ci si stupisce che questa sia pittura d'uno scultore. Ceracchini: il tentativo più palese di rendere attraverso un linguaggio popolaresco il senso religioso del lavoro agreste, della vita famigliare contadina, del biblico riposo dei pastori; ma tutto ciò non con dati colti in natura, bensì, come rivela l'insistere su forme lignee, su atteggiamenti stilizzatamente ieratici, in un riflesso di immagini letterarie, quasi un ricordo di antiche stampe e di antiche vetrate. Fausto Pirandello: niente racconto, niente rappresentazione: figure e paesi presi come pretesti ad esperienze di colore, con una tendenza cromatica unitaria che induce il pittore a ripetere cento volte lo stesso accordo al fine di perfezionarlo, di rendersene pienamente padrone. Romagnbli: la cordialità fatta pittura; una grazia che ha i suoi precedenti in Tiepolo, in Fragonard o Boucher; nudi, fiori, testine di bimbe e giovinette toccati con delicatezza somma, con un mestiere che non è sfoggio di abilità ma indice di espressione compiuta; una commozione schietta che giustifica la dichiararazione del pittore: «Volumi, impianto, ecc. furono e dovrebbero essere come la grammatica e la sintassi della letteratura. E' la tecnica e non l'arte. Un guaio di molta pittura moderna è, a mio avviso, che gli artisti cercano una novità d'interpretazione a scapito dell'emozione ». E possiamo far punto. o n - Individlialità 1 Non però all'esemplificazione. Ci si'domanda cioè, di fronte a documenti j così probanti, fin dove si sia autoriz-1 zati a parlare di climi e di gusto, e se,ai comuni denominatori unitari non sia I più esatto sostituire di nuovo i gruppi ' delle individualità. Diciamo per inciso che secondo noi questo è un segno ec- cellente perchè uno stile anonimo, ge- ; neralizzato, senza stacchi, senza con- j trasti, quella disciplina unica di senti- • menti che nella vita sociale fa la forza,tdi un popolo, equivale in arte ad un | non-stile, alla morte dell'estro, all'abdicazione dai diritti della fantasia. Polemicamente, e come azione di risana- mento, quella coordinazione di sforzi ! che rendeva monotone le mostre del j « Novecento » potè avere un effetto sa- lutare. Oggi i tempi ci sembrano matu- : ri perchè ciascuno possa riprendere a 1 parlare artisticamente in persona pri- ■ ma. Ecco quindi un Barrerà predilige-!re l'episodio e Carrà continuare ad astrarsi in un assoluto pittorico, roc-jcioso e scontroso, anche se ora sceglie ! a soggetto di preferenza il corpo urna- > no, con gesti e movenze che gli « sono ! stati suggeriti dalla vita sportiva e fa- i migliare»; ecco Ottone Rosai seguita-'re a darci quei tipi colti dal vero ma ■ trasfigurati da un'esasperata volontàj di caratterizzazione che rasenta talora jla caricatura, e Carlo Socrate raddol- ciré invece le durezze e le pesantezze ! di un tempo fino a cercare la formai gradevole; Nino Bertoletti, che pure j non ha che quarantacinque anni, risa-[lire addirittura ad un ottocentismo - nel | Nudo - alla Giacomo Grosso, e sia : il Cavalli che il Capogrossi amoreggiare con le composizioni accademiche, auspice lo studio delle pitture murali romane; Carena farsi sempre più J?,!f? li.ff?"?°_-dicl.;!mo d'un classicismo veronesiano nel lontano del Meriggio estivo), e Vagnetti non tradire l'innata gentilezza un po' preziosa delle forme gracili, dei colori toccati con prudente castigatez- za; Casorati. fedelissimo a sè stesso !nel Nudo riportarsi a un momento più illustrativo del suo passato con Bambi- Hi e Ritraih (ed è significativa, ed in-. sieme quasi tragica la sua dichiarazio-!ne che in un certo senso potrebbe es-;ser definita una palinodia: « Vorrei or- ; mai dipingere persone e cose sempli- cernente come le vedo e le amo: i ratei sforz d'oggi sono quindi intesi a Ube- rarml da tutte le teoriche, le ipotesi, „ . . , , . ', K 'gli schemi, i gusti, le rivelazioni e le | restaurazioni dei quali con generosa avidità si è avvelenata la mia giovinez za»), ed Emilio Sobrero isolare le sue figure in una assorta meditazione e romantizzare anacronisticamente questo suo Colosseo in armonia con Chateaubriand e Stendhal. Ciascuno, ripetiamo, non dice più «noi»; dice «io». Fra Venezia e Roma, ci son dunque non dieci mesi ma dieci anni? Quell'unità di indirizzi che a maggio faceva scrivere a più d'uno « Ritorno alla vita » è forse qui frantumata ? Tutl'altro. Quelle voci del tempo che ai iardini si erano riunite In una massa orale pressoché unica, nel Palazzo di ia Nazionale si sono raggruppate in ori diversi, favorite persino da certe ffinità di timbri regionali: che Oppo, quando lo ha potuto, con molta discreZione ed accortezza, non ha rinunziato a metter fianco a fianco qua alcuni romani, là alcuni lombardi o napoletani, là ancora qualche piemontese, tanto per dimostrare che, dopo tutto, il sangue non è acqua, e sempre por giovare alla chiarezza della comprensione. Non più dunque una tendenza corazzata di esclusioni dogmatiche, bensì una somma di tendenze. Neo-realismo? Senza dubbio, in un Saccorot'ci, in uri Rambaldi, in un Vagaggini, in un Tozzi, in un Bacci, in un Pucci, in un Peluzzi, in un Dani, in un Salietti, in un Bucci; ma ecco che questo nco-realismo, franco ed esplicito nelle belle affermazioni di un Paulucci o di un Conti, si piega a sottili giochi di pura sensibilità in un Bertocchi od in una Lea Colliva, diviene caustico e ironico in un Corazza, turgido nel tentativo dì epopea in un Carpanetti, estatico nc'le intenzioni religiose di un Ceracchini, balbettante col linguaggio dei fan ciulll in un Usellini, schematico in un Bacchelli, aneddotico in un Barbieri, calligrafico in un Cagnaccio, mctico loso in un Trombndori, nostalgico di passato in un Di Cocco, retorico in un Giuseppe Montanari (sia pure con lodevoli intenzioni celebrative), sontuoso in un Alberto Savinio, vignettistico in un Cosimo Privato. Neo-classicismo? Oggi che persin Casorati si fa un pate tico ricercatore di suggestioni luministiche, sembra che Trentini, con Pipo Casarini che lo imita, resti l'ultimo rappresentante di un movimento che anni fa, nel pericoloso disfarsi della forma, ebbe se non altro il merito di far da argine. Surrealismo ? Azzardi d'uno stilismo ad oltranza ? Persistente insistenza sul puro arabesco? Da Peyron col Tiro a segno (uno dei tanti Tiri n segno che vedemmo nei padiglioni olandesi e tedeschi) a Leonora Fini che ancor crede, con questa pittura da pasticcere, nella tramontata fortuna di Marie Laurencin; da Cremona e Galvano a Moses Levy e a Carlo Levi; da Cesetti a (fino a un certo punto) Spazzapan, da Bevilacqua a Lazzaro, non c'è da scegliere. Realtà e chiarezza Accanto alla mazza ferrata io porto l'olio santo, diceva il magontino arcivescovo: ce n'è per tutti. Che ce ne sia per tutti, in fatto di pittura contemporanea, che insieme col pacato, limpido linguaggio di un Oscar Ghiglia possa trovar posto quello metafisico di un Nathan o di un Paresce, e che dove son presenti un Grosso, un Balla, un Balestrieri, un Bazzaro, un Pazzini, un Ferretti, uno Scattola, un Rho, possano avanzarsi senza scandalo e con pieno diritto di cittadinanza nel gran regno della fantasia gli « astrattisti » del ilf ilione, che i grandi pannelli simbolici, Cronache del tempo, del giovanissimo Corrado Cagli abbiano da dire la loro necessaria parola contemporaneamente alle meticolose e squisite nature morte di un Dudreville, tutto ciò ha voluto dimostrare Oppo; e ci è riuscito, per l'interesse ed il successo di questa rassegna grandiosa delle forze artistiche del lltali* contemporanea. La qual rassegna tuttavia fé sareb- be un gravissimo errore dedurlo dat l'accennata imparzialità di sceltaI, mentre non è una mostra di tendenza, mentt'e è un riflesso esatto del pensiero artistico d'oggi, non è nemmeno l'e spressione d'un eclettismo impassibile, Si è voluto scoprire non quei valori, ma i valori: dovunque si trovavano, comun que si presentavano. Ed allora, pur nella varietà mirabile delle tendenze, ecco delinearsi alcune direttive. Anzitutto, una profonda serietà di lavoro, un cominciare a comprendere, da parto dei più, quanto sia nobile e virile l'impegno di una fedeltà con sè stessi, fedeltà che si traduce nel perseguire in¬ stancabile un proprio stile di vita e di j pensiero. Poi un riconoscere che, tolti pochi geni, l'arte è — presupposta la : fantasia poetica — costanza, studio, 1 equilibrio, rifiuto di lusinghe, sdegno di ■ impazienze. Infine un persuadersi che !a tempi duri, difficili, fattivi, realistici, deve rispondere un'arte fatta appunto jdi realtà, di chiarezza, di umana cora! prensione: e che tutto ciò che è ecce> zione gratuita, decadentismo deforman! te, voluta malattia, imperscrutabile mi i stero, ozio, pigrizia, effimera moda, 6, 'in fondo, anacronistico. L'ambizione di ■ Armando Spadini era di piacere al j poeta e al calzolaio: egli che immagi jnava un mondo di intelligenti armonio in cui anche armonia fosse la pittura, ! Ed al padre pare ora risponda il figlio, i qui presente come scultore. Casorati, j oggi a cinquant'anni, ricorda i * veleni , [della sua giovinezza, e vuol dipingere | semplicemente cose e persone « come : le vede e le ama » : è più giovan adesso che a trent'anni. Sappiamo che tutto ciò farà sorridere di disprezzo parecchi Catoni. Allo stesso modo che questi panorami trac!ciati su Partizioni e schemi che riconosciamo noi stessi semplici comodità dialettiche fanno scrollare le spalle a quei critici che qui girano insaccati in un soprabito, il cappello calcato sugli occhi, e di fronte a un quadro di duo !metri tracciano in un angolo col dito un circoletto e dicono: « Qui è dipinto; qui c'è un senso; qui e reso ». Va bene. . Ma di fronte a seicento autori ed a !sejcentomiIa ( Q. ;Conto nostl0 «contentiamoci di sei ; mila) Iettori sentiamo anche un d ffi cronaca. la ,e cronacaj iu che ,n lodi biasimi ^iudizi consisieP nel far ^ al ^ cne cosa SUCJ^C |* *„j„. „j u , ,. „, ' mondo: ed anche nel mondo dell arte | AItri a i con maggior agio, dopo di noi si soffermerà su singoli artisti. In un prossimo articolo vedremo quali deduzioni si possano trarre dalla scultura, qui per numero e scelta messa finalmente sullo stesso piano della pittura. E parleremo in seguito della folta schiera degli artisti piemontesi, falange compatta e sufficientemente definita come gusto; perchè volere o no. anche ai piedi del Campidoglio, ciascuno troa volgere gli occhi a quell'angolo di terra dee è nato. Marziano Bernardi GIACOMO GROSSO: Ritratto di donna Virginia Agnelli Bourbon del Monte ENRICO PAULUCCI: Itag .zzin* CARLO CARRA': Cavalli ARTURO DAZZI: Cavalli al mare OTTONE ROSAI: « Il vecchio Eliseo» GINO SEVERINI: «Ritratto della Signorina Severini » (olio) - 1934

Luoghi citati: Bevilacqua, Cremona, Ferrara, Italia, Padova, Rho, Roma, Venezia