Una biblioteca nuova

Una biblioteca nuova Una biblioteca nuova Pensosa dei bisogni della nostra cultura si mostra Ma vivace rivista romana Quadrivio, attirando l'attenzione degli studiosi e degli artisti sulla necessità di rinnovare la Biblioteca nazionale della capitale. Allogati in un vecchio palazzo disadatto e insufficiente, i libri della odierna Biblioteca nazionale di Roma non vi stanno raccolti, ma accatastali, senza l'attrezzatura tecnica necessaria. Chiede Quadrivio : Primo : Se si è d'accordo nel ritenere che il problema non soltanto rispecchi esigenze di carattere scientifico, ma sia piuttosto da considerare come incidente sul prestigio stesso della Nazione, e, per ciò stcsso\ etnie problema di natura squisitamente politica. Secondo : Se un grande istituto centrale del genere non costituisca anche una base necessaria per la realizzazione di quei vasti lavori bibliografici di cui l'Italia difetta. E se in tal guisa esso non sia atto a determinare un più alta livello negli studi nazionali e una più ampia risonanza di essi sulla cultura straniera. Terzo : Se a formare l'ossatura di una biblioteca siffatta possono e debbano contribuire tutte le biblioteche di Stato italiane o almeno quelle romane. Quarto : Se il futuro istituto debba essere riservato a pochi uomini di dottrina, o non piuttosto attrarre nella propria orbita anche studiosi di media cultura. Quinto : Se questa nuova Biblioteca del Littorio debba sorgere in un luogo centrale della città, e quale, o fuori centro in uno dei giardini pubblici dell'Urbe con il sussidio di sale di lettura e dì consultazione in vari quartieri. Questa inchiesta, a giudizio di ogni accorto lettore, è un po' come il mazzo di carte che il prestigiatore vi sciorina innanzi : « Signore, scelga lei ! ». In realtà, vi suggestiona lui. E' difficile scardinare il polito gioco di domande, così graziosamente, deferentemente ingranate, con un villano no. Io però sono uno spettatore incomodo, i bravi amici del Quadrivio mi scusino! Uno di quei pianta-grane, non contenti della carta visibilmente sporgente dal mazzo, e decisi a scegliersela proprio loro. Arriccio il naso alla interrogazioneaffermazione numero 2. Liscia e scivolosa come appare, è feconda di molte insidie a chi la lasci passare con il solito cortese assenso. Si faccia la nuova biblioteca ; certo ; è importante. Non però — Quadrivio mi compatisca — nella speranza di costituirne una base per la realizzazione di quei vasti lavori bibliografici dei quali essa deplora che « l'Italia difetti » e che stima necessari a determinare « un più alto livello negli studi nazionali e una più ampia risonanza di essi sulla cultura straniera ». Ah no ! bisogna odiare i lavori bibliografici, tanto più, quanto più sono « vasti » cioè — io traduco — inutili. Le sole bibliografie utili sono quelle brevissime, che indicano la o tutt'al più le due o tre opere importanti, definitive su ogni argomento. Le bibliografie « vaste », servono solo a chi le fa, illusioni di rispettabile e innocuo ozio affaccendato, come i cruciverbi e il bridge, oppure fabbrica di titoli per lauree, libere docenze, cattedre, borse di studio. Diceva Voltaire: il n'écrit pas, il compile, il compile, il compile. * * * Altro disaccordo : non bisogna sguarnire nessuna biblioteca regionale a profitto di quella romana. La cultura è una pianta delicata, e_ la gente italiana è una pianta dalle mille vite. Lasciatele entrambe prosperare ovunque, in una città come Roma vi è sempre modo di mantenere alacre lo spirito e dargli nutrimento vitale, con i libri che si può facilmente procurarsi in cento modi, con le conversazioni, le conoscenze, l'aria stessa che si respira. Lasciamo stare le altre maggiori città italiane. Torino, Milano, Venezia, Firenze, Bologna, Napoli, Palermo, hanno tradizioni di cultura e di biblioteche gloriose. Io ero bambina e ancora ricordo l'ondata di sgomento, il senso di lutto nazionale, che passò per l'Italia quando bruciò la grande, la illustre biblioteca di Tonno! E vi sono poi anche le piccole e medie città di provincia, dove la biblioteca è spesso la sola fonte per i giovani, il solo conforto per gli uomini di mezza età che non vogliano arrugginirsi, e il solo rifugio per gli autodidatti. Del resto, tutte le biblioteche hanno (o dovrebbero avere) lo schedario e il catalogo delle altre biblioteche nazionali del regno, ed esiste un largo sistema di scambi e prestiti gratuiti, su richiesta degli studiosi, tra le biblioteche nazionali delle diverse città. Non vi è dunque bisogno che i libri siano tutti e sempre a Roma, basta che si possano far venire quando occorre. Non parlo, naturalmente, dei manos-ritti. incunaboli, o altri volumi rari e preziosi. Simo eccezioni sporadiche, casi ai quali di volta in volta si provvede. Il sistema sano e razionale è quello di far viaggiare verso di essi la persona che ha bisogno di consultarli. Lasciamo di regola i libri dove si trovano, e cerchiamo di incoraggiare la cultura alla periferia, ancor più che al centro; dove le risorse intellettuali già stanno, fatalmente, nel rapporto di mille contro uno della cittadina di provincia. E anche riguardo alle altre biblioteche romane, quelle istituzioni le quali hanno dotazione, mezzi, e spe cializzazione di obbiettivi propri, sia pure modesti, è bene che continuiro agb a resistere di vita propria. Altre ve ne sono, agonizzanti per anemia organica. E allora invece di ricorrere alla costosa trasfusione di sangue di contribuentc vale meglio versare alla futura grande biblioteca l'eredità della loro morte violenta, utilmente antecipata sulla inevitabile morte naturale. Ad ogni modo non si insisterà mai abbastanza sulla questione fondamentale: se si vuole che le nostre biblioteche funzionino in modo utile e spiccio, esse debbono avere cataloghi completi, aggiornati e largamente diffusi in tutti gli istituti di cultura del regno e delle celi mie. Questi repertori sono le sole forme di bibliografia utile. Costose, certo. Ma in compenso, quante altre gravi spese risparmiamo! Una sola biblioteca bene schedata e catalogata ne vale cento, non solo per gli abitanti della città dove si trova, ma per gli studiosi del mondo intero. Quadrivio avrà diritto alla riconoscenza degli uomini di buon volere, i quali vogliono l'Italia grande nella civiltà, se contribuisce a far risolvere questa urgente questione della biblioteca. Ma per noi, non per gli altri. L'Italia deve non solo e non tanto mostrarsi, ma veramente essere, anche in questo campo, aggiornata, rinnovata, alacre e nuova. Confesso che non mi piace, in nessun campo, l'eccessiva preoccupazione di « quel che ne penseranno fuori ». Questo zelo mi pare insieme pacchiano e frivolo, provinciale e scenografico. Bisogna preoccuparsi di essere migliori, per noi; per la cosa in sè ; per essere, noi italiani, più degni più nobili, più felici e utili a noi stessi e altrui : alla famiglia, al paese, e in quanto possibile, alla universalità degli uomini, in bella gerarchia di doveri. L'ordine di questa successione, comprende nuche il dovere di curare che l'Italia sia'onorata. Ma è conquista di sostanza, che bisogna fare: essere, per essere, prima di tutto. Conquistarsi il prestigio come si è fatto crii il fascismo c la guerra, dal di dentro verso il di fuori, dal nocciolo duro della sostanza verso l'esterno. Cosi, non faremo certo una biblioteca con il criterio del nuovo ricco « perchè ce l'ha il signor Bianchi, mio concorrente ». Noi stessi ne ab¬ biamo desiderio e bisogno. Oltre al problema di cultura e al problema politico, bene accennati dall'inchiesta, il nuovo edificio dovrà impostare e risolvere un terzo problema che a me piace segnalare eri è importantissimo, quello estetico. Le vecchie biblioteche sono allogate in vecchi, grandi, stupendi palazzi. La più bella del mondo.'la Laurenzana di Firenze, in un palazzo costruito apposta a quell'uso, nientemeno che da Michelangelo. Credo sia la sola biblioteca, in Italia, destinata a biblioteca, dal Rinascimento ad oggi, tranne l'altra, non ancora finita ma non,più recentissima, pure a Firenze. Un palazzo nuovo. ;t Roma, e nobilmente moderno, che « esprima » l'uso di Biblioteca nella con formazione e nella costruzione, sarà un'alta lezione di bellezza. Chi ha veduto lo stupendo interno della biblioteca del Congresso ili Washington, vero tempio del libro, m'intende facilmente. L'edificio di una nuova biblioteca siffatta sarà di necessità vasto, e suscettibile di necessari ampliamenti, la probabilità dei quali non bisogna mai perdere d'occhio. Guai a porre simile piovra, fatalmente tentacolare, in mezzo a un parco o giardino pubblico! Se lo mangerebbe in quattro e quattr'otto decenni. So bene che noi italiani amiamo l'edificio, non l'albero. Guido Manacorda anzi contrappone la religiosità latina e classica del tempio jalla religiosità germanica e romantica della selva, ma non bisogna esagerare e in Roma, l'antica gloriosa i tradizione dei giardini, gioia dei \bimbi, polmoni della città, suo fasciino, suo decoro e sua vita, è tradizione che va continuala e nutrita con gli alberi, non demolita con gli edifici. D'altronde, bisognerà pure fare ; anche a Roma un po' di soning; italianamente, la zonazione ri spartizione della città a zone di orientamento [morale e distribuzione materiale. L'edificio nuovo potrebbe sorgere 'sul viale Aventino, in prossimità del futuro Auditorium, che sostituirà H'attualc infelice Augusteo. Verrebbe valorizzato l'anello dei Fori Imperiali con una costruzione degna, mentre il largo viale Aventino, tra via dell'Impero, la Passeggiata Archeologica e la piramide di Caio Ceistio, passaggio frequentatissimo per [lM.fjidUs l Lido di Roma, è ora fiancheggiao da luride casettacce. Considerare la zonazione di una città vuol rlire anche rispettarne la monumentalità, Così, se il nuovo Paazzo Littorio rleve, come si dice, estendersi in profondila verso via Cavour, la costriienda biblioteca porebbe formarne magnifico proseguimento — Libro e Moschetto — riMando nuova vita e lustro monumentale a quella disgraziatissima «traila: la più sbagliata, la sola veramente brutta di questa nostra magnifica Roma. Ma mia terza soluzione mi appare ancora migliore. La biblioteca è il genuino complemento della Città Universitaria. E la caserma del Castro Pretorio con i suoi 125.1 xn meri quadrati non potrà continuare per empre a porre tra i quartieri elefanti e illustri di Roma una zona neutra e chiusa di caserme, scuderie c cortili, i quali assai meglio e più gienicamente potrebbero venire traportati altrove; Vicino al Ministero dell'Aviazione, contigua alla Città Universitaria, che sarà orgoglio di Roma la Biblioteca troverebbe sua ede ideale. Margherita G. Sarfatti

Persone citate: Caio Ceistio, Guido Manacorda, Sarfatti