L'arte, la chiesa, l'eterno

L'arte, la chiesa, l'eterno L'arte, la chiesa, l'eterno Possiamo costruire delle chiese? Questa domanda compariva or non e molto su una rivista francese d'architettura, L'Architecture d'aujourd'hui; e chi la poneva così la postillava : « E' evidente che nel nostro tempo le religioni non ispirano più che assai di rado le masse. Non è più all'ufficio divino che noi potremmo trovare una folla appassionata e fervente, rapita da un medesimo slancio, bensì in una pubblica adunata, in un incontro di calcio, in una competizione aviatoria. Gli aerodromi, gli stadi, le sale per spettacoli, sono le vere e sempre più vaste architetture collettive dell'epoca nostra; e poiché l'ispirazione religiosa resta straniata dalle moltitudini, le scuole e le tradizioni d'architettura religiosa sono scomparse e l'attività artistica è lasciata in questo campo ai temperamenti ed alle convinzioni individuali con la varietà inerente all'educazione, al talento, alla personalità dell'artista. La sua fede, che non è più eccitata dall'ambiente, non potrà certamente più raggiungere quella pienezza di espressione che ci meraviglia nei monumenti del passato ». Ad una simile confessione di impotenza reagiva a sua volta nella rivista Domus l'architetto Ponti sostenendo che, appunto per essere la mistica d'oggi non tanto una mistica di masse quanto di individui, un'architettura religiosa può fiorire con diverso stile di quello antico ma senza dubbio più elevato. « Errore sono oggi i grossi templi, tutto il gigantismo ed il monumentalismo per partito preso, e le sperticate figurazioni e le grandiosità solo materiali : ciò è lontano e repellente dallo spirito religioso degli uomini d'oggi, che è intimo perchè è nutrito di bisogni spirituali, e profondo più che non si creda. Lo stile trionfante va lasciato alle altre attività come sono appunto le sportive e le collettive: altro stile sarà assunto per le cose della religione ; più che mai la religione s'identifica con una funzione intima morale e spirituale, con un rifugio dello spirito e dell'animo, con la ricerca di una ispirazione etica, e con il conforto che invochiamo in quegli stati di solitudine nei quali viviamo, speranze, dolori, pentimenti e purificazione di noi. Come non mai la Religione si identifica — e non paia un paradosso — con la sua funzione più essenzialmente religiosa. Noi dunque possiamo costruire delle chiese, ed anzi, come altri evi han costruito i grandi monumenti, ed altri le cattedrali magnifiche, l'evo nostro — lo si può ben presagire — è destinato ad esprimere in costruzioni di una suggestione altissima quella funzione di protezione e di rifugio, di elevazione in solitudine, di confidente espansione intima che gli uomini d'oggi, inquadrati nelle necessarie discipline dei destini sociali e collettivi e dalle egualitarie durezze economiche, cercano disperatamente per sè, per la propria pace, come lo prova il più impressionante segno del tempo che non è la standardizzazione, ma il bisogno di evadere, d'essere con sè stessi, per sè stessi, dopo aver lealmente servito i doveri collettivi >. In un collettivismo areligioso sarebbe dunque da ricercarsi, per lo scrittore francese, la decadenza dell'architettura ed in genere dell'arte sacra. Per lo scrittore italiano, invece, questo medesimo collettivismo, o per dir meglio il bisogno di evaderne, sarebbe atto a fornirci un'architettura religiosa tipica del tempo nostro, non di « grossi templi » ma di caratteri costruttivi e stilistici tali da favorire un'intimità spirituale propizia appunto a codesta « evasione » : il problema si ridurrebbe perciò, in fondo, a una questione di dimensioni. Da entrambe le parti, confusione. Perchè saremmo noi oggi, in nome di una più intensa vita sportiva e di una più vasta vita sociale, inadatti a costruire chiese? La chiesa come edificio è anzitutto un risultato pratico, una necessità di culto. Il paragone sembrerà irriverente, ma allo stesso modo che, ingrandendosi le città, si richiedono nei nuovi quartieri nuovi uffici postali, nuove succursali telefoniche e di banca, così si esigono, dai credenti praticanti, nuove case per la preghiera. Si forma un comune nuovo, sia a Littoria od al Sestrières, e necessariamente sorge o sorgerà la chiesa. Non nascono più queste chiese per mistico fervore di popolo? Anche su questa benedetta mistica popolare che nei tempi aurei dell'architettura religiosa avrebbe espresso lo slancio gotico, simbolo strutturale di una ascesi spirituale, converrebbe una buona volta intendersi ; e probabilmente si è un po' troppo favoleggiato sul fenomeno della cattedrale anonima, sorgente quasi per miracolo a materializzare una fede collettiva, edificio avente, a dare ascolto a una letteratura tradizionale e rettorica, per architetto Iddio e per artefici le moltitudini. Scostate il velo della bella leggenda, frugate con pazienza negli archivi più segreti, e da quel famoso anonimo finirà per saltar fuori il nome d'un vescovo, d'un cardinale, e con esso un secolare documento comprovante la richiesta, da Augusta o da Vercelli, d'una squadra di Maestri Comacini. Artifices de partibus Italia* accitas ad vos transmisi, scriveva sulla metà del sesto secolo Rufo, vescovo di Torino, a Nicezio, vescovo di Treviri (cfr. F. Hermanin, Gli architetti italiani in Germania, Roma, 1934) : artifices, non meglio specificati, che avrebbero rifatto quell'antica cattedrale. Oggi le chiese si mettono a concorso nazionale od internazionale; ma a parte la conoscenza degli autori, le cose non dovevano accader diversamente Dtto o dieci recoli fapnd«—tnmsznctpshsccv e a e a l a , a e o a i l , r a i o e o s o , Il problema non è quindi in una possibilità costruttiva connessa a una maggiore o minore intensità di fede; e tanto meno, come sostiene il Ponti, in una concezione architettonico-religiosa che rifiuti il « gigantismo e il monumentalismo » a favore di edifici sacri che ci diano un senso « di protezione e di rifugio » : la religione — e specie quella cattolica — è una, la si accetta nella sua unità o nella sua unità la si respinge, nè la si adegua a metri cubi d'opere murarie. La fede non può esser messa sullo stesso piano edonistico che in gran parte ci fornisce la valutazione estetica d'una sala di soggiorno, d'una stanza da pranzo o d'una camera da letto; ed il vero cattolico prega in San Pietro di Roma come nella più umile chiesa di montagna. Ma anche la fede, appunto perchè inerente all'uomo, ha un suo aspetto puramente umano, è suscettibile di sensazioni che rigorosamente si potrebbero dir profane ma che forse hanno le loro radici in realtà più intuite che espresse, e tuttavia, religiosamente, legittime, se è vero che il culto non rifiuta l'apparato quando esso torni a maggior gloria della Chiesa. Un altare, e su questo un sacerdote officiante, al credente dovrebbe bastare ; ma persino nelle messe al campo, fra il brontolar del cannone e sotto l'insidia dei velivoli nemici, la liturgia e la scienza dei sacri riti erano fin dove si poteva rispettate. Stabilita l'inesistenza di ogni certezza terrena, riconosciuta la fatale instabilità di ogni sentimento umano, che cosa resta al credente se non l'idea dell'eterno? Ecco il vero problema — un problema che trascende qualsiasi questione di stile — dell'architettura religiosa e di tutta quanta l'arte sacra : darci anzitutto il senso dell'eterno. Ecco la tremenda difficoltà che attende — se sente il suo compito come religione e come arte — chi edifica una nuova chiesa, chi dipinge o scolpisce un'immagine sacra : conciliare la novità dell'opera con una sua funzione che non può e non dovrebbe avere età. Perchè, sì, nuovi santi possono essere aggiunti al calendario, ma la preghiera, quale colloquio dell'uomo con Dio, è fuori dal tempo al pari che dallo spazio. Tutto, in arte, può essere, deve anzi essere adeguato a un presente, se si vuol fare arte originale e non ripetere stancamente schemi superati : tutto, tranne ciò che si riferisce al concetto che noi possiamo farci del divino. E* un vanto dell'arte esprimere il proprio tempo; ma lo spirito di un determinato tempo non è forse per definizione in contrasto con l'idea dell'eterno, che non ha nè principio nè fine? Si obbietterà che tutta quanta la storia dell'arte italiana, la quale per tre quarti è storia dell'arte sacra, si risolve in una smentita a codesto dissidio perchè di secolo in secolo ogni artista, ora in architettura, ora in pittura, ora in scultura, interpretò con sempre rinnovato stile — lo stile dell'epoca sua — appunto quell'idea dell'eterno. E' stato, scritto anche, da chi dell'arte sacra moderna continuamente si preoccupa ed autorevolmente ne discute, che « solo l'arte italiana ha saputo dare alla Divinità un volto ammirato, come mclfv2slccsfIun modello di bellezza eterna e comclun esempio d'umanità profonda, a\\fedeli d'otmi rarza e colore» D'ac-\leaeu a ogni razza e colore», u ac \cordo. Ma di queste chiese, di queste pitture, di queste sculture mirabili come opere d'arte, quante sono realmente sacre? Sacre forse le Madonne del Correggio e del Parmigianino? Sacre l'architettura religiosa del Cinquecento e la scultura religiosa del Seicento? E ancora, da un punto di vista di suggestione mistica, conviene tener conto di quella sorta di trascendenza che conferisce a un'opera il decorso dei secoli. Verremo dunque a concordare con lo scrittore francese sull'impossibilità di costruire chiese secondo uno stile modernamente nostro ed auto- nomo rifiutando copie, rifacimenti.Ieclettismo? No certo. Noi pensiamo semplicemente che l'architettura sa-|era va trattata con spirito del tutto ! diverso dall'altra architettura, e cioèii t • ■ ii ••• i- rinunziando a qualsiasi velleità di|n anticorodal. Anche per la chiesa s'è invocato i diritti dei materiali nuovi, della nuova tecnica, senza riflettere che oggi si mancia, si dorme, si pensa, si agisce nello stile 1935, ma che lo stile della fede e della preghiera non ha età. Tutti noi cerchiamo disperatamente sulla terra una certezza, qualunque essa sia. come il più gran bene immaginabile, come una necessaria illusione ; e forse per questo è irraggiungibile. Resta, pei fortunati che la posseggono, la fede — la fede nell'eterno ch'è al di sopra di noi. Conviene con ogni cautela salvaguardarla. Marziano Bernardi I[polemica in atto, dissimulando per-isino, se è necessario, un aftermazio- j ne di stile (quasi, diremmo, la per- sonalità dell'artista") nella funzione soltanto rclicjiosa dell'edificio. L'er- rare fin qui — errore per fortuna Iquasi sempre limitato ai progetti — * Ut' _ , je stato di scorgere nella costruzione |della chiesa uno dei tanti campi pro-\pizi ad una dichiarazione di princi- pii- e si son visti perciò campanili [a vetrate, absidi di cristallo, altari j

Persone citate: Hermanin, Marziano Bernardi

Luoghi citati: Augusta, Correggio, Germania, Italia, Roma, Torino, Treviri, Vercelli