Due forze nel giuoco

Due forze nel giuoco La svolta del 13 gennaio Due forze nel giuoco BERLINO, gennaio. Le polemiche di stampa e le voci allarmiate, con cui l'opinione pubblica mondiale ha accompagnato l'avvicinarsi di questa svolta certamente decisiva che è per la politica nazionalsocialista la data del 13 gennaio, sono nate in ultima analisi dalla diffusa coscienza pubblica che qualche cosa di critico si è venuto delineando nel regime nazionalsocialista nei sei mesi dal 30 giugno a questa parte; nei! quali — questo è certo — l'azione rivoluzionaria del regime in quanto partito si è venuta assottigliando, così da dare l'impressione di un vuoto che a molti è sembrato un abisso aperto in cui tutto possa da un momento all'altro crollare. Il fatto poi che questo vacuimi rivoluzionario sia stato per for:sa di cose riempito dal Governo nazionalsocialista con due vaste azioni politiche di lento respiro, una l'armamento per la Difesa, l'altra una urgente nuova organizzazione della produzione, è parso autorizzare osservatori anche acuti a concludere che due forze oscure, due forze che agendo nell'ombra sono ormai padrone di tutto, hanno avuto il sopravvento sulla rivoluzione nazionalsocialista: la Reichswehr e l'Economia. E' questa una formula capziosa ed estremamente facile a diffondersi, perchè lusinga una delle più pericolose passioni umane, la pigrizia: non solo per quella naturale tendenza alla speciosa formulazione che molte volte altro non è che un agevole evasivo dell'analisi faticosa, ma per la diretta ragione che è sempre più facile vedere una situazione ripiegarsi sulle vecchie comode posizioni anziché seguirla nella spinosa e incerta via dall'esplorazione del nuovo e dell'ignoto. Se poi aggiungiamo che ci si è messo anche il desiderio, che è un così indulgente padre delle proprie creature, si potrà facilmente capire: come quella formula si sia inarrestabilmente diffusa così da costituire ormai, se non ci inganniamo, valore quasi corrente sulle cose di Germania, propagata com'è e tambureggiata ogni giorno soprattutto dai grandi organi di Svizzera e di Francia, usi a fare il buono e il cattivo tempo in quanto ancora rimane di tende democratiche non raccolte negli accampamenti d'opinione pubblica europei. Ma non basta : al successo della formula capziosi i contribuisce l'elemento psicologico del pubblico ; al cui naturale desiderio di pace si parla un linguaggio piacevole a esser creduto. Gli si fa osservare cioè quanto per questo asserito ripiegamento del nazionalsocialismo bisogni ringraziare il Signd.re per la stessa pace d'Europa; dappoiché finché in Germania regneranno le due suddette forze, interessiate ciascuna a una sua propria ricostruzione, si avrà una Germania dóppiamente vaccinata contro ogni sorta di « esperimenti » — e perciò anche esperimenti in politica estera — di cui invece il Nazionalsocialismo rappresentava il pericolo permanente; e abbiamo perfino veduto uno scrittore francese, di solito pur bene informato delle cose di Germania, spingersi tant'oltre nell'infatuazione visionaria da sentenziare senz'altro che con l'apparizione, dopo la crisi del 30 giugno, della Reichswehr sulla prima linea della scena, e delle forze di destra che essa, rappresenterebbe, si può definitivamente voltare la breve pagina storica del Terzo Reich e passare, se mai, al quarto! All'eccessivo semplicismo di queste formule, noi reagiamo, nell'interesse unico dell'informazione obbiettiva, che è poi la base e l'occhio dell'azione politica; e reagiamo perchè le crediamo artificiose e ingannevoli. Ingannevoli anche quando, pur di propinarci un Nazionalsocialismo prigioniero di quelle antiche forze di casta e di classe, ce lo presentano divenuto ormai per un bel pezzo almeno un assoluto garante di pace... Non crediamo noi forse alle reiterate assicurazioni pacifiche di Hitler? O non crediamo all'intervento e sopravvento di for.'je-limiti sulla naturale effervescen?;a del movimento e sulla sua iniziale tendenza agli « esperimenti» in tutti i campi, anche in politica estera <vedi le lunghe, tenaci esperimenta.zioni habichtiane in Austria) ?... Tutt'altro. Ma deduciamo e deriviamo .altrimenti quegli interventi e quei limiti, che sorgono per noi da tutto il complesso della situazione, nei suoi rapporti interni ed esterni; e bisognerebbe poi infine dimostrarci che un militarismo e un economismo tutti e due « di casta », dissoluti clioè da un vero e proprio rapporto largamente nazionale — che son questi in sostanza i due vecchi spettri che si rievocano — potrebbero davvero servire a garantire una pace, quando si sa che sono stati proprio essi nel '14 a romper gli indugi e a mandare tutto a catafascio! Ma è proprio l'asserito rapporto di intimo contrasto e quasi di ostaggio di forze che noi contestiamo, come artificioso e capace di creare grandi equivoci sulle cose di Germania, annebbiando la netta visione di quel che il Nazionalsocialismo è e rimane : un vasto movimento cioè di integrale ripresa e di riscatto germanico, il quale non lascia residui sensibili, e tanto meno organici, nell'anima collettiva tedesca; movimento che si riallaccia a nient'altro che alla Riforma, e che si placherà, non già per involversi ma solo per riservarsi alla futura ripresa, solo quando avrà raggiunto certi dati risultati, limitati — come sempre nella storia — alla presente tappa storica. Con un tal movimento, giocherellare con piccole mosse interne di cricche e di combriccole è dimostrare di averne capito veramente poco. Il Nazionalsocialismo sarà una verità o un errore, su questo si può sentirsi autorizzati a rispondere in un senso o in un altro, a seconda delle opinioni ; ma non si è da alcun segno autorizzati a rispondere che esso sia una verità o un errore partecipato a strati, o a caste, o insomma a compartimenti stagni della nazione tedesca: è una verità o un errore diviso dalla stragrande maggioranza dei tedeschi. Il tentativo di distinguerne o di opporvi l'esercito — tentativo che in questi casi è una vecchia conoscenza — è inane; e trascura, nel caso in specie, il fatto che la Reichswehr rimase sempre in Germania, anche nei tempi bui, il palladio dell'idea nazionale nel senso più lato; e che i suoi organizzatori ebbero sempre cura che la « professionalità » non ne rescindesse i legami continuamente comunicativi con la universalità della nazione. Sarebbe ora strano e incomprensibile che da un movimento il quale ha incendiato, come pochi altri nella storia delle stirpi tedesche, tutta la nazione, proprio la Reichswehr fosse rimasta miracolosamente esente! Certo, la Reichswehr è un corpo tecnico che, come tale, è geloso delle sue prerogative e funzioni ; e brutto segno sarebbe se non lo fosse. Di qui la sua accanita resistenza ai progetti contaminatori di un Rohm, e la sua indefessa insistenza, dopo il 30 giugno, per la cessazione definitiva di ogni Soldatcnspielerei — secondo la drastica espressione del Ministro von Blonberg, cioè di ogni « giuoco ai soldati » delle S. A. e delle S. S. La questione è ormai quasi del tutto ri solta; ed eliminata che sia ancora qualche residua discussione per quanto riguarda le S. S., sarà presto del tutto realizzata la volontà di Hitler che la Reichswehr sia la sola detentrice delle armi della nazione. Vi è chi prospetta la possibilità che se, per risolvere quanto vi è in materia ancora da risolvere, la personalità di von Blonberg non si dimostrasse come la più indicata per la permanenza alla direzione della Reichswehr, egli vi sarebbe sostituito dal generale Goring. Comunque sia di ciò, nulla autorizza a ritenere che la condotta della Reichswehr in proposito abbia oltrepassato i limiti di un atteggiamento tecnico ; i suoi capi hanno tra l'altro troppo la testa sulle spalle per intaccare con compromissioni politiche l'immenso prestigio che essa gode nel paese. Così come non vi è un « militarismo di casta », non vi è nemmeno, secondo noi, un « economismo di casta » in azione nella situazione tedesca. Nell'economia, anzi, dove per il carattere stesso dell'istituzione si agisce più all'aperto, il fenomeno è anche più evidente. Subito dopo la prima invasione, inevitabilmente paralizzante, delle acque rivoluzionarie nei delicati reparti della Economia, si diffuse immediatamente la parola: bisogna lasciare all'Economia la necessaria libertà. Fu l'epoca del ministro Schmidt. Ben presto si vide però che della « libertà » la classe padronale e l'alta industria tendevano ad approfittare per riprendere in sostanza il sopravvento sullo Stato, e sottrarsi a una vera e propria organizzazione di controllo. E' venuta allora l'epoca Schacht. Anche l'Economia ha il suo 30 giugno ; e l'esecutore è il signor Schacht. E i « fucilati » si trovano non soltanto dalla parte dell'alta industria delle vecchie posizioni, dove c'è nientemeno che il dinasta Krupp, ma più ancora da parte dell'estremo Nazionalsocialismo della primissima ora, dove c'è nientemeno che Feder, iconoclasta di ogni vecchia economia, e banditore della crociata contro « la schiavitù dell'interesse » (Volete esser liberi veramente — diceva recentemente un conferenziere ufficiale — dalla schiavitù dell'interesse ? Semplicissimo: non fate più debiti!... Così è liquidata una delle più caratteristiche dottrine del Nazionalsocialismo della vigilia... Gli Dei se ne vanno, veramente!). «Non giuochiamo all'Economia », avrà detto press'a poco a tutti questi il signor Schacht, ripetendo la frase di Blonberg della Soldatcnspielerei; e li ha liquidati. Qualche cosa da liquidare e qualche conto da rendere rimarrebbe ancora — a quanto si dice — tra lui e il ministro dell'Agricoltura, Darre, che, in quella sorta di assolutismo rurale che ha inaugurato, pretende di aver mandato a casa nientemeno che la legge dell'offerta e richiesta; per intanto, Schacht gli ha messo di con' tro un Commissario per i prezzi per il Reich, che fa sistematicamente dei prezzi da Darre fissati quel che Penelope faceva di notte della tela che aveva tessuta il giorno: li disfa.. S'accomoderanno queste residue cri si o screzi. Esse non costituiscono discontinuità grosse. Non sono esse il vuoto. Qui, come per la Reichswehr la linfa rivoluzionaria passa. E' la politica che ha il sopravvento sulla Economia, e non il rovescio. La rivoluzione cammina dunque ancora con i suoi piedi. Lo Stato comanda, solo. E lo Stato si riassume, ora più che mai, nella sola volontà di Hitler. Ma in quest'ultimo punto, che costituisce la forza della situazione, è anche un po' la sua debolezza. E forse qui il vacuum che la coscienza pubblica ha qua e là avvertito, e su cui bisognerà appuntare gli occhi: nell'ancor troppo deficiente organizzazione, cioè, giuridica e oggettiva del novello Stato nei suoi rapporti sia politico che economico, sociale e religioso; e ciò, mentre la matrice che lo Stato stesso ha prodotto, vale a dire il Partito, sembra e si sente allontanato e come sospeso dall'azione rivoluzionaria, che le reiterate dichiarazioni ufficiali che sia finita non bastano a dare compiuta. Giuseppe' Piazza