Il magnifico pubblico e il caloroso successo di Renzo Martinelli

Il magnifico pubblico e il caloroso successo Il magnifico pubblico e il caloroso successo dormi profondamente tutta la notte avanti la battaglia di Rocroi; e sono secoli, ormai, che questa informazione suscita meraviglia nel mondo. Mutati i tempi (soprattutto per quel che ri guarda le guerre, che, da quando scop piano a quando finiscono, fanno orario continuativo, ed è proprio la notte che meK0 jasciano dormire generali e sol dati), i più tipici esempi di calma bi Milano, 16 notte, \dSi racconta che il Principe di Condé „.,„i „',.„f™,j„™»„^ tutta. In. notte' sogna trovarli altrove. Uno, eccolo qui: la notte scorsa, quella che ha preceduto la grande battaglia del Nerone, Pietro Mascagni ha dormito il più lun- go e più saporito dei suoi sonni 1 jeri Sera %a cenato allegrissimamen[ te, come sempre, in mezzo ad un'anii matissima corona di amici piovuti a i Milano tilt po' da tutte le parti d'Ita ! na, specialmente da Livorno; Ita tenu to poi il solito brioso circolo digestivo (l'arguta vena del Maestro era in uno dei suoi più felici momenti) e, dopo una mezz'ora di scopone — si trattava solo di liquidare una partita rimasta in sospeso il giorno avanti — ha salutato tutti col gesto rapido e som\ ^rio di una sera qualunque. ri i j; ! Una calorosa dimostrazione AUe dieci di stamani, quando è riap parso ,l6i vestibolo dell'albergo, era , fl.esco come una rosa. j — Maestro, buon giorno. Ha riposalo bene? — gli ho domandato andati csmdogcdogli incontro. — Bellissimo. Come un angelo! — E' ammirevole! — Ammirevole, perchè? Quando si ha la coscienza tranquilla... Poi Mascagni è sparito di nuovo; e ! l'ho riveduto soltanto stasera alla Sca!Za. La manifestazione che l'ha accolto isul podio, dove è arrivato quasi all'itn1 provviso, ha raggiunto, nelle più sen j sibili fibre, il cuore di tutti. La sala magnifica, incredibilmente gremita, tutta splendore e bagliori (un immen- ( 'i' i gura di vecchio donatore di commozw- l 1 . ««-.urt+rt j-irtoì iinte-nf C fin. flit ni, con un impeto cosi potente ea ^*|so quadro romantico dell'ottocento, con \ ■ ,i i mwr-in.]vecchi ori sampietrini), si e >ovesc™ \ta — è la parola che ci vuote — tu quella bella e, vorrei dire, P°ve™J^\pensieri. Quietatisi a fatica gli applausi, fra ; . *m emM b'ateatj> SU0MÌ inconsueti ^l^^nge'uì ma'iwdiVnVdeTpro - ' rf £{ proposito di ^1^, ,{b ' ' seMtire néae 8ue le mani di | tutti i suoi collaboratóri, e subirò dopo della Marcia Reaapplausi altissimi, tempo smesso c0sl^=»i^e ^J1roso, da lasciatemm^^^^^nq^_\ ! a questo Nerone si tiravano un po le. i 1 reti di tutta la sua vita. A settantadue | anni, è facile incontrarsi con questi \ ' ^ Scalai aicunj gagliardi «evvi ' toscani, Mascagni si volge all'or ; attaccare le note ! te, cui seguono, fra seguono quelle di « Giovinezza ». Così il sipario si è alzato sul Nerone alle 21,5 precise, in un'atmosfera augurale come forse non accadde mai per nessun'altra battaglia combattuta, fra tante e tante, su questa gloriosa ribalta. Teatro di eccezionale importanza, come ho detto. Vi si possono riconoscere tutti i bei nomi italiani. L'arte, la aristocrazia, la politica, il mondo militare, il censo, hanno qui le loro più alte rappresentanze. Un cronista mon- dano che si attentasse a mettere in-1d sterne un elenco completo di interve- c mlti> giocherebbe una carta ben auda- ace. Bisogna contentarsi, specie ad es sere, come me, cronista mondano per mero caso, di raccogliere pochi nomi di primissimo rango. In vari palchi di primo e secondo ordine erano: S. A. R. il Duca di Bergamo; gli Accademici d'Italia Formichi, Rondoni, Giordano, Canonica; il Cancelliere Marpicati; S. E. Galeazzo Ciano, con Vito Mussolini, il Podestà di Milano, il Prefetto di Milano, S. E. Teruzzi, S. .5. Dino Alfieri. Livorno era rappresentata dal Vice Podestà di Livorno, Tito Torelli, e da molti cittadini. Ecco: il sipario è su. Ogni spettatore ha mutato volto: ecco il tipico ambiente, cordialmente arcigno, di tutte le «prime». E' una specie di maschera che ognuno si cala sul volto, magari suo malgrado, perchè così insegna l'abicì della convenienza per ogni giudice che si rispetti. E' probabile che, qualche volta, accada questo anche alle Assise. Tante cose ci sono da giudicare, ovvero da rigiudicare in una volta sola! Di due se ne è già parlato abbastanza: cioè di Nerone e del melodramma, per i quali Mascagni ha sferrato con quest'opera la sua ardita campagna revisionista. Ma accanto al melodramma fdasgfddtpqtlatzSbrgsrCAgtcome tipo di composizione musicale, e Ma Nerone, come tipo di poeta e di im- pperatore.c'è anche la scenografìa, que-\^„,„ „„'„,.,.„«„ „„„„,■ t,.tt„ jiJt,t„ 1sta scenografia quasi tutta dipinta, \ senza meccanismi, come nel bel tempo antico, la quale chiede pure, per sè, un nuovo e più coscienzioso esame. Vediamola un po' dunque, con la scrupolosità che essa ci domanda. La scenografia Quale sia la sostanziale differenza _, . , _ c/j3 passo tra la scenografia moderna, più o meno esattamente novecentista I e quella che Vincenzo Marchioro ha i/aì(o per il Nerone si palesa subito; e non ci sarà bisogno di ripetersi d'atto vlfatica ^ compiere per inquadrare Va-\st . 1 *|«ione nel \ :n am Tuttaè"ccsh Mentre 'la sceno-l ' ] .ippi nel campo dell'tmma-1 o\ginazione, le scene sxdle quali si svolge\a te vicenda neroniana sono invece quelle] d\che sono. Tutto è lì; non c'è ttessuna tI g1 amondo che l è n'ov ' O 1 °Jio'cie'cè Sé, «uello'ch? Jn ^»on| ^\iA WoTbe. Lo spettatore, in altri termini,1 c - i rest a u d- sfond0i Questo pare I d debba esse).e pey ^ | lNIl vecchio melodramma non poteva - {ritornare tra noi, se non con le sue vec- \ tchie valigie. Ad ogni modo bisogna ri- ; conoscere che anche con questi vecchi ] mezzi — cartone, legno, tela, tinte e > pennelli — Vincevo Marchioro è riu-\ scito a dar vita intensa e suggestiva ai più di un quadro. Per la modesta sensibilità di chi scrive la suggestività maggiore egli l'ha raggiunta in lina visione di scorcio del primo atto, là dove sul fondaccio della Suburra esercito dal vinattiere Mucrone si rileva, come un altare propiziatore su di un'alta collina, un bianco tempio pagano che serba tutta per sè la cascata di luce fiabesca della primissima aurora; e l'ha raggiunta anche, questa particolare effi ccacia, neZ secondo quadro dell'atto ter- ! zo, nel casolare di Faonte, dove Ne-\ rone, rimasto solo con la sua disperata 'poesia, muore un po' per sua mano,;molto per mano del suo ospite stesso, i Quil campagna è veralentequellaìche ancora oggi si vede vicino a Roma,]di qua e di là della via Salaria. Il temporale, scoppiato nell'attimo stesso in cui Egloghe è morta nel triclinio, e la ribellione ha lambito il palazzo reale costringendo Nerone alla fuga, sta ora sfogandosi con gli «itimi brontolìi sempre più lontani. Sotto l'imperativa grazia dell'alba, le nubi se ne fuggono via a torme, a brandelli, e il cielo è di una' sorridente castità da far piangere. Qui Marchioro ha dato, secondo me, la misura maggiore della sua sensibilità artistica e della sua virtuosità di mondi finti. Nel secondo atto — il triclinio — mi è parso inrece che si palesi un po' troppo la semplicità dei mezzi dei quali egli ha dovuto servirsi. Cronaca lietissima In quanto al giudizio del pubblico noni mi pare che esso sia stato nel suo coni- ?1»J,?t"0 rTrflr- deste, semplici osservazioni. D'altron-l de giova ripetere: a ognuno il suo abi-\ to. Questo Nerone doveva presentarsi, ili pubblico vestito così. Ottimamente armonizzati i costumi dì Caramba. Ed ecco ora la cronaca pura e semplice del successo. Un primo nutrito applauso a scena aperta ha accolto al primo atto il duetto fra Atte e Nerone nella taverna; al calare del sipario si sono avute sei chiamate, di cui due agli in frepreti, ima agli interpreti e a Mascagni; tre agli interpreti, a Mascagni e Veneziani, maestro dei cori, e a Marchioro. Al secondo atto si è avuto un applauso a scena aperta, dopo la romanza di Egloghe; un altro dopo il duetto di Egloghe e Nerone. Al terzo atto un applauso a scena aperta si è avuto dopo l'« improuviso » di Nerone nella scena dionisiaca e bacchica del triclinio. Seguito da vibrante attenzione è stato l'interludio, e alla fine dello spettacolo si sono avute undici chiamate. Alle ultime il pubblico, acclamando in piedi, volle festeggiare solamente Mascagni. Dai palchi furono gettati sulla ribalta anche mazzi di fiori, tra evviva altissimi. L'incasso è stato di lire 273.250. E' da ricordare che quello per il Nerone di Boito fu di lorde lire s65 mila; mentre quello della Turandot di Puccini fu presso a poco eguale all'incasso di questa sera, per il quale è necessario tener conto dei prezzi ridotti a oltre a metà di quelli praticati per lo spettacolo di Boito, e pure inferiori ai prezzi della Turandot. Renzo Martinelli

Luoghi citati: Bergamo, Italia, Livorno, Milano, Roma