Squarci di storia drammatica e pittoresca di Amerigo Ruggiero

Squarci di storia drammatica e pittoresca La città che fonde due mondi Squarci di storia drammatica e pittoresca NEW ORLEANS, gennaio. Nessuno immaginerebbe nel visitare la magnifica città di New Orleans, porto mondiale e una delle più salubri comunità d'America, ch'essa una volta era uno dei luoghi piti pestilenziali ch'esistessero sulla faccia della terra. Terrore dei condannati, dei colonizzatori, d'impiegati civili e militari, sembrava destinata a rimanere il rifugio di tutte le anime perdute: ladroni del mare, evasi dalle galere, strana gente di razza incerta, predoni in cerca d'avventure bische. Situata sulla curva del Mississipì da una parte e limitata da un braccio del lago Pontchartrain dall'altra, la « Città della Mezzaluna » divenne vittima di disastrose inondazioni periodiche. Tenace lotta contro la morte Circondata da una zona di paludi micidiali, era visitata a brevissimi intervalli da epidemie di colera, di peste bubbonica, di febbre gialla che vi disseminavano la morte e il terrore. La malaria, poi, vi dominava in permanenza. Le guerre, gli attacchi degli indiani, incendi disastrosi sembrava che, assieme alle malattie, dovessero mandare, a minto la profezia dell'esploratore Iberville quando annunziò: « Qui sorgerà una grande città ». Due volte, nel 1788 e nel 17D.r>, il fuoco distrusse molti degli edifici, più originali, lasciando la città in rovine. Ma gli abitanti con ostinazione ammirevole ed eroica sempre presero a ricostruirla più solida, più splendida, più durabile di prima. Migliorarono le costruzioni, si rafforzarono, si fortificarono per resistere agli attacchi delle tribù indiane e dei pirati inglesi. La politica restrittiva del commercio e dell'emigrazione seguita dalla Francia e dalla Spagna non era certo fatta per promuovere lo sviluppo della città nascente sul Golfo del Messico. La svolta formidabile che doveva trasformare una piccola comunità coloniale in una grande città internazionale si produsse quando New Orleans passò sotto il dominio degli Stati Uniti, di cui divenne da un giorno all'altro il gran porto meridionale. Sorsero d'incanto nuovi immensi quartieri, l'espansione incontenuta traboccò dai vecchi limiti segnati dai fondatori, rivolgendosi verso i quattro punii cardinali. Nel 1812, annunziato da fischi assordanti, mentre tutta la popolazione s'era riversata sulla spiaggia per assistere al grande avvenimento, ansando e soffiando apparve nel porto il primo piroscafo proveniente dalla regione dell'Ohio Riva: La città dovette pensare a risanarsi: pavimentare le strade, prosciugare le paludi, costruire acquedotti, fognature, miglia e miglia di « docks », su di uno solo dei quali, il « bananadock », vengono scaricati dai bastimenti ad ogni singolo viaggio dai 25.000 ai 65.000 fasci di banane. Il quartiere storico Mei chi va a New Orleans non si cura troppo della città moderna. Egli si rivolge senza indugi al « Vieux Carré ». Questo quartiere storico, pittoresco, dagli angoli suggestivi, emananti il fascino delie cose iiassate suscita nei visitatori memorie di tempi romanzeschi e turbolenti. I nomi delle strade risvegliano indefinibili echi del Vecchio Mondo: c'è Bienville e Conti, Toulouse e Chartres, Bourbon e Dauphine, Orleans e Roi/al e poi il « cortile dei Pirati » e il « caffè dei rifugiati », il « Petit Thèa tre » e il « Petit Salon », il « Cabildo » e il « Calabozo ». V'imbattete ad ogni passo nelle tappe della dominazione spaglinola e francese non i toro grandi nomi ancora risonanti negli edifici e nelle memorie. Fermarsi per qualche ora in un crocicchio del « Vicux Carré » è, per se stesso uno degli spettacoli più varii e interessanti che si possano immaginare. Vi sfila davanti una popolazione marcata da tratti caratteristici come noti si riscontrano in nessun'altra città americana. Sono creoli: è il pensiero che vi sorge spontaneo alla mente per definire quella diversità di fisonomia, di gesto, di andatura, quell'aria in generale che si dice come il tipo anglosassone si sia innestato su di un tronco già vigoroso radicatosi sul suolo con almeno tre poderose radici. Francesi, spaglinoli, negri con una discreta proporzione di lievito tedesco e un pizzico di indiani e di gente d'altre razze sono alla base di questa popolazione. Intanto il termine di creoli è cagione d'una quantità d'equivoci. Il significato di esso non è ben assodato ed ognuno gli attribuisce l'idea che se n'è formato e che quasi sempre è fantastica. Moltissimi ritengono che nei creoli debba riscontrarsi una traccia più o meno appariscente di sangue di colore_ Al contrario, un creolo, in America, è mia persona di discendenza francese o spaglinola nativa della Louisiana, delle Indie Occidentali o dell'America spagnuola. Si sente anche frequentemente la denominazione di «negri creoli ». In questo caso non si tratta che di una distinzione assai sottile: si vogliono designare i negri o la gente di colore, in generale, nati ed allevati nella Louisiana e parlanti francese per differenziarli dai loro fratelli di lazza nati ed allevati in altri Stati dell'Unione. Le « quadrone » Per quanto alla parola creolo, in teoria, non dovrebbe annettersi alcun concetto d'una sia pur lontana contaminazione di colore, nei fatti la cosa è differente. Quella lieve tinta bronzodorata ch'è caratteristica d'una gran quantità di creoli, rivela che in un lontano passato le razze si san dovute incrociare. Basta ricordare le abitudini dei colonizzatoli francesi e spagnuoli, soprattutto i primi. Costoro, fossero essi stati umili colonizzatori a alti funzionari statali, parallelamente alla famiglia legittima, conducevano con tutta discretezza un piccolo ménage, al quale erano annessi diritti e doveri e tutto un corpo di convenzioni sociali noti meno complicati ed importanti di quelli che regolavano il matrimonio legale. Il francese che arrivava in colonia, avesse o non avesse portato con sè una moglie dalla Francia, si sceglieva come amante una quadrona, una ragazza, cioè, con un quarto di sangue negro. La collocava in una casetta a parte e tali casette linde, di bello dispetto, con le loro tendine e il loro giardinetto davanti, s'allineavano lungo tutta una strada ch'era diventata, così, il quartiere generale di tale categoria di donne. Le quali non bisogna immaginare fossero di costumi liberi, perchè si mantenevano generalmente fedeli oi loro signori. Sotto i portiehetti e sui balconi si vedevano in detta strada indolentemente sdraiate le quadrone con i loro marmocchi tra le ginocchia, i rampolli del colonizzatore bianco che sarebbero stati, in seguito, mandati a studiare in Francia. Per la preferenza che veniva loro accordata dai bianchi e l'avvenenza che le distìngueva, le quadrone avevano finito col formare una classe a parte, esclusiva e gelosa dell'affinamento del suo sangue che non voleva contaminato dalla mescolanza di quello più scuro, nonché del suo stato sociale ch'evitava di degradare con contatti impuri con la marmaglia di colore. Il ballo delle quadrone costituiva il grande avvenimento dell annata. Accompagnate dai loro protettori e in costumi suntuosissimi vi facevano la ioio apparizione quelle giù sistemate; le altre tuttora disponibili si mettevano in mostra nella speranza di suscitare una passione in qualche giovane bianco di fresco arrivo e di esser prescelte come compagne di una unione sanzionata dall'uso. Ma il ballo delle quadrone dava sempre luogo a scandali e litigi che avevano il loro episodio finale sotto i « duellino oaks », le querce dei duelli, sotto le quali furono troncate un numero enorme di giovani esistenze. La « Casa di Napoleone » Il duello fu una piaga fino a tempi relativamente recenti. I professori di scherma che giungevano dall'Europa trovavano a svolgere in New Orleans, una carriera brillante e ben remunerata... se non vi lasciavano la pelle. Per dare un'idea dell'intensità dell'epidemia duellistica, basti dire che nello stesso giorno in cui il senatore Waggaman perdette la vita per un colpo di spada di Denis Prieur, più tardi sindaco di New Orleans, non meno di 10 duelli ebbero luogo sotto i duelling oaks. L'edificio del ballo delle quadrone e i duelling oaks sono presentemente due delle più interessanti località storiche di New Orleans. Da non potersi certo paragonare alla « Casa di Napoleone ». Perchè a New Orleans c'è una Casa di Napoleone: un palazzo costruito da Girod, un ricco mercante della città il quale aveva concepito il progetto di rapire Napoleone da Sant'Eletta, con l'aiuto di Dominique Jou, un mcmliro della ciurma del celebre pirata Lafittc, e di trasportarlo in America. Ma intervenne la morte a liberare definitiva mente « il piccolo caporale » e la grande casa costruita per lui è rimasta in piedi come il monumento a un grande sogno ineffettuato. Ma non solo c'è la « Casa di Napoleone », c'è anche la casa del suo ultimo medico, il còrso Aiitonmarchi. E' al numero 121 di via Rogai: vi abitò e oi tenne l'ufficio quando negli ultimi anni della sua vita venne a praticar medicina a New Orleans. Alla quale città egli regalò l'autentica maschera di Napoleone, la maschera da lui presa non appena la fisonomia del grande si fu ricomposta nella serenità della morte Già l'autentica maschera di Napoleone, non è in Francia come si potrebbe credere. Là ci hanno soltanto una copia La vera la si ammira in una vetrina del Museo del Cabildo di iVeto Orleans, bellissima nella sua perfezione statua ria. Nè qui terminerebbe la lista dei personaggi celebri che in una qualche maniera sono stati connessi con la vi ta di New Orleans: da La Fayette a Zaccaria Taylor, da Edwin Booth a Sara Bernhard! e Adelina Patti, dal Granduca Alessio di Russia a Mark Twain. Strana affascinante città, questa sul Golfo del Messico, dove due cwiltà, due mondi, e tre o quattro razze si sono incontrati e fusi in un tutto unico di essenza e di colore incomparabili. Amerigo Ruggiero. CrsmscdendndidcadHaa Un angolo suggestivo: « Il Cortile del Pirati ». Un «patio» spagnuolo a New Orleans