Il " Nerone,, di Pietro Mascagni

Il " Nerone,, di Pietro Mascagni I CINQUE MINUTI DI RADIO-STAMPA Il " Nerone,, di Pietro Mascagni d . o a a e o a r a o o r . e e a ; o e . e i a a e, a o na, e, a o a a e a i- Milano, 11 notte. / futuri biografi di Pietro Mascagni non stenteranno a compilare abbondanti capitoli e volumi, ricchi di precise cronologie, di dichiarazioni autorizzate e anche di quegli aneddoti e di quelle indiscrezioni che, aggiungendosi ai dati sicuri, concorrono a evocare la persona dell'artista, il suo carattere, l'ambiente, la fortuna. I moderni mezzi di informazione del pubblico, dalla intervista alla conferenza, dal numero unico alle lettere, rendono facile quel lavoro biografico, che è sì grave e incerto a chi si accinga a ricostruire la vita non diciamo, di un antico artista, ma anche di un vicino, per esempio, d'un Bellini o d'un Verdi. Facilissimo sarà invece il narrare le vicende del Nerone mascagnano, poiché alla fama del settantenne compositore hanno corrisposto una enorme curiosità pubblica di conoscere l'origine e il tempo e il modo della quindicesima opera di lui, e un larghissimo soddisfacimento di tanta curiosità. L'articolo I miei settantun anni, dettato da Mascagni pel Numero unico dei giornalisti milanesi, la conferenza che egli terrà martedì prossimo al Conservatorio di Milano, e le interviste apparse dal '52 a oggi intorno al libretto e alla musica, costituiscono una documentazione, la quale fa sorgere, come si dice, l'imbarazzo della scelta. Cerchiamo di mostrarci disinvolti, anziché imbarazzati, e scegliamo ciò che meglio valga a informare, alla vigilia della rappresentazione. La composizione In quanto alla prima idea, essa risale al 1892. « Avevo cominciato — ha detto il Mascagni — a comporlo sul testo originale del Cossa. Poi subentrò l'idea di una Vistilia, tratta dal romanzo di Rocco de Zerbi, romanzo di ambiente romano. Ma ne smisi l'idea, perchè mi pareva che vi mancasse quel senso di umanità che cercavo, e che la figura della protagonista non fosse ben riuscita. Qualche cosa di ciò che avevo scritto pel Nerone passò alla Vistilia e qualche cosa della Vistilia è ora tornata al Nerone ». Si può ricordare a questo proposito la lettera che Verdi scrisse appunto nel '92 a Botto, dopo aver letto una intervista del Secolo XIX, nella quale si affermava che Mascagni meditava di musicare un Nerone. Verdi incitò allora il Boito a finire l'opera, per evitare che l'« impertinente » gli facesse, come si usa dire, la finestra sul tetto. Rispose il Boito, affermando che quando Verdi avesse rappresentato il Falstaff egli avrebbe musicato il Nerone. La promessa, si sa, non fu mantenuta. Intanto Mascagni attese ad altri lavori. Dapprima, dunque, egli avrebbe voluto musicare il testo del Cossa. Affidò poi a Giovanili Targioni Tozzetti, il li brettista della Cavalleria rusticana, di recente scomparso, il compito di elaborare il libretto, giovandosi della commedia del Cossa. La commedia di Cossa JDiamo im'oecftiata alla « commedia in cinque atti », 1871, del Cossa, e al libretto. E' restata intatta la figura del protagonista, quella cioè di un intelligente e vanesio, che sregolatamente aspira all'arte, si' travaglia, lavora di lima e la materia gli resta fra le manij sempre rozza e coti fusa, crudele e vile, odiato e servito, amato, anche, come un cattivo fanciullone. Anche sono state conservate le persone di Egloge, schiava e saltatrice greca, e di Atte liberta, l'antitesi del piacere e del dovere, si che dai loro diversi atteggiamenti pratici e morali, nei rapporti con lo stesso imperiale amante, meglio riescisse lumeggiata la debolezza di lui. Boppressi alcuni personaggi secondarti, ridotta l'ampiezza delle tirate, serrato il dialogo, furono cangiate e posposte alcune azioni, lasciati invece quei dialoghi che con la rapidità giovavano allo spettacolo, altri sostituiti, più acconci, né fu trascurato quel pittoresco, che nella commedia cossiana è efficace. In sostanza, piacque a Mascagni di rappresentare Nerone nella qualità di artista. Egli stesso lo ha più volte dichiarato: «Io ho sempre voluto bene a Nerone, sopratutto gli ho voluto bene come artista. Forse egli è stato interiormente più tormentato di quanto crediamo. Una sofferenza l'ha sentita per l'arte, un'aspirazione l'ha vissuta. E si può essere artisti, anzi si è artisti nell'aspirare, prima che nel raggiungere. Il raggiungere non è il segno dell'artista, perchè può dipendere da tante circostanze a lui estranee. Nerone fu veramente un artista, tanto da dire in pun- crnpnagMdladtmcmnccglavctmLtgslprstvcElssEtcrbvpcsrppò-1io di morte, usando il verbo in primaI a persona: Qualis artifex pereo. Como tal commedia del Cossa, così la mia opera si riferisce soltanto agli ultimi giorni dell'imperatore romano, che se compiè misfatti, ebbe anche benemerenze non poche, e che, ad ogni modo, deve aver avuto un grande ingegno ed una grande personalità ». A questo punto il Mascagni suole citare passi di Tacito, di Svetonio, di altri scrittori latini relativi a Nerone e probanti che fu poeta di pregio, mediocre pittore, abile scultore e appassionato musicista. « Ma come cantante, dice, doveva essere un cane! ». II libretto L'azione scenica può esser brevemente riassunta così. Primo atto. La taverna di Mucrone nella Suburra, senza avventori. Egli consulta le combinazioni dei dadi, poiché i tempi sono assai tristi, e, per giunta, un'orribile cometa preannuncia la carestia. Eulogio, mercante di schiavi, Nevio, ij mimo, Petronio, un vecchio gladiatore entrano a bere. Sol tanto il mimo ha fede in un avvenire migliore. E dice: «I segni san certi. L'antica Roma e Cesare son dileguate larve. La tirannia, sistema: vergogna, ozio, catena, ogni virtù derisa sui rostri abbandonati regna il vile silenzio che i vivi ai morti eguaglia. Sepolcro tetro è l'Urbe! Chi può dalla rorida salvare Roma e il mondo? Forse il matricida briaco imperatore? Le turbe vedo insorgere, le turbe vedo vincere, perchè le spinge un fato, perchè le infiamma un nome: Cristo! ». Entra improvvisamente nella taverna la giovane Egloge, inseguita da due schiavi e implora difesa. Petronio assale uno dei due, che più insidiava Egloge, e nella lotta lo atterra. L'altro grida: «E' Nerone! ». La gente accorsa nella taverna è sgomentata. Nerone non si vendica della perdita. Ser bi Petronio l'orgoglioso ricordo di a vcrlo vinto. Nevio vada a trovarlo in palazzo, poiché declama bene. Menecrate accompagni la giovane nella casa imperiale. La folla s'allontana. Nerone si fa dare dal taverniere l'anfora col vino di Falerno, e lo scaccia, per restar con la sua musa e i suoi pensieri: Da questo nappo rome dui labbro d'una cara donna a me venpa l'oblio d'ogni fastidio. E' il maggior dei poemi il nappo pieno! Sopraggiunge Atte, la liberta innamorata, che domina Nerone, e, rifiutata la coppa, lo rimprovera: Nerone accolta! Non sei tu l'orno il BUccoeeor dei Cesari? Già i Orma ni oppressi ma ancor non vinti approntan nuova (ialìi e Drlttanni sono uniti Iguerra, nell'odio stesso del romano nome. Galba si appresta a muoverò su Roma. E tu che fai?... Bevi, canti e bevi... Va, fanciullo ubriaco! Vuol vedere l'imperio tuo? Lo guarda nei frantumi di questa tazza! Ubbriaco, Nerone è colto da spavento, chiama al soccorso. Vicinio, il prefetto dei pretoriani, è pronto ad. accorrere con una coorte, che saluta solennemente Cesare, con i portatori della leedfrLdtsfvossmvsgsclvc ettiga, nella quale Nerone s'adagia, ebbro e sognante. Secondo atto. La grande terrazza della Domus aurea. Nerone canta un rammento dell'Edipo re di Sofocle. Lo interrompe Menecrate, annunciati- dogli l'astrologo Babilio. Questi profetizza: «La nefasta cometa che or ci splende sul capo è la medesima che rifulse nel cielo quando fu spento il divo Giulio Cesare ». Beffardo, Nerone, ordina di sopprimere violentemente l'astrologo, ma poiché questi lo ammonisce che egli morrà un'ora dopo la sua morte, sospende la sentenza, e la converte in una dorata prigionia, nella sua casa imperiale. Chiama poi Egloge, la quale non ha paura di lui. Percbè dovrei tremare? Vn tuo cenno può togliermi la vita. .Ma die cos'è la vita, imperatore? 10 voglio sempre vivere e dnnzare... Affascinato, Nerone la redime dalla schiavitù ed entusiasticamente la proclama imperatrice del suo cuore. Allontanatosi il Cesare, Atte, senza rivelarsi, ammonisce Egloge: Io vo' salvarti. Non danzare sull'orlo dell'abisso. Immagini che in questa casa tutto sia cosparso di fiori, ma t'è ignoto che dove vive Cesare i fiori stessi accolgono la morte. Va' fanciulla! Allontanati e dimentica 11 vano incanto. Pensa che su Cesare non ha dominio che una sola donna: io Egloge l'ha riconosciuta, ma, fidu ciosa e innamorata, la sfida; e Atte la minaccia e alza su di lei un pugna le proprio nel momento in cui Nerone ritorna. Egli stringe fra le braccia la giovane spaurita e scaccia la furente liberta. Non turbato dalla cattiva no tizia del malumore delle coorti non pa gate e della elezione di Galba a imperatore, Nerone, tripudia con Egloge, lieto e spensierato. Terzo atto. Primo quadro. Nel tri clinio. Attorno a Nerone e a Egloge i convitati bevono, esultano, cantano, sollecitano da Nerone una canzone, lo applaudono. Atte scambia con Egloge , a n - i , a a a u e a ne a te o a ee, i ge o, lo ge la sua coppa, e la giovane subitamente s'abbatte. Atte dilegua. Qualcuno mormora la parola « veleno ». La piccola greca canta O mio Nerone, io muoio. La tua piccola rondine spiega l'ali... 11 sole il caldo sole, ahimè, s'oscura. Più non vedo lo sconfinato ciclo... e si spegne. Nerone scaccia tutti, si piega affranto sul tettuccio e da sfogo al suo dolore. Ma ecco un fedele liberto, Faonte, accorre, annunciando la insurrezione della plebe, il crescente favore per Galba. L'imperatore dà qualche ordine, ritorna accanto al cadavere di Egloge e canta: Tu dormi sopra il tuo guanciale, o misera fanciulla, ed il tuo sonno è lungo, triste, senza visioni, sonno fatui elio non aspetta l'alba! Eppur nei bella ancora, e mi sorridi.... Urtimi, o diletta, ch'io pur teco dorma? Abbandonato da tutti, anche dal buffone Menecrate, egli è solo. Appare Atte: «Sei tu? — grida Nerone —. Vieni a godere della mia sventura? ». No: Atte viene a salvarlo. Non può ridargli l'impero che è morto: gli offre la morte. In quest'ora, da te, dalle tue colpe voluta, io, inalile, d'un tuo figlio, t'offro il modo di morir romanamente,.. E mi respingi ! Finir vuoi dunque, o sciagurato, come un tradito!', fra gl'Insulti osceni della plebaglia? Vuoi cosi morire, o imperatore? Egli sta già per bere il veleno allorché Faonte reca, le più gravi notizie: i pretoriani travolti dalla folla, fra i cento e cento morti è Babilio, l'astrologo che aveva profetato che Nerone sarebbe morto un'ora dopo di lui. Solo scampo è la fuga. Faonte offre ospitalità a Nerone nella povera sua capanna sulla via Salaria. Nerone l'accetta e s'avvia. Afte, che lo ama, lo segue. Secondo quadro. La capanna di Faonte. Nerone, disteso sul letto, coperto dal mantello di Atte, dorme, delira. Atte veglia. Egli si desta. Faonte reca peggiori notizie. Confermata l'elezione di Galba, il Senato Ita dichiarato Nerone nemico della patria. E' l'ora ultima. Nerone ordina, superbamente, il rogo. E per ciò Atte lo ammira. Ma Nerone esita di fronte alla morte. Chi gli darà l'esempio della decisione? Atte, ecco, si uccide con una pugnalata. Intanto s'ode il galoppare dei cavalieri ■che cercano l'imperatore detronizzato, per catturarlo. Nerone non osa uccidersi. Appoggia il pugnale contro la gola, resta incerto. Faonte gli afferra la mano, la spinge e la lama lo trafigge. In quel punto arrivano i soldati. Uno di essi s'affretta a comprimere la ferita, a fermare il sangue che ne sgorga, e Nerone terribilmente gli dice: « Tardi, soldato... E' questa la tua fede? ». La musica Che qualche motivo della musica moscagnana vada già sulle boche di coloro che han frequentato e frequentano le masse orchestrali e corali della Sca zv o o . a e . . e i , , a . o : a o la, e i solisti, non stupisce. La facilità melodica mascagnana non è certo smentita neppure in questa opera di lui. Specialmente vengono ricordate tre piane frasi, quelle di Nerone, bacchica, nel primo atto. « Vieni, limpida porpora, vieni, scendimi in core festosa », e l'altra, nella romanza del secondo. « Quando al soave anelito di primavera », e quella di Egloge. « La tua piccola rondine cerca un nido ». Sono questi i pezzi dei quali si prevede il più immediato favore. Anche sulla musica si è più volte intrattenuto il Mascagni con amici e giornalisti, e talvolta ne ha dato audizioni ampie, a Milano, a Palermo. Conversando recentemente con A. Bonaventura ha detto: «L'opera non Ita sinfonia nè preludio, ma c'è un interludio fra il primo ed il secondo quadro del S.o atto, che s'infcia con un tema robusto affidato alle trombe. Questo interludio, vuole, mentre Nerone scappa, riassumere in sintesi il dramma e sopratuto ritrarre ed esprimere la psicologia dell'imperatore. Bisogna essere concisi, bisogna saper rinunziare anche ad una buona pagina, quando è di più. Lo ha fatto talvolta anche il povero Puccini. E anch'io qui ho tagliato quel che mi pareva di troppo: così anche una perorazione che veniva dopo il duetto d'amore. Non mi sono astenuto dall'adoperare anche le forme chiuse. Anzi sono arrivato perfino a valermi della forma del couplet. E la. mìa musica è, prevalentemente diatonica, ho usato del cromatismo nella parte di Egloge, la quale, vedi combinazione, era greca! Sempre la melodia... quando si riesce a trovarla. Sulla parte lirica di una opera è inutile discutere! o viene o non viene. Io, quando compongo, prego il Signore che mi mandi delle buone idee, delle buone ispirazioni: se vengono, la varo, altrimenti smetto. Quanto alla parte drammatica, ho voluto dare un saggio di espressione della parola per mezzo della musica. Se vi sarò riuscito, mi sentirò soddisfatto ». Ecco — osservava il Bonaventura, scorrendo col Mascagni i fogli della partitura — nel l.o atto, la scena della Suburra, con quel puro canto del pastore che s'ispira al ricordo di Saffo, canto che il librettista immaginò compose negli ultimi giorni delia sua vita. Ecco, fra le cose più notevoli, la scena della ubbriachezza di Nerone, nella quale alternativamente agli amari commenti di Atte, l'imperatore intona dieci strofe, sopra un unico tema, ma sempre variate, con un crescendo che culmina insieme con l'ubbriachezza di lui. Ed ecco, passando al 2.0 atto, l'ardente duetto d'amore fra Nerone ed Egloge (la quale, prima di abbandonarsi canta e danza soavissimamente) e il vago coretto delle fanciulle greche e il duetto fra Egloge e Atte, che in una successione di strofe, ciascuna delle quali termina col verso «Ellenica fanciulla », la minaccia di morte, e il coro dei Senatori e la tenera chiusa dell'atto. Troviamo poi l'animatissima scena del triclinio, nella quale il coro ha grande parte e l'improvvisazione di Nerone su versi sdruccioli e la commovente scena della morte di Egloge, e quella di Nerone solo e la robusta scena di lui con Atte. Nel secondo quadro si notano la grande scena fra Atte e Nerone, ricordante (ben inteso tradotti) i versi d'Orazio Integer vitae scelerlsque purus. Il Maestro mi fa rilevare, qua e là, qualche particolare armonico o ritmico: qua una cadenza piagale, là un'alternativa di ritmi in S, in in hy Pur restando il movimento immobile in 3. Gli domando dello strumentale e mi dice che si è attenuto all'orchestra normale, senza far ricorso a strumenti... romani. — Quello cfce soprattutto ho cercato, conclude il Mascagni, è stato di improntare questa pagina di storia al senso dell'umanità, senza la quale la storia conta fino ad un certo punto. E ho cercato di fare opera viva o, come oggi si dice, dinamica, che afferri il pubblico, senza un momento di languore. Ed è nei voti di tutti che una tale opera, con tali requisiti, venga ad arricchire il repertorio del teatro italiano.Mar. I costumi di Caramba