Ore di Oxford di Enrico Emanuelli

Ore di Oxford Ore di Oxford erano e Di buon mattino le strade invase da giganteschi autocarri eh trasportavano latte, carne, verdura ed anche abiti rimessi a nuovo, scarpe risolate, biancheria lavata e stirata, lettere cartoline giornali. Rare le automobili : e le poche vecchie di fabbricazione, un po' ridicole nei colori e malconce nella carrozzeria, guidate per lo più da strane guidatrici dal volto scarno eppure rosa e che da arcigne mentre stavano al volante, si facevano frettolose e quasi sorridenti mettendo il piede a terra. E poi, ultimi, i furgoncini a motore od a pedale che lasciavano ad ogni porta il sacchetto del pane e la bottiglia del latte e formavano così su ogni soglia una « natura morta » per ignoti pittori. _ Decisamente sino al mezzogiorno circolava e viveva in Oxford gente preoccupata e seria, dal passo lesto e dagli occhi spenti. Le quattro strade affluenti al Carfax, in quelle prime ore della giornata, non vedevano altro che persone intente a ben comperare ed altre attente a vendere bene. A queste si mescolava, per caso, qualche studente con la sua blusa nera sbrindellata; o qualche professore con la toga, segno del suo officio, sbadatamente messa sulle spalle : ma era facile sentire come simili apparizioni fossero stonate e lontane da quanto attorno accadeva, dettate insomma dalla inevitabile necessità di percorrere le strade a quell'ora. Poi, di colpo, calava su tutta la città la pausa che doveva dividere il mattino dal pomeriggio : per tutte le strade era silenzio freddo e monotonia atroce come se ad un segnale convenuto (quei dodici rintocchi d'orologio) tutti si fossero rifugiati nelle loro case. Trascorreva un'ora a questo modo : un'ora senza vita, senza calore durante la quale, per un segreto di usanze e di consuetudini, ogni cosa cangiava. Infatti ad uscire nuovamente pareva che avessero cambiato i fondali delle scene ed anche gli attori: più vicini nei colori, più armonizzati e sereni i primi ; più giovani, più sorridenti e disinteressati gli altri. Allora le botteghe mostravano l'inutilità delle loro vetrine che già tanto avevano attirato i mattinieri abitatori delle strade perchè adesso erano ad invadere i marciapiedi gruppi di ragazzi e ragazze dal passo fresco e senza mèta, dalla voce tranquilla c gioconda; e sull'asfalto nero-lucido di tutte le vie era una vivacità improvvisa di veloci auto sportive guidate da scalmanati o di motociclisti in vena di allenamenti per una futura corsa; e facevano corona a tutti, biciclette d'ogni tipo e colore. Da dove stanassero i ragazzi e le ragazze, da quali collegi o pensioni o boardinq house uscissero era mistero; e forse in questo stava l'incanto di tutto il mutamento che illudeva. Banbury road li portava al fiume dalle acque calme, lente, quasi immobili nel mezzo del paesaggio idillico o, meglio, arcadico per la convenzionalità di certe invisibili correzioni alla natura. Tra gli alberi pioveva una luce soffice e riposante e regnava su tutto un silenzio da foresta tropicale. Le basse lunghe barche scivolavano sull'acqua vitrea come tante apparizioni fantastiche e chi manovrava lo spuntone, in piedi, pareva fosse deciso ad approdare in ■un lido lontanissimo tanta era la gravità e la compostezza del suo vogare. La pace stagnante del luogo per strano fenomeno si impadroniva dell'animo dei gitanti e rendeva inutile ogni parola, superfluo ogni gesto. La ragazza, di solito, stava sdraiata sul fondo dell'imbarcazione, gli occhi socchiusi, la testa abbandonata all'indictro ed in tutta la persona il segno d'una pigrizia dolcissima quasi che si sentisse sopraffatta da un destino ignoto ed invincibile; il ragazzo invece, col viso fatto colorito dal vogare, le braccia il petto nudo, 10 sguardo sveglio contrastava con la figura della compagna e pareva volesse giocare a perfezione la sua parte di maschio. Ma con tutto ciò restavano due figure convenzionali e nessun legame avvicinava in altro modo le loro sensibilità: estranei, freddi avevano forse cercato nella complicità del romantico paesaggio 11 mezzano d'una impossibile vicenda amorosa ed accusavano la sconfitta con quel loro silenzio. Per giustificarsi portavano allora un grammofono ed il melodioso suono di moderne canzoni vagava col fumo delle sigarette sull'acqua e sembrava un richiamo caldo ed amichevole da nessuno ascoltato. Più sciolti e più vivi erano quelli solitari ì quali, spingendosi più lontano, si tuffavano spensierati nella tepida acqua e riposavano quindi sulle erbose sponde: allora cantavano o rimiravano assorti il cielo seguendo sconosciute fantasticherie. Poi erano i ritorni e gli appuntamenti ai campi di tennis o di cricket. L'azione sportiva non era spregiudicata e impetuosa come di solito è la nostra; bensì diventava un po' monotona e grigia sotto il peso della consuetudine. Le ragazze manovravano le racchette con eleganza, preoccupate di ben figurare di fronte a se stesse. Vestite di bianco spiccavano sul verde del campo come tante comparse di una grande, perenne finzione scenica; e sorprendeva il ritrovarle silenziose, compassate, senza un grido di gioia per un bel colpo od una mossa di scontento per quello fallito : ed allora si pensava che la vera passione non albergasse nel loro animo. I ragazzi si raggruppavano di preferenza attorno ai campi di cricket, estasiati nel rimirare la piccola palla, affascinati dal gesto del lancia tore quasi che da quello attendessero ogni volta una importante rivelazione. Il gioco si protraeva per ore ed ore con la ostinata regolarità di un rito. Incomprensibile per chi è straniero, interessava solo per qualche lampo di lotta vivace che però si risolveva subitaneamente e si ricomponeva negli atteggiamenti d'attesa dei giocatori. Risultava ai nostri occhi un gioco per uomini rimasti bambini, vogliosi di correre, di godere aria e sole ma sempre sorvegliati e consigliati da una madre premurosa. Eppure in ogni cuore di giocatore era la speranza segreta di primeggiare su tutti gli altri, d'essere campione ed eroe di qualche partita contro l'Australia, di ricevere le congratulazioni della Regina e la stretta di mano del Re: ed era proprio questo ingenuo e sincero desiderio che donava loro una grazia ineffabile e li circondava di tanta ammirazione. Così la tradizione, l'amor di patria e la passione sportiva si trovavano a braccetto e pareva incitassero a perseverare, ad insistere, a cercare in estenuanti allenamenti una nuova sfumatura per me¬ glio lanciare la palla o per meglio rigettarla. Così passavano le ore e sorprendeva la prima lampada accesa nel crepuscolo. L'acqua allora scorreva!a lavare i corpi magri e nervosi, la|giacca nera attendeva nell'armadio il suo momento. E questo momento juna dolcezza invidia arrivava con bile mettendo in tutti il desiderio delle ampie poltrone, della calma riposante che era facile trovare in un cinema o in una sala del club o nella casa dell'amico. Erano amabili conversari o educatissime riunioni attorno ad _ una orchestra o attenti convegni di fronte ad un conferenziere. Le vie della città si facevano nuovamente deserte; in esse era la pace della notte. E se tornava alla mente Nietzsche: « l'uomo non aspira alla felicità, non c'è che l'inglese che faccia ciò », era pur dolce pensare a Kcats : « The day is gone, and ali its sweets are gone!». Enrico Emanuelli

Persone citate: Nietzsche

Luoghi citati: Australia, Oxford