Persistente eco internazionale dell'intesa italo-francese Il ministro Lavai accolto festosamente a Parigi

Persistente eco internazionale dell'intesa italo-francese Il ministro Lavai accolto festosamente a Parigi Persistente eco internazionale dell'intesa italo-francese Il ministro Lavai accolto festosamente a Parigi La portata pratica degli accordi Roma, 9 notte. Gli accordi italo-francesi sono stati sufficientemente chiariti nella loro portata politica; resta ancora qualche cosa da dire ad illustrazione del contenuto degli accordi stessi. Cominceremo dalla liquidazione del problema coloniale. Tale liquidazione è avvenuta secondo lo spirito dell'articolo 13 de! Trattato di Londra, il quale disponeva testualmente : « Nel caso in cui la Francia e la Gran Bretagna aumentassero i loro possedimenti coloniali d'Africa a spese della Germania, queste due Potenze riconoscono in massima che l'Italia potrebbe reclamare alcuni equi compensi, specialmente nella sistemazione a suo favore delle questioni concernenti le frontiere delle Colonie italiane dell'Eritrea, della Somalia e della Libia e delle colonie vicine della Francia e della Gran Bretagna. L'eredità dei diritti turchi E' noto come l'Inghilterra applicasse nel nostro confronto l'articolo ottenendo dall'Italia una ricevuta a saldo; viceversa la Francia aveva soltanto parzialmente soddisfatto il suo debito con gli accordi del 1919, per la rettifica dei confini occidentali della Libia. Restava la questione dei confini meridionali, questione resa complicatissima e ardua dall'intrecciarsi di molti elementi di dubbio e di incertezza. La sostanza della questione era la seguente. Noi siamo andati in Tripolitania nel 1911 sostituendoci ai Turchi nel dominio del paese. Era logico quindi che dovessimo succedere ai Turchi anche nei loro diritti. Fin dove arrivavano questi diritti dei Turchi, sul territorio del retroterra libico? Qui subentravano i primi elementi di incertezza trattandosi di territori africani per molte parti pressoché sconosciuti, su cui un diritto sovrano non era stato mai esercitato, o lo era stato assai debolmente. Certo è che i paesi del Tibesti, del Borku a sud di Tummo erano considerati un' appendice del Fezzan ; erano quindi considerati dai Turchi, cosa loro. Pur cosa loro i Turchi reputavano i paesi ancora più a sud, il Kanem e l'Uadai. Tant'è che la Turchia protestò nel 1890, quando tra i Governi francese e britannico avvenne lo scambio di dichiarazioni relative alle rispettive zone di influenza africane; e rinnovò la protesta per la nuova convenzione francoinglese del giugno 1898, con successiva dichiarazione addizionale del marzo 1899. Ma la eredità dei diritti della Turchia nel retroterra libico, ci era poi contestata, in quanto si pretendeva che noi vi avessimo rinunziato con la cosiddetta dichiarazione Prinetti, per la quale avremmo accettato come frontiere della Tripolitania, la linea segnata dalla carta annessa alla Convenzione 21 marzo 1899. che aveva sollevato le proteste d; Costantinopoli. Questo in linea di diritto. In linea di fatto, una difficoltà era opposta dalla mancata occupazione da parte italiana di molta parte del retroterra libico non contestato. Alla richiesta italiana, la Francia o"ioneva che non si poteva trattare di cessione di territori su cui l'Italia non avesse preso impegno di esercitare una cffettiva sovranità e un'opera efficace di polizia preventiva. Si fece osservare che appunto nelle zone reclamate dall'Italia, si erano spesso formate quelle bande di predoni che erano mosse all'assalto delle carovane lungo le strade dell'Africa i equatoriale francese. Avvenuta, per volontà del Fascismo, l'occupazione da parte italiana dell'intera Libia e organizzata in maniera esemplare la sicurezza nella colonia, si era venuta a creare la premessa per un riesame e una felice soluzione del problema; e la soluzione è appunto quella che si è concordata l'altro giorno a Roma. I nuovi confini libico ed eritreo Per essa, la Libia aumenta la sua estensione di 114.000 Km. quadraIti (intera Libia: 1.800.000 chilome- tri quadrati) e i confini della Colo- j nia si estendono fino al Tibesti, del I quale si era tanto parlato. La sua nuova linea di confine passerà esattamente sul confine settentrionale del Tibesti, mentre si estenderà a sud est, verso il Sudan ansio egiziano. Con ciò sarà fissata in forma ra iiu, i/uu tiu aiua iiMaia ni luuno m- zionale e definitiva la linea dei con-Ifini meridionali della nostra Colo-;nia mediterranea. E' da notare che i 114 mila chilo- metri quadrati di territorio al con- fine meridionale della Libia non 30-| no niente affatto desertici, ma in- i eludono località come Aozon e Gue-|zenti, che le carte collocano in posizioni non disprezzabili. Oltre che con la rettifica del confine libico, la questione viene liquidata con la rettifica del confine dell'Eritrea verso la Somalia francese. La cosa è tanto più notevole in quanto la Francia aveva escluso da ogni concessione questa zona. Risulta, infatti, che nel 1915, negoziando il Patto di Londra, noi avevamo chiesto come compenso alla Francia la cessione di Gibuti. La Francia non consentì; anzi, quando nell'aprile 1915, il nostro Ambasciatore presentò a Londra le proposte per la partecipazione dell'Italia alla guerra, la Francia aveva chiesto che all'articolo 13, che stabiliva i compensi coloniali per l'Italia, fosse fatta la seguente esplicita aggiunta: « Da questi compensi, tuttavia, resterà esclusa la colonia francese di ObockGibuti, il cui territorio è troppo ristretto per essere ancora diminuito, e la situazione troppo importante sulla strada dell'Indocina e del Madagascar per consentire la cessione ». Nel prosieguo delle trattative, cpme ricordava nel 1919 il Ministro degli Esteri Tittoni al Senato, l'Ambasciatore italiano ebbe l'incarico di chiedere che la Francia non insistesse nell'aggiunta, visto che la Francia, anche senza di essa, avrebbe mantenuto integro il diritto di rifiutare Gibuti, e in questo la Francia acconsentì. Questi precedenti mostrano il valore della concessione che abbiamo ottenuto a favore della nostra Colonia Eritrea, la cui rettifica dei confini ci consentirà di fronteggiare, con un più largo intervento, la parte più stretta del canale di Bab-el-Mandeb, che si apre fra la costa orientale dell'Africa e la Penisola arabica. Il fatto ha notevole valore per i nostri interessi nel Mar Rosso di oggi e di domani. La ferrovia Gibuti-Addis Abeba La partecipazione azionaria alla Ferrovia Gibuti-Addis Abeba consentirà anche una più larga nostra partecipazione ai traffici etiopici, che hanno in questa linea il loro sbocco vitale al mare. Una politica di pacifica collaborazione fra l'Italia e l'Abissinia corrisponde agli interessi generali, oltre che agli interessi particolari dei due Paesi. Il valore della Ferrovia GibutiAddis Abeba è presto detto: l'Abissinia ha fatto nel 1928, attraverso Gibuti, una cifra di affari superiore al miliardo. L'Abissinia, con le sue terre profonde e ricche, con le sue altitudini che vanno dai 200 ai 4000 metri, si presta a tutte le colture, da quella dei cereali e dei frutti di Europa alle colture tropicali più varie. La Ferrovia Gibuti-Addis Abeba è lunga 783 chilometri. Essa sorse mercè una concessione data nel 1894 da Menelick. Gli ostacoli che le si opposero furono molteplici corife le sue vicende. Oggi essa è gestita dalla Compagnia ferroviaria francoetiopica e la sua funzione commerciale, economica e politica appare sempre più importante. Il capitale originario ammonta a 17.300.000 e a 83.930.000 franchi, le obbligazioni. Dal 1920 al 1930 incluso, il movimento dei viaggiatori delle tre classi ha raggiunto questi numeri in cifra tonda: 126; 78; 63; 80; 103; 119; 166; 252; 307; 328; 194 mila 1929 abbiamo il massimo. Per quan to riguarda il traffico complessivo, Nel ael 1927 si ebbe un totale di 77 mila tonnellate, che nel 1928 salirono a 81 mila. Il valore della nuova convenzione tunisina sta nella sua durata e nella definitiva chiarezza circa la posizione e la sorte dei nostri con nazionali. Il sistema fin qui in vigo- re dal 1918, della rinnovazione di tre in tre mesi delle convenzioni del 1896, regolanti tutti i diritti e gli interessi nazionali degli Italiani in Tunisia e perciò arbitro della loro vita di lavoro, creava un preoccupan -— —. - . .. T *. to disagio. Oggi gli Italiani di Tu- nisia sapranno con precisione quale è per essi e per i loro figli la posi ««gè di oggi e dell avvenire, Per ^eci anni, tutti gli attuai diritti di ogni specie, da quello del » nazionalità a quello delle scuole e delle_ istituzioni, _ rimangono in tatti. Dopo il 1945, cominceranno progressive e moderate le limitazio-, ni, che porteranno al totale impero1 del diritto comune solo nel 1965. I nati italiani in questi primi dieci anni resteranno, dunque, italiani. I nati fra il 1945 e il 1965 resteranno italiani, salvo il diritto di optare per la cittadinanza francese. Tale principio non porta notevoli mutamenti nel sistema attuale, data la notevole facilità già oggi esistente per l'acquisto della cittadinanza francese. Le scuole italiane si mantengono per venti anni nel loro attuale regime di scuole regie; dopo venti anni, resteranno italiane anche se in forma di scuole private. Per le professioni dopo il 1945 eli/Cr tutte le altre materie regolate jdalia convenzione del 1896, vi sarà ibisogno "di'ulteriori-accòrdi, i" quali Iterranno conto del principio gene- rale di gradualità, che presiede alla'liquidazione del problema italo-tu-jnisino i II reVlSlOlllSmO mag'iarO ... non è stato Sacrificato Budapest, 9 notte. lì Agenzia T clegrafica Ungherese apprende in ambienti politici ungheresi che viene molto commentata quella parte dell'accordo franco-italiano in cui si dice che gli Stati firmatari del futuro Patto di non ingerenza si obbligheranno a non appoggiare azioni miranti a ledere l'integrità territoriale dei firmatari stessi. Da tale punto di vista si fa notareche questo proposito corrisponde per-fettamente alle imre alle quali l'Un-ghena ha sempre ispirato la propria politica perche mai 1 Ungheria ha pen-sato a modificare le attuali frontiere, e nel corso di tre lustri ha sempre ri- pe,tu~° d.' 7.°^re otte1nere la rovlsl°nc dei Trattati di pace in modo pacifico, ricorrendo alle armi della giustizia e della persuasione. Del resto 1 accordo romano viene concepito come una Convenzione il cui scopo consiste nel raccomandare agli 1Stati interessati la conclusione di ac cordi i quali dovranno contemplare dettagli. Questa raccomandazione Im- plica la proposta di un futuro incontro degli Stati interessati. Dal comunicato dell'Af/eiisia Tele- grafica Ungherese si deduce che negli ambienti governativi non si è, In lineadi massima, ostili all'idea di una Con-ferenza degli Stati danubiani. Intanto la stampa viene a confutarecerte interpretazioni della consorella della Piccola Intesa, interpretazioni se condo le quali gli accordi romani an drebbero considerati la tomba del re visionismo magiaro. A questo « gracidar di rospi » il Pe ster Lloyd risponde come segue «Se anche nei Protocolli romani la parola revisione non ricorre, fatto stache essi non costituiscono pur nulla unpatto di garanzia antirevisionista. Al-la Piccola Intesa viene assicurato che1 suol confini non saranno modificati con la violenza e l'Ungheria viene ras-sicurata nel senso che la possibilità diuna revisione pacifica sussisterà anchei„ =„„=„i,.» pi,, ut,, i: 7 7. ..r f ChetMussolin! in.teTf, 1 accordo in questo senso risulta dalle dichiarazioni fatte personalmente daLui. Anche è accertato che Lavai hapreso nota di queste interpretazioni diMussolini. Dato ciò noi possiamo anzi dedurre che il punto di vista ungherese viene ad essere rinforzato ». Il Ministro degli Esteri Kanya partendo da Ginevra ha dichiarato che ! presenterà il rapporto eseguito in con-icenda seguenza dell'attentato di Marsiglia. L'Ungherla è pronta a discutere la f ac- "Torno da Roma Parigi, 9 notte. Lavai è arrivato stamane alle 9,30 alla Gare de Lyon. Erano ad attendere il Ministro francese i rappresentanti del Presidente della Repubblica e del Presidente del Consiglio, i Ministri Pietri, Denain, Mandel e ldsgrTt p„iii», :i r.^ac~^t„ j: _„i:„:„ „i.„„; t*o™*/Prefetton^,PpU^J^«niM p membri del Corpo diplomatico fra. acui il Nunzio pontificio mons. Ma-|eglione e una delegazione di garibal-1 ddini delle Argonne. Prima di uscire dalla stazione il ministro ha detto ai giornalisti : « Torno da Roma pienamente soddisfatto. Suggellando in modo durevole d0 di avere ben servito gli ,nteressl del rè" soYidoTamìcizTa Vanco-ltaliana~cre-1 mio paese e quelli della pace », Un colloquio con Campbell Fuori della Gare de Lyon il pubblico, assiepato sul passaggio dell'automobile ministeriale ha improvvisato all'indirizzo di Lavai una manifestazione di simpatia. Oggi alle 17 il Capo del Quai d'Or —ì 1 i_ -ntni! Per quanto concerne la liquidazione, delle questioni coloniali, circa le qua- '• li. l'opinione francese aveva temuto | say si è recato all'Eliseo per mette-1 re il presidente Lebrun a giorno dei • particolari degli accordi di Roma. Il i sunto ufficiale di onesti divulgati isunto umciaie ai questi, divulgati ìdai giornali, viene accolto qui con,unanime soddisfazione, soprattutto ; naf Ol.rtvit^ 1nv,/,nt.nn 1» 1 ; r. , . \ A r. -, \ ^ v. ^. sino all'ultimo di veder sorgere osta-1 coli insuperabili senza gravi sacri-1«ci da parte della Francia. Come no tavamo ieri sera, il punto dell'accor * i ... ìi i. do che attira maggiormente 1 atteri- ; zione è tuttavia quello relativo al disarmo. Oggi, poco prima di mezzo giorno, Lavai ha ricevuto l'incarica to di affari britannico Campbell e questa visita, che precede di poco la Partenza del Ministro per Ginevra, partenza fissata per domani o al più tardi venerdì sembra confermare la supposizione che ha corso qui da un paio di giorni di un'imminente ripresa dei negoziati fra le grandi Potenze intorno al problema degli armamenti. Un Consiglio dei Ministri dovrà prima della partenza di Lavai oltre che prendere atto delle decisioni di Roma determinare la linea di condotta da seguire nelle prossime giornate ginevrine, durante le ,j j, rappresentante del ,a Francia avrà occasione di conferire con simon intorno al programma j del SU() fuluro viaggio a Londra, Secondo )a Prefisr ji penultimo pa- ragrafo degli accordi romani consen. te 0,,mai a„a Francia di modificare u propHo punto di vista sulla que. stione del disarmo, ritornando alla ,a Barthou del 17 febbraio 1934. T, Jourmll dvs Débats è dello stes. |g0 pareWj ma ja cosa è ben lontana dal rallegrarlo. 1 « La verità - è che ci troviamo di fronte ad un principio di negoziati il quale, sotto pretesto di liI mitare e controllare il riarmo tedesco, j tende a regolarizzarlo. L'organo del Comité des Forges ;ne conclude ancora una volta per la -necessità per la Francia di intensiIficare i propri armamenti, conclu- :sione che gli attira già da vari gior! ni attacchi e sarcasmi da parte di molti organi di sinistra ma che gli vale, al contrario, l'approvazione calorosa di Maurras il quale, non sappiamo se a motivo della visita di Lavai al Vaticano, sembra il solo fran- j ceso al quale l'esito trionfale del i viaggio del Ministro degli Esteri non j 1 riesca a strappare un sorriso. Secon-! do il direttore dell'aiWio» Fntnqaise' [negli ambienti ufficiosi di Parigi si! 'era diffusa ieri l'altro una grande! RÌ°ia perchè pareva che l'intesa .franco"i'a'iana avesse fatto capo adi iu.na solenne consacrazione del prin- :clP10. dell illegalità de riarmo ger- 'manico. Viceversa, la lettura del te-1 sto dell'accordo avrebbe prodotto i,.effetto di una doccia fredda. dif- j ifondendogi la persuasione dell'ine- ; luttabilità di una procedura interna-1 !zjonaie dostinata a legalizzare la si-! tuazione di fatto. i su una divergenza di pareri che do j minerebbe già i dibattiti della stam- pa francese se non fossimo alla vi1 gilia del 13 gennaio, sembra voler _ , ■ ■ COnClliaZIOne degli estremi IIl Temps, costretto a pronunziarsi; ' rassicurare insieme i campioni del- l'una e dell'altra tesi e scrive facendo la voce grossa: « Non spetta alla Germania, che disconosce deliberatamente i suoi obbli ghi, porre condizioni in materia di riarmo; solo le Potenze firmatarie del Trattato di Versaglia avranno eventualmente a porgliene. Il comunicato tua mente a porgliene. 11 CI pjàrHooittfÉiB^S: pubblicato K a Roma, dice che ili Governo italiano; e il Governo francese, riferendosi alla dichiarazione sull'eguaglianza dei di- ritti dell'll novembre 1931 (la quale subordina, come è noto, l'eguaglianza dei diritti alla sicurezza organizzata) si sono trovati d'accordo per riconoscere che nessun paese può modificare ?on un atto unilaterale i suoi obbligai in materia di armamenti e che nel caso In cui tale eventualità si verificasse si consulterebbero fra di loro ». « Ciò basta per tagliare corto ad ogni interpretazione tendenziosa della stampa di Berlino. I prossimi colloqui franco-britannici di Londra, che fa ranno logico seguito alle conversazio ni franco-italiane di Roma fisseranno senza dubbio i tedeschi sulla realtà delle cose che essi si studiano tuttavia di dissimulare ad un'opinione pubblica rietà dall'Inghilterra, dalla Francia e dall'Italia. Le conversazioni franco SaS^H*e.J*? J^!~&™Ie™n£° di partenza ». Come vedete, il Temps finisce col convenire a sua volta in quanto af- sviata sistematicamente dal nazional socialismo. La grande impresa diplo j^U2,,*!S죣, a 5°?,r?i",are4Ia poliìlca deIla Francla e deI1 Italla è a punto. un'aitra opera altrettanto importan- te per la sua portata generale comin eia e sarà affrontata in piena solida- ^ n 1 1 ' T „ ~ U i 1 t- ~ ^J,.ll„ - ?^nc0hese^rnd0ubbioL°il punto ' - pu lu i-uiivciiuc n ciuci. vuiicL ili vi fermano da ieri i fautori di pertura delle trattative sul disarmo. Al di là del Reno D'altronde la stessa stampa parigina di destra confessa di attendersi uno sforzo serio dall'Inghilterra, per cavar fuori il problema del disarmo dall'angolo morto in cui si trova, e ì'Echo de Paris prevede che quando Lavai e Flandin andranno a Londra, gli inglesi diranno che « la sicurezza della Francia è stata notevolmente accresciuta dal riavvicinamento con la Russia, dall'entrata dei Soviety a Ginevra, dal ripristino dell'amicizia franco-italiana e dal. la conclusione di un accordo di garanzia per l'Austria. In tali condizioni, quali motivi seri può ancora invocare il Governo francese per rifiutare al Reich la parità degli armamenti che domanda ? » . Le previsioni nel senso anzidetto trovano conferma nelle notizie giunte da Berlino, secondo le quali l'impressione riportata dall'Ambasciatore Von Hassel dai colloqui avuti a Roma con Mussolini e con Lavai sarebbe che la Francia si è fatta meno intransigente sulla questione della parità, avvicinandosi, entro certi limiti, alla tesi italiana. C. P.