COI LEGIONARI DI FRANCO ALLA CONQUISTA DI BOADILLA

COI LEGIONARI DI FRANCO ALLA CONQUISTA DI BOADILLA Appunta d'una giornata di battagliai COI LEGIONARI DI FRANCO ALLA CONQUISTA DI BOADILLA (da uno dei nostri inviati) BOADILLA, dicembre. Si scavarono veramente la fossa quelli della trincea rossa di fronte a Retamares. La faccenda andò cesi. Erano le sedici: il sole cominciava a declinare illuminando la città, che appariva nitida come dopo una lunga pioggia, laggiù, oltre il Manzanares. Da Campamento cominciarono ad affluire lunghe file di soldati. Giunti clic furono nei pressi delle trincee si arrestarono. Verso le linee rosse Pensai al solito cambio sulle linee. Invece la cosa era ben diversa; improvvisamente un ufficiale scavalcò il parapetto dei sacchetti a terra e cominciò a camminare lentamente verso le linee rosse; i legionari lo seguirono. Quello schieramento di uomini in marcia come se compissero una esercitazione deve avere sbalordito i ressi che non aprirono il fuoco che dopo una lunga pausa. Poi scoppiò una fucileria furibonda rintuzzata dal fuoco di protezione di tutte le mitragliatrici delle linee nazionali. Le raffiche radevano i parapetti delle trincee comuniste stracciando i sacchetti a terra. I legionari si erano gettati all'assalto e correvano nel prato tra le due linee. Li vidi arrivare, scavalcare il parapetto, sparire. Il rumore del combattimento cessò. Cominciarono ad affluire i feriti al posto di medicazione, non molti. Qualche morto era là nel prato e i portaferiti uscirono con le barelle. Tutto questo si è svolto senza che fosse sparato un solo colpo di cannone; le batterie erano lì a due passi, silenziose e gli artiglieri dalle trincee di partenza avevano assistito allo spettacolo, seguendone le fasi con molto interesse. Tramontava e l'azione era finita, ormai. Così è cominciato il combattimento culminato con la presa di Boadilla del Monte. Al mattino successivo, le truppe erano in azione dalle sette e il combattimento si era acceso con una violenza furibonda. Andai a vedere quella trincea. Era vuota; tutti i caduti rossi giacevano sull'immediato rovescio della collina che dalla trincea digradava dolcemente verso un vai loncello tra altre colline. Non erano molti; una ventina sorpresi nella fuga verso il villaggio di Boadilla del quale non si distingueva che la punta, del campanile emergere tra i colli, popolati di o liveti e di grosse querce. Il rumore dell'azione era lontano, si combatteva verso il territorio dì Villaficiosa de Odon, donde una colonna nazionale era partita per pren dere Boadilla sul rovescio. Dove l'uva è appassita Giunsi a Villaviciosa verso le dieci, il villaggio era pieno di soldati, di autoambulanze, di carreggi guazzanti in un fango vi scido e scivolante. Il cielo era coperto e le sierre nascoste dalla nebbia che arrivava sino alla gros sa mole del Monastero dell'Escoriale. Mi avviai a piedi attraverso la campagna dirigendomi sul rumore della fucileria. Ritornavano lunghe colonne di muli che avevano scaricato munizioni, gruppi di feriti leggeri a piedi, altri seduti su curiose sedie di ferro agganciate ai basti dei quadrupedi, altri ancora in barella. Su un mulo, caricati di traverso come sacchi, ritornavano duo morti: i marocchini non lasciano i loro caduti sul campo. Di fronte a me il terreno si stendeva con leggere, lente ondulazioni, coltivate a grano: bella ferace terra di Spagna ricca di ?nessi, di oiivefi e di Dione, sulle quali quest'anno l'uva non fu raccolta e si è appassita sulla vite. La linea dei rincalzi mi apparve dopo una buona ora di cammino; un «tabor» di mauri sostava a ridosso di un colle; frazionato a piccoli gruppetti il reparto era in attesa di entrare in azione: la zona del combattimento doveva essere vicinissima. Alti i sibili acuti dei proiettili, che andavano a perdersi lontano, dietro di noi; vicini gli scoppi delle granate; un rumore sguaiato seguito dal frullare delle scheggie- nell'aria che, talvolta, pareva stracciarsi come una seta per la violenza dello scoppio e la velocità dei frammenti di ferro lanciati a grande distanza. Mi sedetti alla base di una quercia al sommo della collina, ai piedi della quale sostavano i marocchini. Alla mia destra le alte antenne della stazione radiotelegrafica di Retamares; di fronte a me il solito campanile di Boadilla del Monte e, sulle colline, nei prati, nei campi arati, tra gli olivi e le querce, i marocchini a piccoli gruppetti, stesi in catena, seduti nella classica foggia mussulmana pareva partecipassero ad un raduno di campagna in una bella domenica d'inverno; invece sparavano. I carri armati Dapprima non riuscii a comprendere esattamente dove fosse il nemico; nessuna trincea rompeva la vellutata monotonia dei prati, nessun segno esteriore denunciava l'esistenza d'una linea di combattimento. Poi, piano, piano, vidi i rossi, molto bene. Non i tiratori, certamente accovacciati nei solchi del terreno, ma i feriti che lasciavano la linea, i portaordini che correvano tra gli alberi, e, lontanissimo, sulla displuviale di un colle, un gruppetto immobile che, certamente, osservava lo svolgersi dell'azione. La avanzata dei marocchini si svolse molto lenta. Ogni tanto un gruppo balzava avanti correndo, si gettava a terra, riprendeva il fuoco. I rossi sparavano e retrocedevano; potei così indovinare la loro linea di fuoco a cinquecento metri dai primi marocchini delle pattuglie di punta. Verso le quattordici il gruppetto lontano sparì e, dopo pochi minuti, la fucileria si sopì. Si udiva soltanto qualche fucilata isolata insistere, rabbiosamente. / marocchini erano tutti in piedi; sulla mia destra rombando, e con un diabolico rumore di ferraglie, apparvero una decina di carri armati: avanzavano in linea di fronte, lentamente, paurosi a vedersi nello squallore della campagna, sotto il grigio cielo invernale. Passò un ferito: dove sono arrivate le truppe t chiesi. — Stanno entrando a Boadilla, — mi rispose. Non era vero. Ritornato a Retamares mi accorsi che i nazionali non avevano commesso l'errore di penetrare nel villaggio senza prima essersi assicurati che il nemico avesse sgombrato le vicine colline. Boadilla del Monte giace in una conca quasi circolare che ha una sola via d'uscita nel grande parco della villa del Duca Sueca-Ruspoli, che digrada verso il piccolo villaggio di Pozuélo de Alcorcon. Avevano occupato il crinale dei colli e si erano arrestati a un centinaio di metri dalle prime case del paese. Il contrattacco Nel villaggio non c'era nessuno; verso Pozuelo scrosciava un violento fuoco di fucileria: erano i rossi che facevano fuoco a casaccio dalle loro trincee di Pozuelo. I nazionali non rispondevano: lavoravano di pala e di piccone, consolidando le loro posizioni delle colline; forse si attendevano ciò che avvenne l'indomani. Calava ormai il tardo pomerig- dnvgsmeb\a: cI qfdfigiamZmzgcngnddPiin\edscpgerl , e e i gio ed era apparso un bel sole tra le nubi rotte dal vento fresco che soffiava proveniente dalle Bierre coperte di neve, rosata dalle luci del tramonto. Mercoledì mattina, 16 dicembre, i comunisti attaccarono. Giunsi in Ziuea verso le nove e il primo loro attacco era nel suo pieno sviluppo. Mi collocai accanto ai goniometri di un osservatorio d'artiglieria piazzato accanto a un formidabile « fifaus » in cemento armato, costruito dai rossi dietro i loro trinceramenti di Retamares. TI colonnello Garzia Escamez, comandante quel settore della linea, osservava sorridendo l'attacco rosso. Alto, corpulento; viso bruciato dal sole e dal gelo, basette evidentemente iberiche e ottocentesche, U colonnello Escamez sembrava molto soddisfatto dell'andamento delle cose. — Attaccano t — chiesi. — Attaccano! — mi rispose. Il resto lo vedevo da me. Oltre la punta di quel campanile di Boa- dilla, su una collina nuda, i comunisti scendevano verso le case del villaggio in beH'ordine sparso. Ogni loro apparizione a ondate, che si susseguivano a una decina di minuti di distanza una dall'altra, era segnato da un martellare furibondo di mitragliatrici e dal tiro a salve di batteria dell'artiglieria che esplodeva dietro di noi. Alle nove e mezza tutto cessò, quasi improvvisamente, e il telefono annunciò all'osservatorio che i comunisti erano stati respinti. Ingenuamente una voce dietro di noi chiese: — Ma da dove sono fuggiti t — Non sono fuggiti, — rispose il colonnello, — sono ancora laggiù, morti. Il secondo assalto rosso ebbe inizio alle dieci e si protrasse sino alle quattordici: quattro ore di massacro in quella forra tra le col» Zine e fra le case del villaggio, dominate da una perfetta organizzazione di mitragliatrici maneggiate da gente fredda e precisa, come freddi e precisi sono i legionari del Tercio ». Quattro ore di fuoco dell'artiglieria; qualche migliaia di granate scoppiate laggiù, nei pressi di quel campanile che appariva e dispariva nel fumo degli scoppi. Poi tutto finì. Quando apparvero i due carri d'assalto sovietici, una intera batteria li fulminò di granate. Sparava a trenta ettometri e con una precisione e una rapidità di tiro impressionanti. Rispose l'artiglieria rossa con un tiro a casaccio II attorno, che non impressionò nessuno. Alle sedici una grande calma regnava nella zona e furono visti i legionari e i marocchini sulle colline, oltre il villaggio. Sandro Sandri UNA DELLE MIGLIAIA di scatolette di carne In conserva soviettica abbandonate ai nazionali a Boadilla dai comunisti in fuga. I L'ETICHETTA delle scatolette di carne conservata di provenienza sovietica trovate nelle trincee di Boadilla del Monte (Madrid) il giorno della presa del villaggio, LA CHIESA' DI BOADILLA CON LA TARGA CHE INDICA LA LOCALITÀ'.

Persone citate: Dione, Escamez, Garzia Escamez, Ruspoli, Sandro Sandri

Luoghi citati: Madrid, Spagna, Villaficiosa De Odon, Villaviciosa