Con Karl Poppinger professore di filosofia e "asso,, dell'arrampicamento di Vittorio Varale

Con Karl Poppinger professore di filosofia e "asso,, dell'arrampicamento Con Karl Poppinger professore di filosofia e "asso,, dell'arrampicamento Milano, 23 notte. E' in Italia a teneri^ un ciclo di conferenze, Karl Poppinger — uno dei tipi più rappresentativi dell'alpinismo austriaco. Ho avuto occasione, prima, di assistere alla serata indetta dal G.U.F. milanese nel corso della, quale l'ospite presentò alcune cinematografie di straordinario interesse (spettacolosa, quella della scalata alla Fleischbank, per la « via» Dui- nMnascpmcrgcdcccBpfle perciò che ci riguarda, è un ap-lprofondilo studioso della cultura - alpinistica europea ed un « asso » ! delVarrampicamento sia su roccia che su ghiaccio. Un pozzo di scie»- ! za, alla Rudatis; e me ne sono ac- fer); poscia, d'intrattenermi a lungo con lui. chiedendo e ottenendo informazioni e particolari di una certa importanza (almeno per chi non ritiene che tutta la vita si riduca a ciò che si fa e si dice al di qua delle frontiere). E' un fatto che i rapporti culturali con l'alpinismo degli altri paesi non sono molto curati; soltanto pochi privilegiati possono mantenersi al corrente del movimento internazionale attraverso costose pubblicazioni, e ciò ha portato a varie dannose conseguenze, fra cui la imperfetta conoscenza dei valori dell'alpinismo aicstriaco — che molti sono tratti a confondere con quello tedesco. Da Zsygmondi a Preuss Ha probabilmente concorso a creare questa confusione il fatto che un'unico associazione — il Deutscher und Oesterreichicher Alpenverein — raccoglie indifferentemente l'adesione degli alpinisti di entrambe le nazionalità (più di 250.000!^ ed amministra la vastissima rete di rifugi sparsi per tutte le Alpi e propaggini di queste; ma. altri fiorenti sodalizi, esclusivamentc austriaci, esistono, e fra essi qucll Oesterreichicher Alpen Klub che conta oltre 15.000 aderenti di provata, capacità alpinistica, questa da documentare assieme alla domanda di ammissione. Vorremmo che anche altrove si potessero annoverare queste èlites. Bruciato il viso dal sòie e dal riverbero dei ghiacciai, possessore d'una nera barbetta, alto e asciutto nel portamento, questo Poppinger dalla figura di asceta è non soltanto abilitato all'insegnamento della filosofia ma, cosa essenzia- corto nel colloquio che abbiamo avuto. — L'alpinismo austriaco ha sempre avuto un suo carattere e i suoi campioni — mi ha detto il prof. Poppinger — i quali hanno contribuito a dar vita e gloria a una tradizione che non stigma affatto accanto a quella di nazioni Zsygmondi, di Grohmann. di En zehspcgcr, di Pfnall. di Lummer sono legati a conquiste memorabili, più recentemente ciucilo di Paul Preuss, tanto per citarne uno solo, certamente deve risvegliare anche nei vostri cuori una folla di ricordi per quanto di grande il mio concittadino seppe compiere nelle Dolomiti. Dopo guerra, e ad onta delle gravi difficoltà d'ogni genere che ostacolano la vita, l'alpinismo austrìaco ha continuato nella sua sana tradizione, questa esplicando in tutti i campi: costruzione ed ampiamente dei rifugi, propaganda iper quanto non ve ne sia moltn bisogno dita la naturale tendenza della gioventù verso la frequentazione della montagna), letteratura, viaggi di alpinisti in parsi stranieri rrf extraeuropei e valorizzazione degli elementi più attivi e più capaci fra ì giovani. ì\, , , i . , | .1 ASSI del ghiaccio e della rOCCia Su questi ultimi argomenti, da I Poppinger abbiamo appreso iute-* ressanti particolari. Oltre alle re-^re>ifi spedizioni nel Caucaso, di ■ cui facevano parte, col nostro ospi- te, valenti arrampicatori Vienne- • si. e nel corso delle quali parec-\chie vette superiori ai 5000 metri ' vennero raggiunte per vie «oltre- modo difficili ». ed oltre alla par- tecipazione che l'alpinismo au- siriaco ha dato alle spedizioni j germaniche del Nanga Parbat riell'Himàlaya, è il magnifico e ri-1 ■petuta affermarsi della giovane generazione in imprese di eccezio-\ naie importanza quello che mette iin evidenza il reale, indiscusso va-1 lare qualitativo e quantitativo dell'alpinismo austriaco. Dalla Capitale ai distretti della Carinzia, da Linz al Tirolo è tutto un pullulare d'iniziative e dì ardimenti che sboccano velia formazione di cordate in grado di effettuare ascensioni — sia prime assolute che ripetizioni — di notevolissimo valore intemazionale non solo sulle Alpi austriache ma anche nelle Dolomiti italiane e nelle Alpi Occidentali e Centrali. Mi sono stati detti un'infinità dì nomi di alpinisti austriaci le cui afférmazioni tanto su ghiaccio che su roccia raggiungono { limiti dì ciò che modernamente s'intende per « limite del possibile », c si rimane sorpresi ai fronte a questa cifra appena si pon mente che la popolazione dell'Austria non tocca i sette milioni d'abitanti. Per reggere al confronto, le nostre regioni pedemontane dovrebbero contare almeno una cinquantina di capicordata da « sesto grado ». Quando vi arriveremo t Ecco qualcuno di questi nomicome mi ritorna alla memoria, ma citarli dobbiamo se vogliamo — come è nostro dovere'—. trattare lo sport alpinistico alla stregua degli altri sport, dei quali tutto si sa quanto si verifica all'estero: Burgasser, Demuth, Fraisi, Kospareli, Horechowsky, Prose ka Poppinger di Vienna: i tirolesi fratelli Asclienbrenner, Auckenthalèr, Lucke, Emmer, E. Schneider; i fratelli Rupilius, Sehreiner. Schinko di Graz, ed altri la cui elencazione porterebbe troppo lontano. Un nuovo «grado» di difficoltà In tutti costoro è comune la mentalità ostinatamente volitiva per giungere al superamento di estreme difficoltà in montagna propria dei loro cugini tedeschi, coi quali hanno di comune parecchi campi di attività — fra cui primeggia il famoso gruppo del Wìlden Kaiser (« il selvaggio Kaiser k) presso Kufstein nel Tiroln. dove non v'e moderno «sesto grò don che non sia stato da essi ri petnto. Un'altra particolarità comune deoli Austriaci coi Tedeschi ? J« larghezza delle loro vedute in f'*" dì preferenze alpinistiche: m j <"',».■ ' loro più tipici rapprcscn tanti sanno md,iferentemente sca fe? ^!H.'eJ^lrn.n MC^lPS^Sk dei Kaiseryebirge ( Predigtsluhl. Crisi hot unii. Firiselibankì, della Lalider nel Karuendel. della Civetta e della Grande di Lavarcdn nelle Dolomiti quanto i ghiacciati pendii della « Sentinelle Ranger, del Monte Bianco e gli Strapiombi settentrionali della Deal d'Ucrcns quanto i graniti pure del Mnu'e Bianco, delle Retiche, delle Giulie (Dente del Gl'inule, Trubinascd. SIS classificabile al somma dil /. bile, e ciò a dimostrazione, d'una completezza c d'una maturità alpinistiche che ameremmo vedi diffuse in altre nazioni. Venuti — e come era possibili altrimenti? — mi discorso drlhi classificazione delle difficoltà, il nostro interlocutore ha confermato che negli ambienti viennesi continua ad applicarsi la «scalar austriaca in sette gradi, nell'ultimo di questi consideraudn le scalale classificate «al limite delle possibilità umane ». Ria Pnppniger ha subito soggiunto che ap-punto recentemente egli s-i è /affopropugnatore enn articoli e conconferenze (e parécchi suoi amici,anche di Mnnacn, sono con lui consenzienti) del riconoscimento d'un grado suppletivo, cine dell'aliavoin ci/i dovrebbero cullare alcun dclle ultime e più difficili scalali cffeltuate nelle Alpi Orientali. Le argomentazioni svolte da Poppinger sono, in riassunto: — Stabilito che la moderna suddivisione in i/radi serve prtìi- cipalmente. per' la compilazionc^rrie guide e per dare un'idea pra- nrn e immediala della difficoltà „ colore, che si apprestano a «no ascensione, noi riteniamo che non si possa, onestamente, dire a tni alpinista che una tale salita è ssettimo grado» ( corrispendente ni «sesto» dei Tedeschi e der/li Italiani [N. d.R.]t. quando, ill effetti P secondo le àjfermazioni di chi la conosce essa è nettameli- te più difficile di una appariencn- le al «grado» suddetto. Se noi\ facessimo rosi, oltre che travisareila/verità, compiremmo un ben cnt- 1 (ito servigio a cAi, arrivando ar massimo a superare il « settimo grado » dovrebbe poi retrocedere, o peggio, di fronte a una serie di passaggi di difficoltà nettamente superióri a quelle da lui conosciute. — Ditemi il nome di qualcuna di queste scalate che secondo voi non appartengono più al «settimo grado » ma dovrebbero far parte dell'v. ottavo » — ho chiesto. La risposta di Poppinger è venuta immediata: — Parete Nord-Ovest del Dachl, capocordata Moldan: parete SudOvest della Sehiissclkarspitzc, capocordata Pcters. Per l'altezza delle- pareti, per la necessità d'impegnarsi a. fondo con ogni energia, per l'uso della tecnica, pel tempo impiegato da cordate notoriamente veloci (Pcters ha « fatto » la Nord delle Jorasscs in 17 ore, mentre le cordate successivo v'impiegarono pressoché il doppio), queste scalate si distaccano nettamente da. quelle del « grado » che in Austria, sì considerano al « settimo » ed in Italia e in Germania al « sesto ». Se, come a noi pare, le argomentazioni pratiche e morali del Poppinger pel riconoscimento di questo nuovo « estremo » corrispondono effettivamente al progressivo procedere verso un limite assolutamente invalicabile, è certo che anche in Italia una revisione in tal senso dovrebbe verificarsi. Non ergendo possibile, infatti, per vari motivi d'indole morale oltreché sportiva, continuare a- mettere sullo stesso piano vecchie e nuove scalate più o meno realmente appartenenti al « sesto grado » ed alcune di quelle riuscite ultimamente nelle Dolomiti e che rappresentano, in realtà, il non plus ultra detta difficoltà superata in montagna. Limitandoci a considerare le arandi conquiste del 1936. diremo che esse sono le seguenti: Spii/olo nero della C. Piccola di Lavarcdn (metri 330 d'altezza, SS ore d'arrampicata): parete Nord-Ovest della Torre dì Valgrande (m. 700 in SO ore); parete Ovest d'Ila Marmoloda (m. 500, 36 ore). Vittorio Varale. :asso» viennese Peterka sul granito della parete nord della Seewarte, nelle Alpi della Carinzia,

Luoghi citati: Austria, Germania, Italia, Milano, Tirolo, Vienna