A tu per tu con Michelangelo

A tu per tu con Michelangelo A tu per tu con Michelangelo Una volta, a me malata in città straniera vennero per consolazione due illustri visitatori Mani sapienti sprigionarono gli spiriti gaudiosi e solenni di_ Giovanni Sebastiano Bach; e insie me, ad opera dello stesso incan latore, un cofano nerissimo sul tavolino candido impersonale della clinica sgorgava grandi gesti di piccole crete, impresse con il pollice e l'anima creatrice di Michelangelo. Il languore della malattia e la febbre della convalescenza, l'intensità di quei lunghi giorni clntislrati e la stessa disadorna piccolezza dell'ambiente, avvilito per gli squallori del corpo, inconsueto per le feste dell'anima; la possibilità di bere tutti per me quei suoni, di girare fra le mie palme quei vivi segni del genio, tra i quali e noi si frappone abitualmente il gelido schermo di vetrine e regolamenti; mi dava tutto questo il senso allucinante del prodigio, quasi' i beati della gloria mi avessero assunta in comunione di affetti e colloqui. Cosi, mi esaltò senza sorprendermi il trovarmi improvvisamente in rinnovata intimità con Michelangelo; nella sua casa stavolta, come è giusto, andando io a rendergli la visita e a ri vcrirlo, sull'impalcatura della Cappella Sistina. Come lo troveremo lassù, d quale umore, mi chedevo arrampicandomi per le ripide scale, d'onde già si vedeva sbocciare la cupola di San Pietro sopra le montagnose sagomature dell'abside; musica di nicchie, finestre e semicrone in travertino, che prorompe nel largo miracolo di quel calice marmoreo Già credevo incontrarlo, aggrondato e cupo, dopo due anni di quasi ininterrotta dimora lassù, ispido, gli occhi rossi, !e unghie dei piedi cresciutegli fuori delle scarpe non mai tolte Mi preoccupava anche il ri cordo di una compagnia illustre, salita sui ponti or sono trent'an ni, sotto la guida del nostro Giacomo Boni, e composta di Aliatole France, già matura celebrità; del tedesco Ernesto Stcinmann, che preparava i suo libro fondamentale su Mi chelangelc ; e di un quasi giova notlo, allora noto soltanto ad alcuni intellettuali inglesi, Gior gio Bernardo Shaw, dal quale in persona io seppi l'avventura. 11 primo appuntamento, andò a male perchè bisognava visita re la Cappella clandestinamen te prima dell'arrivo degli operai, e quel mattino, dopo un'ora di affannose ricerche, all'alber go una cameriera svelò sorri clendo che il signor France non . dormiva in camera propria, a vendo scelto più morbido giaci glio nello stanzino d'una di lei collega paffutella. L'indomani Anatole France varcò con genuino entusiasmo le passerelle ma poi, visto che tutti parevano aspettarsela, si mise in posa innanzi agli affre scrii a pontificare su Michelangelo e il Rinascimento. Seccato, l'antiretore Giorgio Bernardo punse acerbamente quella gonfiezza con uno dei motti caustici, per cui va famo so. France gli si rivoltò contro : « E chi siete voi, giovanotto?». « Faccio lo stesso mestiere vq sto; uomo di genio' come voi, maestro » egli rispose, e l'altro brontolò : « Quando si fa il me stiere di prostituti pubblici, pia ce chiamarci almeno fra noi « mercanti di gioia ». Sopravvenuti gli operai, mandarono al diavolo gli intrusi, e, visto il France perplesso davanti all'oscillante discesa, lo presero senz'altro, e lo calarono giù ignominiosamente legato come un salame. In questa storia o leggenda, io ravviso comunque adombrata sotto specie simbolica la vendetta dell'iroso Michelangelo. Con quale diritto quei profani violavano l'intimità sacra, il sacro pudore, che si stabilisce fra un uomo e il suo lavoro? Già egli s'infastidiva che si arrampicasse lassù il fiero Giulio II, e una volta non gli volle aprire la porta. Onde il Papa a sua volta minacciò Michelangelo di buttare gip lui da quegli stessi ponti, se ancora, pretendeva di indugiare nel lavoro « sino quando io avrò soddisfatto a me nelle cose dell'arte », e giunse a percuoterlo con la mazza, mandando poi cinquecento scudi e le sue scuse per placarlo. Fu egli con me, invece, umanissimo, e molti bei segreti della sua arte affabilissimamente ci degnò di sorprendere e apprendere. Tutto .è qui più che grande, vertiginoso ; il pavimento della cappella si perde lontano; vicino, a paro con noi si affacciano le'figure dei profeti nelle lunette; sopra il capo, incombono i riquadri con le storie della Bibbia, a cominciare dal diluvio universale, di dove cominciò an ch'egli la titanica fatica. Lo si vede nell'abbondare di dettagli e figurette, preziose a osservare di qui, e per le quali così svelte e forti, pare debba essersi ispirato a quei mosaici romani detti paesaggi nilioti. Ma poi si persuase che, dal basso, quella ricchezza spariva, e si concentrò nel fulcro di poche grandi figure, aggruppate in composizione di sintetiche linee maestre. Incredibile appare il fuoco creatore non solo del suo genio, ma anche della sua forza di lavoro e di esecuzione, tìsicamente, materialmente, sbalorditiva. Il professore Riagetti che adesso, con diligenti iniezioni sottocutanee-di calcio rassodacerti intonaci pericolanti, decalcò anche su grandi fotografie la traccia di ogni pezzo d'intona1 co, il quale, come si sa, deve venire coperto dall'affresco dentro dieci o dodici ore, non più, altrimenti si prosciuga e tutto è da rifare. E questi quotidiani tagli di affresco sono gigante-schi. abbracciano quasi intero ilgruppo di ogni profeta, quei corpi sovrumani, quei volti giovani o vecchi austeramente ispirali e sublimi, tutti opera di lina giornata. In modo diretto e chiaro li modella nella pasta della calce colorata, procedendo dal tratteggio minuto di ombreggiature e rilievi alla pennellata vasta e invisibile, la quale plasma la rotondità della forma in colore e luce. Questa semplificazione, che è il cammino ascendente dell'arte, si constata anche attraverso alcuni lievi pentimenti, un vestito a rigoni bianchi e gialli nel gruppo del Davide con Golia, preparato a disegno di broccato c poi compiuto invece liscio. Dimostra L'imperiosa fretta di Giulio II, un angolo di muro rimasto con l'arricciato bruto, senza intonaco ; segreto ancor piùVomnioventc, l'impronta del1 appoggiamano che Michelangelo strofinò sul muro ancora fresco, nel continuare l'opera. La pittura del Davide e GoliaI è forse la sua più tempestosa tragedia. Il vento dionisiaco del le cime efdegli abissi non può soffiare più di cosi vorticoso; alla stessa guisa che .l'afflato apollineo tocca il vertice plastico nel Parnaso di Raffaello; e proprio nella figura di Apollo. Le Stanze, la Sistina; pochi metri di parete separano cosi le due supreme testimonianze pittoriche di questi due poli oppo sti dello spirito umano, l'apolli neo e il dionisiaco, Raffaello e Michelangelo. Margherita G. Sarfatti

Persone citate: Anatole France, Bernardo Shaw, Ernesto Stcinmann, Giacomo Boni, Giorgio Bernardo, Giovanni Sebastiano Bach, Golia, Sarfatti