Orlando e Sonnino alla Conferenza della pace: come si difesero e come furono battuti

Orlando e Sonnino alla Conferenza della pace: come si difesero e come furono battuti Le memorie dell'Ambasciatore Aldovrandi Guerra diplomatica Orlando e Sonnino alla Conferenza della pace: come si difesero e come furono battuti Dei rapi politici e militari degli Stati di Europa durante il grande conflitto, quasi tutti hanno lasciato o vanno ancora scrivendo djari e memorie di quel tempo: quasi tutti e cioè Clemenceau, Poincaré, Foch, Lloyd George e i marescialli inglesi Robertson e Wilson. Lo stesso può dirsi per tedeschi ed austriaci. Solo gli italiani si sono chiusi nel silenzio. Se si escludono i due volumi di Salandra su la neutralità e l'intervento, e i libri dei capi militari sulla condotta della guerra, non si sono avuti, sino a ieri, da noi, documenti di prima mano, racconti di testimoni agli eventi della guerra e alle trattative di pace. Nulla si ha di Boselli e di Sonnino, assai poco di Orlando; nulla di Diaz che pure vinse la guerra e preso poi parte ai lavori della Conferenza della pace. Tutta una vasta letteratura storico-politica si è, così, venuta formando dal 1919 ad oggi, ove l'Italia non è quasi rappresentata. Questi silenzi non giovano alla causa dei popoli. Quale formidabile atto di accusa avrebbe potuto lanciare Sonnino (Ministro degli Esteri dall'autunno del 19t4 al giugno del 1919) contro le diplomazie alleate, se avesse scritto e lasciato un suo Diario? Egli avrebbe reso all'Italia un servizio forse più grande di quello della sua stessa opera. La rottura della Trìplice Ma ecco, finalmente, il libro di un testimone; un diario ghiotto e prezioso per lo storico di domani. E' il libro dell'ambasciatore Luigi Aldovrandi Marescotti dal titolo: '.Guerra diplomatica» (Mondadori, Milano). Sono ricordi e frammenti del diario dell'autore, degli anni dal 1914 al 1919, quando egli copriva la carica di Capo di Gabinetto di Sonnino e di Segretario per l'Italia alla Conferenza della Pace. Il primo capitolo del volume è dedicato all'inizio della guerra mondiale (luglio-novembre 1914) dal giorno dell'ultimatum austriaco alla Serbia, alla nomina dell'autore a Capo di Gabinetto di Sonnino. Anche la vecchia Triplice non era un letto di rose. Perchè il Governo di Vienna violò l'art. 1 della Triplice non dando notizia a Roma dell'ultimatum alla Serbia? Probabilmente per impedire una aziono della Consulta diretta a scongiurare il pericolo del preordinato castigo alla Serbia. Già Giolitti l'aveva impedito nel 1913. Forse anche per sfuggire ai compensi da dare all'Italia, compensi previsti all'art. 7 del Trattato, per il caso di occupazione austriaca di territori balcanici. Certo il Trattato della Triplico fu violato, come fu poi violato il Patto di Londra del 1915, come fu poi ripudiato l'accordo di S. Giovanni di Moriana del 1917. Il paese di Machiavelli è sempre tradito dal machiavellismo degli alleati e associati. Sonnino che era un triplicista convinto e che, lontano dalle responsabilità della Consulta, pensava si dovesse, nell'agosto del 1914, seguire gli alleati, fu così colpito dalla violazione austriaca del Trattato, da approvare poi pienamente la neutralità e da essere uno degli artefici massimi dell'intervento e della guerra. Il secondo capitolo è dedicato alla questione di Fiume rispetto al Trattato di Londra. Nella redazione del Trattato di Londra Fiume fu abbandonata ai Croati. Salandra spiega che nè lui, nè Sonnino ebbero in mente, nell'aprile del 1915, « la dissoluzione dell'Impero austro-ungarico e il conseguente assetto dei territori che lo costituivano ». Ma al momento del negoziato di pace, nella primavera del 1919, si doveva tener conto che le rivendicazioni del Patto di Londra dovevano essere considerate non un massimo, ma un minimo per l'Italia, in quanto la defezione russa del 1917, aveva accresciuto notevolmente il nostro sforzo nella guerra. L'Italia si trovò, invece, dinanzi al furore teologico di Wilson contro il Patto di Londra, considerato un Patto segreto e quindi ignorato dagli Stati Uniti. Ora l'autore ci spiega che la redazione del Patto di Londra subì immediatamente una grave alterazione nella traduzione dal testo italiano al testo ufficiale: alterazione dovuta al Cambon, ambasciatore di Francia a Londra. Là dove, nel testo italiano, si leggeva che « restavano impregiudicate le decisioni dell'Europa a guerra finita, per taluni tenitori adriatici, compreso Fiume i- nella traduzione francese redatta a Londra, si legge che quei territori adriatici ompreso Fiume « sarebbero stati attribuiti alla Croazia, alla Serbia e al Montenegro ». Nel novembre del 1917 stGlmnarcstdtntsclntAcaligntpcsagcvanfnDì grande importanza è il 1 rio relativo ai Convegni di Rapai- j lo e di Peschiera, dal sei all'otto Inovembre del 1917. Sono i conve- I gni originati dalla conclusione sfortunata della XII battaglia del-{l'Lsonzo, mentre le nostre truppe |si ritirano sul Grappa e sul Piave, Nei mesi precedenti, alle spalle dell'Italia, si era svolto un segreto maneggio diplomatico tra Parigi e Vienna per il tramite del Principe Sisto per una pace separata de- gli alleati con l'Austria. Lloyd George, nelle sue « Memorie di Guerra» parla a lungo di questojtentativo e riconosce l'ostilità di !Sonnino a cgni tentativo del ge-1nere. Lloyd George parla anche, è \vero, di iin preteso tentativo ita- ]liano di pace separata, ma in mo-do molto dubitativo e dovendo ammettero che nè il Re, nè Sonni- no potevano averne notizia L'AI- , dovrandi pubblica qui. a pag. 127. una minuta redatta da Sonnino in è a e a à . i r i l e l ì a i i o o e o l a o i a a o i e i a a a i e i a cui la notizia del passo italiano è smentita nel modo più categorico. Il 6 novembre del 1917 si incontrano a Rapallo Painlevé, Lloyd George, Orlando e Sonnino. Gli alleati promettono il loro concorso, ma domandano la testa di Cadorna e di Porro. La discussione è in alcuni punti penosa. Orlando puoi rispondere, sin dal primo accenno, che un mutamento nel Comando superiore della guerra è già stato deciso a Roma dal Censiglio dei Ministri. L'atmosfera sconfortante di questo incontro muta l'S novembre a Peschiera quando interviene il Re. Ugo Ojetti ha descritto già molti anni fa questo incontro in una mirabile pagina rielle sue « Cose viste ». Le testimonianze successive non hanno fatto che avvalorare que' racconto. Anche Lloyd George n -a, nelle citate memorie di essere rimasto ammirato della calma virile e della serena fermezza del Re d'Italia in quei giorni di angoscia. Aggiunge anche, è vero, che Foch, dinnanzi a tanta fermezza mirante a togliere ogni impressione sulla pretesa mancata resistenza di alcuni reparti dell'esercito, emettesse dei grugniti di impazienza. Ma a parte l'attitudine di Foch a grugnirò (per questo motivo Clemenceau e Wilson non desideravano mal di vederlo durante le trattative di pace del 1919) è da osservare che Foch non era presente alla esposizione del Sovrano. I generali Robertson, Foch e Wilson furono fatti entrare solo al termine della riunione e per ricevere le istruzioni necessarie per la condotta della campagna, Dopo la colazione frugalissima, portata in canestri, Orlando prepara la bozza di un proclama. La sua natura sentimentale pronta alla emozione lo spinge a scrivere: « Una immensa sciagura ha straziato il mio cuore di italiano ». Sua Maestà cancella questa prima frase e approva il resto. In questo solo episodio si rivela la diversa tempra del due uomini. Passa un anno da quei giorni. Ed ecco che l'aquila della vittoria degli alleati spicca il suo volo dal fronte del Grappa e dell'Isonzo. I nostri corrono a Parigi per prepararvi le condizioni dell'armistizio. Il 30 ottobre 1918, riunione al Quai d'Orsay, presenti Orlando, Sonnino, Clemenceau, Pichon, Lloyd George, Balf oùr. A un dato momento Pichon legge le condizioni navali preparate dai periti: esse comprendono la consegna di quasi tutta la flotta austro-ungarica. Alla fine del lungo elenco Clemenceau esclama: « On ne demande pas les culottes de l'Empereur? ». Incomincia l'offensiva dei sarcasmi e delle insidie antiitaliane di questo tipico rappresentante del più duro e chiuso egoismo francese. Un capitolo d'importanza fondamentale è dedicato alla settimana di passione adriatica dal 17 al 27 aprile 1919. L'Adriatico Sonnino aveva compreso le difficoltà della paoe. Di ritorno a Roma nei giorni della vittoria il 6 novembre, invece di godere le gioie del trionfo, si era sottratto a ogni dimostrazione, era anzi disceso dal treno a Furbara per giungere a Roma, quasi in segreto, in automobile. La cronaca politica di quel tempo, tra il novembre del 1918 e l'aprile del 1919 è troppo nota per tornarvi su. Dobbiamo procedere per sommi capi. Il 24 marzo in luogo delle riunioni plenarie troppo numerose, ebbero inizio le riunioni private dei quattro Presidenti: Wilson, Clemenceau, Lloyd George e Orlando. L'opinione nazionale italiana domandava la esecuzione del trattato di Londra e in più Fiume per il maggiore concorso dato dall'Italia alla vittoria alleata dopo la defezione russa. Francia e Inghilterra dichiaravano di volere attenersi al patto di Londra se gli Italiani lo richiedevano. Ma Wilson non nascondeva il suo malumore ogni volta che si nominava il patto di Londra. Dichiarava di ignorare e di non riconoscere questo trattato e di riprendere la sua intera libertà ove si insistesse a fondare la pace su di esso. In sostanza Wilson rifiutava di dare all'Italia sia la Dalmazia che Fiume. Dinanzi a questo atteggiamento dell'associato, i due alleati si stringevano nelle spalle. Solo Lloyd George dimostrava una cordialità e un favore del tutto esteriori e formali verso di noi, senza però mai entrare in polemica con Wilson. Orlando pensò allora di negoziare il « Patto di Londra » con alcune rinuncie per la Dalmazia allo scopo di avere Fiume. Negoziato infelice e senza alcun risultato utile. La discussione dei Quattro sulla questione italiana incominciò il 19 aprile con una esposizione di Orlando. Il 20 1 aprile, domenica di Pasqua, dopo - j una Iun*a tirata su"a necessità o IP" lui e Per ntalia di raon'e' *e - I necessario, per la causa del diritto e e lIelIa giustizia, Orlando shi-{^"ostava lungamente. La discuse | sione era a un punto morto e non , poteva procedere utilmente. See guirono visite e trattative non o ufficiali specialmente con Lloyd e George, ma ecco, il 23 aprile, scope P^re la bomba del manifesto di - Wilson alla Nazione italiana. L'atd to inconsulto di Wilson stupisce i anche gli alleati. Llyod George e ojClemenceau fanno pubblicare un i ! comunicato Reuter nel quale con-1 fermano la loro fedeltà al Patto di è \ Londra. Lloyd George si reca ad- ] dirittura da Orlando, la mattina -|del 24, per tentare un accomoo damento. Forse questo è il mti- mento buono. Dopo l'urto del gior- no innanzi tutti sono più arren. devoli. Sonnino ha un suo chiaro n e lineare programma; domandare ppfnllscpcasnnrPtrtemrOdNLgsgdltvcaiMagdd e puramente e semplicemente l'applicazione del Patto di Londra. Ma se egli non si preoccupa affatto della popolarità, gli altri se ne preoccupano forse troppo. Orlando parla sempre rii morte tutte le volte che si presenta la necessità rii lasciare Fiume. Tutto il suo cuore e tutto il suo cervello sono per Fiume. Ora, poi, uno scrupolo costituzionale e parlamentare lo assilla. Wilson ha affermato nel suo manifesto, che egli, Orlando, non rappresenta l'opinione italiana. Occorre dimostrare il contrario. In che modo? Convocando il Parlamento. Egli quinrii deve partire. La lettura di queste memorie, pur contro la volontà dell'Auto e, dà la sensazione dell'enorme errore compiuto. Il tentativo di mediazione di Lloyd George sarebbe probabilmente riuscito se Orlando non fosse stato assillato dal suo scrupolo parlamentare. Nella seduta del 24, procurata da Lloyd George presso Wilson, l'argomentazione dì Sonnino è diritta, serrata, legata ai fatti, ai limiti geografici e ai nomi delle città e delle isole, mentre quella di Orlando è tutta di natura sentimentale e personale. E' chiaro che egli vuol partire senza concludere, poiché ha la sicurezza di non potere avere Fiume. A un certo momento il diverso atteggiamento dei due Ministri italiani si fa manifesto anche di fronte agli stranieri. Dal giorno della partenza dei nostri delegati a quello del loro frettoloso ritorno a Parigi, la guerra diplomatica è perduta per l'Italia. I mandati e Smirne Il 7 maggio 1919, i delegati tornano a Parigi e alle ore 11 si recano in casa di Wilson. E' interessante leggere nel giornate del Maresciallo Wilson come Orlando non fosse atteso dagli altri Delegati. Lloyd George aveva convocato il Maresciallo per quell'ora per dargli delle disposizioni relative all'occupazione di Smirne. Leggo nel testo francese del Giornale del Maresciallo Wilson » a pag. 512: •:■ Je fus trés an nusé de voir l'auto d'Orlando s'arréter et ce dernier entrer sachant qu'on ne l'attendait pas. Lloyd George vint dans la pièce ou je me tenais et dit que l'apparition inattendue d'Orlando était trés facheuse: nous allions discuter à fond l'acceptation de Smyrne par les Grecs ». Nel pomeriggio vi fu la consegna a Versailles delle condizioni di pace ai tedeschi. E, dopo la cerimonia, di nuovo riunione dei Quattro. Sulla tavola del Consi glio è il documento della spartizione delle Colonie Tedesche. Quando Aldovrandi se ne accor ge, richiama la attenzione di Sonnino per due volte sulla gravità della discussione. Sonnino solleci ta Orlando e infine questi inter viene debolmente per reclamare un mandato per l'Italia. Intanto si continua a tacere con l'Italia per la cessione di Smirne alla Grecia fino a quando tutto non sarà pronto per l'occupazione. Il 12 maggio il momento buono è giunto. Clemenceau si riserva il perfido piacere di annunciare lui la sgradita notizia agli italiani, ma ha ancora il pudore di mentire dicendo: « Durante l'assenza italiana i Greci ci hanno chiesto di fare uno sbarco a Smirne f. Questa versione sembra troppo dolce a Wilson il quale interrompe acido per dire « Siamo noi che l'abbiamo suggerito ai Greci. La richiesta originale non venne dai Greci. Il Consiglio ha suggerito ai Greci di sbarcare le loro truppe per prevenire ulteriori massacri. Questa fu. molto in bre ve, la sconfitta dell'Italia nella guerra diplomatica a Parigi, dopo la sfolgorante vittoria dell'autunno a Vittorio Veneto. Il fanatismo stolido di Wilson, l'odio brutale e senile di Clemenceau, la furbizia cordiale, ma insidiosa dì Lloyd George, non ebbero freni nel trattare l'Italia come il parente povero alla mensa dei ricchi. Vi fu un giorno in cui Clemenceau arrivò a dire: « Io sono qui a fare la pace » e dopo breve pausa: « con Lloyd George e con Wilson ». L'Italia non esisteva per lui. Orlando e Sonnino ottennero il confine al Brennero e preferirono lasciare insoluto il problema orientale. E ora la conclusione. , L'Aldovrandi difende in sostanza l'opera della Delegazione italiana. Non è vero, egli dice, che gli italiani furono deboli a Parigi. Ora non vi è dubbio che gli Italiani difesero il loro punto di vista con tenacia, con calore ed anche con sincera passione. Ma è anche vero che furono battuti. Furono battuti dalla coalizione degli ex-alleati e un po' dalla loro stessa impostazione della pace. Mancava in loro soprattutto la coscienza dei grandi problemi coloniali. Per gran parte, poi. Orlando e Sonnino furono vittime del sistema e del clima politico del tempo: la lotta dei partiti nel Paese, l'assalto alla diligenza sempre pronto in Parlamento, l'agitazione sovversiva, ogni giorno crescente nella primavera e nell'estate del 1919. Oggi noi possiamo guardare con serenità a quegli eventi. Mussolini, che iniziava in quell'anno, la rivoluzione dei Fasci contro i rlnunciatori e i bolscevici, ha fatto tra l'estate del 1935 e la primavera del 1936. la più bella vendetta italiana dell'ingiurioso negoziato di pace del 1919. Noi siamo certi che il Tigre troverebbe, oggi, un tono di voce dolcissimo per parlare con Mussolini, come siamo sicuri che Wilson sarebbe colpito da follia dopo il primo colloquio oppure rinsavirebbe totalmente. Il volto e la voce d'Italia hanno, oggi, la linea cesarea e il suono sovrumano del volto e della voce di Mussolini. Ugo D'Andrea ULcèrpcgcpvliaarmdOtledpfvusnqmairslstsecgtlsveprdcc«eivbvcczdissroOdscdscmdscSnc