LÀ PRIMA GUERRA ANTIBOLSCEVICA In Siberia contro l'armata rossa

LÀ PRIMA GUERRA ANTIBOLSCEVICA In Siberia contro l'armata rossa nat LÀ PRIMA GUERRA ANTIBOLSCEVICA In Siberia contro l'armata rossa n Duce ha detto a Milano trattando del bolscevismo: Ma noi lo abbiamo combattuto questo nemico e lo abbiamo vinto. Egli si riferiva alle.epiche lotte degli anni .bui contro i bolscevizzanti nostri. Ma parecchi ascoltatori e lettori debbono aver sussultato ripensando ad altre lotte loro quasi contemporanee, contro i bolscevichi originari. Sono i superstiti italiani che, per vie diverse, in piena Siberia, proprio nel periodo della più feroce demolizione bolscevica, trovarono modo di compiere azioni non meno degno di quelle dei loro compagni d'arme sulle fronti di Europa. Italiani in Russia E' strano che di quelle imprese, la cui drammaticità non è inferiore a quella di qualsiasi romanzo di avventure, poco o nulla siasi finora scritto. Che io mi sappia, v'era il solo volume del Bazzani Soldati italiani nella Russia in fiamme, e quello del Grasselli L'Esercito italiano in Francia ed in Oriente, Balcunia, Palestina e Russia a cui in questi giorni si è aggiunto il libro del generale Luigi Segato L'esercito italiano oltre i confini (ed. Vallardi Milano) il quale, però, come gli altri quattro volumi della grande opera L'Italia nella guerra mondiale usciti nello scorso anno, è condotto con quel rigore storico, a cui l'illustre storico e soldato ci ha avvezzi. Qui troviamo i dati sicuri, ma le vicende sono cosi grandiose e varie da far augurare che il loro ricordo non rimanga chiuso nella memoria degli italiani, che vi parteciparono. Affinchè il lettore abbia una schematica visione di tali vicende, ne dirò qui qualche cosa sulla scorsa di letture e di ricordi personali. Ad un certo punto della guerra mondiale, nel 1916, gli alleati dell'Intesa pensarono all'opportunità di sbarcare forze nei porti dell'Oceano Artico per prendere di fianco i tedeschi, che avevano notevolmente progredito sul territorio russo. Ma i preparativi e le difficoltà di trasporto richiesero molto tempo, cosi che l'azione partente dalle basi marittime di Murmansk e di Arkangel non ebbe efficacia e non potè poi svilupparsi pel sopraggiungere degli avvenimenti interni della Russia. Belle prove di disciplina e di resistenza in condizioni durissime di clima dette una Colonna Savoia formata da una compagnia di uoinini sceltissimi. Intanto avevano anche pensato gli alleati all'utilità di inquadrare in formazioni speciali 1 prigionieri fatti all'esercito austro-ungarico, ripartendoli per nazionalità in modo da utilizzarli sia come combattenti, sia come fondamento degli eserciti degli Stati, che avrebbero dovuto sorgere dalla dissoluzione dell'Impero absburgico. Cosi, ricordiamo, si costituirono presso di noi la divisione cecoslovacca e la legione polacca. Il maggior numero di questi prigionieri si trovava in Russia, e sul finire del 1916 se ne incominciò il raggruppamento. Nel 1917 ben 35.000 poterono essere trasportati in Francia per via di mare. Ma sopravvennero i ghiacci a chiudere i porti d'imbarco e la rivoluzione a disgregare ogni ordinamento militare russo. Nella confusione generale gli ex prigionieri non ebbero altra via d'uscita che quella attraverso la Siberia per raggiungere Vladivostok: circa 12.000 chilometri da percorrersi come meglio si poteva. Questo spostamento avrebbe assunto le forme d'una vera migrazione e si sarebbe forse disperso in mille rivoli nelle Immense steppe siberiane, se ad un certo momento ad Omsk nel cuore della Siberia un uomo non avesse esercitato funzione di polarizzatore. Era questi l'ammiraglio russo Kolciak, energico e valoroso soldato, che prese su di sè la costituzione e la condotta di un esercito antibolscevico. La maggior parte di questo, oltre 60.000 uomini, era composta di cecoslovacchi. Da meccanico a generale Non è necessario essere versati nelle discipline militari per rendersi conto delle difficoltà da superare. La condotta delle • operazioni era già ardua di per sè stessa dato il nemico da combattere, spesso inafferrabile ed insidioso cosi da costringere a guardarsi da ogni parte. V'erano poi le difficoltà derivanti dalla eterogeneità ed impreparazione dei quadri e la molteplicità delle lingue. Ma il più formidabile era il problema dei rifornimenti. Per quello dei viveri non esisteva evidentemente altra soluzione che quella delle requisizioni sul posto, che però non contribuiva certo allo stabilirsi di buone relazioni cogli abitanti, Quanto alle armi ed alle munizioni, si dovette ricorrere ad un sistema radicale: abbandonate le armi possedute, che non avrebbero potuto ricevere rifornimenti, si adottò l'armamento giapponese per tutti e colle basi di rifornimento a parecchie migliaia di chilometri. In questa cosi difficile situazione logistica ebbe modo di rivelarsi e di spiegarsi la genialità del capo di Stato maggiore di Kolciak. E' questi Vladimiro Klecanda cecoslovacco. L'ho conosciuto a Parigi qualche anno più tardi, generale a 35 ,anni. Prima della guerra lavorava in una fabbrica di biciclette. Fatto prigioniero in combattimento o disertore, non ricordo esattamente, si trovò nel campo russo e non tardò a trovar modo di combattere da buon ceco contro 11 nemico tedesco. Raggiunse presto il grado di capitano; poi per non so quale accidente, fu retrocesso a soldato, poi ricominciò la carriera ascensionale. Avver lo sfacelo russo, 11 Klecanda èscbccueMPazccncdbEdlmPoralrr o i i e o e i i e a o e i , n . o l l ò n i a i e r a i o e i d n i e . e i e i a , o a à n i a e e : , e e e a a o a a a a n l r o ; u a è preso da Kolciak come capo di stato maggiore. Per dare un'idea del modo con cui si dovevano risolvere i problemi logistici, ricordo questo racconto del generale Klecanda. A capo dei servizi avevo bisogno di un uomo adeguato alle circostanze e tra gli ufficiali non lo trovavo. Mi ricordai d'aver conosciuto a Pietrogrado un direttore di grande albergo intelligente e pieno d'iniziative. Lo cercai, lo trovai e lo creai intendente generale e tutti ce ne trovammo benissimo. Come il Klecanda sia riuscito a non condividere la sorte del suo comandante, che venne fucilato dai bolscevichi ad Irkutsk 11 7 febbraio 1920, non so. Ritornato In Europa, completò il patrimonio delle sue cognizioni frequentando la scuola di guerra francese. Comandò poi la divisione militare di Pilsen ed oggi è stato chiamato ad organizzare le forze militari di non ricordo quale repubblica sudamericana. LtgsftinclLa guerrigliRitornando agli avvenimenti, l'esercito di Kolciak, che aveva raggiunto un discreto grado di efficienza e che sempre si comportò onorevolmente, dovette al fine soccombere, un po' pel logorante sistema di guerriglia, un po' per difficoltà materiali insormontabili, un po' perchè l'intesa se ne disinteressò troppo, ma soprattutto per il piano troppo grandioso adottato dal comandante. Intendeva Kolciak raggiungere la costa a nord, dare la mano a Judenic che dall'Estonia puntava su Pietrogrado, dare la mano a Denikine che operava in Ucraina. Il dissemìnamento di forze e le defìcenze dei comandanti in sottordine portavano allo sfacelo. I resti presero la via di Vladivostok e, imbarcatisi, nell'estate e nell'autunno del 1920 rientrarono alle loro case, che avevano lasciato nell'agosto del 1914 e che ora erano in territorio nazionale Indipendente. A proposito dell'unità di sforzi per.debellare il bolscevismo ricordo — ciò che ha un certo sapore di ricorso storico — che sul finire del 1919, essendo delegato italiano in una missione incaricata di sgombrare le truppe tedesche dai territori ex-russi, un generale tedesco, credo si chiamasse Hoffman, ci presentò un progetto di azione comune contro 1 bolscevichi. Allora gli eserciti erano ancora in gran parte mobilitati e le forze bolsceviche allo stato caotico. Ma figurarsi se i Poincaré ed i Clémenceau, pur predicando la siepe di filo spinato attorno alla Russia, avrebbero acconsentito di operare a fianco del Tedeschi! Figurarsi l'accoglienza che deve aver fatto Nitti alla mia relazione, se pure gli è venuta nelle mani! Creatasi nella prima metà del 1918 sul territorio russo la ricordata situazione ed avute notizie at tendibili sulle condizioni degli exprigionieri, che sarebbero presto divenuti cittadini italiani, il nostro governo non poteva rimanere inattivo. Sebbene le disponibilità in uomini fossero scarse e notevoli forze impiegate su terre straniere, nell'agosto 1918 venne decisa la creazione del Regio Corpo di spedizione in Estremo Oriente con deposito a Vladivostok. Colà furono inviati, e vi giunsero nell'ottobre, il ten. col. Fassini Camossi quale comandante, un certo numero di ufficiali e graduati per un primo inquadramento degli ex-prigionieri, una compagnia dell'85° fanteria imbarcata a Massaua ed una sezione d'artiglieria. Nello stesso Gndtempo i nostri consoli in Russia venivano autorizzati ad arruolare] gli ex-prigionieri nati nelle nostre regioni irredente. Con queste provvidenze, ed in quanto i bolscevichi ne avrebbero tenuto conto, agli exprigionieri veniva data veste legale di combattenti e non più di partigiani. Nell'inverno i nuovi reparti si organizzarono, cosi che quando nella primavera del 1919 l'incendio scoppiò in tutta la Siberia, essi furono in grado di efficacemente combattere irradiandosi in varie direzioni da Krasnojarsk. Le ripetute dichiarazioni dei comandanti superiori attestano l'alta considerazione, in cui questi reparti erano tenuti. La guerra regolare era però finita da uh pezzo in Europa; l'eventualità di una ripresa contro la Russia bolscevica era esclusa; in Italia si creava quell'atmosfera bolscevizzante che il Fascismo doveva combattere e disperdere; le operazioni in Siberia vennero considerate come interne e dirette contro una forma di regime; perciò Roma ordinò il rimpatrio del Corpo di spedizione, i cui ultimi reparti lasciarono Krasnojarsk il 7 agosto. Il tricolore a Gerusalemme Non hanno alcun rapporto diretto con le operazioni antibolsceviche, ma non so resistere alla tentazione, suscitata dal libro del gen. Segato, di accennare a quell'altro minuscolo Regio Corpo di spedizione in Palestina e Siria, che cosi brillantemente operò a fianco della grossa armata britannica del generale Allenby. Coni altra visione dei nostri interessi e delle nostre possibilità nel vicino Oriente, con una meno rigida applicazione del principio di non disperdere le forze, si sarebbe aderito alla richiesta britannica di dare carattere interalleato alle operazioni contro i Turchi e Tedeschi di Palestina con qualche cosa di più che una compagnia di bersaglieri ed una sezione di RR. CC, almeno con forze pari a quelle della Francia, che mandò 3 battaglioni ed 1 •batteria. Questo piccolo reparto, inviato nel febbraio del 1916, combattè in modo da destare ammirazione e fu la scorta d'onore quando, conquistata Gerusalemme, lai bandiera italiana fu issata, a finn- J co della britannica e della francese, sulla torre della città santa I e . a e nel dicembre 1917. Partecipò poi alle successive operazioni che portarono alla completa disfatta del nemico ed alla occupazione di Beirut e di Damasco. Avuta finalmente nell'ottobre 1918 quella visione, che era mancata nel 1916, si costituì un vero e proprio Corpo di spedizione composto delle tre armi. Ma era tardi, le posizioni politiche e diplomatiche erano prese e l'atmosfera in Italia quella, di cui s'è detto; l'ordine di rimpatrio venne dato nell'agosto 1919. Francia, Macedonia, Albania, Libia, Palestina, Russia: altrettanti teatri d'operazione della guerra veramente senza confini, sui quali generoso sangue italiano fu versato. Il numero non importa. Anche piccolo — e non fu cosi in Francia ed In Macedonia — fu certamente superiore all'utile politico. I tempi non erano maturi. Gen. Giovanni Marietti