L'epica impresa della colonna celere nella narrazione del suo comandante Achille Starace di Giovanni ArtieriGiovanni Artieri

L'epica impresa della colonna celere nella narrazione del suo comandante Achille Starace La marcia su Gondar e la conquista del Goggiam L'epica impresa della colonna celere nella narrazione del suo comandante Achille Starace La vittoria contro il tempo, contro la boscaglia, le montagne, la tem per atura - L'impossibile diventato realtà - L'audace volo e la discesi a Debra Marcos tra 2000 nemici armati che gli si sottomettono peratura - L'impossibile diventato realtà - L'audace volo e la discesa ' Subito che venne ordinata da Badoglio, l'impresa di Gondar apparve, a moltissimi, non difficile, impossibile. In Africa occorre fare i conti con i « vecchi coloniali » che sono brave persone che la sanno lunga su tutto, in materia di clima, genti, territori di laggiù. E soffrono leggermente d'idee fisse. Nel caso dell'azione di Starace, pel modo come doveva essere condotta e per i terreni ove si dirigeva « gli informatori furono drammaticamente negativi >. Lo dice il Comandante nelle prime pagine del libro (.La Marcia su Gondar, Mondadori ed., Milano) che ha scritto a documento di quella Indimenticabile spedizione. Era data per indiscussa ed assoluta la mancanza d'acqua dal Setit all'Angar&b, invincibile l'azione delle alte temperature meridiane sugli uomini, impenetrabile la boscaglia torrida del Cafta, dell'Uolcait e dello Tzeghedè, invalicabili i tre gradini montagnosi da Checc a Tucul Denghià e Gondar. Venne citata e agitata la gran legge del bassopiano, che non consente nè a uomini nè ad animali di marciare durante gran parte del giorno, ed adombrata la possibilità che la Colonna motorizzata andasse In fiamme, attraversando gli ampi mari vegetali in preda agli Incendi per combustione spontanea. Si prospettò il vantaggio enorme pel nemico d'affrontare uomini disseminati In un leggero velo lungo una riga di centinaia di autocarri impegolati su terreni fitti come il pelo di una spazzola. Insomma gli informatori dissero tutto ciò che sapevano e non furono, come poi constatammo, molto lontani dalla verità quanto alle condizioni naturali. Prima dell'Angareb Incontrammo acqua ma non sempre sufficiente al bisogni della Colonna, uomini e radiatori. Sotto l'Altopiano dovemmo lasciare i veicoli e andarcene a piedi, e la boscaglia, in orrore dantesco superò, quando ci fummo dentro, ogni terribile immagina zicne che ce ne avevano suggerì ta all' Asinara. Ma quanto agli uomini nè le temperature di alto for no, nè la selva infame, nè la legge del bassopiano potettero niente. I Bersaglieri del Terzo, le Camicie Nere del battaglione « Mussolini » con il loro animo e 11 loro sforzo superarono ogni possibilità umana Ed il Comandante fu degno del soldati. Pc'ció si giunse, in anticipo sul tempo stabilito a Gondar. Assolutamente soli Le fasi della marcia sono note agli italiani e sono consegnate con vasta documentazione fotografica nel libro, non ne ripeterò la descri zione. Il compito della Colonna motorizzata era parte, certamente, dell'amplissimo piano di battaglia che Badoglio aveva concepito nella sospesa e drammatica sosta del dicembre '35. Ne era una delle articolazioni, una mossa sulla ster minata scacchiera del fronde nord. E sul fronte, di Gondar si parlava sin dall'ottobre, dopo Adua. Urgeva assicurare l'ala destra dello schieramento italiano. Ma lo svi' luppo della grande battaglia strategica del Tigrai ritardò l'Impresa che poi solo nel marzo veniva affidata a Starace. Adesso il documento che il Comandante ha pubblicato Isola nella storia della Conquista etiopica l'entità e il carattere dell'impresa. Per noi, che avemmo l'onore di seguirla fino al Lago Tana, questi nudi capitoli brevi e sostanziosi, servono a farci rimettere a fuoco ricordi appena annebbiati, a raddrizzare qualche scorcio deformato, a fermare tante ore di quel tempo faticato e felice in cui il mestleracclo ci condusse dietro Starace per boschi infocati, foreste e dolci colline, dormienti pianure-inferno e gelo dall'Asinara a Gondar al Tana. Ma al lettore comune, adesso che il tempo gradualmente sistema le prospettive e rileva 1 valori di quel brano di storia italiana ch'ebbe a teatro l'Africa Orientale, il libro pone sotto gli occhi l'impresa di Gondar nel racconto di chi la condusse e gliela mostra in tutte e tre le dimensioni. Perchè ad essa, senza vuote chiacchiere, si trovi il posto che merita nel quadro della strategia e della tattica operativa di Badoglio. E voglio aggiungere a questo punto che se per i lineamenti generali e nelle fasi culminanti dell'impresa non mancò a Starace l'ordine e il consiglio del Comando Superiore, nella esecuzione minuziosa, diuturna, continuativa; per le innumerevoli iniziative, in specie durante la conquista del Beghemeder e del Goggiam, peso e responsabilità appartennero intieramente a Starace. I risultati son quelli che tutti conoscono: la integrale conquista, in tre mesi (20 marzo-20 giugno) della Etiopia occidentale, centomila chilometri quadrati di terre fertilissime, gemma dell'Impero. Passato il Setit la Colonna celere fu completamente isolata. Doveva contare sulle sue forze — tremila uomini circa, sei cannoni da 75, un centinaio di mitragliatrici pesanti e leggere, quattrocentotrentatre autocarri, trenta giornate di viveri. — Il successo era affidato al cuore del Comandante e alla resistenza dei soldati. Occorre ben precisare che nessuna grande unità si trovava nel raggio d'azione della Colonna. Voglio dire che se gli abissini avessero operato l'attacco in massa, o semplicemente — come potevano fare con infantile facilità — incendiato il territorio, il generale Couture, che si trovava a Caftà, la banda del capitano Bechi che al trovava al torrente Bacher, la banda cammellata del capitano Saroldi che era al confine sudanese, quan- bd'anche le loro esigue forze avessero potuto apportare aiuto valido, si trovavano nella materiale impossibilità di accorrere. Se queste indicazioni geografiche dicono poco o nulla sottintendono però decine di ore di autocarro indietro o ai lati della Colonna, al momento della sua marcia nella boscaglia dell'Uolcait ove la strada veniva aperta dal cozzo del radiatori contro le muraglie di bambù o dal tormentoso lavoro delle gravine. Nè tanto .'meno esisteva la copertura degli eritrei di Cubeddu, che venivano dal Tacazzè, per Dabat e Debarec su Gondar, distanti da noi trecento chilometri almeno in linea d'aria. Assolutamente soli dunque, col nemico al lati e la foresta davanti. Nella sua limpida esposizione 11 Segretario del Partito adopera una bella immagine per caratterizzare il modo e il metodo dell'azione * Quest'era nel nostro plano e nella nostra volontà: la traiettoria di una freccia che doveva piantare la bandiera italiana in una delle regioni di maggiore importanza politico militare ed economica dell'Impero Etiopico ». Infatti in relazione all'ostacolo del clima del terreno e del nemico la Colonna Celere fu un freccia, 11 cui volo non si arrestò a Gondar e al Tana; ma, occorro aggiungere, non era scagliata a perforare l'aria. A parte la roccia e il bosco, i 60 gradi al sole la minaccia della sete, sull'Itinerario era no disseminate forze avversarie di Imprecisabile numero, di cui a) l'atto della sottomissione conoscemmo personalmente 1 capi Atò Mulù Ailù Farlss, Aianà, I dmUoldeselasslè ed altri—• che ci se guirono passo passo e numerose volte furono tentate d'attaccarci. Tutto ciò, senza tener conto della eventualità di combattere, che ai bersaglieri e al legionari appariva I dopo Gondar il Lago Tana, che come il più felice ed augurabile del casi, complicava con misure di rigida sorveglianza il già tremendo lavoro dell'avanzata. Rapidità e sorpresa Fu in grazie degli accorgimenti del comandante se la colonna, ricevette solo due o tre urti poco sanguinosi, in coda, mentre che il grosso non venne disturbato. Starace sapeva perfettamente lo enorme rischio in cui eravamo, tutti. « L'obiettivo doveva essere raggiunto ad ogni costo entro il più breve termine. Il tempo era contro di noi e se non riuscivamo a dominarlo, ne saremmo stati sconfitti >. Allora impiega 11 mas simo dell'energia per stringere le tappe. Adopera l'arma della sorpresa. Da diverse parti, ivi compresa l'esplorazione aerea, si se gnalò — ad esempio — che nuclei di truppa sudanese con uffl ciali inglesi si dirigevano su Gon dar. Affrettare, ordinò il comandante, e aggiunse: «Se 11 trovo a Gondar son cannonate. Dopo mi fucilino pure ». Con quest'animo alla testa di circa mille uomini Starace la mattina del l.o aprile comparve in fondo valle del torrente Cahà, in vista dei Castelli portoghesi. Settemila persone, gli resero omaggio, con l'aria più pacifica di questo mondo. Ma l'arrivo degli ascari di Cubeddu, quattr'ore dopo la nostra entrata ci sollevò l'animo. E' adoperando l'arma della sorpresa, a doppio taglio, ma unica possibile nel territorio e nelle condizioni in cui si venne a trovare Starace manda una colonna, comandata dal generale Cubeddu, ad occupare Bahar Dar, alle radici del Nilo Azzurro e progetta la conquista del Beghemeer e del Gog- giam. La freccia vola rapidissima verso il punto di appicco. Precede con 103 uomini le colonne di occupazione ed entra a Debra Tabnr. Parecchie centinaia di armati, presi dal panico per la cosi fulminea comparsa dell' enderassiè (vicario) di Mussolini — cosi è ormai r|oto universalmente nel territorio <flel Tana — si sottomettono subito. Tre contro duemila e a i i n n a . a e d i - E' difficile dare una chiara idea del complessi movimenti e dislocazioni, adottati principalmente per celare agli Informatori nemici la esiguità delle forze per una conquista territoriale cosi vasta. Nel libro si leggeranno ordini del giorno che sono capolavori di astuzia e di accorgimento. Nel Beghemeder e nel Goggiam v'era da aspettarsi d'incontrare ancora una cospicua parte delle forze di ras Immerù, scheggiate fino a quelle regioni dall'urto e dalla sconfitta subita allo Sclrè. Su terreni scoperti, era più difficile, adesso, illudere il nemico sulla reale consistenza della forza armata. La situazione del Goggiam, terra potenzialmente ribelle al trono di Addis Abeba, permetteva di procedere all'occupazione di Debra Marcos. Ma occorreva sfruttare senza esitazione lo stato d'animo delle popolazioni, raccogliere e dirigere i ribelli contro le forze di ras Iminerù, e Asfauosaen Cassa, fuggiaschi dallo Sclrè e dal Temblen L'investimento di Debra Marcos, cosi come l'aveva ordinato il comandante doveva avvenire in tre punti, per opera di due colonne laterali costituite da ribelli goggiamiti comandati dal capi Bilai e Chessesseu, e d'una colonna centrale di eritrei e Camicie nere. Ma giunge notizia che tra 1 capi non corre buon sangue, che d'altra parte i soldati di Immerù potrebbero sottomettersi se non venissero a contatti con i ribelli armati, ed In tal caso oltre ad una strage inutile il paese andrebbe in fiamme e le popolazioni coinvolte nel massacro. La truppa bianca non può arrivare prima delle bande irregolari, a stabilire col suo prestigio ordine e autori tà. Inoltre la conquista di Debra Marcos e la liberazione del Goggiam, rischiava di passare non come opera delle armi Italiane ma moto rivoluzionarlo degli stessi nativi. Alta e nobile considerazione quest'ultima. Allora Starace con un tratto di enorme audacia decide di arrivare da solo, in aeroplano, prima di tutti. « Non mi accingeva a compiere un gesto che avrebbe potuto far pensare a leggerezza da parte mia. A prescindere dalle considerazioni che ho esposte vi era un fine storico, di fronte al quale non potevo e non dovevo rimanere indifferente ». Parte da Bahar Dahar con due apparecchi '■■ RO 1 » della 41.a squadriglia e sorvolando le colonne in marcia arriva a Debra Marcos. La gente armata è impietrita di stupore. At terra. I tre ufficiali smontano una mitragliatrice e, due lo seguono; il terzo resta a guardia degli apparecchi. La massa gli è davanti, irta di lance e di fucili. Le va incontro, risolutamente. Ogni esitazione da questo istante in poi gli può costare la vita. Non ha interprete. Se ne ricorda all'ultimo momento. Se non riesce a parlare a quella diabolica folla, incerta ma feroce, se non stabilirà una corrente magnetica tra la sua volontà e quegli uomini, sarà finita. Il più piccolo gesto ostile farà straripare la forza sbandata di due| mila contro uno solo, rimarrà I sbranato con i due ufficiali che lo seguono. Ma, uno si stacca dalla folla. Leva 11 braccio e dice: « Buonghiorno, signor generale ». ; Starace deve dominare la sua i gioia. E' un ascari. Parla l'italiano « A trenta passi dai nemici — racconta il comandante — mi fermo e ordino al provvidenziale interprete di pronunziare le parole seguenti: «Io enderassiè vengo per ordine del Duce a liberare il Goggiam dagli oppressori ». E' superfluo che aggiunga come gli oppressori fossero proprio coloro che avevo dinanzi ». Alle 10 del mattino, del 20 giugno, due ufficiali comandati da Starace dominano duemila armati | nemici e i moschetti, le lance, le i scimitarre di ras Immerù salutano la bandiera nostra che sale sulla torretta del Consolato italiano di Debra Marcos. Ancora nel giugno, dopo il Goggiam, Starace chiedeva di eseguire altre operazioni nel sud-ovest abissino. La stagione delle pioggie e il nuovo ordinamento territoriale dell'Impero non consentirono quelle spedizioni. Tutta l'opera del Segretario del Partito in Africa Orientale imponente per difficoltà e per vastità di territorio conquistato veniva conclusa nell'azione di Debra Marcos e la colonna celere disciolta. Il comandante che aveva cosi ben servito in Africa ritornava al isuo posto in Italia, agli ordini del ! Duce. La freccia scagliata dal i Setit nel cielo dell'Etiopia ocn! dentale era andata a colpire giusto e lontano. Nel suo volo di lungo fiato, sulle ostili e barbare terre aveva portato, sulla punta come una scintilla, viatico di audacia annunzio di rinascita tra la strana gente, il nome di Mussolini. Giovanni Artieri mrsrlttalcorisneL S. E. ACHILLE STARACE A che fanno fantasia. GONDAR tra gli eritrei (Foto di Giovanni Artieri), |;i|