La guerra di movimento e lo sfondamento iniziale

La guerra di movimento e lo sfondamento iniziale PR QBL.EMLI MIImITARI La guerra di movimento e lo sfondamento iniziale Il molto scrivere e parlare sulla guerra di movimento che si è fatto dovunque in questi ultimi anni sta ormai influendo decisamente sulle dottrine belliche, sulla regolamentazione e sugli ordinamenti militari di quasi tutte le grandi potenze mondiali. Pochissimi, tuttavia, sono i paesi dove si è capito che la guerra di movimento non è soltanto un problema tecnico, ma prima e soprattutto deve essere un orientamento dello spirito popolare e una forma di sentimento nazionale. L'orientamento dell'Italia Senza una tale premessa, con l'aspetto e lo sviluppo che le guerre dell'avvenire prenderanno sicuramente, un esercito, preparato anche in modo perfetto al tecnicismo della guerra di movimento, si troverà in condizioni simili a quelle in cui si troverebbe oggi un esercito di mestiere: strumento, cioè, sia pure temprato e taglientissimo, ma troppo proporzionato e troppo fragile di fronte alla aziono voluminosa, massiccia e pesante degli eserciti a base nazionale. La guerra di movimento può essere imposta vantaggiosamente e spinta fino al successo decisivo soltanto da un paese psichicamente preparato, e preparato tutto e a fondo, al dinamismo, al sacrificio, alla violenta aggressività, ai rischi ed allo spirito guerriero Individuale e collettivo che essa esige. Perciò il paese più adatto e meglio attrezzato del mondo per la guerra di movimento è oggi, senza dubbio, l'Italia di Mussolini. H nostro orientamento verso una tale forma di guerra è quindi razionale; ed il Duce, con la sua caratteristica, infallibile tempestività, vi ha indirizzato praticamente tutte le forze armate, che Egli In unità di pensiero e di azione dirige e comanda, quando appunto ha posseduto la certezza che la preparazione spirituale nazionale era matura. Sotto questo punto di vista la prova data dal Paese durante la campagna etiopica è servita indubbiamente al Capo di indice e di collaudo. E' dunque legittimo e doveroso mettere oggi a fuoco le questioni tecniche più importanti relative alle Ipotesi probabili di guerra futura, considerata in rapporto agli interessi ed alle esigenze peculiari nostre. Durante la interessantissima riunione finale delle grandi manovre deH'Irpmia, che furono appunto esercitazioni sperimentali per parecchi importanti problemi inerenti alla guerra moderna, fu nettamente messo In evidenza come per l'Italia non basti fare guerra di movimento, ma occorra fare guerra di movimento «celere». Tutti i paesi non forniti di ricchezze naturali inesauribili debbono, infatti, temere ed evitare ad ogni costo ogni guerra lenta, o di esaurimento, perchè in questo genere di guerre il vantaggio sta sempre non dalla parte del combattente più valoroso ed agguerrito, ma dalla parte del combattente più ricco. Ora a chi analizzi a fondo le caratteristiche essenziali della guerra di movimento, quando non vi si aggiunga il determinativo « celere », non può sfuggire che essa corre il pericolo di trasformarsi facilmente in ima guerra di logorio a tipo dinamico ed intenso, la quale raggiungerà, in sostanza, lo scopo di fondere più presto, a fuoco vivo anziché a fuoco lento, le risorse economiche del contendente meno ricco riducendolo cosi alla mercè del più ricco. In una guerra manovrata che trasformi solamente a vantaggio dell'arte, la fisionomia troppo statica che le operazioni belliche avevano assunto, ad esempio, durante la conflagrazione mondiale, ma senza tendere con queste trasformazioni alle risoluzioni rapide, chi ha tutto da perdere rimane dunque sempre il contendente meno fornito di risorse economiche. // collasso militareNel gioco della guerra il povero si trova a carte pari, o quasi, col ricco quando esso sa scatenare subito la lotta con violenza tanto immediata e travolgente da ottenere, nello spazio di poche settimane o di pochi mesi, che uno dei belligeranti si trovi atterrato, con la spada del vincitore alla gola. In questa forma di guerra la ricchezza conta relativamente poco: la capacità di battersi è il fattore determinante e decisivo di vittoria. Ma, naturalmente, occorre bati .rsi secondo i principi! della chirurgia e non secondo quelli dell'omeopatia. Alla manovra infatti, <? deus ex machina» della guerra di movimento, è abbastanza facile opporre la contromanovra, così da dare vita ad una forma di guerra un po' meno lunga e monotona delle guerre di posizione ma pur sempre, come già si è detto, guerra di logorio; quando, invece, alla aggressività si deve opporre uguale aggressività, quando alla celerità si deve parare con celerità maggiore, quando alla violenza inesorabile si deve rispondere con violenza altrettanto Inesorabile, la conclusione arriva prestissimo, e non per esaurimento economicoma per collasso militare. Cioè la guerra riprende la mia fisionomia vera, dura, sanguinosatremenda, la fisionomia che in quel borghesiasimo secolo decimoottavo essa aveva perduto a tutto vantaggio dei regimi plutocraticiastutamente mascherati dietro il lenocinlo dei sacri principia liberali. Restituendo alla guerra il suo giusto ruolo, il suo aspetto realela sua funzione storica, si ha anche il vantaggio di renderla più x e a a à a n a e , a , n o , l o , ù umanitaria e meno crudele, perchè rapida e « risolutiva » e, perciò, aasal più temibile e di meno facile ricorso, in quanto veramente aleatoria e gravida di rischi mortali per qualsiasi popolo voglia ad essa appellarsi. Tre possibilità Il belligerante deciso a fare guerra di movimento celere, e preparato ad essa, se avrà un concetto chiaro del suo scopo, al momento dell'apertura delle ostilità si sarà già fissato un obbiettivo, prescelto tra i più vitali e sensibili dell'organismo nazionale avversario, e su quello punterà per la via più diretta, con tutte le sue energie, con la violenza e la celerità massima e, soprattutto, con inflessibile e irremovibile tenacia. L'assalito potrà scegliere allora fra tre atteggiamenti differenti: difensiva passiva, per avere il tempo di raccogliere le forze destinate al contrattacco, o anche, semplicemente, allo scopo di logorare l'assalitore con successive difese onde imporgli una guerra lunga; difensiva attiva, che tenderà a creare diversivi mediante puntate controffensive sui punti sensibili del fronte dell'attaccante, o a preparare le condizioni favorevoli per una grande battaglia campale; offensiva, nel solo caso che chi è attaccato per primo sia esso pure orientato e preparato alla guerra di movimento celere e preferisca lasciare svolgere all'attaccante il suo piano, contrastandolo, s'intende, con ogni mezzo, ma senza opporgli il grosso delle sue forze nella convinzione di potere, con queste, precedere l'attaccante nel vibrare il colpo offensivo mortale. Quest'ultimo atteggiamento, — certamente audace — ma a nostro avviso, da considerare come 11 migliore quando sia basato sopra un ragionevole calcolo di probabilità favorevoli di giungere primi, presuppone, da parte di chi lo attua, una perfetta, sicura fiducia nella saldezza di nervi e nella disciplina popolare, giacché il paese dovrà subire, in parte, i danni dell' attacco nemico. Appare da quanto sopra evidente che, in ogni caso, l'assalitore si troverà di fronte ad apprestamenti difensivi che saranno più o meno solidi e profondi, e più o meno fortemente muniti, a seconda dell'atteggiamento scelto da chi subirà l'attacco, ma che, comunque, richiederanno una predisposizione accurata di forze e mezzi idonei a spezzare e annientare radicalmente queste difese, se non si vorrà che la guerra di movimento celere perisca immaturamente proprio sulle prime trincee delle fortificazioni di frontiera. Chi attacca, cioè, dovrà iniziare la sua azione con una battaglia di rottura sulla frontiera militare dell'avversario. Già nella seconda metà delia guerra mondiale si era cominciato a parlare di « battaglia di rottura » e se la denominazione ebbe successo, non si può dire che, da principio, abbia avuto successo uguale l'applicazione, giacché le prime battaglie di rottura della guerra mondiale ebbero risultati modesti e pochissimo incoraggianti; ma venne la luce abbagliante di Vittorio Veneto, classica battaglia di rottura, ed essa sola bastò a decidere vittoriosamente tutta la guerra mondiale ed a consacrare alla storia ed all'arte militare il paradigma delle battaglie di questo tipo. Le grandi unità La « battaglia di rottura » è oggi più che mai di attualità perchè, pur essendo quasi tutte le grandi potenze militari orientate verso la guerra di movimento, poche sono, finora, ad aver rinunciato alle opere fortificatorie, fronteggiantisi grandiose lungo le linee di confine politico di molti Stati europei, a creare dei bastioni di copertura poderosi e profondi, che gli eserciti, in caso di guerra, dovranno provvedere a superare se vorranno procurarsi lo spazio e il terreno adatto alla manovra. Dipenderà, poi, dal senno politico del governanti facilitare più o meno la battaglia di rottura iniziale assicurando all'apertura delle operazioni il vantaggio della soi-presa, cosi che le frontiere militari, si presentino presidiate il meno potentemente possibile. Ma se ciò potrà rendere il combattimento più rapidamente risolutivo e meno sanguinoso, non ne muterà il carattere essenziale, segnato dalla necessità di dover attraversare un sistema difensivo organizzato, sfondandolo e frantu. mandolo in tutta la sua profon dita e su una estensione tanto am pia da consentire l'ulteriore svi luppo del piano offensivo, il quale dovrà mirare, come si è già detto, soltanto alla decisione rapida, e puramente militare, della guerra. Poiché la guerra di movimento celere comincerà dunque sempre con una battaglia contro posizioni organizzate, pur partendo dal concetto che, di massima tutte le grandi unità di fanteria debbono essere in grado di svolgere una azione di rottura, si dovrà studiare se noti convenga possedere un nucleo di unità speciali, attrezzate ed addestrate appositamente per operare nelle zone fortificate di frontiera. Nelle grandi manovre dell'Irpinia venne esperimentata la brigata motomecanizzata, appunto con compito specifico di rottura; la formazione e composizione delle unità destinate a tale compito è questione tecnica nella quale non entriamo, dato anche che non converrebbe mal fissarsi su un tipo rigido, poiché la prima caratteristica organica di tali speciali unità dovrà essere proprio quella della elasticità ed adattabilità alla situazione, al terreno, alle mutevoli esigenge di impiego. Va invece subito rilevato che 11 compito di cui trattasi nel presente articolo, compito di cui ci sembra di avere sufficientemente delineate entità e importanza, non è compito da brigate, ma è compito per unità di assai maggior mole e cioè per grandi unità capaci, coi soli mezzipropri, di aprire nella coperturadifensiva nemica un varco clic deye essere tanto comodo e sicuro da poter divenire il portone di ingresso della vittoria linalc: quindi largò, profondo e, per il nemico,irreparabile; quindi unità dotate non soltanto di potenza mordente e dirompente, ma anche, e sopra-tutto, unità dotate di una inesau-riblle capacità a progredire Ano a sboccare in terreno libero sulrovescio dell'intera cintura difen-siva avversaria. E tutto questo senza appesantire troppo queste unità che, ri-cordiamolo, debbono costituire la avanguardia celere di una guerrarapidamente dicisiva. j : ) 1 ! j La risoluzione del problema ri-slederà perciò non soltanto nella razionale dotazione e ripartizione di mezzi idonei (artiglierie poten-ti e mobili, carri d'assalto, auto-trasporti, mezzi offensivi speciali, ecc.) ma sarà anche questione di modalità di impiego, di addestramento e principalmente, comesempre, di spirito per le truppe c di idoneità al comando per i capi.Ma quando avrà preparato learmi e gli armati per la vittoriosa aziono di rottura sulle frontiere, chi vuol fare guerra di mo-vimcnto celere si affaccerà, precisamente in quel momento, alla difficoltà più ardua della sua gucr-ra, poiché, non appena vinta la battaglia iniziale, egli dovrà poter procedere velocissimamente col nerbo delle sue forze verso un obiettivo vitale dell'organismo nemico: questa grande avanzata cc-Icre egli potrà effettuarla con sue-cesso soltanto se avrà provveduto bene e in tempo a quella che chiameremo la « organizzazione del movimento ». Giacomo Carboni,

Persone citate: Duce, Giacomo Carboni, Mussolini

Luoghi citati: Italia, Vittorio Veneto