SPLENDORI DI VITA FEUDALE nei restaurati castelli valdostani di Marziano Bernardi

SPLENDORI DI VITA FEUDALE nei restaurati castelli valdostani Romanità, «fi Ca ss a Savoia SPLENDORI DI VITA FEUDALE nei restaurati castelli valdostani Val d'Aosta, ottobre. Sogno dei primi Savoia, scopo della prima politica ancora circoscritta a semplici accaparramenti di terre ma già accolta e realistica degli Umbertini, fu possedere 1 valichi essenziali delle Alpi od almeno porli nelle mani di amici sicuri; e lo ricorda anche Francesco Cognasso quando nel suo libro su Umberto Biancamano accenna alla rete di parentele strette dagli abili conti con vecchie dinastie locali della regione alpina. Capolavoro diplomatico di questo iniziale periodo politico fu senza dubbio il matrimonio contratto dopo il 1046 dal quartogenito del Biancnmano, Oddone, con la contessa Adelaide, marchesa di Susa e eli Torino, già vedova d'Ermanno di Svcvia e poi dell'alcramico Enrico, sterile nei due primi matrimoni e madre in- I vece nel terzo, con altri figli, di quella Berta che nel 1066 sarebbe ; andata sposa all'imperatore Enrico IV, il grande antagonista di papa Gregorio VII. Con questo matrimonio magistralmente architettato sulla necessità dell'impero tedesco d'aver libero il passaggio delle Alpi, la Val di Susa veniva ai Savoia integrando il possesso, dall'altra parte del Moncenisio, della Moriana press'a poco nel medesimo giro d'anni che l'acquisto della Tarantasia completava oltre il Piccolo San Bernardo quello antecedente della Val d'Aosta. Ma nello stesso tempo, degli altri tre figli d'Umberto Biancamano, Amedeo era conte di Belley, Burcardo abate di San Maurizio d'Agauno, Aimone vescovo di Sion; e tutta quanta la fascia alpina dal Chiablcsc alla Marca di Torino andava cosi a poco a poco riunendosi sotto la dinastia dei Savoia che a partire dalla seconda metà del Mille as- sodava i suoi destini a quelli del Regno d'Italia. Perchè non definir romano un simile rea ismo po - tico solidamente basato su fatti geografici e che va estendendo la sua zona d'influenza su regioni dove Roma ancor parla con parole auguste, dall'arco di Susa a quello di Aosta? Fieri e spietati signori Ma la medesima tattica usata dagli imperatori tedeschi verso i Savoia doveva da questi esser tenuta, per analoghi motivi di sicurezza, nei riguardi delle grandi c piccole signorie locali quasi sempre battagliere, turbolente, poco propense a sopportare nella prò pria zona d'influenza l'au d'altrui recenti investiture derl dei settantadue castelli val-dostam appollaiati in cima ai pog- gi allo sbocco delle valli laterali Qtoritft LuiiiaI ru-Si annidati nelle forre profonde o sbarranti in eccellenti punti strategici l'antica strada romana, sono ancor oggi i pittoreschi documenti di tutta un'aspra e splendida vicenda feudale di guerriglie di astuzie, di lealtà, di tradimenti, ni cnriviiai o ri arri ri fiiiiriyia1 P di soprusi e d'atti di giustizia; esu ciascuna di quelle torri diroc- &^?S&tìffi-1^^(^jKTi nronrio tempo che di fatato veio e proprio neppur dopo i elargizione delia Carta delle Franchigie valdostane (1191) non si poteva parlare ben-si semplicemente di potenza dina- stica - per acquistarsi la simpa- tia e la fedeltà della tal famiglia. per smantellare, con l'aiuto di questa, la forza di dominio della tal altra. Non ricorreva forse Amedeo IV di Savoia nel 1242 al-l'aiuto di Goffredo di Challant vi-sconte d'Aosta per dare un colpo mortale alla fiera tirannia dei si-gnori di Bard impadronendosi del loro castello e costringendo il terribile conte Ugo a lasciar le sue terre ormai spezzate, nelle mani dei figli, nei minori e non più temibili possessi d'Introd e di Sarre? Non umiliava forse Amedeo VI nei seggio di giustizia del 136S i nobilissimi.signori di Quart, rivali degli stessi Challant e già detti in Aosta due secoli prima i «Signori della Porta di Sant'Orso», espropriando dei suoi beni il trop-1po indipendente conte Enrico e reintegrandolo nei suoi averi solo dopo un atto di completa sotto- {missione? Si trattava di gente in- | domita, spesso, diciamolo pure, di j solenni ribaldi; e se a sufficienza non lo testimoniassero le atroci prigioni tuttora esistenti nella ròcca di Verrès, basterebbe ricor- ]d,un lnfellce accusato dell'assas jsinio deU'arcivèscovb di Taran\tnai- „rt m._HtH„ rio, nn„*a„_ dare .1 giudizio del giugno 1411 in cui Pietro e Guglielmo di ChaUant, cons.gnori d Ussel e Saint-Marcel, comparivano quali assassini di unsaltimbanco e autori di stupri edaltre violenze, ed ottenevano re-missione d ogni pena soltanto mercè un versamento di cinque-cento donni al conte di Savoia. Non stupisca questa sentenza S'era nel tempo in cui un altro e !dci PÌÙ ÌUrStrÌ ?a"wn» B°nifario' , (|,0 j spese delta tortura,i'„'„,„ „„„,.„„' ,,, r,u n'tasia, ed il martirio del condan nato — probabilmente innocente — durava sette giorni, prima iltaglio della mano destra, dopoquattro giorni quello della sini- stra, infine, il settimo giorno e per parecchie ore, il supplizio ;delle tanaglie roventl che gtrap. . . . _. _ * jpavano lembi di carne fumigante L, mlswablle corpo sostenuto con r^V™^ ''affinamento di fé-U rocia da vin° e da C0rdia,i; P dopo ,a morte ]o squartamento del ca- ; davcre! ] Fra selve di bandiere Ma antistorico è separar gli uo- ! mini dai costumi di un'epoca, e i questi uomini, questi Quart, Bard.| j Challant. questi siri d'Avise. di Gignod, Sarriod e De La Tour. 1questi castellani De Arnado, De1 Villa, De Porta (e vedete come codesta nobiltà ostentasse sui ]suoi blasoni i più antichi ricordi della romanità valdostana e i no- l à che a partir dalla fine del Mille, e sempre più abilmente nei secoli -1 successivi fino al XIV, X Savoia e i maneggiavano per tener saldo il o dominio della Valle Ber e«ten- |derlo e consolidarlo'attraverso le - jinnumere.voli e complicate invei : stiture nel Chiablese nella Mo a mi stessi derivasse persia dalle porte — i De Porta tenevan dimo- ra nel bastione orientale della porto principato sinistra d'Aosta — della romana Augusta Praeto- ria), questi minori feudatari d'A- mavilla, De Curia Majori (Cour- mayeur), De Verretio, Contar. DeTurilla, eran le superbe pedine i a - _ stiture nel Chiablese, nella riana, nella Tarantasia, nella stessa. Savoia, ora concedendo, ora colmando d'onori e di favori ,1 fedeli, ora espropriando i nialfin dii „ addirittur'a 'sopprimendo i , rlbelli. Talvoita queste pedine Po, tevano d ,oro scacco matto con!me quando „ ramo Fénls dei d:cha]|'ant w man f t „. -lllppo Sen'za T nella nhc]|io. o |n^al dre Lodovico; ma ifl so. -, vente >fra bIandizie e minaf.r0 e. | rano e ' sta scriveva alcune ,' ,, ' ... . „, . '\pm splendide dell'art i Savoia ad avere in pugno quella nobiltà orgogliosa, riotto-sa e generosa che nel nome d'Ao- delie pagine più splendide dell'arte, della guer- ra, della diplomazia, della cavalle- ria di quei secoli non solo in Ita- Ha ma in Europa. Si vedeva allo- ra un Ibleto di Challant, castella- no anche d'Avigliana e balivo di - e podestà d Ivrea oltre chee l, _ o!.„ ? , - 0^L^JfVS1 d ^Sftle ! *ee"lre 11 Conte Verde fin sul Mai< o dl Marinara contro i Turchi, tene-. re il comando delle truppe pie- 1 nni^-; » a ti ,i e !montesi contr° Milano, accompa- n ! snare il suo signore al riposo d'Ai- -Uacomba negoziare col Visconti,o;col Duca di Borgogna, col papa in 1 Avignone. Egli, che fu tra i primi cavalieri dell'allora istituito Oidi- ne del Collare (poi dell'Annunzia- ta), e che da feudo a feudo univa _„i r- e- - , 1 -|ncl fastl dl Casa Savola la stona e i cavalleresca valdostana con quel.|Ia della Val di Susa e portava lo i j scudo del suo casato fin sul porta. l'e della Sagra di San Michele, nel e;cuore delle sue terre erigeva quel e i i la formidabile ròcca di Verrès che è forse il più insigne esempio italiano d'architettura militare me- - diocvale. E già intanto, ad onera del ramo Challant-Fénls eran sorti i castelli di Ussel e Saint-Mar- i ccl, ed intorno al 1330 era stato costruito per ordine di Aimone quello stupendo maniero di Fénis dal quale U figlio suo Bonifacio, maresciallo di Savoia, doveva u-1 scire tra selve di bandiere e suon di corni per recarsi a Parigi a trattar da pari a pari coi duchi di Borgogna e di Berry, o seguito dai suoi lancieri e archibugieri per accompagnare Amedeo VI nell'impresa di Napoli. Ancora un secolo, ed ecco un altro Challant, il canonico Giorgio, gettar le fondamenta della leggiadra dimora d'Issogne, vera « delizia » degna di un Este o di un Gonzaga. Su tutto ciò vigilala l'ormai salda potenza dei Savoia. Politica cesarea Politica romana, la loro, abbiamo detto, e confermiamo. Romana per l'accorta sottigliezza, per il pugno di ferro, la tecnica dell'equilibrio. Romana nella pratica del governo, dunque; ma queste pietre, queste torri e queste mura sono, come nell'altro nostro articolo accennavamo, un grande libro aperto, il libro della storia scritto dall'architettura, che, chi ha occhi, deve saper leggere. E Roma qui insegna, qui ancora una volta è maestra nel tessere e ribadire 1 rapporti fra spirito e materia, tra Ic ro|me ed il loro significato. La Sente dice « medioevo », pensa ai secoli cosi detti « bui », a selve di guglie gotiche, a oscurantismi e ferocie, crede con quella comoda Parola. d'aver definito un grande abisso tra la fine di Roma e la na scita dell'Italia, una gran rottura fra cla-sicità e rinascimento; e non ha visto nulla soltanto perchè ha chiuso gli occhi, Medioevo, si; ma questi Ihleti, questi Ebali, questi Aimonl, questi Bonifaci. questi Renati che ci s'immagina chiusi come orsi nelle loro ròcche valdostane, correvan per il mondo da Occidente ad Oriente con quel meraviglioso ed instancabile ed impavido viaggiare tipico, appunto, del medioevo (e si crede che soltanto la nostra sia l'epoca «dinamica»!); trattavano con re e sultani, arcivescovi e artisti; assimilavano gusti, studiavano stili; tornavano e costruivano castelli, facevano affrescar regge, stendevano corone di logge in torno alle loro dimore da svago, influssi di Francia e di Germanja7 Diciamo meglio contempo ranetta, di forme, autonomia d'ar ti e di artigianati. Ciò che si faceva in Borgogna si faceva in Val d'Ao sta; ma la pietra qui era ancor la medesima con cui eran conteste le mura d-Augusto, l'esempio dei fornici di Porta Pretoria, dell'alto muro del Xeatro era n che m, maestrava gli architetti di Verrès, m p-ms f Castello d'Ivrea. n medloevo in Italia ha ^ si gnificato che in Francia od in Ger- manià;"vùof dire" Roma chV'conti nua 0, se non altro. resiste. c ]a valle 'd'Aosta romana e sabauda bencne rhiusa tra , nlonti di con. «ne è ancora Italia Un mondo che risorge Questa la materia splendida, generosa e fertile che Cesare De Vecchi di Val Cismon ha maneggiato, direi golosamente, affrontando la sua gran fatica di restauratore dei castelli valdostani, del Teatro, delle Mura, degli avanzi romani d'Aosta. E nel Teatro riavremo — ora che i già dissepolti cinque gradini almeno lo fan sperare — gli spettacoli; al castello di Fénis son restituiti ambienti, soffitti, torri, cortine di difesa, restaurati affreschi per mano del pittore de Bacci Venuti, e tra poco si vedrà in quelle stanze un museo del mobile antico valdostano messo insieme a cura personale del Ministro; a Issogne, ripristinata la foresteria, consolidate le opere murarie, riportate a dignità le pitture, fin dal giardino è scomparsa quella che il Quadrumviro chiama la « malinconia romantica s dei precedenti aspetti; ed a Verrès gli enormi saloni, i giganteschi camini, i corpi di guardia vasti come piazze già rivivono o stanno per rivivere nella loro superba integrità, mentre all'cster- no l'insieme delle opere di difesa di nuovo fa blocco sul dirupatomasso, di nuovo vigila possente trecento metri sopra l'abisso dove il bianco Evangon rugge e spumeggia. Ancora un inverno e una primavera di lavoro; e quest'estate i manieri che già furono dominio dei Savoia riappariranno al visitatore in tutta la loro antica fierezza Si penserà allora anche al decoro del Castello sabaudo d'Ivrea? Lo speriamo. Marziano Bernardi Lo stemma dei Challant decorazione d'un camino in unito a quelle dei Savoia nella un salone del Castello d'Issogne. p Mentre si lavorava alla ricostruzione delle opere esterne dl difesa del Castello dl Fénls, operc.al quasi del tutto ultimate.