Sull'Appia in auto

Sull'Appia in auto Sull'Appia in auto Siamo partiti da Roma. Corriamo l'Appia a grande velocità e col vento in faccia. Siamo tante Vittorie di Samotracia, con l'aggiunta della testa. Sorge sul nostro radiatore lo sprone estremo dei monti Ausoni. Al limite della strada, brilla Tcrracina. Le considerazioni che seguono sono dedicate agli uomini distratti, alle creature di sensualismo elementare, a coloro che quando hanno il volante in mano e il piede sull'acceleratore, non veggono più niente del mondo fenomenico, non capiscono più nulla del mondo delle idee, ma vagolano con l'animo opaco nell'ipotesi della velocità, e come falene dal lume, sono violentemente attratti dal lucido nastro della strada. Chiedo scusa per le falene e il lume, ma in tempi di magra si risparmia pure sulle similitudini. Andare... correre... Correre ! A onor del vero, questo verbo, con i suoi tanti erre e la sua accentuazione sdrucciola, è rimasto indietro come un corridore stanco, legato allo sforzo «vivo», ai piedi, ai garretti del motore animale. Vorrebbe, ma non può esprimere l'andare gommoso, lo sforzo « inanimale », la velocità «morta» dell'automobile. Ha il passo ritmato e la bocca piena di vetro. « L'automobile corre » : questa è una frase stonata, che fa ostacolo a quel scivolar supini sul velluto. Abituati alla velocità molle dell'automobile, alla stanchezza inumana che s'infiltra in noi come sottil veleno, gran riposo ci sembra invece, confortante sorpresa, gioia di un ritrovato gesto naturale, l'andar staccalo, l'andar mortale dell'ultima carrozzella. Faire de la tonte. I Francesi aggiornano via via le loro locuzioni. Questo « far della strada» determina esattamente la corsa come fine a se stessa, il viaggio come pellicola vivente. 10 so quanto il recriminar sia vano, quanto « borghese » rimpiangere il passato. Avverto che ?ueste considerazioni non sono atte nè in forma di recriminazione, uè sotto specie ■ di ri nipianto. Taluni avvenimenti che separano il « prima » dal « dopo », sono riconosciuti unanimemente come dighe nel fiume della Storia. Nascita di Cristo, scoperta dell'America, invenzione della stampa, caduta di Costantinopoli. Enormi fatti-diga ina troppo lontani da noi perchè ne possiamo misurare vivamente la importanza, la scoperta del fuo co e quella della ruota... Si stenta a convincersi che genti del nostro medesimo emisfero, come talune popolazioni dell'Ara bia, ignorano ancor adesso l'u so della ruota. Ma non tutti i fatti-diga sono presi in considerazione. Stanno fra i « negletti » l'invenzione della fotografia, la presa di pos sesso della nostra vita da pane dell'automobile. Altre volte, in questa stessa pagina ho accennato agli effetti diretti e indiretti della foto grafia, agli aspetti nuovi, ai nuovi caratteri suscitati dalla, fotografia non solo nella vicina pittura, ma pure nelle lontane lettere; e come Madame Bovary e altri romanzi in bianco nero non siano pensabili senza 11 presupposto del dagherrotipo. Come contestare il mutamento operato nella psiche umana dall'imperio dell'automobile? Di questo mutamento talune forme più comuni sono note, come l'uomo che pensa « per cilindra ta », misura « col tachimetro », e quando tocca i^ vertici supremi della volgarità, giudica la donna dei suoi sogni « carrozzata bene». Altre forme ci sono però, più sottili ma più importanti nel fondo, come la sciatteria che distingue l'umanità automobilistica da quella preautomobilistica, la minor presenza mentale, la maggior negligenza morale e soprattutto la maggior indifferenza intellettuale. . Staccati dal ritmo animale, '.; automobile siamo più che in posizione di riposo : in istato di sonno parziale. E il nemico, si sa, colpisce nel sonno. «Diffidate dei pensieri che vengono in poltrona » ammoniva Nietzsche. C'è forse da fidarsi dei pensieri che vengono in automobile, ossia in « poltrona semovente » ? Ieri il grande l'an, oggi, o amici, il « grande camminare » è morto. Il grande camminare che ai nostri pensieri dà scheletro, corpo, ritmo di vita e pa" pito di cuore. Seduti o coricati, pensieri pestilenziali fumano su da noi. Sopravvive forse il «piccolo camminare-»? No : esso pure è morto. Il pie colo camminare per la città, quel bighellonare del quale Stendhal aveva scoperto l'intima poesia Quel « piccolo camminare » che praticato con metodo e criterio, ha fiorito la vita di osservazioni minute, di canti sommessi, di scoperte nane ma preziosissime talvolta: tutto il parterre insomma sul-quale si è sviluppa¬ ta di poi la foresta dell'arte moderna. P'orsc non tulli hanno capito la necessità di cosi lunghi preliminari. Gli è che l'ebrezza della velocità rischiava di farci «bruciare» la tappa Tcrracina trasferirci da un mondo in un altro senza la necessaria preparazione, la necessaria « iniziazione ». Nuovi e antichissimi dèi ci aspettano di là, e Tcrracina, Anxur la volsca, è l'aurea Porta del Mezzogiorno. Natura slessa ha segnato qui il punto di separazione fra due mondi. L'ultimo degli Ausoni fa barriera e chiude il passo. All'ostacolo « naturale » si aggiungevano le insidie irreparabili della magia, la minaccia dei Lestrigoni, che noti tutte le versioni danno come abitanti la Sicilia, e che dal sommo della rupe scagliavano massi enormi sui naviganti, che poi scendevano a piluccarsi come gamberetti caldi. Ulisse ha toccato l'Italia.Qui o i n i a i e a i e i o i . Ha girato il Pisco .Montano, s'è messo alla fonda nel golfo anulare che di poi fu vivaio di pesci, c ove oggi sorge il fianco di Santo Spirito e altri bei palazzi bianchi, sui quali gli alberi del viale spàndono l'ombra, amica dei nostri otia. Si diceva dianzi dei benefici dell'essere stendhalianò. Tale, avanti lettera, era Traiano. l'imperatore « curioso » che volle aprire un facile varco alla terra degli dèi meridiani. Tagliò una bella fetta nel Pisco Montano, a mezzo il quale pende il nido vuoto di Mastrigli brigantone, e fece passare al piano l'Appia. che prima scavalcava il monte, presso il sacrario di Giove fanciullo. Per la nostra civiltà di oggi e di domani, la scoperta di questo mondo antichissimo e « nuovo », è colma di fato. Venite, amici. Brilla di là. fra i mirti, la terra del Gran Meriggio. Alberto Savinio

Persone citate: Alberto Savinio, Ausoni, Madame Bovary, Nietzsche, Traiano

Luoghi citati: America, Costantinopoli, Italia, Roma, Sicilia