LA NUOVA BASE

LA NUOVA BASE LA NUOVA BASE La sistemazione monetaria quale è uscita dalle deliberazioni dell'ultimo Consiglio dei Ministri rappresenta un ritorno alla posizione internazionale che fu adottata il 1927 al momento della stabilizzazione della lira. Si trattava allora di stabilire quale dovesse essere il rapporto fra il valore della nostra moneta e il valore delle principali unità monetarie di altri naesi. E questo rapporto venne allora fissato su una base che trovò la sua sintetica rappresentazione nella formula di « quota 90 ». E' superfluo ricordare tutto l'intenso travaglio .di assestamento che fu allora necessario condurre a termine nella nostra finanza e nella nostra economia per dare all'una la possibilità di ricondurre al pareggio il bilancio dello Stato, per assicurare all'altra le condizioni di una ripresa necessaria allo sviluppo delle nostre attività nazionali. Fu cosi tutto un nuovo equilibrio di prezzi, di costi, di redditi che venne nei rapporti interni e internazionali a costituirsi sulla salda base monetaria che ci eravamo data. L'opera di assestamento allora compiuta servì a superare con minore difficoltà la crisi del 1929. Ma subì una prima scossa nel 1931 quando cadde la sterlina. La situazione che ne derivò ci portò da quota 90 a quota 60 nei rapporti con la moneta inglese e con quella degli altri paesi dipendenti dalla sterlina. Di qui la necessità di una revisione della nostra economia con tutti gli inevitabili spostamenti di interessi che furono resi necessari dal mutato valore di una moneta d'importanza internazionale quale la moneta inglese. Minori conseguenze ebbe per noi l'abbandono dell'antica parità da parte del dollaro, per quanto la rinunzia da parte degli Stati Uniti a una base che sembrava incrollabile abbia avuto anche in Italia le ripercussioni inerenti a tutti i perturbamenti derivanti dalla caduta di una moneta rappresentativa di uno dei paesi economicamente più forti del mondo. Da queste vicende si erano intanto andati determinando nel campo monetario tre sistemi: quello fluttuante della sterlina con tutti i suoi satelliti minori, quello del dollaro in sostanza ancorato approssimativamente all'oro e quello delle monete auree in cui, oltre la lira, si comprendeva principalmente il franco francese, quel' lo svizzero e il fiorino. La eoe' sistenza dei tre sistemi fece sentire più acuta ai Paesi rimasti fedeli all'oro la disparità fra i loro prezzi e quelli delle altre nazioni e impose la necessita di adeguare la loro finanza e la loro economia alle condizioni nuove create dalla politica monetaria dei Paesi con moneta fluttuante. Cominciò allora quell'opera di compressione delle spese e dei costi, cioè quell'azione deflazionista che doveva condur re ad assicurare da un lato il riassetto della finanza pubblica dei Paesi a base aurea, dall'altro un equilibrio dei loro prezzi di fronte a quelli degli altri Paesi. Attraverso queste vicende, con un'azione in cui essa dimostrò la sua saldezza, la sua tenacia e la sua disciplina, l'Italia, attuando le direttive del Regime, era riuscita a trovare in se stessa la forza per condurre bene avanti la sua opera di ricostruzione finanziarla ed economica. Sembrava d'altra parte che anche nella finanza e nel commercio internazionale ci si avviasse verso tempi migliori. Senonchè, dopo che da qual che mese si era delineata una stabilizzazione di fatto nel rapporto fra i valori delle varie monete, è venuto lo sfasciamento del così detto blocco aureo con l'abbandono da parte della Francia, dell'Olanda e del la Svizzera delle rispettive basi monetarie e con un nuovo gravissimo squilibrio nei rapporti fra i valori di ciascuna di esse e fra le economie di cui ciascuna è esponente. Si è presentata così una volta ancora all'Italia la necessità di esaminare la sua posizione monetaria. Il ritardo frapposto nella soluzione ha di mostrato che potevamo agire in cutta libertà, senza la pres¬ sione dell' urgenza, vagliando obbiettivamente ogni elemento che dovesse essere considerato per la migliore tutela dei nostri interessi. E la soluzione è stata quella che si poteva avare solo in un regime che, come quello fascista, ha in mano ogni possibilità di controllo e di comando sulla attività economica e finanziaria del paese. Una sistemazione monetaria ha infatti due aspetti : l'uno internazionale, l'altro interno. Dal punto di vista internazionale, la questione aveva sopra tutto importanza in relazione alle nostre correnti commerciali. L' amputazione fatta subire al franco francese, al franco svizzero, al fiorino, si converte nel campo della concorrenza internazionale in un dumping valutario. Per rimediarvi, occorreva ricominciare l'opera di deflazione dei prezzi e dei costi, cioè un'opera non solo dura ma necessariamente lenta, proprio quando per assicurare l'equilibrio nella nostra bilancia dei pagamenti abbiamo bisogno di sviluppare al massimo le nostre correnti di esportazione. Ma oltre a ciò, l'esperienza di questi ultimi anni e le incertezze sorte dalle condizioni in cui si è compiuta l'operazione monetaria francese, ci ammoni vano che il nuovo sforzo per un adeguamento della nostra eco nomia alla nuova situazione va lutaria poteva essere frustrato da ulteriori amputazioni monetarie altrui. Perciò, dal punto di vista internazionale, si presen tava conveniente adottare un ri medio più immediato e più pronto, cioè quello di ritornare a stabilire fra il valore della nostra moneta e quello delle altre un rapporto che si avvicinasse alla base che era stata prevista al momento della stabilizzazione, che cioè si ritornasse a quota 90. Invece, dal punto di vista interno, occorreva tener conto che la nostra attività produttiva e la nostra resistenza finanziaria hanno potuto in questi ultimi anni rafforzarsi così efficacemente da superare con pieno successo non solo l'opera di ricostruzione del paese ma anche le esigenze e le ripercussioni di una guerra combattuta da soli contro tutto il mondo. E ciò è avvenuto sulla base di una sistemazione sociale finanziaria economica edificata su un determinato livello di prezzi, su una determinata ripartizione di redditi, su una determinata politica di sicurezza creditizia, cui era stata condizione una base mo-netaria stabile. Era necessario non toccare questa situazione di cose creata con uno sforzo coordinato e ar-monico: era cioè necessario chese nei rapporti internazionali si modificava la nostra parità mo-venisse modificato sensibllmen-te il valore intrinseco della lira. netaria, nei rapporti interni non:„„ .ibi Di queste due necessita ten-gono conto i provvedimenti de- liberati Con l'uno (quello che modifica il contenuto aureo della lira) si dà alla nostra espressione monetaria un valore che rispetto alle monete di altri paesi ristabilisce sul mercato internazionale un equilibrio fra i prezzi dei nostri prodotti e quelli degli altri paesi: si ritorna a quota 90. Con gli altri si assicura che nei rapporti interni la nostra lira conservi la sua capacità di acquisto, cioè non sposti prezzi e redditi. Se facile era ottenere il primo scopo, più diffìcile invece era raggiungere il secondo, ma anche qui la visione è stata realistica. Essa tiene conto di tre ordini di situazioni Vi sono servizi e misure di produzione interna: per questi non vi è nessuna ragione di aumento dei prezzi, e a questo proposito il divieto di aumento dei prezzi di affitti, di energia elettrica, di trasporti, ecc. è tassativo. Vi sono poi prodotti per cui in tutto o in parte ( ad esempio le materie prime) è necessario far ricorso all'estero, e per questo lo Stato ha diminuito i dazi fiscali e protettivi etsi dichiara disposto ad allargare i contingenti di importazione in modo da determinare subito una neutralizzazione degli aumenti derivanti dalle maggiori quantità monetarie necessarie per acquistare all'estero un uguale quantitativo di prodotti. In terzo luogo l'organizzazione e il controllo di cui dispone lo Stato permettono di influire sul livello dei prezzi in modo da evitare quei fenomeni che in altri tempi hanno dato luogo a tante discussioni e a tanti inconvenienti. Così su una base monetaria altrettanto salda che l'antica, col minor possibile spostamento d'interessi, l'Italia può continuare il suo lavoro con maggiore lena e con sicurezza di nuove conquiste. Gino Olivetti ALLA PRESENZA DEI MINISTRI CIANO, ROSSONI E ALFIERI, di Costanzo Ciano e delle autorità politiche e militari dell'Urbe, Il Maresciallo d'Italia Emilio De Bono parla sulla preparazione dell'impresa africana. (Telefoto).

Persone citate: Alfieri, Ciano, Costanzo Ciano, Emilio De Bono, Gino Olivetti

Luoghi citati: Francia, Italia, Olanda, Stati Uniti, Svizzera, Urbe