Il tradimento dell'ultima ora e il crollo di quasi tutte le speranze di Ernesto Quadrone

Il tradimento dell'ultima ora e il crollo di quasi tutte le speranze La nostra scuderia alla corsa dei milioni Il tradimento dell'ultima ora e il crollo di quasi tutte le speranze (DAL NOSTRO INVIATO) Merano, 3 notte. Vigilia della corsa dei milioni. Borgo Andreina ore 7. Noto scendendo di macchina, che noi siamo tutti piuttosto nervosi. Quando dico « noi » sòttointendo il pomposo aggettivo di proprietari. C'è nell'aria qualcosa, del « Sabato del villaggio»; un andarteleni insolito, un ritmo più vivace nel disbrigo delle diuturne faccende, qualche richiamo qualche strofetta di canzone accennata in quattro lingue diverse, insomma- un'atmosfera che la carezza della speranza rende ancora più delicata c trasparente. Un'atmosfera però come di vetro, che, a camminarci dentro, la si, sente a scricchiolare, tanto è tesa e sensibile e vibrante. Viene in bocca, questa mattina, un gusto di sereno, di quel sereno chiaro che avvolge le borgate nei giorni di domenica, ancorché oggi sia sabato. Adesso, penso, si sciolgono le campane e la banda municipale se ne vien fuori da una di cotesto strade a deporre un cerchio di ottoni dorati, in mezzo al prato. Dò un'occhiata alle cucino dei « purosangue » dorè i mozzi selezionano con più diligenza la biada e la crusca; sbircio nelle sale delle doccio e vi scorgo, fugacemente, zampilli d'acqua biancheggianti sulle groppe dei cavalli rabbrividiti e impazienti; annuso il profumo che vien su da alcuni marmittoni dentro ai quali bollono « ranci speciali», misteriosamente preparati e voltando il naso in aria vedo mezze braccia di fantini protese dalle finestre, infilate nel lungo guanto degli stivali che stanno lucidando, e finalmente contemplo il magnifico sbanilieramento delle casacche di seta sfolgoranti nel sole. Grandi fruste C'è anche quella della, nostra scuderia: nera, a saette d'oro. Identifico qualche padrone di scuderia che passeggia- in su e in giù davanti al muro bianco della trattoria, con le mani dietro la schiena, il capo un po' chinato, lo sguardo a terra, soprapensiero. Capisco al volo che anch'io debbo faro altrettanto e mi metto a passeggiare per ingannare l'interno affanno. E' ora che dia qualche ordine al mio fantino e che veda, «Piccolo amore ». Vorrei e non vorrei che fosse venuta a conoscenza dell'infedeltà con cui l'ho punita della sua caparbietà vivendo un giorno tra i cavallucci di Avelengo. Punita o punito? Maschio o femmina? Ecco il gran dilemma. Mi fermo « all'Amleto », monologando. Lui o tei? Mi passa vicino Visconti di Modrone, quello cho «tecnicamente » gli sportivi chiamano semplicemente il «fantino». Il più abile, il più perfetto, il più ardito dei nostri cavalieri mi pianta in viso i suoi occhi neri, svagati, come stupiti di aver per tetto due sopracciglia così folte e nere e per sfondo una faccia pallida e ossuta, tanto inabile che non si sa mai ciò che voglia da chi gli sta di fronte: un sorriso o una smorfia. Se ne «vessi il coraggio gli chiederei di Orleans II, il cavallo che monterà al Gran Premio di Merano, ma non voglio aver l'aria di temere per il mio «Piccolo amore». Il « mio » o la «mìa »? Questa del sesso è una faccenda che comincia a impensierirmi. A due passi di distanza, Visconti di Modronc è seguito da Joris Menichetti, altro asso delle corse ad ostacoli. E' nato tra i cavalli, fratelli e sorelle hanno nomi equini, una famiglia, una numerosa famiglia tutta dedicata all'amore dei purosangue. Joris monterà iUgolino della Marca », del professore Lorenzini. Mi passa vicino più chiuso ancora di Visconti dì Modrone « Grande frusta » anche lui, una « frusta » che i turfisti francesi, dopo averlo veduto correre una sola volta, volevano portarcela via a 6'koii di quattrini. Manchetti ha resistito alla tentazione. Troppo italiano, squisitamente italiano per abbandonare le nostre scuderie ov'è nato. Figlio d'arte, egli è, veramente figlio d'arte, come si dice in gergo teatrale. Comincio ad essere nervoso. Finché si è sedi ci si crede padroni di noi sfessi, ma quando si comincia a sentirci vicino il fruscio serico di queste celebri casacche, allora il cuore manca, la baldanza ripiega, la speranza si ammaina. ... e una tazza di tè Dov'è Ezio Vcrgari? E' davanti a me, da dicci minuti e non l'ho veduto. Bisogna che gli dica qualcosa di « tecnico ». Capisco che vorrebbe parlare lui, ma non glie ne dò il tempo. Prima il «padrone» poi il fantino. Ma cosa diavolo gli dirò? Il bel giovanotto romano è un fantino aristocratico, che monterà per l'ultima volta in vita sua, proprio per farmi piacere, e che poi si darà alla carriera cinematografica. L'addito senz'altro all'attenzione dei registi. Comincio con una digressione sui fantini, per fargli effetto. dmusatnisvhhdcccottvcrtVsgsllcèI|II o e e a a . e i . s e , a e a , a a e o o . i a . i i a l a a e — -Lei, caro Vergavi, sa, meglio di me che un fantino di primissimo piano è talvolta ingaggiato da una scuderia per una. somma che si aggira sulle duecentomila lire all'anno. — Sissignore. — Non vorrei che la. paga molto piti umile con la quale la, rimunero per la sua, fatica ginocassc in senso negativo sul suo entusiasmo. — Mi permetto di farle osservare che fino ad ora lei non- mi ha dato un soldo e che io nulla le ho chiesto, e che mai nulla le chiederò. — Ciò le fa onore. Pensi alle cronache di ottant'anni fa. — Non ero ancora nato. — Neppure io, ma voglio dirle che il signor Reiset, così si racconta, proprietario di Celebrity, in occasione di una spettacolosa vittoria, ha regalato al fantino Bartholomew, che montava il suo cavallo, una gratificazione di duecento franchi, « offrendogli — narra Enrico Canti — una tazza di te. Questo atto, consideri, caro Vergari, fu ritenuto un'attenzione specialissima e l'espressione di una grande generosità e di alta condiscendenza. Pensi che lei corre per la. scuderia de La Stampa. — Sissignore, ci penso, ne sono lusingalo, onoreitissimo, ma volevo dirle... — Per adesso non mi dica niente. Ho ancora qualche cosa da raccontarle. — Ma quello che io voglio dirle è importantissimo. — Meno di quanto le sto per narrare. — Se mi lasciasse parlare un minuto... — Parlerà dopo. Adesso ascolti e tragga profitto da- questo aneddoto. Ho bisogno che lei mi dia tutto quello che può dare, per la corsa di. domani, le chiedo addirittura di sacrificarsi, di rompersi l'osso del collo, se sarà necessario... — Non mi sono mai rifiutato davanti all'ostacolo, mei domani... — Bravo, domani si comporterà generosamente come ha sempre fatto. Sono sicuro di lei, non le darò, come fanno tanti inesperti padroni, degli ordini di scuderia. L'andamento della corsa dipende dallo svolgimento della medesima e non dal come si presume, o si vuole o si desidera che vada. Non le dirò quindi di tenersi, in seconda o in terza, posizione fino alla tribuna e di « «olir poi via » con due colpi di frusta, e neppure di condurre in testa o di temporeggiare trattenendo « tuffo in mano» Piccolo amore. Faccia, come vuole, ma vinca, stravinca, si accoppi ma arriva per primo al traguardo. Ho i miei motivi per voler ad ogni costo la vittoria e- non ultimo quello del milione. So che lei Ira i fantini, antagonisti suoi di domani, ha un nemico giurato, ebbene lo domini. Si ricordi questo episodio che le voglio raccontare. Un fantino del quelle le taccio il nome, a Torino, fu talmente stretto dei un suo rivale che, pur essendo una delle migliori «fruste» ruzzolò con il cavallo sulla pista interna. Caduta paurosa. Accorrere di medici, infermieri e barella. Passaggio emozionante fra il pubblico del fantino, che venne ricoverato in condizioni quasi disperate all'ospedale. Lo sciagurato ch-e lo fece cadere andò a trovarlo per chiedergli perdono. L'ammalato gli rispose che l'avrebbe perdonalo soltanto il giorno in cui l'avrebbe vedalo disteso in un letto, bendato dalla punta dei capelli a quella dei piedi. Addio bei sogni Due mesi dopo i due nemici si ritrovarono in sella uno di fianco Iall'altro e il reo, che ormai aveva dimenticato, volò di sella, per una | carambolata. Si rinnovò la scena I di allora con cambio di protagonista. Medici, infermieri, barella, ospedale. E all'ospedale, tra il sorriso angelico di due monachine che in cuor loro molto lodavano l'amicizia dei fantini, i duo si strinsero la mano e divennero I amici, Vergari faccia tesoro di questo veridico racconto. I fantini, generalmente, non sono farina da far ostie. — Ma io volevo dirle... — Mei sono il più delle volte buoni e coraggiosi ragazzi come lei. E lei, caro Vergari, io lo so, ha un nemico. Badi. « Piccolo Amore» ha suscitato troppe invidie... — Volevo appunto parlarle di « Piccolo Amore ». — E me ne parli, egregio Ncrgari... — Ma se ha sempre parlato Ui. — Se lei mi avesse detto clic si trattava di «Piccolo Amore» le avrei lasciato per il primo la parola. Dica, dica pure... — «Piccolo amore» come lei I saprà è una femmina. — Non lo sapevo, ma lo dubl: lavo. Grazie della notizia. — Ce n'è. un'altra notizia. — Fuori. — Una brutta notizia. — Non mi tenga sulle spine. — « Picco/o amore » non è più nel suo box. — Cosa dice? — Le dico che la nostra cavalla non è più nel suo box. — Rubata? Avvelenenata? — Peggio, innamorata. — Ci penseremo dopo la corsa. — Troppo tardi. f~i ha pensato lslatddicM|\|l'.I \ \l.' lei. E' andata a- dormire con lo stallone «Asso piglia tutto» della Scuderia dì Val Patoncra. Una mazzata sul capo non mi avrebbe fatto tanto mule. Ah-, la traditrice, la spudorata, la sgualdrina! Ha certamente saputo dell'infedeltà con la quale ho voluto punirla andando a simpal izzeire con i cavallucci di Avelengo e me l'ha ricambiata al mille per uno. Si è|datei così, la invereconda, adi« Asso piglia- tutto», un furfnntc\che avrei dovuto tener d'occhio.]Ma Quaglino, che fa il pittore Quaglino? Non ù forse stato insignito anche lui del distintivo di padrone di scuderia? Dopo l'investitura della quale lo ha onorato il colonnello Pallio, non aveva anche lui degli obblighi, elei sacrosanti doveri da compiere? Dov'è? Il pittore, colmo dei colmi, è nel box del tradimento, incantato dai peccaminosi amori della nostra cavallina illanguidita, smemorata, estasiata dalle dolcezze della sua lima di miete. Merano è un paese galeotto. — E lei, Vergari, c lei, cos'ha fatto? — Io sono aumentato dì dodicichili in quindici giorni. Mi sono-abbandonato alla cura dell'uva. Tocchi che muscoli. Tradito da Vergari, fantino ormai supernntrito e atletico, da Quaglino infervorato nel ritrarre amori equini, tradito da «Piccolo Amore ». Oh perchè non era un maschio ' L'ultimo filo Mi dirigo come un automa ver-so il box della, mia rovina. « Pic-colo Amore » quando le dò la voce. volge il capo verso di me e miguarda con due occhi dentro «lquali nuofa la felicità, cerchiati diazzurro. Un mozzo di stalla stalisciando lo stallone «Asso piglia tutto» che non è mai stato così in forma. Trotta fatica, tante sperarne. ttiti sogni naufragati alla vìgi-la della vittoria fra quattro pei- reli di un'alcova che diverrà ce lebre ma che per me, per la mia |scuderia, per i mici colorì, «ca\sacca nera con saette d'oro» rap|presenta la tomba di una delle mie pi» appassionanti fantasie. La tomba dei milioni, dentro la quale neppure il Conte di Monte Cristo, potrebbe ritrovare il tesoro che l« Piccolo Amore», nitrendo di '.diabolico piacere, ha sepolto in il» momento di abbandono. I Mi resta ancora qualcosa, una \ piccola scheggia del mio castello maialato in aria dalle sgroppate di « Asso piglia tutto ». Un biglietto della lotteria che ho comperato in società con altri tre amici. Nem è molto, ma potrebbe rappresentare la fortuna. Mi attacco a quest'ultimo filodi speranza mentre guardo per Ut ultima volta «Piccolo Amore» che alzando le labbra di velluto nero sii/te gengive rosate sembra citimi rida sul muso. Ernesto Quadrone "'-"•'v\.': '• 1 (Disegno di Quaglino) (Disegno di Quaglino)

Luoghi citati: Avelengo, Merano, Torino