PIEDIGROTTA ritorno di fiamma

PIEDIGROTTA ritorno di fiamma PIEDIGROTTA ritorno di fiamma NAPOLI, settembre, iNapoletani e non napoletani, un ; po' tutti s'era pianta la morte di, Piedigrotta e della sua sagra delle i canzoni. Ora, da due anni che l'O- pera Nazionale Dopolavoro bandi- ! sce un elaborato concorso per car- ; ri allegorici e nuove espressioni musicali della « città canora », si \ e dlrebbe che la canzone è risorta. Come mal ? Il popolo canta di nuovo? S'è riprodotta l'atmosfera romantica e individualista che mezzo secolo fa aveva favorito il libero canto dei popolani e il sorgere di un gruppo d'interpreti schietti della cosiddetta * anima partenopea » ? Non si direbbe. Quella vita piccola e ristretta, adorabile e pittoresca nella quale poterono maturarsi sensibilità complesse e feconde come quelle di Di Giacomo e di Galdieri, ci piace infinitamente, se rivista nel suo tempo, a cinquanta anni di distanza. Ma guai, se si fosse prolungata fino ad oggi o, peggio, se risorgesse! . Il mondo dialettale ha avuto, si, una sua funzione, e di capitale importanza. Ma solo in quel certo momento storico, in cui era bene che gli spiriti ammiseriti dall'ultimo romanticismo e dalla rettorica cortigiana dei vecchi Stati, si rinnovassero in un bagno di realtà, piccola magari, e popolaresca, ma schietta. Dopo « Santa Lucia luntana » Tuttavia, qualcosa c'è, di nuovo e d'interessante, in questa proclamata resurrezione della canzone napoletana. E' accaduto uno strano fenomeno. Per quasi un decennio, specialmejite dopo il Santa Lucia luntana di E. A. Mario, Inanima canora» era andata sfiatandosi e smuorendo. E in modo piuttosto misero. S'è già accennato che tutta la cosiddetta Piedigrotta era nata sulla originale vena lirica di un Di Giacomo e sul gusto di un gruppo di poeti e di compositori che sapevano, con perfetta aderenza, rielaborare lunghe -uoci di ven ditorl ambulanti e canti e nenie di vignaioli e di pescatori. Elementi popolari che già non inventavano più nulla. Il filone ispirativo, quindi, non rinnovato, si esaurì in pochi decenni. Ma quel genere, di così forte potenza nostalgica e rievocatrlce, tanto favore ebbe pel mondo che a Napoli ne nacque una cospicua industria di editori, di rivenditori, di interpreti, di impresari, di masse teatrali: un mondo non piccolo che, certo, non poteva cedere il suo terreno per mere considerazioni estetiche. E quindi, per lunghi anni si è'dato di piglio ad espedienti spesso non belli, come quello della canzone furbesca o di malavita, e a tutti gli appigli di attualità. Per una volta che l'estro popolaresco aveva felicemente cantato in Funiculì, funiculà la costruzione della prima funicolare tra la città alta e quella bassa, parve che la canzone potesse tutto permettersi. Che cosa non s'è messa in ritornello? La battaglia del grano, il problema demografico, la politica estera... persino la difesa della valuta!... Non sono, queste, opinioni di chi scrive. Certo, una poesia in lingua può invocare un giudizio di appello dai posteri. Ma una canzone dialettale, se il popolo non la canta, se l'uomo della folla non se la canterella inconsapevolmente, rimane un affare privato degli autori. Cosi è accaduto che, malgrado ogni strepito, per un certo tempo il canzoniere favorito dei napoletani è stato... José Padilla. Or fa qualche anno, mi accadde di incontrare un pescatore di Poslllipo che mugolava a bocca chiusa, sulla cadenza dei remi lo Stormy Weather. Ahimè! dalla Spagna ad Harlem ! Che cosa era una volta ',dove 1ue*te canzoni non siano ri ,, ..Pero, in quello stesso periodo di tempo è andata risorgendo e riac- quistando autorità grandissima la antica canzone, da O' Sole mio a Jkfarfa Mari e a Marenariello. Non v'é spettacolo di varietà, ormai, chieste con sempre maggior favo-re. Paiono persino più attuali dei ritmi negri e delle nenie canache. E allora, poiché la canzone dialettale napoletana è anche, per molte persone, un onesto lavoro, |si è rimessa, con molto senso pra- itico, sotto l'egida del grandi esem ; pi del passato. Nella produzione , di quest'anno, dunque, a parte i quelle occasionali, più d'una si conforma agli schemi antichi. Eco ! d'un canto che è non poca parte ; della poesia^popolare italiana, i a . i e o a , o e i , » o e a e a i n i e o, n di e el a o a r d e di di o e oe a, o el a a hi a a, e ni Quali ? Il Dopolavoro ne ha premiato, tra le altre, due: un Ritorno del Legionario e una Chitarrata cu 'a fre.va. Ma saranno, poi, dopo la solenne interpretazione piedigrottesca, canterellate/ Non ci son più le trombe Il corteo dei carri allegorici, invece, si è molto giovato della larghezza di mezzi e della organizzazione dopolavoristica. Ma carri e canzoni, come gli amici di Napoli sanno, sono gli ultimi venuti nella festa di Piedigrotta, che è sopratutto religiosa. Non manca- va, poi, nei suoi strani e rumorosi aspetti, d'una evidente fun-zlone pratica: poiché il Santuario della Madonna di Piedigrotta si trovava in un borgo lontano più di due miglia dall'antico abitato di Napoli, e la pia usanza voleva che si assistesse alla Messa dell'alba, era necessario che i pellegrini convenuti dai quartieri periferici e dagli altri borghi, trascorressero la notte all'aperto. Quindi, a Mergellina si banchettava, si cantava, si ballava e, sopratutto, ci si teneva desti col suono di una miriade di trombe di latta e di grotteschi strumenti musicali. Un frastuono orgiastico, una sagra del rumore che raggiungeva dei vertici di parossismo. L'esuberanza napoletana si sfrenava, si scatenava tutta in una sola notte: l'udito chiedeva al rumore quella istessa, enorme vivacità coloristica che l'occhio chiedeva alla pittura e il palato alle pietanze. Certo la violenza popolaresca di Piedigrotta doveva far torcere il naso ai raffinati e a coloro che immaginano una discordia tra la esuberanza del popolo e il tono di una grande nazione. Senonchè, narrano gli storici che Nerone fu accolto dai napoletani con le loro grottesche orchestre di bombi e di cocci, e che all'inizio di settembre celebrava i suoi saturnali proprio all'entrata della Cripta Puteolana. Piedigrotta, dunque, è una festa che ha più di duemila anni di vita. La più antica festa popolare del mondo. Inventata non da un villaggio africano, ma da una delle maggiori e più colte città del mondo ellenico. Ora, son due anni che è severamente proibito suonare le trombe... Piedigrotta, si dice, è civile, educata. E poiché protagonista della festa era il popolo ingenuo, che voleva, in una notte d'autunno, abbandonarsi alla sua fanciullesca e travolgente gioia, si fa ora una festa complessa, pittoresca, elegante, di canzoni e di carri, della quale il popolo è solo spettatore. Festa mirabile, sotto tutti 1 punti di vista, ma di natura molto diversa. Certo le salse piccanti che ama il popolo non sono fatte pei palati borghesi, e nessuno sognerebbe di decorare il propriosalotto in stile « bancarella di polipi». E certo la notte di Piedigrotta costava un mal di capo. Poco male. Quanti mal di capo ci siamo procurati, per nostro gusto, in una notte di onesta baldoria? Alberto Consiglio

Persone citate: A. Mario, Di Giacomo, Eco, Galdieri, José Padilla, Nerone, Stormy, Weather

Luoghi citati: Harlem, Napoli, Spagna