Ottanta film in parata

Ottanta film in parata A SCHERMO S P XIJV T O Ottanta film in parata Il consuntivo della Quarta Mostra Internazionale Cinematografica--Dalle varie partecipazioni all'organizzazione audesi cuOlautunnale* liève come la brezza [ rache increspa la madreperla del- tula laguna; e negli archivi della'euBiennale è pronta una schiera di | ar(dal nostro inviato) Venezia, 5 notte. Carpentieri e falegnami smon tano schermo e tavolati; trascorre fra i pioppi un primo brivido l a e l a l . e , n d a e e e n e i e e o e grosse cartelle, fregiate sulla copertina da un cubitale iv mostra int. cin. Che cosa potranno dire, queste cartelle, a chi un giorno vorrà rapidamente sfogliarle? *■"■* Sono mancate, quest'anno, tanto l'affermazione clamorosa quanto la rivelazione impr.ovvisa, perchè è mancata l'opera dell'artista che dica la sua nuova parola. Non si è avuto nè un Cammino verso la vita nè un Mddchen in Uniform, nè un Uomo di Aran nè un Estasi, che furono le serate indimenticabili delle due prime Biennali; e non si è nemmeno avuto un Anna Karenina che alla Terza Mostra ebbe gli onori del trionfo. Quest'anno il successo di pubblico è stato ancóra superiore a quello degli anni precedenti. Un pubblico attento e difficile come sempre, che tuttavia pareva non attendersi eccessive sorprese. La Mostra era l'ospite; e si limitava ad ospitare ciò che la produzione dell'annata aveva potuto offrirle, una produzione dominata da comuni esigenze che le imponevano una comune disciplina — se proprio, non sempre, le stesse rime obbligate. Un teatralismo sempre più diffuso, la parola che fa da padrona. I limiti dello spettacolo che tendono a dilatarsi, con una profusione di mezzi che vorrebbe essere, e sarebbe, sbalorditiva se qualcuno se ne lasciasse sbalordire. Un'accuratezza, una finitura da buon artigiano che vuol apparire buon artigiano soltanto, Uno « standard », insomma, internazionale, con quel tanto che proprio è necessario per distinguere il cinema d'un Paese da quello d'un altro; e non sempre, alla prima occhiata, ci si riesce Con queste rinunce, per lo .più, a interpretare il tempo che viviamo, è logico che i nuclei dei va :o ditchceil nephMCeame Ounlanedie baa purii film, i soggetti, possano apparverire troppo sovente banali e po- prsticci. Si direbbe che soltanto di tèa e a , i a i di e a o il rado si cerchi un motivo, una ragione per fare un film, e ci si accontenti del pretesto; tanto meglio quando il pretesto abbia risorse decorative o di colore. Mai come quest'anno si sono avuti tanti film pseudo-storici. Dal remoto passato fino all'altro ieri, purché ci fossero « figurini » su « figurini » da disegnare, il produttore tirava un respiro di sollievo. Quei figurini non dovevano vestire una visione necessaria, concreta e vitale, un'interpretazione, insomma, di figure lontane soltanto nel tempo; ma erano il lato più economico ed appariscente d'un nuovo melodrammone o d'una nuova operetta da « montare ». Lo spettacolo per lo spettacolo: con registi degni di mi gliori fatiche, con interpreti sovente formidabili, con tutti i se gni che la vera e sola rappresentazione scenica di domani sarà quella cinematografica. Così, nel ricordo, già impallidiscono titoli e nomi; mentre s'incidono fisonomie di gruppo, n cinema italiano ha dimostrato d'aver compiuto un altro notevole passo innanzi. Ballerine è stato un to' fortunio, il classico infortunio «sul lavoro ». Ma Squadrone bianco e Cavalleria sono due film che grandemente onorano il nostro cinema, mentre l'ultima fatica di Forzano, giunta quando della Mo stra già i battenti si chiudevano ci ha dato un dramma a forti tinte, popolare nel miglior senso del la parola. Dei singoli film si è diffusamente parlato quando furono proiettati; e i loro meritatissimi successi ci hanno dato una letizia paragonabile a quella che ci aveva preso dopo qualche indiscrezione tra le quinte. Si sta rapidamente imparando a fare del cinema, da noi, del vero cinema. Comincia ad apparire la figura del capo dì produzione; si vuole resistere al la piaga dilagante del teatro filmato; si cercano nuovi volti d'interpreti; si esige che i soggetti sia no soggetti, e non pretesti; e mentre gli applausi di Venezia si sono appena spenti, già si lavora a tre opere d'un'importanza eccezionale, Scipione, / condottieri e II fu Mattia Pascal. gisufivasunoturozimtiadsnmcrVL'America ha si e no mantenute le sue posizioni; la Germania anche, con in più il caso personale d'un Luis Trenker che ha saputo mostrarci il migliore brano di tntpsOaCtFEvI f autentico cinema, la prima parte;udel Kaiser von Kalifomien, da por-j ssi accanto all'Indimenticabile do-jccumentario della Riefenstahl sulle Olimpiadi di Garmish. L'Inghilter- ra si è affiancata all'America, con i tutte le risorse del suo « standard » 1 europeo, e perciò più sottile, più' aristocratico e più raccolto di quel- j :o di Culver City. Hanno disobbe- dito a quello «c standard * un Clair' che però non se n'è distaccato eccessivamente, e uno cecoslovacco, il Feher, che per una firma londinese ha ideato la sua Robher Symphony, la sola audacia di tutta la Mostra. In qualche progresso la Cecoslovacchia, fedeli all'ordinaria amministrazione Austria, Polonia e Ungheria, insignificanti Egitto, Olanda e Spagna, ingenua l'India, una vera affermazione di gruppo la si è avuta con la Francia. Il cinema francese da anni attendeva di esistere. Malgrado un solitario e misconosciuto, René Clair, non bastavano i Gance e i L'Herbier, a a creare una cinematografia. Eppure, grazie a ragioni pratiche di rvero favore, si era continuato a produrre. Il mercato francese po tè sempre contare anche sul Bel- gio, sulla Spagna e sulla Svizzera, sulle Colonie e sui Balcani. Un film mediocre, presto o tardi, finiva per riportare al produttore i suoi quattrini, con un margine non indifferente. Per anni, soprattutto dopo l'apparizione del sonoro, s'era fatto per fare. La produzione francese era tutta mediocre, ma raggiungeva ogni anno il centinaio di film. L'aiutavano nomi di gautori che volentieri accettavano I udi scrivere per il cinema; una ri- j lserva d'attori teatrali, anche se [ dnon ancora giunti a supporre co- j nme si dovesse recitare per il mi- gcrofono; una critici sempre! seve- cra e intelligente, dall'Amoux al j vVuillermoz. Dai e ridai, gli scrit-. Dtori cominciarono a capirli il cinematografo, gli attori si dimenticarono della ribalta; e, quel che più conta, mentre -i vecchi registi si affinavano, nuovi si rivelavano. Oggi la Francia può contare, oltre alla vecchia guardia e al solito Clair, su almeno quattro registi intelligenti come pochi: il Poirier, il Feyder, il Duvivier, lo Chenal. Era quindi logico che questo nuovo clima dovesse ormai dare i suoi frutti, tanto più appariscenti in lgnpRtfdocsf ;una gara dove, per dirla alla j sportiva, erano assenti i «fuorijclasse», # * * i L'organizzazione della Mostra, 1 Quest'anno è stata interamente 'sulle spalle del Segretario, Ottaj vio Croze. Ha fatto miracoli. Inesauribile d'attività, di tatto, di 'intelligenza. Ma se alle disposizio- ni pratiche può essere sufficiente un solo elemento,-purché sia, come questo, di primissimo ordine, dove la Mostra mostrò alcune incrinature fu nei criterii che l'informavano. S'è detto e ripetuto che le sue funzioni erano di ospitalità; ma può essere ciò davvero sufficiente, per una Mostra d'arte ? Occorre disciplinare l'ammissione dei film con una maggiore severità; e la Mostra deve durare quanto la produzione dell'annata glielo permette. Se un anno sarà ricchissimo di opere significative, ce ne staremo al Lido un mese, un mese e mezzo; ma se un'altra annata, di film interessanti, ce ne potrà offrire pochini, si abbia il coraggio di ridurre i giorni di proiezione a dodici, a quindici. E I non si dimentichino mai, special- i mente nelle annate magre, le-mostre retrospettive e personali. Ogni volta lo si dice, ogni volta ci si dà ragióne, ogni volta ci si fa stare tranquilli con un sorriso e con un « Vedrai, non dubitare ». Ma poi si preferisce ammanire, in molti degli spettacoli pomeridiani, filmetti che per lo più non hanno altro interesse se non quello di essere filmetti. Invece di un'operetta melensa o di una commediola scipita, sarebbe tanto tanto peggio, al pomeriggio, potersi risfogliare Pabst, o Chaplin, o Vidor, o Eisenstein, o Dovcenko? Avevo anche proposto, e fin dall'anno scorso, che la Giuria, oltre al premi, decidesse di volta in volta quali film meritassero l'onore di essere conservati nella cineteca della Biennale. Ciò non costerebbe nulla, tutt'al più i francobolli d'un paio di lettere per film; il produttore sarebbe ben lieto di offrire la copia, cosi come il regolamento dovrebbe prescrivere; di anno in anno, sempre in uno spettacolo pomeridiano, il poter rivedere un Flaherty, o un ottimo Machaty, o un Ekk. o il miglior Brown, — un numero, insomma, del « repertorio » della Biennale — desterebbe certo non tepidi" consensi; e una cineteca veneziana, che da principio esigerebbe in tutto e per tutto un armadio, potrebbe in breve volger di tempo diventare un raro strumento di cultura cinematografica. Qui, devono essere presentati sempre film degni in tutto e per tutto di Venezia. Il nome di Venezia, anche nel mondo cinematografico, deve diventare sempre più o I uno stimolo e una mèta. Soltanto i- j l'essere ammessi a queste Mostre e [ deve apparire un meritatissimo oo- j nore, che nessun'altra Mostra del i- genere sarà mai in grado di cone- cedere, per quanti tentativi altroal j ve si stiano più o meno tentando. t-. Dall'altro ieri la gara è aperta per ine ti o. e o nil l. ooi n l'anno venturo. Al prossimo agosto dovrebbe essere pronta la nuova sede, un grande teatro coperto di duemilacinquecento posti. Rafforzata nelle sue intelaiature tecniche, vigilata da una severità fattiva, riconosciuta e seguita dagli Enti di ogni Paese, fin da oggi la quinta edizione di questi convegni vede profilarsi, con la sua più vera fisionomia, il suo definitivo successo. Mario Cromo. cfslFascoeknpflsscmleLogcssgscdu Trenker in « L'imperatore della California » (Germania) rlp Da « La Kermesse héroìque » (Francia) Un'inquadratura di Squadrone bianco» .(Italia),