COME FU UCCISO RAS MULUGHIETA DAGLI ARMATI ATZEBO' GALLA di Renzo Martinelli

COME FU UCCISO RAS MULUGHIETA DAGLI ARMATI ATZEBO' GALLA A COLLOQUIO GOL GENERALE DALMAZZO COME FU UCCISO RAS MULUGHIETA DAGLI ARMATI ATZEBO' GALLA i a a e , n a l r o a a / i o o l , , r e i e o i r o n i e e e n i i , . o a r o o r a a (DA UNO DEI NOSTRI IMI ATI ) Dessiè, 28 notte. Stamane il generale Renzo Dalmazzo, comandante la seconda Divisione eritrea, è partito in volo da Dessiè per l'Asinara, per assumere altri incarichi. Per chi abbia vivo nella memoria il ricordo ■— e chi non potrebbe averlo a così poca distanza dayli episodi vittoriosi? — dei legami gloriosi stabilitisi in questa guerra tra- gli ascari e i loro ufficiali, non ci sarà, bisogno di dire quanta intima malinconia abbia accompagnato questa necessaria separazione. Dieci anni d'Africa Ho veduto il generale Dalmaso poche ore prima della partenza. Solo da poco era finito il racconto che il generale Pirzio Biroli aveva aderito a farci direttamente, intorno alle giornate di passo Mecan e all'inseguimento del nemico fino a Dcssiù. Nulla mi mancava perciò nel cuore e nella memoria, per poter misurare appieno il rammarico sentimentale che il valoroso soldato, malgrado tutti i tentativi che faceva per nasconderlo, rivelava sotto la dura bronzea scorza di un viso rimasto a rosolare sotto il sole dell'Africa per, quasi dieci anni consecutivi. Difatti il torinese Dalmaszo, prima di essere eritreo e combattente in Etiopia, fu libico. Renzo Dalmaszo se ne va; se ne è già andato. I ricordi che porta con sè, per la sua già ricca collezione europea e africana, si chiamano: Amba Vogherà, Amba Tzellerà, Monte Lata, Zeban Kerketà, Amba Vuork, Mecan, Cobo, Dessiè. Ci sono all'incirca tutti i più rimarchevoli nomi della presente campagna. Tra i quali anche Cobo e Dessiè possono e debbono starci ottimamente, anche se sitila loro strada e intorno ad essi non fu sparato che qualche sporadico colpo di fucile. Pirzio Biroli, comandante del Corpo d'Armata Eritreo, ci disse già, come ricorderete, che quella marcia fatta dai suoi ascari e dalla seconda divisione, era da ritenersi senz'altro una vera e propria azione bellica, per la somma di dedizione, di sacrificio, di pericolo che aveva richiesto a coloro che l'avevano compiuta. Non si muore di sole fucilate; si muore anche di sete, di fame e di stanchezza. Gli Eritrei, si dice, sono gente di questa terra e la loro sobrietà e la loro attitudine alla resistenza fisica sono proverbiali. Ed è vero. Ma bisogna ricordarsi che gli Eritrei non marciano soli e che a nessun ufficiale passerebbe mai per la testa di muoversi, arrendersi al pericolo, di apparire da meno del soldato che comanda. Cosi ecco l'autentico prodigio di vedere ufficiali bianchi, anche giovanissimi, marciare per dieci, dodici, quattordici ore, come un giorno è accaduto, in disinvolta, naturalissima gara con i più legnosi muscoli e con i più privati ventricoli tignili e atzebò. Odore di preda Perchè più volte gli AtzebòGalla vennero con qualche loro pattuglia di battitori, ad affian carsi per alcune miglia ai nostri1 regolari per distaccarsene, non appena l'odor di preda li invitasse su ài una pista diversa. Domando al generale Dalmaszo se gli sia capitato di ottenere qualche autorevole testimonianza sulla fine di ras Mulughictà, che qualcuno volle ucciso e qualcun altro morto di malattia. Il gene- rate mi risponde di avere ascoltato dalla bocca stessa di genti Atzebo-Galla, che una sera bivaccarono accanto ai suoi ascari, il racconto particolareggiato della fine del valoroso, ma sfortunato difensore di Amba Aradam. Vero è che egli fu ucciso. Lo assalirono gli Atzebò-Galla stessi, nella notte degli ultimi giorni di febbraio, mentre il vecchio ex-ministro della guerra etiopico, col quale gli Atzebò avevano — a quanto sembra — anche qualche conterello personale in pendenza, dormiva in itn tucul, sotto la vigilanza di una cinquantina di armali. Un libro che non leggeremo Il senso personale di questa guerra che gli Atzebò-Galla hanno condotto contro gli Scioani, di conserva ton la nostra, doveva avere una sua tipica dimostrazione un giorno prima dell'arrivo della seconda Divisione di Dalmazzo a Dessiè. Infatti, a un certo momento, ecco gli Atzebò-Galla sparire di netto dal trasmigrante campo della loro implacabile guerriglia. Che cosa era accaduto? Era accaduto questo: era finita la terra Atzebò, e cominciava quella Raia. Toccava ora a questi di continuare la offensiva contro i fuggiaschi del Negus. Più tardi il compito si sarebbe ancora una volta trasferito: agli Uollo-Galla, che vivono, come è risaputo, nella regione di Dessiè. Chiedo al generale torinese, se un giorno scriverà un libro su questa sua ammirabile avventura. Mi risponde che non è il suo mestiere. Peccato. Se volesse provarcisi, io sono a ogni modo convinto che ne uscirebbe una cosa bellissima; perchè questi soldati d'Affrica, quando son d'Affrica, non soltanto perchè ce li hanno 1 mandati a far la guerra, hanno O e e i e , i o i i a a e o . a . i i , i e tutti nel fondo, pur se loro medesimi non se ne accorgono, l'anima dello scrittore. Dovreste essere stati con me a sentire tutto il racconto che Renzo Dalmazzo mi faceva, quasi senza nemmeno accorgersene; e nell'istintiva, innocente abilità con cui, di tanto in tanto, faceva riapparire nella narrazione dell'inseguimento il ricordo e qualche nome dei suoi ufficiali caduti due giorni prima che la battaglia incominciasse: quasi per ridar loro il posto che avevano eroicamente perduto. — Povero Zuretti! — rievoca il generale. — Mi disse: « Vado a vedere cosa succede in linea ». E andò. Dopo nemmeno mezz'ora seppi che era caduto sulla collinetta delle Euforbie, in una posizione leggermente arretrata rispetto alla scila di Passo Mecan. Vi era giunto in un momento in cui gli abissini facevano il loro sforzo più disperato, per cercar di sfondare, la resistenza era dura. L'ufficiale pensò che la sua presenza rappresentasse un elemento di più per la saldezza dei difensori, e si mise accanto a loro, si mescolò quasi con loro. Ebbe ragione. Ma «oli tornò più...». Gianfranco Zuretti era tenentecolonnello e, come accennai già in un primo ragguaglio sulla battaglia dell'Ascialighi, ricopriva la carica di Capo di Stato Maggiore della seconda Divisione eiitrea. A un certo inomento, il generale Dalmazzo mi chiede qualche notizia sul viaggio che abbiamo fatto da Enda Jesus a qui, a Dessiè. Gli racconto, ira l'altro, di una notte passata tra le acacie selvaggie di Allomata, dove una compagnia di ascari'-volle regalarci un indimenticabile fantasia a cavallo, sotto la luna. « Allomatan... » ripete come tra sè e sè, due e tre volte il generale. Poi mi dice di quando si trovò a passare di là, con tutta la sua Divisione, ancora tutta polverosa, insanguinata e felice della vittoria di Passo Mecan. Si aspettavano Viveri dal cielo, e non c'è proprio nulla di male a dire che l'attesa era piuttosto viva. A un tratto si ode un rombo venir giù dal costone dell'Agumbertà. « Sono loro? Non sono loro? Sarà pane per noi, o bombe per loro? ». Erano loro; era, cioè, la corvè aerea, partita dal campo di Sciafat... Al generale Dalmazzo, che parlava di cose serie, non ho avuto il coraggio di dirglielo; ma voi lasciatemelo ricordare: sotto quelle provvide ali c'ero anch'io. Da osservatore inutile, se non proprio da turista. Ma c'ero. A dirlo al generale Dalmazzo, avrei avuto paura di sentirmi rispondere che forse sarebbe stato meglio se avessero caricato su quell'aereo un sacco di farina di più. Renzo Martinelli mMpsddmnpqtP1netssIsttcIèdbmbtFtdnridsdz«fmmirtscMadscl li. GEN. RENZO DALMAZZO

Luoghi citati: Africa, Amba Aradam, Etiopia