Un pittore sulla pittura

Un pittore sulla pittura Un pittore sulla pittura Ecco l'editore Hoepli pubblica questi Ragionamenti sulle arti figurative (Milano 1936) svolti dal chiaro pittore Gino Severini. E' un libretto denso di succo, come quelli che piacevano al signor di Montaigne : libro di artigiano-artista, il quale sa, che non s'insegna l'arte e non s'impara il genio, ma si può — e si deve imparare il mestiere. Il mestiere, in tutti i campi dell'attività umana, sta alla base dell'espressione ; insufficente, ma necessario come una prima forma di onestà personale e di creanza sociale. Molto giovano da questo lato al Severini i lunghi anni passati a Parigi, dove non si ha più genio che altrove, ma più che altrove l'arte si basa sull'artigianato e rispetta il mestiere. Un mercante di Parigi, prima di considerare un quadro negli effetti di lontananza, osserva da vicino, per trasparenza e in tralice, che la tela sia bene ricoperta da bello strato di colore, compatto, omogeneo, diligentemente applicato. - Se così è, potrà rifiutarlo, oppure accettarlo, secondo il giudizio che ne fa per meriti di sostanza. Se non è così, lo rifiuta^ di certo, per preliminari motivi di forma. Le screpolature, le incongruenze dilettantesche lo allarmano ; le bravure di magrezza, o di corposità, o di sovrapposizione e grassezza, lo mettono in diffidenza. Una pittura è, anzitutto, una superficie dipinta; in secondo luogo, una mercanzia che ha da affrontare gli anni, il tempo e le stagioni, ih condizioni di probabile durata. Solo dopo collaudata con questo protocollo di bottega l'epidermide esteriore della pittura, si passa a considerare il merito interiore; se è bella per qualità e valore estetico. nuriAapprsefelagemfaqucutrziimmesdecasifotoCennìno Cennini, Benvenuto Gellini e Piero della Francesca scrivevano d'arte in manuali da manovali, perchè non si perdesse il frutto tecnico raccolto dalle generazioni precedenti e dalla loro personale esperienza. // Trattato della Prospettiva di Piero della Francesca è tutto quanto perspicuo e dimostrativo come u,n: teorema. L'ultimo in data, che io' mi sappia, di questi preziosi libretti si deve al paziente genio di Adolfo Wildt, il quale aveva, come un antico, l'animo e la passione del maestro. Con chiaro amore insegnava gli scolari dei suoi corsi, per essi volentieri sacrificando tempo e sottraendo energie all'opera sua personale, senza volerne compenso; e come a quei suoi figlioli spirituali, così si rivolgeva ai diletti lettori ignoti. Figlio e allievo di tagliapietre e scalpellini, ardeva in lui l'ingenua devota fede che un marmo ben tagliato e inciso a regola di arte fosse una preghiera per metà compiuta, un olocausto grato a Dio. Gino Severini è più ambizioso. Accanto alle ricette per ben mescolare i pigmenti colorati coll'olio di lino e la colla, pone le idee generali sulla propria e l'altrui pittura; anzi dalle ricet te balza tosto alla filosofia, e dalla fisica alla metafisica con un trapasso ardito, che a lui pare spontaneo. Le sue predilezioni naturalmente gli si impongono e trascendono per lui a canoni e dogmi, non personali, ma assoluti; di valore non occasionale; ma egli crede, definitivo. Questo il difetto dell'opera. Liberissimo lui, di pensare a suo modo circa la materia della sua arte; non è.diritto, è dovere per ogni artista di seguire il proprio temperamento, con deliberato partito preso e senza compromessi. Guai all'artista che per equità si riduce ambiguo, incerto ed eclettico ! Ma quanto è norma di vita e d'opera propria egli non può erigere a norma dell'universo, nè dell'arte universale. Il suo stile non è « lo » stile. Le scritture dei produttori e dei critici delle arti figurative sono documenti polemici che versano qualche luce su qualche problema, e se riescono a definirlo e inquadrarlo, lo risolvono secondo verità e utilmente; non fermano in cristalli statici imperituri il divenire delle idee e delle forme. Due sono le preoccupazioni dominanti che fanno onore al Severini, e l'una nasce e rampolla dall' altra giustamente. Egli odia quella che io definii, sin da parecchi anni fa « il trastullo per sfaccendati ricchi » con grave scandolo, quando così scrissi, di tutta la gente dilettante, gli estetizzanti dell'arte per l'arte, e del bello per il bello. Nulla è più contrario al vero spirito dell'arte che certe forme di elaborato ozio, non attaccate a nulla di solido, genuino e umano. Severini ben rincalza questo concetto, che l'arte non debba essere gioco, nè scopo a se stessa, ma strumento; perciò bisogna distruggerne l'idolatria, incoraggiando, invece l'artista a ornare,, mettendosi- tutto nell'or CDmDloasabdocovistasràmquozacoavteMmcamnoil i dezesoqufadiEnetalemTkDpisechboseesspBdmfadaz'bnavsoseEstlosiMtrsulapsovvdgngvGpc a e o o e e ò i a o e , a , o pera come uomo e artigiano onesto. Al capo opposto della scala — non meno detestabili — stanno quelli che un autore americano intitola gli Anania della falsa arte, le tronfie e celebri nullità come i Gerome, Maccari, Meissonier, Corcos. Sono essi simili al biblico Anania, che fingeva di donare, apostolicamente, tutto sè e il proprio, invece accantonava in segreto oro venale; S. Paolo lo fece stramazzare fulminato alla soglia del tempio. Questa vile genia batte moneta di falsa arte mercantile, gli altri, all'opposto fanno eccessiva astrazione da quella concretezza umana senza cui non esiste nè vita nè arte. Lenoni gli uni. sofisti gli altri i quali camuffano di intenzioni vaghe e insindacabili la impotenza a concretare in forme definitive il proprio sogno. Per zelo contro questi superestetismi, che io fui la prima a denunciare, il Severini tuttavia cade nell'eccesso opposto. Che sia animato egli stesso da profondo spirito di religiosità cattolica, tanto meglio per lui, è incomparabile fonte di conforto e di ispirazione; ma quando afferma che non si può dipingere una Madonna se non si crede alla Madonna come un bambino; ci si chiede, che ne sarebbe allora delle piissime Madonne dipinte dall'incredulo Perugino? Per conto mio ammiro il coraggio consequenziario del Severini, il quale non indietreggia innanzi alla paradossale logica estremista delle proprie massime, sino a proclamare : « il primo colpo portato alla religiosità dell'arte venne da Giotto » (« forse a sua insaputa », egli benevolmente soggiunge). Complici necessari dell'antefatto, egli denuncia Cimabue e Duccio da Boninsegna. E scuote gravemente il capo deplorando le malefatte di Paolo Uccello. Pier della Francesca e altri, sino a Luca Signorelli, Raffaello, Michelangelo, Leonardo, i ve¬ neziani tutti colpevoli di avere ìcondotto «verso l'eccesso dar-1te, che coincide con queste con- quiste reali o apparenti». li Severini con piena e Scru-polosa inconsapevolezza con fon- de la sincerità del credente coni la sincerità dell'artista, due valori che possono benissimo coincidere, ma non coincidono di necessità, perchè si trovano, l'una sul piano morale, l'altra sul piano professionale, raziocinante e operante. Invano, per coprire questa confusione, egli si rifa all'arte del mosaico. L'arte musiva è grande e interessante, ma non è la sola, e contestabilissima appare l'opinione del Severini, a cui la pittura debba ispirarsi. Anche nella sua pratica personale di artista, il Severini dovrebbe pur ricordare le loro sostanziali differenze, non solo tecniche, ma di leggi, scopi, mezzi e fini. *** Del resto, l'interesse di questo genere di scritti, dovuti ad artisti, è proprio nel lato polemico, e se volete eccessivo, delle loro affermazioni, che suscitano correnti di fervidi consensi e dissensi accordi e discordie, _ Tutto è buono e tutto serve in arte, fuorché il molle, il tePicjo, ''inerte, tutto è bene fuor cn^ l'indifferenza, Margherita G. Sarfatti L

Luoghi citati: Milano, Parigi