AMOS MARAMOTTI CESARE ODONE

AMOS MARAMOTTI CESARE ODONE I CADUTI PER LA CAUSA AMOS MARAMOTTI CESARE ODONE Lo studente e l'operaio uniti nel martirio La nuova sede del Gruppo in corso Peschiera II sangue di due Martiri segnai con sfavillante suggello la tragi-ì ca data nell'albo d'oro del Fasci-\ smo torinese: l'operaio Cesare Odone, reduce dal fronte, ferito dì guerra, e lo studente Amos Ma ramotti, giovinetto eroe della santa battaglia contro i negatori della Nazione. Vero figlio del popolo subalpino, dal carattere diritto, serio temprato, l'ex-combattente degli Altipiani aveva, al suo ritorno, deposto le armi via non la fede guerriera. La vasta officina dell'Itala, dove, in quel periodo di dura vigilia, egli era il solo operaio fascista, diventò la sua seconda trincea. Odone resisteva e reagiva a viso aperto e con animosissimo spirito all'oltraggio insolente ed alla violenza sempre proditoria, forte di un coraggioso isolamento che era la sua formidabile forza morale contro l'odio e l'acrimonia dei sobillatori. Questa sua ferma fiducia nell'inevitabile ravvedimento della massa lavoratrice, fondamentalmente sana, questo suo incrollabile convincimento dell'avvento imminente di una nuova giustizia sociale lo predestinarono al sacrificio. E in quella notte buia e calda di primavera, egli, che con intenzioni conciliative, era andato a far opera di persuasione presso uno dei componenti la commissione interna della fabbrica, egli, il fante di Asiago, per il quale non era stata irrimediabile sul campo l'offesa del piombo nemico, giacque riverso in corso Principe Oddone. La morte violenta ed improvvisa non turbò la serenità e la compostezza del suo volto buono. Ancora non era spenta l'eco dei colpi che il selvaggio aggressore, datosi a precipitosa fuga, sparava all'impazzata dal fondo di cor- | so Regina Margherita contro gli inseguitori, che tutto il Fascismo toii.iese sorse in armi, La misura è colma. Si decide l'assalto al fortilizio dei sovversivi. Maramottì è della partita. Non può mancare Lui, in cui il sangue romagnolo urge con impeto fervido e generoso, Lui, che a sedici anni era fuggito di casa per tentar di arruolarsi volontario, Lui, che aveva partecipato un anno prima alla fondazione del Fascio ai Reggio Emilia, portandovi il lume della sua esperienza torinese. Egli accoppiava la sua profondissima fede e l'irruenza felice del suo spirito polemico — era anche giornalista — all'istinto dell'ardimentosa avventura, che culi sentiva di volere, di dovere vìvere come un'imperiosa necessità. Venne a Torino a morire. « Mamma, forse vado alla morte. Non piangere, ma sii orgogliosa di tuo figlio. Viva il Fascismo! Viva l'Italia! »: le ultime parole scritte in fretta alla Madre. L'azione delle squadre è rapida. I rossi iniziano la fucileria ed il lancio di bombe a mano, ma il manipolo avanza sempre. A due passi dalla porta una bomba colpisce Maramotti: le scheggie ne fanno strazio. Egli spira senza aver ripresa conoscenza. Ma la spinta è data: la morte del giovinetto eroico è leva al nuovo irresistibile slancio. Il fiotto delle Camicie Nere penetra nella Camera del Lavoro, travolge tutto. Ogni cosa di lì a poco fiammeggerà nell'alba sorgente, rogo per l'eroe caduto. Nel sangue e nell'esempio dei due Martiri troverà l'alimento per la sua fede la nuova giovinezza italiana.

Persone citate: Amos Maramotti, Cesare Odone, Maramotti

Luoghi citati: Asiago, Italia, Reggio Emilia, Torino