AL TANA CON LA COLONNA STARACE di Giovanni Artieri

AL TANA CON LA COLONNA STARACE L'AVANZATA DA GONDAR A OORgORA] AL TANA CON LA COLONNA STARACE Gli indigeni sorpresi alla vista degli automezzi : macchine « più alte dei cammelli » che camminano sole (Da uno dei nostri inviati) GORGORA' SUL TANA, Pasqua. Scrivo dalla vetta Mussolini sitila penisola di Gofgorà. Incuneata in un blocco di granito, la bandiera si tende altissima alla brezza. L'acqua del Tana, che da Gondar balugina sottile come un filamento di platino, è tutta qui, nell'immensa conca lunga sessanta chilometri: mare con le sue rive lontane, orizzonte chiuso dalla foschia, isole basse boscose, i suoi golfi le sue baie ed intorno vaste pianure e montagne. L'aria meridiana colora d'acciaio questa grande distesa. Il vento del largo l'increspa con ondulazioni che frantumano la luce solare. Mancano scio vele e scafi. Nel mondo del silenzio Le coste più vicine declinano sino all'acqua morendo in verdi giuncheti tra cui il lago penetra senza onde come continuando nella terra. Alle punte delle baie si gonfiano colossali ombrelli di sicomori e fichi selvatici. Formano boschi ove felci arborescenti si intricano con grappoli di gaggìe, cespi di gelsomino e rose selvatiche. All'ombra delle gigantesche creature vegetali si ingentilisce una flora mediterranea, mentre a pochi passi, dove il sole morde e arde, una boscaglia crudele e profumata di acacia drizza i suoi spini come un riccio marino. Siamo entrati nel mondo del silenzio. Questo mare interno dell'Abissinia, ove nessuna elica si è mai avvitata, tace come non è possibile immaginare. Le file di anitre che vi si posano, gli uccelli pescatori che vi si tuffano, i voli allungati delle cicogne bianche che si compongono e si sbriciolano come pezzi di carta sotto il vento, le grandi ottarde ed i minuscoli migratori che in nuvole nere e rossastre passano diretti all'Euro pa, non cantano, non gridano, non squittiscono. L'acqua immensa e vergine ammutolisce ogni creatura. Nel suo centro l'isola di Dech, sacra sede di impenetrabili conventi copti, sembra custodire il silenzio. Così grassa, feconda, opulenta di bestiame, d'acqua e di sole, questa terra ed il lago appaiono come felice arcadia ove l'uomo non sia ancora comparso. Alle cinque del mattino di ieri siamo partiti da Gondar, dal Co mando della colonna celere, un parco secentesco entro le mura di roccate di un castello portoghese. Il Luogotenente Generale Achille Starace aveva deciso l'occupazione del lago. Tana e del territorio a sud di Gondar. La voce delle popolazioni si era fatta insistente. Capi e sottocapi dei territori meridionali, venendo a sottomettersi con i loro armati, esprimevano al Comandante l'urgenza di procedere con forze armate verso il Tana ove la mancanza di qualsiasi autorità, nostra o nemica, poneva le popolazioni allo sbaraglio dei predoni. Starace decise. Occorreva occupare la penisola di Gorgorà che domina le acque settentrionali del lago e l'intera regione. Venti ore di marcia Gorgorà dista cinquanta chilometri da Gondar, circa venti ore di marcia. Unica lingua di terra spinta nel Tana, consente un sicuro controllo delle terre circostanti ed una base d'appoggio per gli idrovolanti coi quali estendere sopra l'intera superficie delle acque — circa 60 chilometri di lunghezza per 50 di larghezza — l'opera di polizia costiera. La spedizione era formata da reparti di bersaglieri e mitraglieri, dall'82<' Battaglione Camicie Nere « Mussolini », da due bande eritree, del Gruppo dell'altipiano, la artiglieria della 6" Brigata indigena e sei autocarri. Non si trattava solo di affrontare la fatica della marcia in regioni mal note e presumibilmente infestate di nemici armati, ma anche di stendere sino al Tana la pista camionabile aperta dalla colonna Starace dal Setit a Gondar. Venerdì Santo venne mandata una banda di eritrei con salmerie cammellate per tracciare la pista. All'alba di ieri, sabato, eravamo già in cammino sulla traccia segnata dai sassi. Oltre Gondar si sono aperte allo sguardo ricche valli che fanno di questa terra una delle più belle e feconde del mondo. In ordine di combattimeli to, Comandante in testa, percorremmo tutta la regione collinosa. Contadini e mandrìuni ci guardavano passare come gente nota, Gran parte di essi, infatti, erano già venuti la scorsa settimana al mercato di Gondar per comprare e vendere. Sapevano ed avevano divulgato la notizia che sin dal primo aprile le esose tasse doganali imposte dal « Cantibai » etiopico in nome del nègus e di ras Cassa erano abolite. Incontriamo due o tre possesso ri di terre che vengono ad offrirle al Comandante, un vecchissimo capo che malgrado i suoi ottanVanni viene a fare atto di sottomissione .avendo percorso a piedi circa sessanta chilometri. Il corteo dei « casci » che andava per la campagna agitando grossi campani annunciando la Resurrezione di Gesit, volle impartire la benedizione alle truppe. Sulla nuova pista La marcia si sviluppa celerissima. Raggiungiamo la banda che aveva già tracciata la pista e proseguiamo. A Befenchera (pochi tucul raccolti tutti sotto il fogliame di un grande fico) abbiamo lasciato i colli di Gondar per entrare nella pianura: prateria immensa, lunga circa venticinque chilometri, larga altrettanto, sino alla bassa catena delle montagne lontanissime. Grandiose mandrie di buoi, vacche, vitelli, pecore la po pcsptatafgvnatcqpbudhanrcdcfdzsseSansrssrvsaiuccdeluMs palano. Attraversiamo pressoché il centro di quella immensità erbosa, densa per grandi tratti di campi di fieno così folto che arresta talvolta la marcia dei muli. Lontane e vicine, masse di bestiame formano ìsole in quel mare di vegetazione. Muggiti profondi e spaventati salutano la grande colonna e i a i nerastra di uomini in armi e di animali carichi. Alla nostra sinistra sfilano lontani villaggi. Allineati lungo la costa del Tana, piccoli, distanti qualche chilometro, aggregati di poche case di paglia tuffate entro boschetti di eucalipti. Ogni tre, un tucul più grande sormontato dalla Croce, la chiesa. Al nostro passaggio la pianura ha cominciato ad animarsi. Dagli abituri di paglia sbucavano decine di nomini e donne, che non arrivavano sino alla colonna marciante o per timore o per la gran distanza, ma salivaìio sui tetti, sui covoni, sui muretti degli orti, per farsi più alti e vedere. Dalle mandrie si staccavano pastori schizzando di corsa. Alcuni più arditi si avvicinavano, ridevano, conversavano in amarico con i soldati eritrei. Così tutto il pomeriggio del Sabato Santo abbiamo cavalcato attraverso questa terra felice, benedetta dalla fecondità. A sera ci siamo accampati presso Garamba. Stamattina abbiamo ripresa la marcia. Il giorno di Pasqua La Pasqua copta coincide, quest'anno, con quella cattolica. Pastori e padroni di mandrie si schierano attorno a preti e notabili che vengono a salutarci festosi rivestiti di « fute » candide. Gruppi di ascari di religione c ■nta chiedono il permesso ai lor~ ufficiali di uscire dai ranghi e correre a baciare le croci dei sacerdoti e toccarvi la fronte. Torme di nomadi della pianura, con donne, bambini e danzatrici, vengono a suonare i loro violini <U pelle 'i capra ad una sola corda dinanzi allo Stato Maggiore. Il Comanaunte fa distribuire qualche manciata di talleri. Siamo vicini al Tana, lo costeggiamo sin da ieri. La colonna è adesso seguita da autocarri poiché il nostro itinerario coincide con la pista. Gran meraviglia per le genti indigene è vedere procedere macchine « più alte dei cammelli » senza aiuto di animali. Si esprimono così con gli ascari chiedendo quale nome abbiano quelle strane bestie mugghianti. E gli ascari rispondono essere quelli chiamati machina. Andiamo avanti così tra feste e inchini nella idilliaca pianura. Nessuno direbbe che proprio qui risiede il centro del brigantaggio amhara settentrionale. E' spiegabile con l'opulenza delle mandrie e la relativa ricchezza liquida dei commercianti di bestiame fornitori dei mercati dell'ovest abissino, da Debra Tabor a Gondar. Dovunque il Comandante della colonna fa dire che i beni saranno rigorosamente rispettati e che gli italiani vengono a punire inesorabilmente i predoni. Questa dichiarazione dell'« entcrassiè » di Mussolini come è noto, qui, Sua Eccellenza Starace, ci precede di tappa in tappa e le popolazioni mostrano il loro entusiasmo. Sottoposte fino ad oggi alle requisizioni forzate per le soldatesche scioane di ras Cassa e di Aialeu Burrù, i pastori al partire delle truppe abissine erano caduti in mani più crudeli, in quelle dei razziatori. L' efficace propaganda straniera avvelenava le loro speranze nella protezione della bandiera italiana. Agenti locali, pagati, tentavano di diffondere tra i pastori il timore di vedersi prendere il bestiame senza pagamento. Altri cercavano di convincerli, sotto pena di gravi rappresaglie, a non vendere alle nostre truppe. L'azione di combattimento svoltasi alle 9,30 sotto il Gorgorà e le altre intimidazioni presto denun date e prestissimo punite dal Comandante, ne fanno prova. Sulle sponde del lago Alle 9 tocchiamo l'acqua. La pianura procedente allo stesso livello del Tana, talvolta più bassa, non lo lascia vedere se non quando il piede affonda negli stagni e fra i giuncheti. Accostando si alle pendici della penisola di Gorgorà, la prateria diventa più deserta e più bella. Spezzata qua e là dal verde, perchè l'acqua, entrando nelle rive, suscita una for te fioritura di giunchi ed un pascolo alto e grasso per immensi branchi. Camminiamo sino alla piccola baia dove la vegetazione dritta folta per l'uscita del lìmo del bassofondo si dirada, aprendo un'altra vista: il placido immenso drappo grigio-perla del lago. Qui Achille Starace, indicibilmente commosso, rinnova mutamente l'antico rito dei conquistatori penetrando, col cavallo sino a mezza gambat nell'acqua. Dopo aver cal¬ bidugerapecaancori pifudigofel'atrgle trdonaSdiseprtrUdecocodolintavacigNnoi trfupprinNdscladnl' tuilbscnscglagtoapspdmmleddsdgDqstavdmtil«dacsscPmMssdmldstlgCttgdaspdbcsmsrr estato tanta terra pare sia quello vero segno di possesso. La truppa era ferma, stesa sulerba cosi come camminava da ri. Le pattuglie di fiancheggiaento, il plotone mitraglieri, le olonne di fucilieri. Dietro si alngava l'immensa coda dell'artiieria indigena, delle bande eriee, delle salmerie. Non si parva, oppure la vastità disperdeva parole. Suona, di tratto in trat, l'incitamento di qualche conucente eritreo, qualche canzone scara. Si udiva il frusciare delle rbe alte aperte dai petti degli uoini attardatisi. Ma gli italiani acevano tutti. Oggi, Pasqua sul ana. Fucilate Procediamo. Starace è in testa. ccorro scegliere la più dritta rada per scalare 300 metri di islivello ripido fino alla vetta aggiore del Gorgorà. Fianchegiamo un canale derivato dal Taa, tayliante la. pianura sotto le rime balze. Impedisce il passagio dell'artiglieria. Cerchiamo un uado. Arriviamo ad un ponticello bissino gittata sull'acqua profona. Ponticello è dire troppo. E' iuttosto un tronco di sicomoro iforcato gittato per sorpassare urante le grandi piene delle pioge. Una guida si tuffa per misuare l'altezza dell'acqua. Troppa er farvi passare la truppa, i muli arichi "e l'artiglieiia. Risaliamo ncora. Viene aperto il fuoco contro la olonna. Una prima decina di spa radi; poi rimbomba la fitta e tiica fucileria abissina. Colpi deucili Wetterleg, Mauser, Grasse i vecchio modello. I proiettili miaolano intorno. Il Comandante si erma. Il gruppo delle bande delaltopiano è lontano circa 100 meri; dietro a noi vengono ì mitralieri del battaglione « Mussolini » due compagnie di bersaglieri. Croviamo di fronte e di fianco la orsale del Gorgorà divisa dal caale dall'altra zona pianeggiantetarace impartisce rapidissime isposizioni: il gruppo delle bande erra sotto e. l'artiglieria eritrea srepara a prendere posizione diero a noi con le bocche al canaleUna banda viene lanciata verso estra, con un movimento ad aro, mentre i plotoni di bersaglieronvergono sulla sinistra spostano subito delle pattuglie sulla colna. Il guado è operato immediaamente sul tronco d'albero. Caalcandolo e spingendosi a bracia, passano i meravigliosi mitralieri del battaglione dì Camicie Nere. Con sforzi acrobatici, in meo di cinque minuti, gli uomini ed pezzi, armi pesanti, sono sull'alra riva. Passa poi il grosso deucilieri piumati, mentre in righarallele, velocissime pattuglie dunta si slanciano nei campi giallicercando l'avversario. Echeggiao ancora altri colpi. Più nulla Nazionali ed eritrei cercano a ritta ed a ìnanca. Il nemico riece a scomparire. La rapidità del a manovra di attanagliamento e i spiegamento delle forze debboo avergli dato la sensazione del accerchiamento. Finita l'azione di fuoco di naura eminentemente dimostratival gruppo tibìssino rifinta il comattimento. Si procede così alla calnta. Balze aspre, boscaglia spiosa e ardente. E' fatica che nesuno avverte. Lassù, a poche die ine di metri, torreggia su noi igrande masso su cui si pianterà a bandiera. Non guardiamo il lago e il panorama immenso. Plooni di bersaglieri, Camicie Nereascari si arrampicano come caprioli aprendo la strada nel boscpinato. "Vetta Mussolini,, Siamo in cima. Viene staccatda un alto frassino un grande ramo e, legato il tricolore, il Comandante stesso vuole fissarne embi. Suona la tromba. Staracdice; « Ogni, Pasqua guerrierdel'anno XIV dell'Era fascista, iso il tricolore sulla vetta più altdella penisola di Gorgorà, sul Lago Tana, in nome del Re e deDuce. Giuriamo che le acque dquesto lago saranno arrossate dasangue di chiunque tentasse solanto di ritogliercelo. Lo giuratvoi ? ». Tuona la risposta. Poi escondalle file un bersagliere, ima camicie nera ed un ascari. Presenano le armi al Comandante el legionario parla brevemente« Eccellenza, dice, ci permettiamdi chiedere al nostro Comandantea nome di tutti i nostri cameratche alla vetta più alta della pensola del Gorgorà, sul Lago Tanasulla quale è stato issato il tricolore a mezzogiorno di questPasqua guerriera, sia dato il nome di « Vetta Mussolini ». Starace risponde: «Sarà fatto» Ci sperdiamo per le pendicMangiamo il nostro pranzo pa squale. Un pezzo di galletta, unscatola di carne. Beviamo acqudel Tana. Nel pomeriggio lascia mo un presidio su Vetta Mussolini. Vengono riconosciute altrdue quote. Il pianoro mediano ovsi stabilisce il Comando, viene batezzato « Quota SS Marzo », quelo più alto « Quota 1° Aprile giorno della presa di Gondar. Affluiscono eritrei e bersaglierColossali artiglieri sudanesi potano fino in vetta i pezzi da montagna a spalle. Viene un aereo gittare la posta e un grande uovdi cioccolato mandatoci dagaviatori. I bersaglieri si dannsotto a rompere ed a squadrarpietre per gittare le prime linedi fortini. Si piantano le tende, battono i sentieri, cominciano corvée per l'acqua. Si macella si accendono fuochi. Gli accampamenti cantano, schiamazzano. silenzio monacale del Lago Tanarotto. Comincia la vita. Sono arivati gli italiani. Giovanni Artieri Vis****'/ tfwrwr ^"Dehgei