Il liberatore di Torino

Il liberatore di Torino Un anniversario da ricordare Il liberatore di Torino Ricordiamo e onoriamo, a duecent'anni dalla sua morte, il principe Eugenio di Savoia-Soissons. liberatore di Torino, capitano fra i più grandi che la storia ricordi. Ma come rievocare in brevi limiti la vita di questo guerriero? La sua prima biografia, stampata ad Amsterdam pochi anni dopo la sua morte, comprendeva cinque grandi volumi; nè di molto più brevi furono poi, fra le molte opere a lui dedicate, quelle complete ed esaurienti. Si può dire che tutta la storia d'Europa, in quei tormcntatissimi anni, si compendi nella sua vita: prodigiosa storia d'un uomo, che appare più vasta e complessa della storia di tanti popoli. Si sa com'egli nascesse a Parigi dal conte Eugenio Maurizio, secondogenito di Tomaso di Savoia Carignano, e da Olimpia Mancini, nipote del Cardinale Mazarino (i! titolo di Soissons gli venne dalla nonna Maria di Borbone, contessa di Soissons). Si sa come apparisse di gracile complessione e di carattere chiuso, pensoso, incline alle lettere e alle filosofie, tanto che fu destinato al sacerdozio. Si sa ancora come alla corte di Francia lo chiamassero * il piccolo abate»; come assurde sembrassero le inquietudini che con la prima giovinezza egli cominciò a manifestare, alludendo a inaspettatdesideri di battaglie, di gloriguerriera; e come, infine, egli sdecidesse a lasciare l'abito talare chiedesse, a Re Luigi XIV, icomando d'un reparto. Con un « no » risoluto e inappellabile, se pure non beffardo comla leggenda vorrebbe, il Re di Francia deluse il « piccolo abate » e preparò, per sè e per il proprio Paese, un amaro pentimento, che non tardò a farsi sentire. Eugenio lasciò Parigi, inutilmente insegui to dai rimproveri dei familiari e dalle ingiunzioni del Re. A Passavia fu accolto dall'Imperatore Leopoldo I, che gli concesse di raggiungere l'Elettore di Baviera, in armi contro i Turchi. Ed ecco, a Presburgo, rifulgere l'eroismo del Principe; ecco un reggimento di dragoni affidato al suo comando, e quindi l'inizio della carriera formidabile: a vent'anni colonnello, a ventuno generale, a venticinque (inutilmente il pentito Re di Francia gli offriva il bastone da maresciallo) generalissimo del l'armata imperiale. Le tappe della sua ascensione sono segnate dalle più importanti campagne. Anche la sua vita, come la storia dei gloriosi reggimenti, potrebbe riassumersi in una serie di nomi e di date: nomi e date di battaglie: dalla prima campagna contro i Turchi all'assedio di Belgrado; dalle campagne nel Delfinato, in Provenza e in Piemonte, alle nuove azioni contro i Turchi e alla battaglia di Zenta, che vide trentamila nemici uccisi e dispersi; dalla campagna in Italia, nella guerra per la successione di Spagna, alle battaglie contro gli insorti d'Ungheria; dalla liberazione di Torino (sul colle di Superga la tradizione vuole che il Principe Eugenio fosse accanto a Vittorio Amedeo II nel promettere alla Vergine il tempio che tuttora protegge i memori torinesi, alle campagne di Fiandra e di Germania; dalla nuova guerra contro i Turchi, terminata con una vittoria che tutta la cristianità fece propria, rendendo al condottiero massimi onori, all'ultima guerra, provocata dalla successione di Polonia: cinquantanni di battaglie. Fu ferito sul campo tre volte e, ogni volta, continuo il combattimento. Pur tra le dure esigenze della guerra, serbò una profonda generosità spirituale, un alto senso di cavalleresca giustizia. Si racconta che al generale Bufflers, che difendeva Lilla dal suo assedio, egli offrisse di dettare le condizioni della resa inevitabile, scrivendogli: <r io firmerò prima ancora di leggere, tanto sono sicuro che voi non chiedete nulla che sia indegno di voi e di me ». Figura da leggenda; personaggio da poe nicomSarininnuprprniprRointeAnunedaciprPl'avinoSPcpgmlampndotozgdpbrstodrscsmmselalapdcqmdmnspCcpmsdddsgscrRdma e'pico. Veramente~egli pareva jcmosso nelle sue azioni da superio- ' ri poteri, tanto subitanee erano le sue ispirazioni e tanto rapide e sicure le sue intuizioni: non tecnico della guerra o genio d'arte militare, bensì, si potrebbe dire, poeta della guerra. Aveva 71 anni, quando, conclusa l'ultima guerra, egli rientrò definitivamente a Vienna (qui un grande monumento lo ricorda, come altri a Budapest e a Zenta). Improvviso silenzio, dopo tanto fragore, intorno a lui. Era vecchio, stanco, malato. E allora il suo spirito parve ritrovare le remote tendenze che in giovinezza l'avevano caratterizzato e poi, nelle rare tregue, eran tornate a riaffiorare. Il Principe ritrovò il suo amore per le lettere, le arti, le scienze. Parve scoprire a un tratto armonie e bellezze dalle quali, tVcdcteafiMtgdtclcinn1alVòra''Cnon "era" stato 'Toccata:/Ec-li che non s'era sposato che|Aaveva dato posto ad alcuna;ca nella sua vita da lui fatta .csposato, che | non donna, schiava della gloria affinchè ne potesse diventare padrona, a quella tarda età, come colpito da una triste resipiscenza, lasciò che un nome e un volto di donna si collocassero nel suo mondo. Così, dopo cinquant'anni trascorsi fra le urla dei combattenti e il tuono e le vampe delle artiglierie, il condottiero cominciò a recarsi ogni sera presso quella contessa Bathiani che sapeva, con le grazie del suo spirito e della sua colta femminilità, contrapporre soavi armonie di pace al tumulto delle sue memorie guerriere; e pare che proprio dalla casa della consolatrice egli tornasse, la sera che precedette di poche ore la sua morte. Chi potrebbe negare un triste ma dolce incanto a questo idillico epilogo d'un poema eroico? La vita del grandissimo capitano si chiudeva, come una tempesta, sotto il segno pacifico dell'arcobaleno. me. ce. lilSD

Persone citate: Eugenio Maurizio, Fiandra, Luigi Xiv, Olimpia Mancini, Turchi, Vittorio Amedeo Ii