VENTI UOMINI NELL'ATLANTICO di Ernesto Quadrone

VENTI UOMINI NELL'ATLANTICO PESO. NTI8A.N2BIONISVA VENTI UOMINI NELL'ATLANTICO e l ò i : i a , i , o ' i n i o o r a e e , o , , i MEDITERRANEO, aprile. Vento di libeccio. La pìccola nave, bene ancorata e affiancata alla banchina del difesissimo porto di Livorno, rulla dolcemente. Arriviamo sulla banchina a mezzanotte, tirandoci dietro le falde dei'soprabiti che il vento ci getta sulla schiena. Le lampade elettriche ondeggiano contro la fortezza granducale che, con i suoi speroni a sghembo, sembra muovere il passo verso il mare tempestoso. Il pittore Massimo Quaglino posa in terra il bagaglio « tecnico » e guarda la nave con occhio appassionato. Non voglio disincantarlo togliendo l'incantesimo che esercita sul suo animo la prossima avveìitura marinaresca che si inizierà con subitanea violenza non appena la nave avrà messo la prua leggera fuori dal porto. Moto-Nave « Umberto Lupi », pesc/iereccto atlantico di seicentocinquanta tonnellate, lunga cinquantadue metri e larga circa sei. Un transatlantico moderno pesa dalle venti alle cinquantamila. Ventidue uomini di equipaggio, compreso il comandante, il pruno ufficiale, il capo macchinista, il primo meccanico, due ingrassatori, un cuoco e un cameriere. I quattordici marinai sono anche pescatori, o, viceversa, i quattordici pescatori sono anche marinai. La sposa del pittore — Ohi! Della Lupi.' II nostro richiamo va via rapidamente col vento. Sembra che a bordo vi sia nessuno, eppure si ha il sentimento del lavoro di esseri umani silenziosi in una soffocata fatica. A prua c'è un uomo chinato che forse ha avuto l'ordine di tenere il cielo sulle spalle. Noi siamo i passeggeri, i due soli passeggeri «.volontari » della nave. Dov'è l'usciolo della nostra cabina t Fateci strada, dateci una mano per saltare sulla murata; abbiamo i bagagli, un cavalletto da pittore, una sedia a sdraio per aprire sul ponte a leggere, pensare, dormire. Due marinai che sembrano piccoli prendono i bagagli e agguantano la sedia a sdraio alzandola curiosamente nella luce di una lampada, come fosse lo scheletro di un pollo. La nostra cabina, dipinta in bianco, con una colonnina in mezzo, ha due cuccette, una per parte; due guardarobìne, una sola sedia, una lampada a sospensione cardanica e due lampadine elettriche avvitate al soffitto. Giriamo l'interruttore. Dopo tanta notte un bel fiotto di luce. Il pittore salta sulla sua cuccetta, con la pancia in giù, le gambe per aria e abbraccia il guanciale chiamando la nave la sua sposina, la sua bianca sposina. 0 die non conosce la nave o che non conosce le donne. 1 cassetti per riporre' la nostra roba sono sotto le cuccette e, fra le due cuccette appoggiate alla paratia di fondo c'è la porta che esce su un corridoietto per il quale, svoltando a destra, per una seconda porticina si sbuca su coperta e per una scaletta piccola e ripida come quella dei pollai per le galline si sale sul ponte di comando. — Dov'è il comandante t — Sul ponte. — E la sua cabina/ — E' qui vicino, ma è sempre chiusa. — E dove dorme il comandante? — Sul ponte. Nel vento si infila qualche voce e un colpo di fischietto. Sulla nostra testa rintronano alcuni passi lenti e pesanti. Improvvisamente due occhiali, portati da un rapido naso discendente sopra una falciata di bocca aperta ad un arguto sorriso si affacciano per un attimo alla porta e poi spariscono lampeggiando e tirandosi dietro un saluto rivolto a noi e un avvertimento gridato nel tubo della scaletta. — Discendo in macchina. La nave si illumina col primo respiro del motore. Il pittore Massimo Quaglino ha gli occhi di acqua celeste, i capelli biondi e ondulati sopra l'altissima fronte, un naso che verso la fine si fa onore e una bocca fotte sopra un mento a pera. Quando allunga le labbra stringendole a punta di poppatoio è segno che medita; quando socchiude gli occhi alla moda dei miopi ritirando le narici fin sotto le yuancie è segno che guarda; quando apre la bocca all'alte-za delle orecchie vuol dire che ha voglia di ridire come un fanciullo. Usciamo su coperta, nel vento. Le ancore vengono su e si attaccano con un tonfo ai fianchi di prua e la lancia del pilota ci dà la destra. Le mani mutilate del meccanico si appoggiano alla murata. Egli si accorge che osservo le mutilazioni. — Lo scoppio di una bombola d'aria proprio su questa nave. La lanterna verde dell'uscita del porto guarda quella rossa che le occhieggia dall'altra parte del molo e entriamo rullando in mare aperto. Quaglino si stacca e 2>arte come una saetta dalla cuccetta e viene a sbattere contro un mio piede che ho alzato perchè non mi dia nello stomaco. Meglio che nessuno sappia... Il passo del comandante sui gradini della scaletta delle galline. Ed ecco Antonio Donatelli, di Viareggio. Non sembra un gigante e tiene tutta la porta, i suoi occhi sono dolcissimi e imperiosi; è vestito come un semplice uomo di terra che va a zonzo per la campagna e par che indossi una divisa e che sulla camicia di flanella luccichino bottoni e alamari. E' il comandante. Ci arrampichiumo con lui sul ponte di comando. — Si accomodino pure sul mio letto. Il letto del comandante è fatto per tutto tranne che per dormire. C'è anche un guanciale, ma questo è superato dall'orlo di un tavolo incastrato nell'angolo di due paratie. Una piccola radio da salotto è assicurata con alcuni giri di corda a questo tavolo. — Trasmittente? — No. Preferisco che gli altri non sappiano gli affari miei. — In pieno oceano ci sono anche gli « affari » dell'S.O.S. — Non bisogna pensare a quello che non ci riguarda nè dirlo a tutti. Quaglino ed io ci guardiamo negli occhi. L'S.O.S. ci sembra una cosa abbastanza seria, un «affare » da prendersi in considerazione. Antonio Donatelli non ci crede. L'orologio tascabile del comandante oscilla col ritmo di un lungo calendario da cucina, molto casalingo, appeso alla paratìa contro la quale è appoggiato il tuvolo per le carte di navigazione, e vicino c'è il barometro. — Scende? — Non lo guardino che tanto il barometro è come la gallina: quando canta ha già fatto l'uovo. Ci siamo e prendiamo quello che viene. ntccrgcgnnsaccllcddsnppmcduccdllmapsrpddpdmv| fl?dclppddcrigda., pLa nave geme cigolando in ogni] giuntura. Alle 21, il vento e il ma-Ure prendono le ceirattenstiche di pun fortunale. Due cavi sono stati ledistesi e tenuti in bando da altii\mdue disposti a foggia di croce, dueprua al castello di comando. Le1 csr-'uonde spazzano lo spazio di cope ta fra l'alloggio dei marinai e il ponte di comando. Tutte le porte di ferro sono chiuse, i marinai al sicuro nelle loro cuccette. Alle 1,30 vento e mare calmano rapidamente. Allesso, attraverso di Dragonera cielo sereno Bussola 450. nèsntIctcAlle sette del mattino venco e. pmare aumentano improvvisamtn-idDrammatico salvataggio te di foni; il mare cAs continuamente flange ed allaga la coperta asporta ciò che trova e muove il divergente di poppa, un tavolone per la pesca di circa una tonnellata che, rompendo le morse di te- as nula minaccia di sfondare le porte di accesso alle macchine. L'uomo di vedetta, lasciandosi cadere dal ponte di comando su coperta e attaccandosi ai cavi arriva a pruavia ed entra nell'alloggio dei marinai. Gli uomini sono ritti presso le cuccette, tutti di sbieco 'come le goccio di pioggia quando scivolano sui vetri del treno. — Il comandante ordina che il nostromo con quattro di voi sistemino i rinforzi di protezione alle porte e fermino il divergente. La vedetta esce agguantandosi con un balzo ai cavi, traversa la coperta approfittando di una rullata che alza sul mare la murata lungo la quale striscia di corsa e con un salto raggiunge il ponte di comando. I cinque uomini affrontano l'onda che con uno schianto si abbatte sulla tolda, la superano, sguscitino fra la murata e la paratia del ponte avventandosi sul divergente premendolo con il petto e con le mani per fermarlo al cavalletto che lo sostiene e poi girano le viti di rinforzo alle porte. Il lavoro ù ultimato. In questo momento imbarca un colpo di mare più forte degli altri che immerge il bordo della nave dal lato destro per un metro sotto la linea d'acqua. I cinque marittimi resistono all'assalto e riappaiono per un attimo tutti in gruppo, attanagliati alla murata. Un'altra onda più potente della prima si gonfia in una groppa che sale dall'orizzonte verso il cielo, raggiunge la nave a sinistra e la piega tutta quanta sul mare, a destra, fino ad immergere le lance di salvataggio appese sull'ultimo ponte. I cinque marittimi si strappano dalla murata, affiorano nella spuma per un attimo e di colpo scivolano nel cavo dell'onda giganfesca che scrosciando si ritira dalla nave. Nessuna manovra vale sul mo- ?e"*° a-far rt?.r««iere to nave.dalla posizione di sbandamento in cui si trova. Cinque naufraghi Antonio Donatelli chiama tutto l'equipaggio ai posti di manovra per ce nomo in mare », ordina al primo ufficiale Gambassi di discendere su coperta e manda l'uomo di vedetta con un altro marinaio che gli è vicino sul ponte superiore per tenere in vista i naufraghi, poi sterza tutto il timone a dritta regolando la macchina fino alla minima forza per tenere la prua ul mare. Gli uomini ,lcttano ai naufraghi U salvagente, ma nessuno è nella possibilità di raggiungerli. Tre di essi che si trovano nella scia dcV mot0pcschercccio si agguantano ella corda del solcometro, ma lai corda si rompe nelle mani degli\uomini già esauriti. \nissimo che la pericolosa manovra è iìnpossibile. Si sacrificherebbero sicuramente e inutilmente i marinai che eroicamente sono già saltati a bordo delle leggere imbarcastoni oscillanti nel vuoto. Per un ultimo e disperato tentativo prepara le sagole e fa lanciare in mare altri salvagente, poi prende il timone egli stesso e conduce con cautela la nave presso H comandante ordina di prepa-\are comunque le lancio ma sa be-1 j ai gruppo dei naufraghi. Tre di essi si avvicinano allei murata e uno si aggrappa ad una sugola e riesce a scavalcare il bordo. Gambassi intanto, un gigante , , , , , , ., forte come un bufalo, attende timomcnto opportuno chinato peri-cerosamente sulla murata e guati- do sulla cresta di un'onda arriva- no a tiro delle sue mani di ferro due naufraghi ormai svenuti, li afferra, li alza dall'acqua e li getta su coperta come se fossero due sogliole. • • • «•««««. Sul giornale di bordo che stiamo leggendo e di data recentissima, Antonio Donatelli seguita così il racconto del drammatico naufragio: « Si sono potuti salvare i seguen- ti marittimi: marinaio Bonacossi Emilio, matricola 7747, di Liror-no; marinaio Bargellini Appello, matricola 6S76, di Viarei/gio; 7-e-fiere Mozzone Guittone, matrico-Il nostromoVÌZI la 1889, di Ancona. Vantinoci Eugenio, matricola 8098di Viareggio e marinaio Rosellini Giovati Battista, matricola 9308, di Viareggio, sono sconciarsi in mare. Alle 7,40 sono stali asportati e alle 7,55 sono stati ricuperati i tre sopranominati in latitudine 40 28', longitudine 3 OS'. Si fanno tutte le ricerche possi- bili, ma nulla si è trovato. La forza del vento diventa insopportabile alla nave e alle 9,30, fatto consiglio, decido di poggiare ad Alcudia (Isola Majorca) navigando a mezza forza. Alle 14.30 si ancora nella baia di Alcudia. Tutto l'equipaggio ha dimostrato ubbidienza calma e zelo eseguendo tutti gli ordini, non curanti del pericolo per salvare i compagni. Questa disgrazia c avvenuta per causa di forza maggiore ». « Forza maggiore » Il comandante della « Umberto Lupi » ha gli occhi azzurri con un netto triangolo di rughe che ha il vertice sulle guancle. Quando sorride, il lato superiore del triangolo gli sale sotto agli occhi suggellandoglieli ma non abbastanza da fermare il raggio di uno sguardo che saetta in basso verso il nodo delle mani ben fatte che tiene pillo sguardo e scendiamo in ca bina. _ che te ne pare di quella frase che chiude a tragico racconto dci due morti e dell'erois strette fra le ginocchia. Dalle ginocchia in giù le gambe gli pendono dal materasso sul quale è seduto come tirale verso il pavimento da due enormi zoccoli, gli scroi, <jne/ii che ci picchiano sulla testa quando lui cammina sul ponte e noi siamo in cabina. — E poi dicono che i pesci costano cari! Chiudiamo il libro di bordo. — Non dovevano leggerlo. — E' scardo i — No! Ma hanno fatto mule a leggerlo. La piccola nave rulla e beccheggia. Quaglino ed io ci diamo un ra- . -foismo dei vivU tLa disgì.azia è avvenuta per ioTZa mai)giore ». — E' burocratica, e anzi, direiche mi piace nella sua disadorna semplicità. Quaglino mi guardu con i suoi ticchi di acqua celeste. — Ficchiamoci sotto le coperte vestiti come siamo/ — Dirci di si. Mi sembra più freddo il naufragio di un nomo nudo che di un uomo vestito. I pantaloni stentano a scivolare :utto le coperte umide. Comincia la lunga avventura di pesca atlantica. Ernesto Quadrone. UNA GIORNATA FORTUNATA

Luoghi citati: Alcudia, Ancona, Livorno, Viareggio