BANDIERE BIANCHE SULLA STRADA DI DESSIE'

BANDIERE BIANCHE SULLA STRADA DI DESSIE' BANDIERE BIANCHE SULLA STRADA DI DESSIE' La ricognizione aerea di un nostro apparecchio pilotato dal Capitano Galeazzo Ciano segnala che tutta la strada oltre Quoram è sgombra La battaglia dell'Ascianghi nel rapporto di Badoglio al Duce Il Comunicato N, 180 ROMA, 9 notte. Il Ministero per la Stampa e la Propaganda dirama il seguente Comunicato Num. 180: « II Maresciallo Badoglio telegrafa: « Continuano le sottomissioni di capi e notabili nella regione di Gondar e le manifestazioni di adesione delle popolazioni. « L' aviazione è stata attivissima neh" inseguire il nemico e nel rifornire le nostre colonne avanzate, in marcia verso sud ». Un volo di sei ore Asinara, 9 notte. Durante un lungo volo di ricognizione offensiva compiuto dal Capitano Galeazzo Ciano sulla regione di Dessiò, è stato constatato come la strada congiungente Quoram a Dessiè sia ormai completamente aperta agli italiani e come non esistano resistenze ad eccezione di gruppi etiopici armati, incontrati poco prima di Dessiè che cercavano di nascondersi e che furono bombardati. In alcuni punti la regione si presenta di una ricchezza notevole e appare come una pianura intensamente coperta di vegetazione. Durante la ricognizione, che è durata sei ore, si è potuto constatare che la citta ò in completo abbandono. Sulle case di alcuni villaggi a nord di Dessiè sono state issate bandiere bianche. La seconda parte del rapporto Badoglio Roma, 9 notte. Ecco la seconda ed ultima parte della relazione del Maresciallo Badoglio, sulla battaglia del lago Ascianghi: « Le truppe e i servisi avevano superato nel precedente ciclo operativo gli sforzi che potevano essere giudicati superiori ad ogni possibilità; io però sapevo di poter lare sempre sicuro affidamento sulla perfetta organizzazione raggiunta in ogni campo, ma più ancora sullo spirito di tutti, indoviabile ed esaltato dalle vittorie; sulla volontà di ognuno di giungere alla mèta, sull'orgoglio di tutti che la mèta assegnata fosse lontana, e dura la fatica per raggiungerla. La portata dello sforzo Dare un'idea dello sforzo compiuto è impossibile, senza troppo dilungarsi. Basti accennare ai seicento chilometri di pista automobilistica aperta dalle truppe; alle centinaia di chilometri percorsi sui terreni più aspri, ad altitudini in talune zone sui tremila metri; ai ponti celermente gettati dal Genio; al colossale trasporto con ogni mezzo, dall'aereo all'autocarro ai portatori, di munizioni, viveri, materiali ingentissimi (oltre sessanta tonnellate sono state portate a spalla da quattromila soldati per .'/() chilometri ) ; allo schieramento di batterie da posizione, molte issate a forza di braccia su impervie, quasi inaccessibili vette; al percorso di un'autocolonna di cinquecento vetture fino a Gondar, lungo la carovaniera tracciata fin dal 1905, ma non prima di ora mai percorsa da neppure un solo automezzo e ormai tutta ricoperta da boscaglia. Sono tutti sforzi che hanno del prodigioso. Sono stati superati felicemente, ordinatamente e — vera caratteristica di questa campagna dura e gloriosa — con il più lieto animo, col più confortante buon'umore, con una insuperabile resistenza fisica ad ogni fatica e disagio, con uno spirito sempre elevato, anche sotto l'inclemenza del tempo e la pioggia persistente, per intere giornate. Allo scopo di prevenire gli armati nemici, che da fine febbraio si tenevano dislocati fra Gobbo e Quoram, il giorno 28, mentre era in corso la battaglia del Tembien, venivano, come è noto, occupati i passi di Alagi. Intanto la tendenza allo spostamento di detti armati verso nord si accentuava ed aumentava la loro consistenza. Il 12 marzo i primi clementi apparivano a Passo Agumbertà e dopo la metà del mese la loro forza complessiva veniva valutata, se¬ condo varie fonti di osservazioni, da trenta a cinquantamila uomini. Il giorno 21 il negus si spostava da Dessiè a Quoram, assumendo il comando diretto delle truppe. In concomitanza ed in relazione al movimento delle forze del negus, avveniva l'occupazione di Conca Mai Ceu, da parte delle truppe del I Corpo d'Armata, e 10 spostamento del Corpo d'Armata eritreo dalla piana di Buje, ove si era raccolto a mia disposizione, nella zona Corbetà-Mai Ciò; alle forze del negus venivano così contrapposti due Corpi d'Armata. Del nemico non resultava chiaro, se intendesse tentare le sorti delle armi attaccando le nostre posizioni, ipotesi che però andava prendendo consistenza nelle notizie ultimamente pervenute e che si dovevano considerare di buona fonte. Le forze nemiche Il giorno 28 marzo, la situazione era la seguente. Il nemico aveva llf.000 armati sulle posizioni di Aia, e 30-35 mila, compresa la guardia del negus nella zona di Agumbertà; pareva, inoltre, che disponesse di altre forze nella zona di Quoram. Da parte nostra il I Corpo d'Armata teneva, con la Divisione alpina « Pusteria » e l'8" Gruppo Battaglioni eritrei, le posizioni fra Passo Mecan ed il Monte Bohora, mentre stava raggiungendo, con le rimanenti truppe, la seguente dislocazione: la Divisione « Sabauda » fra Belegà e Passo Dubbar', la quarta Divisione Camicie Nere ed il 6° Gruppo Battaglioni Camicie Nere, tra il Passo Dubbar e i Passi Alagi; la Divistone « Assietta » <i nord di detti Passi; il Corpo d'Armata eritreo tra Mai Ceu e Corbetà. Al tergo delle nostre posizioni, ferveva intenso il lavoro per completare la costruzione delle piste automobilistiche e costituire depositi di munizioni e viveri. La nostra situazione poteva, sotto tutti i punti di vista, considerarsi ottima. In tale situazione emanavo l'ordine di operazione nel quale, a seguito delle predisposizioni di carattere logistico, disponevo il perfezionamento dello schieramento difensivo, onde poter respingere qualsiasi attacco nemico, e dare ordini per la nuova battaglia. Preveduto da precisi indizi e da fondate notizie, e quindi atteso, nelle prime ore del mattino del Si marzo si pronunciava l'attacco del negus sulle nostre munite posizioni di Passo Mecan, monte Bohora. Volto dapprima sulla destra del nostro schieramento, contro la Divisione alpina, probabilmente a scopo di finta, l'attacco principale si pronunciava violento ed insistente contro il Corpo d'Armata eritreo, pur in concomitanza di secondari attacchi su tutta la fronte, e segnatamente sul fianco destro. Le Mostre truppe bravamente resistevano, c passando al contrattacco ributtavano il nemico ovunque. Fallito il primo attacco a mezzogiorno circa, verso le ore 16, sempre contro 11 Corpo d'Armata eritreo, il negus lanciava nuovamente le sue truppe all'attacco, impegnando gran parte delle forze disponibili, wi compresa la guardia imperiale, che nella sua mente forse sperava poter riservare — ad attacco riuscito — per arditi progetti offensivi. II piano del negus «Il piano del negus, basato certo sulla convinzione che le nostre truppe eritree, classiche nello slancio offensivo, mal resistessero contro gli attacchi reiterati ed insistenti, era jallito. Le truppe nemiche — berte organizzate ed abbondantemente armate di moderne mitragliatrici, artiglierie e bombarde — avevano bravamente combattuto, ma il negus doveva convenire, alla fine della cruenta giornata, che contro la potenza del nostro Esercito vano era lottare. « A parte gli episodi di scarsa importanza e le aggressioni brigantesche senza alcuna caratteristica militare, che non possono davvero considerarsi azioni offensive, dopo essere stato battuto in tre grandi battaglie, l'esercito etiopico era battuto nella sua prima battaglia offensiva. Dopo che ad uno ad uno i principali ras al comando dei loro eserciti erano stati battuti, il negus subiva la stessa sorte, al comando del suo personale e moderno esercito, perdendo molte migliaia di uomini e numerosi fra i migliori dei suoi capi e sottocapi, ed abbandonando sul campo ingenti quantità di armi. La prova poteva considerasi decisiva. « Il giorno 1« aprile, piccoli attacchi su vari tratti del fronte venivano condotti allo scopo di mascherare l'arretramento. «Alle prime luci del mattino del 2 aprile, l'esercito del negus, sconfitto, demoralizzato, diminuito dalle gravi perdite e dalle numerose diserzioni avvenute durante la battaglia, appariva ritirato sulle posizioni di Adi AsselGherti, ove la nostra infaticabile aviazione lo batteva. Senza indugio io diramavo l'ordine per l'in¬ seguimento. Nella giornata del 2 aprile il primo Corpo d'Armata si attestava con le sue Divisioni sulle posizioni di passo Mecan, mentre il Corpo d'Armata eritreo ridiscendeva a Corbetà, pronto alla sua manovra. Gli abissini in rotta « Il giorno 3, t due Corpi d'Armata procedevano verso sud; alla sera il primo Corpo, dopo avere superato tenaci resistenze, raggiungeva il colle Ezbà, mentre il Corpo d'Armata eritreo si attestava al torrente Agumbertà, in grado di far sentire la sua azione aggirante. Il nemico forse ancora ignaro dell'accerchiamento che lo minacciava, restava con una sua ancora forte massa sulle aspre posizioni di Adi Assel-Gherti. « Il giorno 4 riprendeva l'avanzata di entrambi i Corpi d'Armata, dando contemporaneamente al nemico la sensazione della sua prossima completa rovina. Premuto di fronte; minacciato di fianco, inesorabilmente battuto da tutta l'Aviazione, come sempre pronta ed ardita, lanciata fino al suo ultimo apparecchio, senza distinzione di tipo, purché potesse a bordo recare la sua offesa e farla piombare dall'alto, il nemico iniziava la sua ritirata, che man mano accelerava. E nell'accelerazione della fuga si accelerava la rovina degli ultimi resti dell'esercito imperiale. « Del negus nessuna notizia. Lo spettacolo di questo suo esercito, che, per averlo armato. con armi moderne ed addestrato con istruttori europei, credeva aver reso imbattibile, di questo suo esercito che si era dimostrato di tanto effimero valore, non per deficiente ardimento individuale, ma per scarsa intrinseca capacità dei capi, barbari sotto la anacronistica veste civile, lo spettacolo di questo suo esercito in fuga, frantumato più che battuto, doveva forse in quel momento farlo pensare alla caducità di un impero fittizio. ^ « Cosi anche la battaglia dell'Ascianghi, dopo cinque giorni di lotte, è stata — come le altre — vinta nel nome del Re, per virtù di capi e di gregari. Essa è stata vinta soprattutto dallo spirito nuovo che anima la nostra gente, dallo spirito che il Duce ha infuso nella gioventù e che a me, Comandante, è stato dato di raccogliere, tramutato in valore inflessibile, sul campo di battaglia. « Le perdite nostre sono le seguenti: «Morti: ufficiali 21, nazionali 86, eritrei 201,. «Feriti: ufficiali $9, nazionali 269, eritrei 669. « E' impossibile precisare le perdite nemiche, ascendenti certo a parecchie migliaia. Sono stati catturati circa cinquecento prigionieri, diciotto cannoni, una bombarda, cinquantatre mitragliatrici, circa 1500 fucili, l'autovettura e la stazione radio del negus, undici autocarri, molte casse di munizioni e materiale vario, come baionette, pugnali, tende, ecc. ecc. ». un

Luoghi citati: Aia, Gondar, Roma