"Al suon dell'arpe angeliche,,

"Al suon dell'arpe angeliche,, "Al suon dell'arpe angeliche,, Riccardo Strauss, dopo aver assistito a una prova diurna della sua nuova opera, nel cui magato orchestrale riddano tanti strumenti ignoti, è uscito a godersi il sole italiano per le strade. In questi giorni anche il sole si direbbe sanzionato : però il maestro ha potuto accorgersi come anch'esso, per quanto misurato, ci basti. Già tutta la primavera era nell'aria, nei visi, nelle parole, nei passi ilei coscritti, nelle ceste dei mandarini : e il musicista, fortissimo nei suoi settantatre anni, sbottonava soprabito e giacca, si beava impettito della marzolina serenità. A un cerio punto, gli azzurrissimi occhi scopersero un vecchio sonatore d'arpa che usciva, col suo arnesone sulle spalle, da un'osteria. Come? Proprio l'antica arpa italica, l'arpa dì Corinna e ili Mignon? Proprio quella. Il maestro restò là stupefatto. Forse ripensò ai suoi terribili orchestrali, ai suoi nuovi strumenti chiassanti, tribbianti, macinanti, tempellanti. (Juclle orchestre, talvolta, sono dei meravigliosi ma ossessivi campi di streghe. Che senso, un'ora dopo, ritrovarsi innanzi alla timida nudità di un'arpa angelica! Vedute di scorcio, le corde davano l'impressione di una scala ascendente, sempre più rimpicciolita, che si perdesse verso dei vaghi limiti dorati : l'infinito, l'empireo. E quella Janna codi era portata sulle spalle da una specie di Vecchio del destino; o forse dallo stesso San Nicola barba-di-neve che porta giù a Natale, dai boschi del firmamento, a chi il pino illuminato, a chi il muschio dei presepi. L'autore di Salomò ristette fin che potè, attonito, a guardare. Ma gli occhi, nello stupore, gli s'erano inazzurrati ancor più; e si vedeva che l'anima, fatta più chiara e più lieve, correva smemorata dietro ad un arpeggio. * * Le rare sopravvivenze della arpa hanno, senza dubbio, qualche cosa d'enigmatico. L'avevano fin dal tempo di Wilhelm Meister. Magico e profetico era il vegliardo che Filina e l'amico suo incontravano sulla strada de] castello, intento a trarre dal suo strumento davidico dei suoni che parevano, nello stesso tempo, un'orazione e un sortilegio. Ascoltando un'arpa, e i sommessi accenti tratti dal suo corpo maestoso, oggi più che mai, centocinquant'anni dopo Mastro Guglielmo, si ha l'impressione ch'essa sia udita più lassù che quaggiù ; e quei pochi tocchi ci incantano, soprattutto, per quel poco di timore che ci danno : dubitando noi quasi di aver posto l'orecchio a un'angusta soglia, d'aver rapito un divino segreto. Ma perchè poi, in ogni tempo, sono soltanto i vecchi, e i vecchi mendichi, che suonano l'arpa? Sono essi dunque, decrepiti e miserabili, gli angeli in terra? E perchè proprio sulle spalle dei poveri e deboli dev'essere caricato lo strumento più suntuoso e pesante? Fanciullo, quando questi rapsodi di barba bianca erano più frequenti, e più spesso accadeva di vederli sostare per via, tornando il Marzo, insieme a quegli altri esseri misteriosi e superiori chiamati spazzacamini, 10 non ardivo di far cadere su loro, dalla mia finestra, una semplice moneta di rame. Essa era certo indegna del bardo; e come avrebbe tintinnato male, rimbalzando sulle corde d'oro ! Riaccostavo allora le imposte, e restavo a spiare il vecchione magico dagli scuri. Dove andava? E di dove veniva? Sonava per vivere? O viveva per sonare? Di che si nutriva? Dov'erano i suoi figli? E il suo domicilio, dov'era? Ero costretto a immaginarmelo, solo come un santo, o come un dannato, in fondo a un giaciglio oscuro e di poco strame. Però li accanto con lui riposava l'arpa d'oro, la sfolgorante porta dei cieli. Vista dall'alto, appunto, l'accordatura toccata qua e. là dal sole dava l'idea d'una cancellata, di là dalla quale fossero paradisiaci giardini. Le stille dei suoni, spiccate e gemmanti, ne sarebbero diventate, raggiungendoli, la rugiada. Il telaio dello strumento mi appariva così dall'alto, come uno staccio d'entità invisibili, di beatitudini arcane. 11 vecchio filtrava la grazia e la virtù dal fragore e dal fango della via. Il suo strumento era un vaglio di spiriti. Ed egli stesso era il Vate, nell'antica e immune magnificenza della parola, ricomparso fra gli uomini senza clic gli uomini, quasi, se ne accorgessero. Ma quali erano, dunque, i motivi arpeggiali dal vecchione là sul crocicchio, tra la bottega del 'frani e il botteghino del lotto? Sino a venti anni, non riuscii a saperlo. Di uno seppi, finalmente, come mi fu consegnata un po' di musica. Era Partant pour la Syrie, il pezzo favorito della Regina Ortensia : eco napoleonica, che forse nel cuore del rapsodo ottantenne era una memoria barn bina. Innocentissimo motivo, in deciso e un po' tedioso, e in ve rità più sor 'gitante a una ninna-nanna chi a una canzone di marcia, interessante solo per l'anima che il sonatore v'infonde vipsltqcoavdptcsizpvctbsstqsnlpslccpdls va, pel suo consenso pensoso e infervorato, Quando passavano, però, i monelli berciatiti o zufoanti, chi gli badava, sospendeva il' chiasso. Certo una maestà spirava da quel matto, che tra le brache a sbrendoli e il mantello di pattona stringeva a sè quel monumento armonioso, con un piattello ai piedi e i due occhi levati al cielo. Restavano a guardarlo, come affascinati. Dopo un po' deponevano, senza rumore, il soldino della limosina nel piattello di stagno, e s'allontanavano, a quanto mi pareva, in punta di piedi. Certo la delicata, centenaria melodia era poi stritolata senza riguardo dal tram elettrico : sì che le stille celestiali degli arpeggi parevano svanire nell'aria, cancellate con ira diabolica dal rosseggiante zig-zag delle scintille. Ma neppure allora il vecchio distoglieva jli occhi di lassù. In su nei ricordi, riesco a trovare anche la sonalrice d'arpa : colei che nr.rque, vestita di rasi turchini, nei quadri di Terborch ; che morì, vestita di mussole rosa, nei versi di Gozzano. La fanciulla lieve e il greve strumento composero per quasi tre secoli, uniti, l'allegoria perfetta della verginità. La sonatrice portava una coroncina d'anemoni ; una corona d'oro porlava lo strumenta Ambedue recavano l'anima scoperta ; dagli occhi, l'ima; l'altro, dalle libere corde. Come l'arpa è priva di recessi e di congegni segreti, così l'arpista vi mostra il suo cuore qual'è, semplice e suscettibile. Àia la risonanza di quella è come la vaghezza di questa : non si rivela, pudicamente, che per sillabe, per accenni ; e non può formare un motivo che non sia illibato ed ordinato: motivi vestili di rasi turchini, ovvero di mussole rosa. Le. case dei nonni s'onorarono tulle di questa immagine esemplare. Sedette all'arpa Nonna Speranza, accompagnata al cembalo dall'amica sua, tra l'ora del volano e quella del tombolo ; e lo zio gesuitico e tardo approvò, solennemente, dal capo, accettando insieme alla melòde elisia il bichierino di Moscato. Ed ecco, se ripasso dalle memorie, qualche arpeggio ottocentesco ancora vi risento : qualcuno degli ultimi, perduti sull'onde dei rimpianti come colomba sul mare. Che ne è stato, di quelle arpe domestiche? Non è possibile che le abbiano relegate in solaio, o seppellite in cantina. Erano le regine del salotto : sovrane che sempre rimanevano in piedi, pur restando in un canto, avendo l'aria di sorvegliarci tutti, impettite e graziose, con la loro corona in testa e la loro veste di lampasso d'oro, a cui lo strascico drappeggiato faceva da piedestallo. Non è possibile che le abbiano esiliale fra i sorci e i centopiedi. E d'altra parte, che rimarrebbe a fare l'arpa paradisiaca, tra la furia satanica dei j'assì In una sala marchionale, qui a Milano, l'hanno lasciala là nel suo angolo, però velata di nero. Nella penombra, sembra donna che preghi. Una notte, mentre giravano il disco di Niglit and day; una notte, racconta la padrona di casa, « sotto il velo a lutto saltò una corda. Sospendemmo il pezzo. Qualcuno impallidì. Io fui per farmi un segno di croce ». *** C'è ancora qualche arpa viva nelle dimore degli uomini, come ce n'è ancora qualcuna superstite per le strade? Voi non crederete : ma io vi dico di sì. Una l'ho sentita in casa di Sua Eccellenza Romagnoli ; e ho dovuto ripensare alle arpe eolie : quelle che ancora al tempo di Alfonso Daudet, come si legge in Jack, i grecizzanti sospendevano al tetto, affinchè rintoccassero al vento nel modo di duemila anni fa. E un'altra l'ho sentita, con questi orecchi mortali, in un salotto marchigiano. Ricordo singolare! Stava l'arpa balenante tra due smorti ala bastri, l'uno di Leopardi l'ai tro d'un congiunto di famiglia, grammatico e patrizio; e là so pra era un archetto con dipinti dei gigli; e le signore ospiti, ap provando, si facevano vento; i concertista era una giovinetta tutta rossa in viso, forse però di vergogna più che di salute, con lunghe braccia che pareva no, ad ogni arpeggio, lanciarsi a nuoto, in un tuffo. Ultima immagine dell'arpeggiatrice alto cinta d'un tempo, per quanto bella non fosse, mi parve, ad un certo momento, che quasi bella la facesse la musica, che per l'appunto era l'« arpe angeliche » del Poliuto. Uno dissein un intervallo : — L'arpa è strumento di pace. Se gli uomini vi tornassero, forse tornerei) bcro mansueti. — io fui il solo a sorridere, incredulo, in quella cara adunata consenziente ! Ahimè : Re Davide era guerrieropur essendo arpista ; ne con sensi pacifici la Regina Orten sia ascoltava « Partant ponr la Syrie ». La giovinetta riattaccò una romanza. Suoni contati suoni preziosi; altre sillabe dpurità; altre gocciole di beati tudine; allre illusioni di celeste vita per chi non può, dopo uif solo istante, che dimenticarle nell'ansia e nell'asprezza della vita mortale. Marco Ramperti

Luoghi citati: Gozzano, Milano