Come fu distrutta l'armata di ras Destà di Sandro Sandri

Come fu distrutta l'armata di ras Destà Come fu distrutta l'armata di ras Destà La battaglia del Ganale Doria nella prima narrazione giunta in Italia per posta aerea dal fronte somalo - Con le avanguardie e col Comandante dalla piana di Malca Dida alle porte di Neghelli La corrispondenza del nostro inviato Sandro Sanrli-i e la prima narrazione della battaglia del Canale Doria che giunga in Italia per posta aerea dal [ronte somalo. Lo grande battaglia, per quanto diiTusamente illustrata dai servizi radiotelegrafici pubblicali nei giorni scorsi, appuro rosi completa, nel suo vittorioso svolgimento, sino alla presa di Neghelli. Come il nostro inviato concludo, la mattina del 15. «gli ultimi residui dell'armata di ras Dentò fuggono disperatamente verso il Dana Parma». Sono 1 quattromila etiopici che, reni disperati dalla sete, vengono, nei giorni successivi, affrontati e distrutti dall'altra colonna italiana, quella del generale Agostini, della cui aspra ed eroica marcia ha. concluso ieri la narrazione il nostro -Mario Bassi. (DA UNO DEI NOSTRI INVIATI) Dolo, 26 gennaio. Al tramonto dell'll gennaio il generale Graziani andò a Oddo, al di là del Dana Parma. I dubat stavano schierati. Presentarono le armi al grido di « Vira ti Re! ». Graziani parlò col loro comandante e assistette alla partenza del reparto. Era il crepuscolo quando ripassò sul ponte gettato fra Oddo e Dolo. La grande macchina bellica era ormai in | moto. -Autocarri al guado Quando l'alba sorse, tutto era silensioso e deserto attorno a Dolo. Soltanto ai traghetti sul Giuba lunghe file di autocarri sostavano ancora in attesa di passare e, a guado, nelle sue acque sporche, qualche carovana cammellata di salmerie procedeva lentamente. La grande marcia verso Neghelli è cominciata così. Verso mezzogiorno del 12 ho lasciato Dolo. Il sole violentava la pista polverosa, la boscaglia, la terra arsa e screpolata e arroventava le rocce lampeggiando sulle acque calme lente solenni del fiume. Dopo trenta chilometri, ad Amino, chiesi a un dubat di collegamento dove erano le truppe. — Avanti — mi rispose — molto avanti. Verso le 16 giunsi ad Areri. La ^iima trincea abissina attorno alla quale l'I e il S gennaio avevano combattuto i dubat e le autoblinde era deserta. La seconda, situata a qualche centinaio di metri più avanti, presentava lo stesso aspetto. Ma lì attorno un fetore ammorbante di cadaveri in putrefazione stagnava nell'aria. A lato della strada giaceva un cadavere abissino che il sole aveva liquefatto come se fosse stato di cera e poi disseccato: orrendo. Nelle vicinanze, duecento caduti etiopici, insepolti, popolavano la boscaglia le trincee e le caverne ove il nemico era stato asserragliato. Le tracce del combattimento dì dieci giorni avanti apparivano ovunque. Bossoli di cartucce sparate, indumenti, stracci sanguinanti, animali uccisi, cadaveri in pose tragiche cotti dal sole, scarniti dagli sciacalli e dagli avvoltoi. Alle lt raggiungo le truppe in marcia. 1 dubat e gli arabo-somali dei battaglioni marciano di conserva su un vasto fronte dal fiume alla montagna. Marcia rapida, calma, silenziosa, irresistibile. Il sole basso ormai all'orizzonte illumina gli uomini in cammino che procedono attraverso il bosco rado, salgono le colline, sondano il corteo di palme « dum » che accompagna il fiume. Un velo di pattuglie isolate è all'avanguardia. Col binoccolo le osservo. Procedono serene, col fucile a bilancia sulla spalla, il passo celere. Tramonta e viene dato l'alt. Siamo giunti in una vasta radura, sbarrata a nord-ovest da un sistema di ambe boscose che precipitano quasi a picco sul fiume. Ottima posizione per il nemico che avesse voluto affrontarci. Ma ras Desta è più avanti. Lo incontreremo domani. La macchina di Graziani Viene messo il campo. Si accendono i fuochi. Incontro gli ufficiali del battaglione arabo-somalo. Erano a Goralei, verso l'Vcbi Gestro, e hanno guadato il Ganale Doria con l'acqua alla gola e le armi tenute alte sulla testa. Sono in marcia da ieri come i dubat; eppure cicalecciano intorno al fuoco. Si odono risate fanciullesche e nell'aria c'è odore di pane bruciato, di tè, di carne arrostita. Lo ombre del crepuscolo precipitano rendendo rosse le fiamme dei bivacchi. E' notte. Mi avvolgo in una coperta e mi sdraio sulla nuda terra. Lassù tutte le stelle sono sopra di me. Antclucc del 13 gennaio. L'aria è fresca e i fuochi vengono ravvivati da quelli che hanno vegliato. I dubat si svegliano e lu marcia viene ripresa senza un grido, come se l'ordine di movimento fosse stato preordinato da una messa in scena abituale o rispondesse a una consuetudine tradizionale. L'alba, dopo un'ora, illumina lo spettacolo che la sera prima aveva illuminato l'ultimo cadente sole. Aiwnziamo verso l'uadi Sarole; il letto di un torrcntaccio secco nel quale la strada affonda quasi a precipizio per risalire con identica violenza sulla opposta sponda. Gli abissini hanno apprestato uno sbarramento stradale con macigni e tronchi d'albero e le prime autoblindate che marciano sulla strada non possono passare. Il lavoro di sgombero non dura più di mezz'ora e l'ostacolo è passato, il traffico ristabilito. Non è stato ancora gettato1 lontano l'ultimo macigno che or-1 riua la macchina del generale Graziani. E' un lampo: l'auto si precipita ìtell'uadi, risale l'opposta sponda, sparisce in direzione delle vicine pattuglie di punta. Verso le 10 ecco un secondo sbarramento stradale. Questo è collegato a un fortino circolare che sorge tra la pista camionabile e il fiume. E' vuoto. Ma le ceneri di alcuni fnocherelli sono ancora tiepide: il nemico è vicinissimo. Arrivano i carri armati veloci. Queste minuscole macchine da guerra procedono con gli ufficiali seduti sugli sportelli a botola. — Dove'sono gli abissini» — chiedono. — Avanti — rispondono delle voci. II primo scontro Alle 11 sbocchiamo nella piana di Malca Dida. I battaglioni si distendono in linea di fronte presentando un impressionante spettacolo di forza. Il sole brucia. Il polverone sollevato dagli uomini in marcia si appiccica al sudore che cola sui nostri volti. La pi' popolata da radi alberelli è e si adagia verso il fiume, preceduto dal solito splendido, fresco bosco di palme « dum » da un lato e, dall'altro, dai colli lontani nell'abbaglio del sole. La marcia nella piana dura un'ora. Qualche minuto prima di mezzogiorno ci infiliamo in una gola tra un'amba e il fiume. Ecco alcuni muletti abissini, sotto un albero, uno dei quali carico di due casse; poi una radura limitata da una collina boscosa che ci sbarra la strada in direzione normale al fiume. Passa la maochina del generale alla quale mi accodo sorpassando le prime pattuglie. Ad un tratto ecco che vediamo alcuni uomini correre verso il bosco. Penso che siano i nostri e soltanto quando il generale arresta la macchina e uno dei suoi ascari di scorta abbatte con un pugno l'ultimo di costoro, mi accorgo che sono nemici. E' costui un regolare amhara, barbuto, lacero, sparuto. Mentre lo fotografo, la prima fucilata esplode sulla collina e il proiettile sibila sopra' di noi. — Finalmente — ?ni dice il generale — abbiamo preso il contatto. Guardo l'orologio. E' mezzogiorno. La fucileria crepita subito e i carri armati veloci salgono, ! sferragliando, il colle. Le truppe serrano sotto di corsa. La battaglia del Ganale Doriti è incominciata. Nella stretta radura le compagnie si riuniscono. Trillano i fischietti degli ufficiali e i plotoni si affiancano. Due mitragliatrici borbottano dietro le colline e le fucilate esplodono disordinate nella fitta boscaglia. In piena azione La sparatoria avviene a bruciapelo. Gli uomini si scaricano addosso le armi da pochi metri di distanza con effetti terribili. Alcuni ascari, colpiti dalle grosse pallottole di piombo dei fucili aGras» — fabbricati in Belgio — hanno subito ferite mortali. Ne trovo due fulminati.da queste fucilate esplose a pochi metri. I morti nemici, colpiti da raffiche di mitragliatrici dei carri d'assalto veloci, giacciono in ordine di combattimento, bravamente caduti al loro posto. Verso le 15 i nostri avanzano. Il battaglione arabo-somalo è ormai tutto impegnato su un fronte a semicerchio di un chilometro circa. Il clamore della fucileria è assordante, intercalato dalle raffiche brevi e violente delle mitra-1 gliatrici. Orinai i nostri sono sotto la linea di sbarramento apprestata in precedenza dal nemico con criteri di accorto procedimento tattico. Questa linea parte dal fiume e si appoggia a una serie di ciqsDpiaasp ! 1 colline popolate da una boscaglia inverosimilmente fitta entro la quale è stata c'ostruita, con grossi macigni, una solida trincèa. Dietro di questa, da una serie di profonde caverne, martellano le mitragliatrici il cui compito è di impedire che la posizione venga aggirata dai nostri. I fucilieri abissini tengono bravamente la linea. Alcuni gruppi sparano dalla opposta spondu del Ganale Doria sulla quale si alza una barriera di palme « dum » e rfi verdissima verzura tropicale. La tenda del Generale L'azione si stabilizza verso le n. Tentare l'accerchiamento, per oggi, è tardi. Occorre tenere inchiodato il nemico fino all'alba. Infatti, alle 18, una nostra batteria inizia un tiro di sbarramento'. Scendo verso Malca Dida per trovare un posto dove passare la notte. Nell'immediato retro fronte c'è una calma superba. Sotto le acacie si sono stabiliti gli uffici dei repartì mentre i porta-ordini vanno e vendono dalla linea del fuoco vicinissima. Silenzio attorno alla stazione radio avvolta nella luce bluastra delle lampadine elettriche velate. Laggiù, in riva al fiume, la piccola tenda del generale Graziani è rizzata accanto alla foresta delle palme. Lo scoppiettìo della fucileria si sopisce, si incendia, infuria, sì placa e torna a esplodere con mordente violenza. Cupo, profondo, tuona a intervalli il cannone. Qualche pallottola sperduta miagola nell'aria. Sono stanco. Ritrovo ì dubat trincerati a destra del fiume in attesa. Conversazione con gli ufficiali accanto al fuoco tìi un bivacco e. parca cena inaffiata da acqua tiepida. Poco prima delle 19 ascoltiamo un crepitare violentissimo di fucileria. Certamente la colonna motorizzata deve essere impegnata sulla strada di Neghelli. La raggiungerò domani, poiché lassù si decide la battaglia. La colonna del raggruppamento arabo-somalo, rafforzata da mitraglieri e da artiglieri nazionali, aveva lasciato la piana di Malca Dida in autocarro poco dopo le ore 11) del 13 gennaio, marciando sulla pista camionabile che da Dolo adduce a Neghelli, mentre l'azione si spostava raggiungendo le colline di Gàlgala, situate oltre Malca Dida, a ridosso del fiume. Questa pista fatta costruire da ras Desta, dopo aver seguito il Ganale Doria fino a Multa Dida svolta ad angolo retto, lasciando il fiume, e si lancia arditamente verso i primi contrafforti montani che precedono il massiccio del Filtu e il grande altopiano del paese dei Galla Borami, dove giace Neghelli. Dal fiume, che scorre ad un'altitudine di qualche centinaio di metri sul mare, in quel di Malca Dida, la strada raggiunge 1800 metri-dell'altipiano quasi senza accorgersene, gradatamente nel corso di ICiO chilometri durante i quali si sale quasi sempre da un colle a un ultra, da un pianoro a un altro pianoro, senza notevoli dislivelli. Sorpresi e inchiodati gli abissini a Gàlgala, il generale Graziani lanciò la colonna sulla strada di Neghelli dove supponeva si trovasse ras Desta in persona. Erti di fatti naturale che, segnalata la nostra avanzata lungo il corso del Ganale Doriti, il ras si fosse gettato verso la pista di Neghelli, dove poteva servirsi degli automezzi per fuggire, qualora i nostri avessero travolto le sue truppe. Ras Desta in fuga Lo schieramento nemico nel momento in cui la battaglia è incominciata, a mezzogiorno del 1S\ gennaio, partiva dalle acque deli Ganale Doria, si appoggiava alle\ colline di Gtilgalò e, seguendo un profondo e scosceso vallone montano, raggiungeva a Ddei-Ddei la pista di Neghelli. Il generale Graziani, preso il contatto con l'ala destra nemica sul fiume, lanciò le colonne all'estrema sinistra dello schieramento abissino, situata a 15 chilometri in linea d'aria dal fiume, a cavallo della camionabile. Se il nemico era assente da Ddei-Ddei, la manovra di avvolgi¬ mGtzmiepVl^tfpiDmDv \ i \ mento delle posizioni abissine da Galgulò avveniva automaticamen- pi «j ate; se era presente occorrevaJ'or- itzare e travolgere il suo scine a- Lmen o e procedere oltre ta,jhandoìlin due monconi l'esercito di ras | cM„ tebbe inizio sul fiume, certo non , ' . „ , , spensarono che poche ore dopo. V , , v ,,,,„_„ , le nostre truppe avrebbero po-\ ^ . - *i»yi"> ««^ y tuto rat/tiutnaere Ddei-Ddei si- j * i-i t ■ i- j,.i'tuatti a 18 chilometri di pista dal, ,,. , , . . fiume, tante vero che le trincee\ provvisorie, apprestate dal nemi- in Desta. Così avvenne. Gli ottomila armati del ras schierati da DdeiDdei a Gàlgala, appena l'azione co in detta località, erano volte verso le provenienze dui fiume e non verso la strada. Quando, alle 18, il ras si trovò addosso alla sua estrema sinistra la colonna dei nòstri,''lo'mpVese\che la partita era perduta e fuggì ignominiosamente con due àuto- \carri, piantando in asso i suoi ar-\mati attenagliati dalle nostre\truppe. I Il primo combattimento di Ddei Ddei avvampò al tramonto. La < .lonnadei nostri, raggiunti i mar-Wgini del vallone, si disponeva /ji passare la notte e i primi autocarri si erano appena arrestati sul limitato spiazzo che precede Ut discesa della pista nell'uadì, quando furono accolti da violente scariche di fucileria e di mitragliatrici. Fu un momento piuttosto pericoloso, superato con una prontezza esemplare dai nostri ufficiali e dall'impeto aggressivo degli arabi-somali, che contrattaccarono il nemico con grande decisione. Il combattimento fu breve, rapido e violento. Sebbene la boscaglia non sia molto fitta sul ristretto pianoro, la lotta si svolse u brevissima distanza e le fucilate vennero scambiate quasi a bruciapelo. La mattina del il,, quando giunsi a Ddei-Ddei, potai constatare che i morti nemici erano stati fulminati dalle nostre scariche a pochi metri dagli autocarri. Al crepuscolo tutto era finito. Il nemico si era trincerato sulla scarpata opposta del vallone ed i nostri, disposte le macchine in quadrato, passarono la notte con le armi a portata di mano. Verso le lf del mattino gli abissini tentarono un contrattacco in forze. Erano almeno duemila che salirono urlando il vallone, gettandosi contro i nostri fucili e le mitragliatrici. Furono ricacciati lasciando qualche centinaio di cadaveri nella boscaglia e, alle 5, la fucileria cominciò a diminuire di intensità per spegnersi verso l'alba. Fu allora che dalle nostre linee si udirono i motori di due autocarri ansare oltre .le linee nemiche sulla pista camionabile di Neghelli: era ras Desta che fuggiva. Un prigioniero mi disse qualche giorno dopo: «Il ras, riparato in una caverna a Ddei-Ddei, pregò San Giorgio tutta la notte e all'alba del li gennaio fuggì in automobile ». I prigionieri \ La mattina del l!t gennaio la battaglia riprende da Gàlgala a Ddei-Ddei. Sui colli di Gàlgala la avanzata procede lenta. Riparati in caverne profonde e occultati dalla boscaglia, gli abissini si battono beni:. Attaccati, contrattarcatto per rallentare la nostra stretta, ma invano. Lentamente, ma inesorabilmente, il cerchio delle nostre truppe li stringe. La seradei Hi, gli abissini che hanno subito perdite gravissime sono ormai circondati e, nella notte, ten-\ tana invano di contruttàccure. sempre ricacciati nei loro covi. La mattina del 15 gennaio molti cadaveri abissini galleggiano sulle acque del Ganale Doria, -gettati dal nemico per sgomberare le trincee. Verso le 10 del mattino gli ultimi superstiti alzano uno straccio bianco e gettano le armi. L'a itone di rastrellamento incornili eia. E oltre ai cannoni, alle mitra gliatrici ed ai fucili, vengono cut-, turati i membri del senilità e del-' la casa del ras: il suo ufficiale di'. . . _ ; amministrazione, l'armaiuolo, alcuni dei suoi segretari c, infine, il « grasmac » capo del cerimoniale. Ho parlato con l'amministrato- j re del ras, un tipo quasi distinto,' a allevato dalla missione francese di Harrar. Costui è di Gondar e si esprime in un ottimo francese. — Voi avete vinto —■ mi dice — e per me incomincia la pace. Avete combattuto molto bene. Il « grasmac » ciambellano preferisce invece tacere, e fa benisi simo. 1 La mattina del 14, tutta la giornata, sino a mezzogiorno del 15, l'ho passata con la colonna a i Ddei-Ddei. La battaglia si decise : it lu mattino, dopo il bombardai inculo acreo delle posizioni nemi \cltp. La giornata del 14 passò quasi calma. Gli abissini si limitavo no a qualche raffica di mitragliatrici contro gli aeroplani in ricognizione e a qualche scarica di I fucileria contro le nostre prime linee; ma, appena dopo il tra; monto, tentarono un nuovo atI turco. Mi trovavo sulla prima linea, accanto ud un'autoblinda il cui equipaggio è composto di vecchi soldati cirenaici, quando la prima pallottola abissina sibilò alta con i «« fischio acutissimo: era il sej aitate dell'attacco. Fucili e mi- I- itrafjmtHoi entrarono ìn asiotle e - L rf Qmbre ^ ^ oìlurmw le rossastre dei s | colp.; semhrava"c1le le mitraglia- Mei sputassero fiamme rosse. L'attacco nemico non raggiunse nemmeno il pianoro e, poco dopo, „ tlttl vallone di Ddei-Ddei, nel van . „ „„„,, , '„, • sto silenzio succeduto ali azione o. ,. , . , . , , rfi fuoco, si levarono pianti e Io-\ ■ - . menti. Mi sdraiai accanto alle ruo- - . ,. . _ i''r "i autocarro e poco dopo l, , .„,,„,„ ' e dormivo. e\ - e e e ò a " Genova „ e " Aosta „ Nella notte tre volte fui destato di soprassalto dall'infernale baccano della fucileria e altrete\,nl,te corsi a ripararmi dietro le gì nwte di ",l oamwn. La quarta rio- \f'"ta\ « muovermi: il sonno vinr-\xe ìa paura dì sentirmi un proiete\ule nella Pelle e> verso le 5 del I '"Ottino, fui destato i dalle urla di un collega che aveva assistito .iti combattimento della giornata r-W^^ZlJ}^ ul io ili e. teno. ne loeo a io, a el n eil ri o na a re oiea. he n ò ludella sua dotazione di scatolette di carne in conserva. Mattina del 15. Nella notte sono giunti i mitraglieri e i fucilieri di « Genova » e « Aosta » cavalleria. Sono pieni di entusiasmo. Ieri il generale Graziani li ha salutati nella piana di Malca Dida mentre sfilavano in autocarro diretti verso la battaglia. Gli ufficiali raccontano: il generale indossava una tunica bianca e stava in piedi nel prato, ricino atta pista. / nostri soldati lo salutavano passando agitando i fucili al grido di « Viva l'Italia! ». Graziani fermò la colonna ed elevò un triplice saluto alla maestà del Re cui rispose un formidabile urlo «Viva il Re! ». — «Saluto al Duce! » — comandò il generale. — «A Noi!» — tuonò la truppa. — A chi la vittoria? — A noi! — .Avanti.' La colonna si rimise in marcia nel polverone soffocante. Chi li tiene stamane ? Ecco il disco rossastro del sole che si alza laggiù. L'avremo alle nostre spalle durante il combattimento, oggi. Buon segno. Sono le 6 e l'artiglieria apre il fuoco. Salgo sul tetto di un camion per osservare lo spettacolo. Salve di granate battono la strada di Neghelli e dalle posizioni abissine si risponde con un curioso cannoncino che lancia delle bombette a forma di lucchetto graduate come un contachilometri per automobili. Uno scherzo che solleva la curiosità generale-. . Gli aeroplani Alle 7 appaiono rombanti nel cielo grossi apparecchi da. bombardamento e la truppa è tutta in piedi in attesa del grande spettacolo. Il bombaidumento e durato non più di mezz'ora c le bombe caddero tutte nel vallone, a 150 metri da noi. Per un tratto di circa quattro chilometri, l'uadi DdeiDdei si riempì di spaventevoli scoppi. La terra tremò c enormi colonne di terriccio e di fumo si alzarono nell'aria della mattina sola liti. Fu il crollo per il nemico. Quando trillarono i fischietti degli ufficiali c le prime pattuglie si aiutarono verso it vallone con passo calmo e sicuro, non incontrarono sulla loro strada che i morti e i feriti impossibilitati a camminare. L'urinata di ras Desta, spezzata in due, era disfatta. Avanzo \ con gli ascari. Ecco le trincee nemiche. Lo spettacolo dei caduti nemici e dei feriti che non gemono, muti, coperti di stracci e di sangue, con gli occhi sbarrati, uno sguardo di terrore e disperazione senza nome, è impressionante. Vedo la macchina del generale Graziani sulla strada di Neghelli. Ha vinto. — Avanti.' — dire. Lu colonna purte rombando in a a a ti ti trta le aurn-\ e. a ale ti nli ca i a t-, l-' '''«bolico polverone. La battadi'"'"! del Ganale Doria è finita e gli _ ; Ifjflltll .rullìi rie- 1 7 .- 1.1 eli l il e. o- j o,' ultimi residui dell'armata di ras Desta fuggono disperai amente verso il Dalia Parma. La strada di Neghelli è aperta. Sandro Sandri Gobi AraBscachWombfsò ■ ■ DdccgD/mà \