Piemonte e Savoia di Filippo Burzio

Piemonte e Savoia Piemonte e Savoia Molto mi piaceva un tempo (e ancor oggi, a tratti, mi attrae) seguire sugli atlanti storici le alterne fortune degli Stati, coi loro alti e bassi di espansione e di decadenza, quali appaiono dalle frontiere politiche, che obbediscono così spesso nei secoli, comprimendosi e dilatandosi, a un ritmo come di respirazione : e — benché il mio interesse sia andato, ai giorni dell'adolescenza, quando la politica mi piaceva più della religione, press'a poco a tutt'i paesi d'Europa — nessuno mi ha, naturalmente, appassionato più dei nostri antichi e ben eamati " Stati Sardi j. Come le ho modificate io stesso, quelle frontiere, e con quanto fervore (al seguito di audaci guerre o pazienti negoziati e intrighi, vuoi col Delfino di Vienna o col Re di Francia, col Duca di Borgogna o con gli Svizzeri) le ho arrotondate ! Ora che il nostro confine occidentale è quanto di più geograficamente ragionevole e noioso si possa immaginare, allo spartiacque delle Alpi, io mi sorprendo ancora, talvolta, a vagheggiare (e non certo per cupidigia imperialistica, la vicina Repubblica può stare tranquilla; ma per pura pietà del passato) quel bel versante dell'altra parte, che un tempo era tutt'uno con noi. E non solo vagheggio ma, com'è mia abitudine, di far seguire, sempre che posso, gli at ti alle parole, mi metto io stesso allegramente in cammino. Chi, se non i poeti, possono farsi ambasciatori di fedeltà ; avvocati, nel mondo dei sentimenti, delle cause perse sul terreno dei fatti? Non.passa anno ch'io non scenda due, tre volte almeno le belle strade che dal Moncenisio e dal San Bernardo por tano in Moriana e in Tarantasia ; sosto e dormo in paesi che, pel turista frettoloso e attento al suo Baedecker, non sono che sempli ci tappe di passaggio : l'albergo Saint-Georges a §. Jean de Maurienne, o lloutiers o Albertville o Séez ; giro nelle ore più auten tiche — la sera, la mattina presto — per quei borghi e cittadi ne, che sono a volte anche deli ziosi capoluoghi di Sous-Pré fatture, sentendomi un po' come un Piemontese in missione segreta per quelle terre d'Oltralpe, e cercando avidamente se qualche traccia sussista ancora di vecchi rapporti e legami, infranti da ormai quasi ottant'anni; quegli echi, che a Torino raccogli fievoli in qualche antico nome non spento, come Seyssel d'Aix, o La Forést de Divonne, o SaintAmour de Chanaz ; cui si accompagnan possessi che taluna famiglia detiene ancora sull'altro versante. E poi quasi sempre finisco per scendere alla capitale : la bella « Ciambéri », che molto amo. Da qualche tempo, anzi, ho spinto le mie incursioni più oltre, fino ai confini dell'ex-dominio sabaudo: ho fatto colazione all'hotel Pernollet, a Bellev-en: Bugey, uno dei grandi asterischi dell'itinerario gastronomico di Francia ; ho avuto all'abbazia di Hautecombe ben graditi colloqui coll'Abate e col Bibliotecario ; ho rievocato Filippo Senza Terra, e antiche ambizioni dinastiche, a Bourg-en-Bresse, estremo tentacolo o antenna sabauda, vibrata Eiù di una volta in direzioni proiite, quali Lione o Dijon. Quella dolce terra di Savoia, di cui Rousseau ai suoi tempi diceva : S'il est une petite ville au monde oà Von oolite la doueeur de vivre, c'est Chambéry — non ha ormai quasi più segreti per me. E sempre il mio stato d animo errandovi era uno strano sdoppiamento fra presente e passato, una specie di soggezione, come se vi fossi un intruso o un sopravissuto: una impressione curiosa, come entrare in un vecchio alloggio che abitammo, in- una casa che per gran tempo ci appartenne, e m cui la nostra presenza, con tutto quel ch'essa evoca, sembra dover riuscire vagamente molesta ai nuovi occupanti; quel che di quasi sessualmente geloso può provare un primo marito messo in cospetto del suo successore. il * * Vecchia Savoia, dicono che non abbia sofferto molto del trapasso. Non ci fu, come per Nizza, al Parlamento subalpino un suo figlio, un Garibaldi, a inveire con esacerbato animo contro il «mercato» della cessione a Napoleone III, affrettando, con la violenza dei suoi attacchi, la morte di Cavour. Cavour era piemontese, e in politica non era molto sentimentale; non dovette dunque soffrire troppo nello stipulare il contratto che, in cambio della culla della Dinastia, ci dava l'Italia. Soffrì certo di più il Re, che^queste cose le sentiva, e a cui era imposto di eìonner le herce.au, apris avoir donni la fitte. Ma, anche lui, e suo padre, fino a che punto amavano ancora la Savoia, dove si recavano sempre più raramente ? Sta di fatto che la stessa Dinastia si era progressivamente, e quasi fatalmente, staccata dalla gemma primogenita della sua Corona, giustificando l'amarezza crescente della Provincia. Se io avessi tempo (e spero che un giorno o l'altro lo troverò) vorrei studiare a fondo, dal punto di vista psicologico — che, da quello storico-politico è già stato fatto egregiamente — lo sviluppo progressivo, nei Savoiardi, di uno stato d'animo che potremmo chiamare, freudianamente, il' «complesso di Esaù», o «della primogenitura carpita»: quello stato d'animo che, quasi per una nemesi storica, fu poi anche, per qualche decennio, quello di Torino dopo il '64, quando, nel sempre radicale italianizzarsi dei Sabaudi, la capitale fu portata a Firenze; ma che, nei riguardi della Savoia, fu incontestabilmente più lungo, grave e sofferto. Esseve stati per secoli la metropoli, e diventare una provincia ; venire governati da coloro che conquistammo; qualcosa come se l'Inghilterra dovesse, diventare un giorno una colonia PprrireAvriFHtra litrlescocesaeqSsedique AuessuantdttusacscnpQomsarmsFRlsnnrt«fdntGtGaìrpmnscmsspeLtmme>' degli Sati Uniti. Povera Ciam- tbéri ! è rimasta a trentamila abi-1 lturiti, mentre Torino, pur dopo ge ) i e n — , ù a e e e e oi di a ne ooessere stata a sua volta detro-|snizzata, tocca i seicent.omila. I ' bPrincipi (specie quelli del ramo primogenito) avevano a volte dei isritorni di tenerezza, e quasi di-! lresti di rimorso. Vittorio Ame- ! rAvo II, dopo aver abdicato, si ritira a Chambéry : ancora Carlo s(Felice, agli sgoccioli, restauraIdHautecombe e. abbandonando la ctradizione di Superga per rifarsi!la una più antica, vi si fa seppel-j Slire: ma, nei suoi ultimi viaggiiTtransalpini, Vittorio Emanile-j nle II riconosce, con quella sua sschiettezza, che è molto se non I Mo hanno fischiato. Singolare vi cenda di questo Stato paradossale, composto di tre pezzi quasi equivalenti: Piemonte, Savoia, Sardegna, dei quali i due primi separati dalla più alta chiostra di monti d'Europa (d'inverno, a quei tempi, quasi impraticabile), e il terzo addirittura dal mare ! All'inizio tutto era stato logico: msmsun signore delle alte cime si era i esteso a poco a poco sull'uno elsull'altro versante; poi, a lungo andare, tutto divento stravagan-l te, e i poveri Savoiardi a la.ri\e\r1 le; spese, specie durante il Risor- d gimentd, quando l'ipnosi italicaìv|sui Piemontesi si rivelò irresisti ' bi 1 o Ho trovato traccie di questo istato d'animo, fin da prima, dei! la Rivoluzione francese, in un cu! rioso libretto su Joseph de Mai- stre inconnu, in cui l'autore (M. Vermale, avocai pris la Cour Id'appelde Chambéry) studia sue cessivamehtp: J. de Maistre e !l'Illuminismo (poiché l'illustre dnpvscAlbp|Sj Savoiardo, futuro campione del ' aiTrono e dell'Altare fu massone imj nella sua giovinezza) ; .1. de Mai- M stre e l'influenza inglese; .1. de I Maistre contro il militarismo pie- ' *montese — che è il capitolo più saporito. Vi si riconosco che, amministrativamente parlando, la Savoia « sabauda » era ben governata : «eppure, checché facesse, questo despotisme é.clniré non era popolare». E perche? Perche? Perchè, dice il nostro autore, il regime, più che militare, poliziesco, dei «comandanti di i piazza» e dei major* piemontesi lesasperava : costoro potevano ar restare e bastonare a loro bene lplacito. «Cette prerogative pn raissait rivoltante, exercée par des Piémohtais sur des SavoyardiJ.: Comunque, comò sempre accade, al momento della separazione si dimenticarono i dissapori per. ricordare solo^li otto secoli vissuti insieme. Ci s'intenerì, i dspecie da parte dei Piemontesi, ; zche si sentivano un po' colpevoli. ! sA commentare il plebiscito ij : nli.mn H'ATocrlin imrà te narrile^buon d Azeglio tro\o le parole,apiù generose: «una volta cne i;S|Savoiardi hanno detto: noi ci|' annet damo alla Francia — è co-;simfi 11,1 padre che ha sposato la; Ma secondo le sue inclinazioni : l'abbraccia col cuore stret-1 ' *" dio» disse, anche in versi, alla Savoia un modesto poeta del tempo, con accenti che, nella loro semplicità, mi hanno commosso : Addio. Savoia! fro le tue rupi L'aquilr nostre posero i nidi; Corset volando dai tuoi dirupi Lonlani mari, lontani lidi Nel tempo bpllo, nel tempo rio, Sempre ri amammo: Savoia, addio! to le au»ura oeni sorta di fé- co, io auura ogni sorsa ai ir licita e le dice addio». E « ad-1 Filippo Burzio |