Il nostro Sandro Sandri è caduto nel bombardamento della "Panay" di Alfredo Signoretti

Il nostro Sandro Sandri è caduto nel bombardamento della "Panay" Il nostro Sandro Sandri è caduto nel bombardamento della "Panay" I primi particolari del tragico episodio - Il fervido telegramma del Ministro Galeazzo Ciano al nostro giornale SALUTO Un radio sull'Oceano Indiano in quel settembre 1935 così denso di fati e Sandro Sandri, il giornalista combattente, squadrista, sahariano, già in viaggio al fiuto della vicina guerra, entrò nella nostra famiglia inviato sul fronte somalo. Era stato di punta in ogni momento e in ogni attività; continuò naturalmente ad essere di punta nel nostro giornale. Siamo agli inizi delle operazioni ; avviene il luminoso fatto d'armi di Dagnerrei; Sandro Sandri vi ha una parte attiva non indifferente e poi subito si mette al lavoro e scrive una pagina che al di là di ogni amore per questo nostro foglio, riteniamo fra le più belle e vive pagine descrittive dell'impresa etiopica. E quale documentazione! Fu allora per la prima volta fotograficamente provato l'uso nemico delle pallottole dum-dum. Egli aveva un bisogno assoluto di agire e di operare con tutta la piena del suo temperamento vigoroso e instancabile prima di poter scrivere e raccontare per i lettori; combattente-giornalista sarà nelle varie fasi degli epici movimenti delle truppe di Graziani da Dagnerrei a Gorrahei, a Neghelli, a Sassabaneh. Una medaglia al valore si aggiunse a quelle altre ricompense che aveva meritato nella grande guerra. Di ritorno dall'Africa non si diffonde mai a parlare di sè; esprime osservazioni succose, aerate da un soffio colorito e smagliante con bruschi arresti incisivi, come era nella sua abitudine di discorritore affascinante é suggestivo: un solo, grande, legittimo orgoglio gli sfavillava nello sguardo, l'orgoglio di un padre ancora giovane e prestante che ha avuto un figlio appena uscito d'adolescenza volontario e combattente valoroso nella conquista dell'Impero. Ma la pausa tra le guerre è brevissima; progettava viaggi, esplorazioni, audacie individuali; invece ecco fulminea la raffica spagnola. Si può sentire in qualche parte odor di polvere senza che sia presente Sandro Sandri? E Sandri riparte lieto e sicuro; la nuova strana foggia di vestire improntata ai costumi del luogo e personalmente trasformata ben si adatta alla sua alta, nervosa figura. E' il primo periodo della lotta; i diversi e lontani fronti si incendiano alternativamente; Sandri corre dall'uno all'altro, d'un tratto simpatico ai colleghi e popolarissimo fra i combattenti a cui amava dar prova delle sue qualità di tiratore scelto; passa da Irun, dove detta al telefono mentre le parole si intrecciano all'eco dei colpi di moschetto e dove assiste allo spettacolo più barbaro della sua vita il mitragliamento di gruppi di bambini spinti sul ponte, a Talavera de- la Reina colle scolte avanzate del Tercio verso Madrid. La guerra è lunga e faticosa; non chiede, congedi; più folte arrivano le schiere dei legionari; è coi primissimi autocarri alla liberazione di Malaga, ma mentre i compagni godono la gioia del trionfo, egli fila diritto all'Italcable e appena mezz'ora dopo ci giunse il laconico dispaccio sulla gloriosa impresa compiuta dai legionari. Fu per tale occasione che nella no: stra redazione divenne abituale la formula: Sandro Sandri telegrafa. Ne abusammo? Non davvero; sempre ad ogni tappa, ad ogni vittoria conclusiva ci arrivava attraverso le vie più impensate e provvidenziali il suo messaggio folgorante. Così a Bilbao dove al solito giunse primo fra i primi e con pochissimi dinanzi ad un battaglione basco si improvvisò oratore acclamato e persuase alla resa. Cosi nella dura e lunga battaglia di Santander le cui fasi egli ricapitolò in una chiarissima sintesi, con rilievi precisi di carattere tattico e strategico. Santander fu vittoria decisiva; le sorti erano segnate; Sandri cominciò a dare segni di irrequietezza; un'altra guerra era all'orizzonte; in qualche lettera, in un colloquio durante un brevissimo congedo un nome fu adombrato, la Cina che egli già conosceva. E Sandro Sandri non parti, ma volò verso Sciangai. Scs Scriveva in una sua lettera recentissima: tu che sei del mestiere leggerai tra le righe quanto costi di fatica e di disagio. Non parlo del pericolo del quale me ne strainfischio. Riparto ora per il fronte... Era un po' irrequieto, preoccupato; e invece il suo servizio giungeva rapido, vibrante con un tempismo quasi aiutato dalla fortuna; e riusci persino a farsi vivo con tre radiotelegrammi dalla bolgia di Nanchino. E in tante difficoltà trovava tempo di inviare per aereo delle corrispondenze ampie, acute, riassuntive che si approfondiscono nelle radici della situazione come quella che pubblichiamo oggi freschissima di arrivo e che è uno sguardo complessivo alla battaglia di Sciangai. No, la sua pena era un'altra; per la prima volta egli era spettatore nella lotta; per la prima volta il moschetto era stato lasciato in disparte e, unico imbelle ordigno, era rimasta la macchina da scrivere. Noi indovinavamo questa tua smania da' tuoi servizi quando fra le parole leggevamo l'ebrezza per avere scovato collo sguardo un nido di mitragliatrici o aver misurato coll'orecchio Ih precisione di un tiro e l'efficacia di un bombardamento aereo. Il pericolo ? Ma Sandri se ne infischiava; si vantava di aver la pelle dura, e poi, poi... si muore una volta sola, e morire in un letto non è la fine migliore per un tipo come Sandro Sandri. Già gli aerei hanno cominciato a far bersaglio; già crepita qualche raffica di mitragliatrice; noi ti vediamo, caro e indimenticabile collega e amico, saltare colla tua snella persona sul punto più alto della cannoniera, tu più in alto e eretto e impavido fra tutti, e vedere, osservare, aspirare l'aria del combattimento; e poi, se mai, se la pelle è salva, raccontare, raccontare per gli altri. Mille situazioni più critiche erano state superate con una franca risata sull'ampia bocca; questa volta il destino era segnato,' caro Sandri, e noi non avremo il tuo lindo chiaro racconto dell'avventura dello YangTse, accompagnato da una breve lettera in cui le frasi e i giudizi schioccavano con sferzate plebee. Questa fu la tua opera, ahimè ! troppo breve nel riostro giornale; altri dirà di tue imprese e avventure non meno belle e ricche, quando giovinetto partisti per la guerra, quando reduce fosti tra i primi ad ascoltare e ubbidire la parola di Mussolini, quando ti inoltrasti nel deserto libico agli ordini di Graziani e del Duca d'Aosta. La famiglia de La Stampa ti piange e ti esalta; nel suo immenso dolore è fiera che per il tuo nome il giornalismo fascista abbia scritto un'altra non peritura pagina di abnegazione e di fede. Alfredo Signoretti