La costituzione della Chiesa etiopica

La costituzione della Chiesa etiopica La costituzione della Chiesa etiopica Solenne cerimonia a Addis Abeba L'Abuna Abraham nuovo metropolita Il discorso del Maresciallo Graziarti e . e o p a. e o n a. el e e a o, o a di in uoa— edi n oo ae n gi rh e ai a ore o o oo ncpoAddis Abeba, 1 notte. Il 27 novembre scorso, prelati e dignitari di tutte le chiese e conventi cristiani etiopici, convenuti ad Addis Abeba da ogni parte dell'Impero, si riunivano in Concilio, per addivenire alla, organizzazione e sistemazione della Chiesa stessa che, per l'abbandono in cui era stata lasciata nel passato dai diversi capi religiosi e dal governo negussita, minacciava di avviarsi verso lo sfacelo; i prelati stessi, realizzando un'antica aspirazione del clero e dei fedeli, di avere cioè un metropolita nativo del paese che conoscesse l'amarico ed il tigrino, lingue del popolo, e l'etiopico antico, lingua liturgica, decidevano di procedere alla nomina di un metropolita nativo dell'Etiopia e dei vescovi, con cui coprire le varie sedi vacanti. Riuscivano cosi eletti il metropolita Abraham, già titolare della sede vescovile di Gondar e i vescovi Tacle Haimanot, recentemente investito delle funzioni di Ecceghiè (ossia capo del governo regolare); Memher Ghebrè Mariani, da Debradamò; Memher Acalu, da Sala Dingai; Memher Ghebrè Mcdehim, da Aksum. Parla il Viceré Stamane, poi, i rappresentanti del clero etiopico sottoponevano la proposta di nomina al Viceré, che, ricevuti i dignitari della chiesa etiopica in solenne udienza, nella sala della residenza vicereale alla presenza delle autorità civili, militari e politiche, approvava le nomine stesse congratulandosi con gli eletti. Si è compiuto così un atto storico della più alla importanza, che in pratica pone finalmente la chiesa etiopica sotto un metropolita nativo del paese, rompendo una servitù ingiustificata e anacronistica, che risulta da oltre quindici secoli. Subito dopo il capo dei preti, Lica Kalennet, chiedeva ed otteneva di leggere a nome dell'Abuna Abraham un indirizzo, esprimente la gratitudine del popolo etiopico per la riorganizzazione della sua chiesa, che era crmai giunta sull'orlo della rovina. Lica Kalennet così si è espresso: « Nei tempi antichi nove Santi, provenienti da Roma onorarono i Re etiopici; attualmente, dopo secoli, nei quali si susseguirono i regni di Onorio, .^rcadio e Costantino, la benedizione di Roma, essendo passata al Viceré, egli continua ad onorare la Chiesa etiopica. I fatti compiuti dal Governo italiano dimostrano come la nostra religione avrà in avvenire piena libertà. Mi mancano le parole per ringraziare Vostra Eccellenza. Iddio ricompensi e benedica il Re Imperatore, dia lunga vita al Duce, protegga sempre la nostra Madre Roma, tornata a noi ». All'indirizzo dell'Abitua, S. E. il Viceré ha risposto nei seguenti termini: * E' questa di oggi una giornata memoranda per la storia della Chiesa etiopica e dell'Impero. La Chiesa etiopica vede oggi infatti la realizzazione di quell'autocefalia che aveva per tanti secoli sognato e ambito. Con questa realizzazione, la Chiesa etiopica inizia oggi una nuova vita, scevra di titubanze e preoccupazioni, perchè esente da qualunque influenza straniera e perchè sopra tutto espressione di una massa cosciente e volente di fedeli. « Noi siamo lieti di questa decisione. La scelta delle masse religiose cade sull'Abuna Abraham, e io non esito a chiamarla saggia e felice, poiché egli è da tempo da tutti conosciuto e stimato quale uomo di superiori virtù spirituali di rigidi costumi e di sincero attaccamento alla sua missione. Sono sicuro che egli saprà dimostrarsi degno dell'alta carica. Se le masso etiopiche cristiane segui ranno fedelmente le sue direttive, la Chiesa etiopica conoscerà nuo ve fortune. « Ringrazio Dio di avermi con cesso di assistere a questo storico avvenimento, che sarà particolarmente gradito ai veri fedeli, perchè consentirà loro di apprendere la religione dei padri, mediante la lingua nazionale. Nel mio viaggio attraverso i territori settentrionali dell'Impero, ho sempre raccomandato la pace, il lavoro e la concordia fra i popoli. Le stesse esor tazioni ho rivolto in modo parti colare al clero etiopico, incontra to sulle vie maestre, nelle chiese e nei conventi. « La settimana scorsa sono stato a visitare l'antico e austero convento di Bizen, dove ho avuto il piacere di salutare il venerando Priore che. come vecchio e fedele amico dell'Italia, gode la stima di noi tutti e dei veri amici del no stro Paese. Questa stima serva di esempio a tutti. Come ho già fatto nei luoghi sacri da me visitati invito ora anche voi a innalzare le più fervide preci a Dio, perchè continui a proteggere la nostra opera di bene e di giustizia in fa vore delle popolazioni dell'Impero e perchè, sotto la guida dell'Ita Ila. l'Etiopia possa rapidamente avviarsi a quella prosperità che la terra largamente le promette. \ Si avvicina ormai il giorno l'omgesqqteqCsiPvvmtiguasedpsplipilpnssdmgrtEgnml'tvmdsiqlmmroseèrlonllIvavdtacebs. ,che lascerò ques e regioni cu. il mio cuore e già fortemente lega- to. Mi auguro che il ricordo del- i a a i i a o , a a e e , o l'opera mia, improntata costantemente a giustizia, sia nell'indulgenza che nella severità, possa essere sempre rettilineo e sereno, quanto sereno e affettuoso sarà quello che io serberò di questa terra che ho amato. Sarà presto qui a succedermi un Principe di Casa Savoia. Tali e tante sono le singolari virtù di questo Augusto Principe, che non appena voi lo vedrete, vi accorgerete che egli è veramente l'uomo designato e mandato da Dio per condurre l'Etiopia alle più ambite fortune. Seguitelo in tutto, apprezzatelo e amatelo nel vostro stesso interesse, in quello del vostro Paese e dei vostri figli. « Il fatto stesso che il Re Imperatore e il Duce abbiano qui destinato così augusto e amorevole personalità a rappresentante d'Italia, sta a dimostrare una volta di più, seppure ce ne fosse bisogno, il loro vivo interessamento per il popolo e le sorti dell'Impero. Sono certo che saprete apprezzare secondo il suo giusto valore questa deliberazione e questi intendimenti. •k In questa certezza, rivolgo il mio commosso saluto a tutti, augurando nel nome del Re Imperatore e del Duce, le più liete fortune al popoli e alla Chiesa di Etiopia. Che la benedizione del Signore tocchi i cuori e le case dei nostri veri amici che sono già moltitudini, ma che costituiranno l'integralità quando la verità, attraverso l'opera degli onesti e del volenterosi, sarà riuscita a illuminare anche le menti degli increduli e dei male intenzionati. Possa Iddio ascoltare le mie parole a illuminarvi ». L'indirizzo dell'Abulia S. E. il Viceré Grazianì bacia quindi la croce copta e abbraccia l'abuna Abraham, che fra la commozione generale, e lui stesso commosso, pronunzia con mistica ispirazione, le seguenti parole: « Eccellenza, l'Etiopia ha avuto oggi finalmente, attraverso le vostre parole, la sua luce più vivida e più bella. Tutto il popolo nostro è oggi illuminato da questa chiarità celeste, che rivela il bene e la verità. Tutto il popolo è quindi oggi spiritualmente stretto intorno alla vostra beneamata persona, levando voti al Signore per la salute, la potenza e la gloria del Re Imperatore, del Duce invitto e invincibile, del Viceré saggio e beneamato. Noi, oggi, grazie all'opera vostra, ci sentiamo non solo prediletti dalla sorte e fieri per la vittoria riportata, ma ci sentiamo altresì migliori dei nostri padri, che nonostante le loro nobili lotte e i loro generosi sacrifici, non ebbero la ventura di conoscere la soddisfazione, la gioia e l'orgoglio che oggi noi stessi conosciamo. Possa Iddio alimentare la forza e la gloria della potente Italia, maestra dì ogni virtù, dì gentilezza e di giustizia ». Il Corpo ecclesiastico etiopico uscito dal Palazzo vicereale, si recava quindi in corteo alla chiesa di Santa Maria, ove, tra una moltitudine di fedeli esultanti, si svolgeva con solenne cerimonia la consacrazione dei vescovi e degli altri dignitari eletti. Al termine della cerimonia i prelati e il popolo acclamavano all'Italia e in un'ondata di mistico fervore e di intensa gioia, elevando al cielo inni di gloria e di ringraziamento per la raggiunta autocefalia religiosa. Altre manifestazioni di giubilo popolare avevano intanto luogo in tutti % quartieri indigeni, mentre le artiglierie tuonavano a salve e le donne infioravano le loro case. Nel pomeriggio l'abuna Abraham offriva un rinfresco al quale convenivano tutte le autorità italiane e le notabilità indigene locali, nonché il corpo ecclesiastico al completo, e, in serata, quest'ultimo invitava le principali autorità a un pranzo, durante il quale veniva esaltata la nuova era di pace e di prosperità dell'Etiopia sotto la grande e sicura egida dell'Italia fascista.

Persone citate: Augusto Principe, Duce, Lica, Lica Kalennet, Mariani, Memher Ghebrè Mcdehim, Sala Dingai