I pastori di Filippo Burzio

I pastori I pastori Quando,a mezzo settembre, I Autunno si presenta improvviso, sbucato da chi sa quale ricettacolo, per cominciare il suo camolino, e lento dal monte scende al piano traendo per gioco con la sua bacchetta — dal fogliame «ci boschi, dalle siepi di vitalba — qua e là tocchi di porpora, una dolce emigrazione lo accompagna: sono i greggi coi pastori. Scendono pei sentieri sassosi affollandosi, e a tratti rigurgitando, sui passi del dio invisibile; divallano sinuosi e leggeri con uno scalpiccio lieve, poco più che la neve quando cade; lasciano dietro senza voltarsi gli alti pini intrisi già di nebbia e, tutte fradicie di guazza, le bacche del ginepro che rendono aromatico il latte, nelle radure dove l'erba corta corta non sa crescere più, perchè è nata troppo tardi:'tutta una mensa deserta, un'imbandigione apparecchiata che nessuno onorerà, salvo forse qualche ospite selvaggio, sia camoscio o marmotta già ubriaca di sonno, rotolante come una palla ai prodromi del letargo invernale — sotto l'occhio occulto delle difformi deità dell'alto, cui non par vero di restar soli, finalmente ! e si affacciano ai margini, alle calcagna dei partenti.' a Agosto, porta d'inverno »: essi l'haii vista schiudersi nel cielo, e lenta sui suoi cardini girare, immensa fra le costellazioni, mentre tutto, intorno, fingeva ancora la potente estate; e certi eoffi spirarne, e certi segni, chiari solo al pastore: un trascolorar di nubi entro lo specchio delle acque, ch'era si liscio a riflettere l'acceso cielo, e ora s'increspa : un abbrividire d'erbe, svettar di piante, una cicala che manca, un grillo che cresce al coro usato ; ed egli un po' se ne immalinconiva. Èra, ai bei giorni, lassù come un astrologo nella sua specola eccelsa, come Aladino a tu per tu con le stelle, errava sui culmini col capo immerso nel cielo, ebbro d'azzurro; la pianura donde veniva non era più che una calda voragine lontana : ora tutto precipita, il cielo basso lo respinge dalle dimore dei Celesti alla buia valle degli uomini, ed egli scende, incerto tra quel che lascia e quel che trova : non sa se come un Adamo cacciato dal suo paradiso, o non piuttosto come il figliuol prodigo reduce alla casa paterna: sazio d'immensità, sazio d'Iddio, recando in cuore nient'altro più che un bisogno di intimità, di calda ombra, di chiuso. Come l'acqua alpina, sgorgando dalla sua fonte, dapprima si fa ruscello, poi torrente e poi fiume, così si diramano le strade, giù per forre alle valli e poi al piano: e l'armento le percorre in lente, tappe, sostando ancora qua e là sui margini a brucare, quasi un lento corteo salmodiente, che tutto pio segua e compianga il morir delle cose. Sbucano alfine sulle grandi arterie asfaltate, vi fanno una strana ressa anacronistica, soffocando ogni traffico, impigliando ogni transito nel vischio del loro numero innocente: l'autista sommerso in quel pelago per un po' sbuffa e combatte, poi rassegnato spegne il motore e si mette a guardare. Tu non sai più la storia sacra, autista, e quella sfilata interminabile non ti dice un gran che; non sospetti nemmeno il corteo d'illustri ombre che. celato ai tuoi occhi, l'accompagna: Patriarchi del deserto, e Re-pastori, quegli Hicsos che invasero l'Egitto, e i biondi Arii... tu nulla vedi, e sbadigli, e guardi infastidito, con la strafottenza della gente nuova, che son nati ieri e si credono i padroni del mondo, quell'omino che emerge dalla cintola in su, tutto modesto, in gabbano di lana grossa e cappello a pan di zucchero, dal dolce mare della sua greggia ; e non osa fissarti, e sembra quasi chiederti perdono di quell'ingombro, a te nuovo padrone della strada, solenne a bordo della tua macchina lucente, sicuro al sommo della gerarchia dei mestieri, di cui egli occupa ormai l'ultimo rango; cosi dimesso e frusto e polveroso, ignaro quanto te del suo passato. Da tanto tempo Iddio lo trascura, lui che fu il suo prediletto: come farebbe a ricordare quel mattino antico che gli parlava dal Roveto ardente, o quella notte mistica che Gelindo, coi suoi compagni, fu chiamato ad assistere a un Natale ; quando, soli con gli Angeli, e ben prima dei Re Magi, i Pastori videro aprirsi i cieli e una voce proclamare : In terra pa.r hotnimbua benne volli n-tati»?... E pastori di popoli, e pastori d'anime ; tutti gli eroi fecero a gara a imitarne lo stile, e il Figlio di Dio stesso, incarnandosi, si offerse comi? in un sacrificio pastorale: Ecce Annua Dei qui tollia peccata munii. Che passato, che gloria: mescolato a ogni vicenda umana e divina, si direbbe che, a non essere più niente, provi ora la stessa voluttà di certi rampolli di grandi famiglie decadute ; che, come Anteo, si compiaccia di toccar terra, chi sa? forse sperando di risorgere ancora. Oppure che intenda far penitenza e pagare il fio del peccato di vanità commesso quando, un bel giorno, tradendo le sue origini rustiche e sacerdotali, sedotto da un dèmone di mondanità, vestì giubbetti di seta e calzò scarpe di raso per danzare il minuetto sui prati del Trianon con Filli e dori, svenevoli pastorelle in costume : e la bocca che aveva proferito il Decalogo di Mose e i vaticinii di Amos si mise a modulare i madrigali. Ora che tutto ciò è acqua pas. 6ata, si presenta al pastore il problema del suo futuro : il suo ciclo è davvero conchiuso, e nulla più sapranno suggerire, i suoi modi agli uomini ì Pastore bi; blico, poi pastore d'Arcadia, ogni possibilità di una terza incarnazione, di un terzo mito pastorale è esclusa ? Non è detto, e certi indizi mi danno anzi il sospetto di un destino singolare. Non notasti, pastore, Testate scorsa, mentre negli alti pascoli pas¬ savi le tue notti all'addiaccio, salire fin presso te dei nuovi nomadi e piantare le loro tende, e lavarsi il mattino all'acqua di fonte e scaldarsi la sera a un fuoco di sterpi? Altre tende vide l'autista drizzarsi sui margini delle strade boscose e sul greto dei fiumi. (Tu no, ma l'autista, e più di un passeggero, risero di conipassione a vederli giocare ai primitivi, mentre tu11'intorno sorgevano così comodi alberghi); Li chiamano campeggi, <> i loro abitatori giovani esploratori, o bousemita, e la loro attività si fregia del nome, un po' equivoco e inadeguato, di sport. Una nostalgia li sospinge per qualche temfuor delle forme attuali delriparar presso le aliti¬ no, luor ( la vita, a che. Taluni di questi sportivi j piantano addirittura dei campii militari, come quelli che Cesare i drizzava nella foresta gallica, e| ivi si danno ai vecchi ludi dei le giullari : già qualche rivoluzione è uscita da quei ca.mpi. e qualche impero. Quelle antiche forme di vita non avevano esaurita la loro vitalità poetica col venir meno del compito pratico che le aveva suscitate e allora l'umanità, che non è mai troppo ricca d'invenzioni, le richiama e rivive come un giuoco ; lo sport è un giuoco che può portare lontano. Fra poco, forse (vedrai, pastore) qualche nomide più estro- so lascerà l'automobile, nei suoi giri turistici, pel carro trainato dai bianchi buoi ben più propizio all'avventura agreste e favorevole alla strada ; mentre altri già ora si chiudono in moder- gqesercizi spirituali; ed altri ancora, pastori d'ispirazione, scopriranno che sbadigliare sulle spiagge estive è assai meno spiritoso che condurre gresrgi per prati, in lenti cicli di vacanze scanditi al ritmo delle stagioni: pastorizia sportiva. E come, nell'evoluzione del tennis o del giuoco del calcio, dopo qualche tempo dai dilettanti nascono i professionisti che ci vivono su, toccando lauti stipendi, così dalla pastorizia sportiva sorgerà, prima o poi, un j nuovo professionismo pastorale, i in cui arte, e mestiere verranno i felicemente combinati. Tanto la | vita pastorale del nomadismo e della contemplazione è naturalmente favorevole a questo contili ni conventi per varie sorta di |Uio, che fornirà un'altra volta agli uomini il cacio e la lana pel corpo, insieme ai sogni per l'anima ! Allora dall'estrema decadenza attuale fiorirà una rinascita; allora taluni uomini torneranno, vagando col loro gregge, a interrogar gli astri e il destino: Clic lai tu. luna, in etcì! dimmi, che fai, silenziosa, luna? — come al tempo che dalle meditazioni dei pastori nascevano le religioni. Frossimo alfine il lungo pellegrinaggio alla mèta; che sono quei grandi cascinali di pianura, sorgenti talora alle porte stesse della città, dove il gregge sosta tutto l'inverno — una grande e giustificata agitazione s'nnpadro nisee degli abitatoli del luogo. I contadini sospendono gli ultimi lavori nei campi e, vanghe in spalla, si fanno per le prode incontro agli ospiti; con un certo palpito le forosette per prime avvistano il pastore, che spesso (com'è costume di siffatti nomadi e sognatori) rimane scapolo oltre i confini del verosimile, ad alimentar molte speranze. Una gioia segreta è in tutti, che il pastore reca, arrivando, a suo cugino il contadino l'annuncio delle liete ferie d'inverno: reca ai bimbi e ai grandi le cordiali meteore persuadenti al riposo, neb-; bia e neve, con tutte le fiabe del gelo e del bosco. Eccolo alfine, il : pacifico esercito, sbucare in Imi;! ira fila nell'aia: Che momento è; quello, tutta la bassa corte trattiene il respiro: can da pagliaioe can da pastore si fanno incontro l'uno all'altro, scambiandosi le consegne e i convenevoli ; qualche ordine secco, un irrigidirsi, uno scattare, poi le righe si rompono e tutti si avviano ai quartieri d'inverno. Filippo Burzio

Persone citate: Agosto

Luoghi citati: Egitto